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BANCONOTE E CORONAVIRUS

Da ilgiornale. It


Un potenziale pericolo per la nostra salute si potrebbe nascondere nel nostro portafoglio. Anche le banconote, infatti, rischiano di essere veicolo di contagio da coronavirus. L’avvertimento inquietante è stato lanciato da un portavoce dell’Organizzazione mondiale della sanità citato oggi, fra gli altri, dalla Bbc.

“Sappiano che il denaro passa di mano con frequenza- ha dichiarato il membro dell’Oms- e può catturare ogni tipo di batterio o di virus, per questo suggeriamo alle persone di lavarsi le mani dopo aver maneggiato i soldi” e in particolare di “non toccarsi la faccia prima”.

Coronavirus, l’allarme Oms: “Banconote veicolo contagi”

di Coronavirus, l'allarme Oms: "Banconote veicolo contagi"4 Marzo 2020 – 20:52

L’Oms invita tutti a lavarsi le mani dopo aver maneggiato i soldi. Cina e Corea hanno avviato la disinfezione delle banconote per arginare l’epidemia di  Coronavirus. Un potenziale pericolo per la nostra salute si potrebbe nascondere nel nostro portafoglio. Anche le banconote, infatti, rischiano di essere veicolo di contagio da coronavirus. L’avvertimento inquietante è stato lanciato da un portavoce dell’Organizzazione mondiale della sanità citato oggi, fra gli altri, dalla Bbc.

“Sappiano che il denaro passa di mano con frequenza- ha dichiarato il membro dell’Oms- e può catturare ogni tipo di batterio o di virus, per questo suggeriamo alle persone di lavarsi le mani dopo aver maneggiato i soldi” e in particolare di “non toccarsi la faccia”.

La possibilità esiste e non è da sottovalutare. Nei giorni scorsi Cina e Corea hanno già avviato procedure di disinfezione delle banconote in circolazione. La Bank of England ha ammesso il pericolo ma ha tranquillizzato i cittadini del Regno Unito spiegando che nel Paese circoli ormai un gran numero di nuove banconote “plastificate”, realizzate con polimeri, nei tagli più diffusi che trattengono i virus in modo non superiore a quello di “maniglie, corrimano o carte di credito”.

Nelle scorse ore, sempre l’Oms ha sottolineato che il coronavirus causa “una malattia più grave dell’influenza stagionale: a livello globale, circa il 3,4% dei casi riportati di Covid-19 è deceduto mentre l’influenza stagionale generalmente uccide molto meno dell’1% di quelli infetti”.

Notizie non tranquillizzanti che giungono quasi in contemporanea con l’annuncio dato dalle autorità sanitarie cinesi che l’infezione può essere trasmessa anche dalle feci e dall’urina. Il South China Morning Post ha reso pubblica una ricerca che ha rilevato tracce di coronavirus in campioni di feci prelevate da pazienti. Nell’ultimo piano di diagnosi e cura del virus, la Commissione sanitaria ha spiegato che il contagio può avvenire anche con la trasmissione aerosol di piccole particelle di feci contaminate e la conseguente inalazione da parte dell’uomo.

Nel mondo cresce la preoccupazione. La Germania, dove i contagi sono 240, è il primo Paese che ha parlato apertamente di “pandemia globale”. È quanto ha dichiarato al Bundestag il ministro tedesco della Salute Jens Spahn. Il governo di Berlino, che a gennaio ha inviato mascherine e tute protettive in Cina per limitare la diffusione del coronavirus, ha vietato l’esportazione all’estero di questi dispositivi in previsione di una epidemia in Germania. La stessa misura è stata disposta fino al 1° giugno 2020 anche in Russia che tra i prodotti include maschere mediche, respiratori, tute di protezione chimica, copriscarpe e camici medici.

CORSO PER PREPOSTI IL 19 MARZO IN TECO MILANO: obblighi e responsabilità

Il D.Lgs 81/08 (Testo Unico Sicurezza) definisce il “Preposto” come: persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l’attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa.

E’ da segnalare che il Testo Unico Sicurezza ha cambiato significativamente il ruolo del preposto, definendo innanzitutto il ruolo che deve svolgere in azienda ed i relativi obblighi che deve assolvere. Inoltre, sono state definite le infrazioni e relative sanzioni, in maniera distinta dalle altre figure della sicurezza ed i contenuti minimi della sua formazione.
Risultato immagini per preposto sicurezza

Ricordiamo che le Aziende devono individuare, nell’ambito della propria organizzazione, i ruoli di quei lavoratori con compito dei capi-squadra, i capi-reparto, i capi-officina, i capi-sala, ecc… vanno inquadrati nella figura del PREPOSTO, poiché rientra nei loro compiti sorvegliare il lavoro dei componenti della quadra/reparto/officina/sala, etc…, in quanto gli è stato attribuito il potere gerarchico richiesto, indipendentemente dal conferimento formalizzato per iscritto (si veda a tal proposito l’art. 299 del D.lgs 81/08 “esercizio di fatto di poteri direttivi” che sancisce che gli obblighi di datori di lavoro, dirigenti e preposti gravano altresì su colui il quale, pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in concreto i poteri spettanti a tali figure).
Pertanto, potrebbero essere considerati preposti anche persone non investite di incarichi formali, come ad esempio: soci di società, lavoratori più esperti, lavoratori più anziani, ecc…
In tal senso, il legislatore ha opportunamente previsto che il preposto debba ricevere una adeguata e specifica formazione, seguita da un aggiornamento periodico, il tutto “in relazione ai propri compiti”.
Il preposto è una figura chiave nella gestione della Salute e Sicurezza dei Lavoratori in quanto deve svolgere la vigilanza sull’aspetto operativo.
Il D.Lgs 81/2008 (TU) ha introdotto importanti innovazioni dalla definizione di Preposto agli obblighi del preposto fino a specificare il sistema sanzionatorio ed i requisiti di competenza introducendo specifici obblighi di formazione.

SANZIONIRisultato immagini per sanzioni prepostoMentre nella precedente legislazione le sanzioni ascrivibili al preposto erano da ricercarsi nelle stesse norme relative ai Datori di Lavoro e ai Dirigenti, il TU ha dettato con precisione il riferimento al preposto.
Articolo 56 – Sanzioni per il preposto
1. I preposti sono puniti nei limiti dell’attività alla quale sono tenuti in osservanza degli obblighi generali di cui all’articolo 19:
a) con l’arresto da uno a tre mesi o con l’ammenda da 500 a 2.000 euro per la violazione dell’articolo 19, comma 1, lett. a), e), f);
b) con l’arresto sino a un mese o con l’ammenda da 300 a 900 euro per la violazione dell’articolo 19, comma 1, lett. b), c), d);
c) con l’ammenda da 300 a 900 euro per la violazione dell’articolo 19, comma 1, lett. g).

Risulta evidente come la responsabilità diretta imponga al preposto di prendere opportuni accorgimenti al fine di provare i propri adempimenti. L’unico mezzo che il preposto può efficacemente adottare è la segnalazione scritta, infatti il preposto ha semplicemente l’obbligo di vigilare e segnalare mentre l’obbligo di provvedere concretamente all’adeguamento dei mezzi di prevenzione spetta a Datore di Lavoro e Dirigenti.

FORMAZIONE

Risultato immagini per formazione

Articolo 37- Formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti
“7. I preposti ricevono a cura del datore di lavoro e in azienda, un’adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico in relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza del lavoro. I contenuti della formazione di cui al presente comma comprendono:
a) principali soggetti coinvolti e i relativi obblighi;
b) definizione e individuazione dei fattori di rischio;
c) valutazione dei rischi;
d) individuazione delle misure tecniche, organizzative e procedurali di prevenzione e protezione.”
Inoltre con l’entrata in vigore dell’Accordo Conferenza Stato Regioni del 21/12/2011 è stata definita la formazione alla sicurezza di lavoratori, PREPOSTI, dirigenti e datori di lavoro/RSPP.

IL REQUISITO DI FORMAZIONE COSTITUISCE LA PIÙ IMPORTANTE NOVITÀ

Risultato immagini per requisito

Il datore di lavoro deve assicurare al preposto la formazione specifica, della durata minima di 8 ore come previsto dalla normativa vigente, ed è ulteriore e successiva a quella che è fornita a tutti i lavoratori ai sensi dell’art. 37 del D.Lgs. 81 e dell’Accordo Conferenza Stato regioni del 21/12/2011.
Inoltre, ciascun datore di lavoro deve provvedere affinché ciascun lavoratore dipendente riceva una formazione adeguata in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavori in funzione dei rischi aziendali.
Anche la suddetta formazione deve essere svolta secondo quanto indicato dall’art. 37 del D. Lgs. 81/2008 e prevista dal nuovo Accordo Stato-Regioni del 21 dicembre 2011 e non deve essere confusa con l’attività di informazione.
Confartigianato imprese di Viterbo in qualità di soggetto formatore citato dal medesimo Accordo Conferenza Stato Regioni del 21/12/2011, può assistervi per farvi adempiere all’obbligo legislativo.

TECO MILANO  ha organizzato un Corso per i Preposti in data 19 marzo, della durata di 8 ore (9-13/14-18), presso la nostra Sede di Milano, via P. Neri 13 (ingresso dal passo carraio di via Rondoni).

In caso di iscrizione, è sufficiente confermare tramite mail.

info@tecomilano.it
Tel. 02 48958304

EMAIL SIRM RADIOLOGI PER INFO SU CORONAVIRUS


LA SIRM società scientifica di concerto con tutte le articolazioni territoriali, ha mobilitato tutti gli 11.000 medici radiologi italiani ad attivarsi con lo stesso impegno profuso in questa fase emergenziale, mettendo a disposizione un punto email dedicato

coronavirus@sirm.org

per interagire con quanti richiederanno informazioni specifiche sull’epidemia che sta interessato il nostro Paese.

da SIRM.org

RADIODIAGNOSTICA POLMONARE NELLE POLMONITI DA CORONAVIRUS

da Sirm.org

articolo di Anna Rita Larici

INTRODUZIONE

Il 31 Dicembre 2019, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) veniva allertata dalla Commissione di Sanità Pubblica della Provincia di Hubei, China, riguardo alcuni casi di polmonite severa, ad etiologia  sconosciuta, caratterizzata da sintomi quali febbre, malessere, tosse secca, dispnea ed insufficienza respiratoria, verificatisi nell’area urbana di Wuhan.

Un nuovo coronavirus, il SARS-CoV-2 (Severe Acute Respiratory Syndrome Coronavirus 2), veniva identificato quale responsabile dell’infezione polmonare, oggi denominata COVID-19 (Coronavirus Disease 2019). Da allora, come ben sappiamo, si è verificata un’acme di contagi, che ha coinvolto dapprima i Paesi limitrofi, quali Giappone e Corea del Sud, fino ad interessare paesi extra-continentali, con i primi casi documentati in Europa, USA e Africa tra Gennaio e Febbraio 2020.

Il 30 Gennaio 2020, l’OMS dichiarava l’epidemia una emergenza globale. Il 21 Febbraio 2020 esplodeva l’epidemia in Italia, che fino a quella data contava solo 3 casi. Stando agli ultimi dati nazionali – aggiornati al 27.02.2020 – si contano 528 casi positivi (tra cui 8 minori) in 12 Regioni della Penisola, con 14 pazienti deceduti (2,6%) e 42 guariti. La malattia si presenta con decorso più severo nelle persone anziane con comorbidità, determinando insufficienza respiratoria per danno alveolare diffuso (ARDS), MOF (Multi Organ Failure) extrapolmonare e shock, fino all’exitus (1-3).

L’evidenza di multipli contagi in ambiente familiare e tra gli operatori sanitari suggerisce la trasmissione interumana mediante droplets, contatto diretto o con materiale contaminato (4-6). Il virus ha un tempo d’incubazione medio di 3 giorni (range 0-24) con potenziale trasmissione anche nel periodo asintomatico (5, 7).

L’Italia è, attualmente, il primo Paese in Europa per numero di contagi e il quinto nel mondo dopo Cina, Corea del Sud, Giappone e Singapore. L’intera classe medica nazionale, per questo motivo, si trova ad affrontare in prima linea l’emergenza sanitaria che è in corso.


ASPETTI RADIOLOGICI

La COVID-19 ha come manifestazione clinica predominante la polmonite e l’imaging radiologico gioca un ruolo fondamentale nell’iter diagnostico, nel management e nel follow-up di questa malattia.

Saranno di seguite riportate in sintesi le principali caratteristiche radiologiche della polmonite COVID-19, derivate dalle evidenze riportate negli studi effettuati sino ad oggi sulla popolazione cinese positiva.

L’esame radiografico standard (RX) del torace è gravato da bassa sensibilità nell’identificazione delle alterazioni polmonari più precoci della COVID-19, caratterizzate da opacità a “vetro smerigliato”, pertanto non è l’esame radiologico indicato nelle fasi iniziali della malattia, potendo risultare completamente negativo (8). Necessario, tuttavia, considerare che in molte delle infezioni polmonari acquisite in comunità, le alterazioni si rendono manifeste all’RX del torace entro un intervallo di tempo – di solito 12 ore – dall’inizio della sintomatologia e, quindi, l’esame può essere negativo se effettuato troppo precocemente(9).

Nelle fasi più avanzate dell’infezione l’esame RX del torace mostra opacità alveolari multifocali bilaterali, che tendono alla confluenza sino all’opacamento completo del polmone, con possibile piccola falda di versamento pleurico associato.

Di contro, la TC del torace, in particolare la TC ad alta risoluzione (HRCT), è la metodica di scelta nello studio della polmonite COVID-19, anche nelle fasi iniziali, data l’elevata sensibilità della metodica (4, 8, 10).

La polmonite COVID-19 presenta reperti e pattern HRCT vari ed aspecifici, potendo trovarsi anche in altre infezioni polmonari, come quella da Influenza A (H1N1), da CMV, da altri coronavirus (SARS, MERS), da streptococco e nelle polmoniti da germi atipici (Clamydia, Mycoplasma).

Al momento sono stati effettuati 6 studi su coorti di pazienti con diagnosi accertata (8, 11-15), tra i quali quello di Bernheim A et al. comprendente 121 pazienti (15). I reperti di più comune riscontro in HRCT sono stati le aree a “vetro smerigliato o ground glass” (GG) multifocali bilaterali associate ad aree di consolidazione con distribuzione a chiazze, prevalentemente periferiche/subpleuriche e con maggior coinvolgimento delle regioni posteriori e dei lobi inferiori.

Nella polmonite COVID-19 è stato osservato anche il pattern GG “puro”, focale o multifocale, e il pattern “crazy paving”, caratterizzato dalla presenza di aree di GG sovrapposto ad ispessimento liscio dell’interstizio interlobulare ed intralobulare. Più rara la presenza esclusiva di consolidazioni, del  “reversed halo sign” (area focale di GG delimitata da anello periferico ± completo di consolidazione) e il riscontro di cavitazioni, calcificazioni, linfoadenopatie e versamento pleurico.

Lo schema sotto riportato, presentato nella recente review di Zi Yue Zu et al. (16), riassume i vari reperti TC della polmonite COVID-19 e la frequenza di riscontro nei pazienti delle coorti studiate nei lavori recentemente pubblicati sull’argomento (8, 11-15).

Oltre che nelle prime fasi della diagnosi, l’HRCT è utile nel valutare il decorso e la severità della malattia, e quindi nell’orientare il management clinico del paziente.

Nello studio di Chung JF (4) e in quello di Pan J (11), alcuni pazienti con test positivo per COVID-19 presentavano una TC iniziale negativa. All’esame TC di follow up a 3 giorni si documentava la comparsa di un’area focale di GG, a morfologia rotondeggiante, in sede subpleurica periferica. Gli autori hanno ipotizzato, pertanto, che questo sia il primo reperto HRCT a comparire nella fase precoce di malattia.

Bernheim A et al. (15) hanno analizzato retrospettivamente gli esami HRCT di 121 pazienti con diagnosi confermata di COVID-19, effettuata a vari intervalli dall’inizio della sintomatologia, mostrando che la frequenza dei reperti riscontrati in HRCT correla con la storia naturale dell’infezione. Il danno polmonare acuto correla con l’iniziale comparsa di aree di aumentata densità con aspetto GG, che tendono progressivamente a confluire in aree di consolidazione, con predilezione per le zone subpleuriche periferiche. Nelle fasi più tardive si può ricontrare con maggior frequenza il pattern “crazy paving” e il “reversed halo sign”.

Pan et al. (11) hanno tenuto sotto osservazione 21 pazienti della loro coorte, effettuando esami HRCT ripetuti alla distanza di 4 giorni e hanno individuato 4 stadi dell’infezione: precoce, progressione, picco e risoluzione. La progressione della malattia correla con l’aumento del numero, delle dimensioni e della densità delle aree di GG negli esami HRCT, con comparsa di consolidazioni parenchimali diffuse e bilaterali con broncogramma aereo nel contesto. La comparsa di estese consolidazioni polmonari all’imaging HRCT correla con la severità dell’infezione, come dimostrato in tutti i pazienti in condizioni cliniche severe (17).

Le modificazioni del quadro radiologico polmonare nella COVID-19 si verificano rapidamente e il riconoscimento da parte del radiologico delle caratteristiche più tipiche di questa infezione polmonare, sia nelle fasi iniziali che nel follow-up, ne facilita la diagnosi rapida ed accurata. Inoltre, l’imaging HRCT consente di valutare la completa risoluzione delle alterazioni polmonari e di identificare eventuali casi di possibile re-infezione.

ITER DIAGNOSTICO

Il primo step dell’ iter diagnostico della COVID-19 è un’accurata anamnesi epidemiologica che evidenzi una storia di esposizione del paziente nelle due settimane precedenti con persone provenienti da zone interessate dall’epidemia. La diagnosi finale viene fatta mediante RT-PCR (Real Time – Polymerase Chain Reaction) su campioni di sangue o respiratori (18). Con l’estensione del contagio è salito il numero dei pazienti la cui storia epidemiologica risulta difficile da ricostruire. Basandosi sulle raccomandazioni dell’OMS per le precedenti infezioni da altri coronavirus ( SARS e MERS), la Commissione Nazionale della Sanità Cinese ha stilato il documento “Diagnosis and treatment Program of 2019 New Coronavirus Pneumonia (sixth edition)” (18, 19). Secondo tale documento, il paziente con una storia di esposizione e 2 condizioni tra, febbre con sintomi respiratori, segni radiologici di polmonite virale e valori normali o ridotti di globuli bianchi o di linfociti, è ritenuto un caso sospetto, come indicato nella Tabella 1 (16). In assenza di una chiara storia di esposizione, devono essere presenti tutte le 3 condizioni indicate per porre il sospetto.

Nella versione precedente (fifth edition) delle linee guida cinesi (20), il riscontro di reperti TC compatibili con polmonite virale venivano considerati come un’evidenza di diagnosi clinica di infezione COVID-19 nella provincia di Hubei. Tuttavia, l’OMS, con un report pubblicato il 18 Febbraio 2020 (21), non ha accettato che la diagnosi di infezione COVID-19 fosse basata sui reperti TC senza la conferma con il test RT-PCR. Pertanto, nel più recente documento delle linee guida cinesi, sopra citato (Diagnosis and treatment Program of 2019 New Coronavirus Pneumonia – sixth edition) (18) è stato eliminato il termine “diagnosi clinica”. Quindi, la conferma diagnostica definitiva si basa sulla positività del test RT-PCR oppure sul sequenziamento del genoma virale, come da raccomandazioni dell’OMS (21).

Va considerato, comunque, che pur rimanendo lo standard di riferimento per la diagnosi conclusiva di COVID-19, la RT-PCR su campione sanguigno o respiratorio può avere dei falsi negativi, dovuti ad errori di campionamento o alla bassa carica virale (22-24). Alcuni studi hanno dimostrato una ridotta sensibilità nei primi 5 giorni di malattia (25-27). E’ stato, infatti, dimostrato che reperti indicativi di coinvolgimento polmonare erano presenti al primo esame HRCT nel 98% (50/51) dei casi infetti, rispetto alla prima RT-PCR, che era risultata positiva solo nel 71% (36/51) di questi (28). Sulla base di tali evidenze e la situazione di grave emergenza della Cina, la Commissione di Salute Pubblica Cinese ha “incoraggiato” la diagnosi basata sui dati clinici e radiologici all’esame TC nelle aree “rosse” (29), nonostante le raccomandazioni dell’OMS.

TABELLA 1 

Conclusioni

In sintesi, la diagnosi di COVID-19 dovrebbe fondarsi sulla combinazione di dati epidemiologici, clinici e radiologici, e sui risultati del test RT-PCR, considerato il gold standard diagnostico.  I reperti radiologici di più comune riscontro in HRCT, per quanto aspecifici, sono rappresentati da aree a “vetro smerigliato” multifocali bilaterali associate ad aree di consolidazione con distribuzione a chiazze, prevalentemente periferiche/subpleuriche e con maggior coinvolgimento delle regioni posteriori e dei lobi inferiori. Il riconoscimento da parte del medico radiologo delle caratteristiche più peculiari all’imaging HRCT della polmonite COVID-19 è di cruciale importanza nella identificazione in fase iniziale della malattia, nella valutazione di severità e nella corretta interpretazione delle modificazioni temporali del quadro radiologico durante il follow-up, fino alla risoluzione. In tale contesto, l’imaging HRCT svolge un ruolo anche nella identificazione di eventuali casi di non completa risoluzione o di possibile re-infezione.


Sulla base delle evidenze scientifiche finora acquisite, si intende, inoltre, sottolineare che, considerando l’aspecificità dei segni e dei pattern HRCT della polmonite COVID-19 che non consentono di esprimere un giudizio diagnostico di certezza, l’esame HRCT del torace non può essere considerato sostitutivo del test RT-PCR nella diagnosi di COVID-19, né tantomeno utilizzato come mezzo di screening clinico.

L’IMPORTANZA DELLA INFORMAZIONE NELLE EPIDEMIE

Da Dottnet. it

A dirlo è uno studio scientifico realizzato dal Massachusetts Institute of Technology sull’esperienza avuta in Liberia

Informare correttamente durante un’epidemia può essere fondamentale per sensibilizzare le comunità. Ma c’è un sistema comunicativo che vale più degli altri: la comunicazione porta a porta. A dirlo è uno studio scientifico realizzato dal Massachusetts Institute of Technology che parte dall’esperienza avuta in Liberia che fu, tra il 2014 e il 2015, epicentro di un focolaio di ebola che causò più di 10mila morti in Africa occidentale. Secondo i ricercatori le vittime sarebbero state di più (e i risultati sarebbero stati peggiori) senza il programma di sensibilizzazione che venne avviato dal governo della Liberia alla fine del 2014. Il programma consisteva nella diffusione di informazioni da parte dei ricercatori con una tecnica diretta, porta a porta, appunto.

I risultati dimostrano anche come i Paesi con risorse molto limitate possono in questo modo contrastare le epidemie e ottenere un maggior gradimento da parte della cittadinanza proprio in circostanze difficili e di crisi. Sull’Ebola, dice Lily Tsai, docente di scienze politiche al Mit, “la gente sapeva di più, aveva una comprensione più concreta dell’epidemia ed era più disposta a rispettare le misure di controllo del governo. E a valle, è più probabile che si fidino delle istituzioni governative”. In effetti, dopo aver parlato con i ricercatori, i residenti di Monrovia (la capitale della Liberia) sono risultati essere per il 15% in più a sostegno delle politiche di controllo delle malattie, il 10% in meno a favore della violazione del divieto di riunioni pubbliche per limitare la diffusione dell’Ebola, avevano il 9% in più di fiducia verso il ministero della Salute e il 10% in più di probabilità di usare un disinfettante per le mani.

COSA FARE NEL DUBBIO DI POSITIVITÀ AL COVID-2019

Da il corriere. It

I numeri dei contagi soprattutto in Lombardia, Veneto, Emilia Romagna sono sempre più alti e in questi giorni di grande incertezza sono moltissime le chiamate che arrivano ai numeri di emergenza di cittadini spaventati, che voglio avere informazioni, ma soprattutto di persone che, con tosse e febbre, temono di aver contratto il coronavirus. Che cosa dobbiamo fare dunque se sospettiamo di aver contratto Covid-19?

Le opzioni disponibili sono due:
– telefonare al proprio medico di base segnalando i sintomi. Tutti i medici di famiglia hanno a disposizione una scheda di triage telefonico da utilizzare per porre ai pazienti, sospetti di un contagio da Covid-19, domande con le quali dare una prima diagnosi. Sarà sempre il medico di famiglia a consigliare ogni ulteriore step da seguire, compresa la possibilità di prelevare il paziente per un eventuale trasferimento in ospedale.
– chiamare il numero di emergenza che ogni Regione ha attivato dove rispondono operatori in grado di dare informazioni e avviare una procedura personale se lo ritengono necessario.

È inutile chiedere o pretendere il tampone: saranno i medici valutando sintomi, contesto, luogo di residenza a disporre o no il tampone

«In questo periodo è in corso anche la fine dell’epidemia influenzale ed è anche difficile interpretare bene i sintomi e si rischiano sovrapposizioni. L’unico elemento che caratterizza Covid-19 da un’influenza è il fatto che il coronavirus può portare a difficoltà respiratorie, anche se non è sempre così» chiarisce l’infettivologo Fabrizio Pregliasco.

In generale non va chiamato il 112 (o 118) che è il numero di emergenza valido per tutte le emergenza e non solo il coronavirus (incidenti stradali, infarti, ictus ecc). Questo numero va chiamato solo se il paziente accusa gravi difficoltà respiratorie. È importante che tutti i cittadini si attengono a queste procedure per evitare che il numero di emergenza si intasi ulteriormente. Alcuni ospedali hanno montato tende esterne davanti ai pronto soccorso per effettuare il triage sui sospetti contagiati da coronavirus: qui devono recarsi solo coloro che sono stati invitati a farlo dal medico di famiglia o dagli operatori dei numeri di emergenza. Chi, e solo chi ha davvero un’emergenza deve chiamare il 112 piuttosto che recarsi in modo autonomo in ospedale: solo così sarà garantita immediata assistenza

È anche raccomandato di evitare di recarsi fisicamente al pronto soccorso se non proprio necessario o dal medico di famiglia: come è noto sono proprio ospedali e gli studi medici, dove circolano pazienti, i luoghi dove è più facile che si amplifichi l’epidemia.


Qui sotto i numeri di emergenza regione per regione:

LOMBARDIA
numero verde per info: 800.894.545
numero unico nazionale: 1.500
numero per la segnalazione dei casi: 112

VENETO
numero verde per info: 800.462.340
numero unico nazionale: 1.500
numero per la segnalazione dei casi: 112

PIEMONTE
numero verde per info: 800.192.020
numero unico nazionale: 1.500
numero per la segnalazione dei casi: 112

LIGURIA
numero unico nazionale: 1.500
numero per la segnalazione dei casi: 112

EMILIA ROMAGNA
numero verde per info:800.033.033
numero unico nazionale: 1.500
numero per la segnalazione dei casi: 112

TRENTINO ALTO ADIGE
numero verde per info: 800.751.751
numero unico nazionale: 1.500
numero per la segnalazione dei casi: 112

FRIULI VENEZIA GIULIA
numero verde per info: 800.500.300
numero unico nazionale: 1.500
numero per la segnalazione dei casi: 112

TOSCANA
numero verde per info: 800.556.060
numero unico nazionale: 1.500
numero per la segnalazione dei casi: 112

BASILICATA
numero unico nazionale: 1.500
numero per la segnalazione dei casi: 112

ABRUZZO
numero unico nazionale: 1.500
numero per la segnalazione dei casi: 112

CAMPANIA
numero verde per info: 800.909.699
numero unico nazionale: 1.500
numero per la segnalazione dei casi: 112

MARCHE
numero verde per info: 800.936.677
numero unico nazionale: 1.500
numero per la segnalazione dei casi: 112

PUGLIA
numero unico nazionale: 1.500
numero per la segnalazione dei casi: 112

LAZIO
numero unico nazionale: 1.500
numero per la segnalazione dei casi: 112

CALABRIA
numero verde per info: 800.767.676
numero unico nazionale: 1.500
numero per la segnalazione dei casi: 112

VALLE D’AOSTA
numero verde per info: 800.122.121
numero unico nazionale: 1.500
numero per la segnalazione dei casi: 112

UMBRIA
numero verde per info: 800.636.363
numero unico nazionale: 1.500
numero per la segnalazione dei casi: 112

L ‘AGGIORNAMENTO DEL DVR ALLA LUCE DELLA EPIDEMIA DA CORONAVIRUS

La Valutazione dei Rischi prevede già un titolo dove viene valutato il rischio biologico anche se inteso come rischio indiretto e non per l’uso deliberato di specifici agenti biologici; In considerazione delle recenti evoluzioni epidemiche da Coronavirus é necessario che anche il DVR sia aggiornato con un capitolo a parte che comprenda tutte le valutazioni e le misure in relazione ad ogni specifica attività lavorativa

OBIETTIVI DELLA VALUTAZIONE

Gli interventi a seguito della valutazione del rischio saranno finalizzati a due obiettivi:

1. ridurre la trasmissione del virus;

2. ridurre il rischio che un lavoratore suscettibile si infetti.

TIPOLOGIA DELLE MISURE DA ADOTTARE

L’ISPESL ha individuato tre tipi di misure da adottare:

  1. Strutturali: riguardano l’ambiente nel quale viene svolta l’attività lavorativa (es. barriere fisiche di protezione, presidi per il lavaggio delle mani);
  2. Organizzative: riguardano le procedure da adottare sul luogo di lavoro per informare e proteggere il lavoratore (es. istruzioni per il lavaggio delle mani, per la corretta igiene respiratoria);
  3. Comportamentali: riguardano gli atteggiamenti da intraprendere da parte del singolo lavoratore (es. utilizzo dei dispositivi di protezione individuale) [si vedano I documenti Ispesl sull’Influenza A).

LIVELLI DI RISCHIO PER GLI OPERATORI

È possibile distinguere quattro livelli di rischio per gli operatori:

1. Occupazioni a rischio di esposizione molto alto [operatori sanitari (OS) che eseguono manovre che generano aerosol su pazienti noti o sospetti per aver contratto il virus, OS o laboratoristi che raccolgono o manipolano campioni provenienti da soggetti noti o sospetti per aver contratto il virus].

2. Occupazioni a rischio di esposizione alto [OS adibiti a mansioni assistenziali nei confronti di pazienti noti o sospetti per aver contratto il virus; OS adibiti al trasporto di pazienti noti o sospetti per aver contratto il virus pandemico all’interno di ambulanze, OS che eseguono autopsie di pazienti noti o sospetti per aver contratto il virus pandemico; addetti alle camere mortuarie].

3. Occupazioni a rischio di esposizione medio [lavoratori del pubblico impiego addetti agli sportelli, lavoratori nel settore del trasporto aereo e navale, personale scolastico, lavoratori del settore alberghiero, forze dell’ordine, lavoratori del commercio, in particolare addetti alle casse ecc.].

4. Occupazioni a rischio di esposizione basso [impiegati di uffici senza accesso al pubblico].

TIPOLOGIE DI RISCHIO

Nel caso di  scenario a bassa probabilità di diffusione del contagio – “ipoteticamente ascrivibile a zone nelle quali non siano presenti, nell’intera provincia, conclamati casi di contrazione della malattia o a tutti gli altri casi in cui si ritenga di definire “bassa” la probabilità di diffusione (in relazione allo stato dei fatti)” – il Datore di Lavoro “ritiene, al minimo, di adottare le seguenti misure di prevenzione e protezione:

  • Informazione a tutti i lavoratori in merito al rischio, mediante diffusione capillare […];
  • Affissione, in uno o più punti visibili della sede di lavoro, nonché nei servizi igienici e nelle mense e/o zone ristoro, del ‘decalogo’ […]. Tale manifesto dovrà essere sostituito quando dovesse essere emesso un similare ritenuto dalle autorità più aggiornato o più completo;
  • Affissione, nei servizi igienici aziendali, nei pressi dei lavamani, nonché nelle mense e/o zone ristoro ove siano presenti lavandini, delle ‘istruzioni grafiche per il lavaggio mani;
  • Stretto controllo sugli accessi esterni (intesi come fornitori e/o appaltatori), per la limitazione al minimo dei contatti con i propri lavoratori. Se necessario, dotazione agli stessi di mascherina chirurgica;
  • Allontanamento immediato dal lavoro di qualunque lavoratore manifesti sintomi ascrivibili a quelli del coronavirus e interdizione per lo stesso al rientro al lavoro fino ad accertata negatività rispetto al virus o a completa guarigione”.

Nel caso di  scenari media probabilità di diffusione del contagio andranno adottate, scrivono i nostri tre autori, le seguenti “misure di prevenzione e protezione:

  • Tutte le misure indicate per Scenario 1 a basso rischio;
  • Dotazione di dispenser distributori di igienizzante alcoolico per le mani agli ingressi aziendali, con cartello indicante la necessità di disinfezione delle mani all’ingresso presso la sede di lavoro (valido anche per l’ingresso di utenti esterni);
  • Uso di guanti in lattice monouso da parte dei lavoratori che debbano interagire con materiali / prodotti da scaffale, permanentemente esposti alla clientela;
  • Una attenta e puntuale valutazione delle eventuali ulteriori azioni da mettere in atto per lavoratori appartenenti a fasce di popolazione sensibili rispetto al rischio (minori, lavoratori oltre i 60 anni, lavoratori con nota immunodeficienza o che la dichiarino per la prima volta, avvalorandola con atti … anche le donne in stato di gravidanza, pur non essendoci ad oggi alcuna informazione di letteratura che indichi l’incidenza del virus sul feto …);
  • Dotazione di disinfettanti per superfici a base alcoolica e panni di carta usa e getta, al minimo per le postazioni/uffici destinati ad accogliere utenti esterni;
  • Limitazione al minimo indispensabile di attività di front office nei confronti di utenti esterni: si preferiranno, ove possibile, gestioni telefoniche. Ove non possibile, saranno valutate opzioni di front office con predilezione delle postazioni munite di vetro di protezione”.

Articolo rielaborato da “punto sicuro”

 

 

 

 

PALESTRA E CORONAVIRUS SI CON QUALCHE ATTENZIONE

Da il sole24ore

Coronavirus, il virologo Andreoni: «Fare più attenzione del solito ma inutile rinunciare alla palestra»

di Andrea Carli
26 Febbraio 2020

E ora, come mi devo comportare? Rischio di contrarre il coronavirus se vado in palestra o in piscina?». La domanda, in questi giorni in cui in Italia si registrano nuovi contagi, rimbalza sui social e nella chat di WhatsApp. «Certamente la palestra è una sede di grande aggregazione – riconosce Massimo Andreoni, professore ordinario di malattie infettive della facoltà di Medicina e chirurgia Università degli studi di Roma “Tor Vergata” -. Se è vero che il virus si tramette attraverso la saliva, tossendo e starnutendo a una distanza inferiore a un metro e mezzo, un rischio analogo, anzi anche più elevato, lo si potrebbe correre in fila alla posta, o al cinema in attesa di acquistare il biglietto per un film, o alla cassa di un supermercato». È dunque inutile rinunciare a quel momento di relax tra tapis roulant, cyclette, panche per addominali e bilancieri. Basta ricorrere a comportamenti di igiene personale adeguati.

In palestra contagio possibile
«Il sudore, di per sé, non veicola il coronavirus», chiarisce Andreoni, che è anche direttore scientifico della Simit (Società italiana di malattie infettive e tropicali). C’è però un aspetto da valutare. In palestra può capitare di servirsi di tappetini o bilancieri che, almeno sulla carta, potrebbero essere stati in precedenza utilizzati da una persona contagiata dal coronavirus. «Il contatto diretto – sottolinea lo specialista di malattie infettive – è, almeno potenzialmente, un’altra modalità di trasmissione: le goccioline di saliva trasmesse via aerea potrebbero infatti prima depositarsi su attrezzi, tappettini o quant’altro, quindi venire in contatto con le mani di persone, non infette, che di quegli strumenti fanno uso. Di qui le mani in bocca non sono da escludere. In questo scenario – continua Andreoni – le palestre potrebbero essere delle occasioni più pericolose rispetto agli esempi precedenti». Dall’altro lato, però, va ricordato che «il virus al di fuori delle cellule vive pochissimo: perché scatti eventualmente il contagio, è necessario che la sequenza in due fasi (la saliva si deposita su un oggetto e lo contamina, la persona sana prende l’oggetto e si mette le mani in bocca) avvenga in tempi molto stretti».

Lavarsi bene le mani dopo l’attività sportiva
Che fare allora? Secondo il virologo, «è buona norma quando si utilizza un attrezzo o un tappettino o qualsiasi altra cosa condivisa non mettersi le mani in bocca e lavarsi bene le mani con acqua e sapone al termine dell’attività sportiva. Sconsiglierei alle persone di non andare in palestra. Consiglierei invece loro di effettuare questi semplici gesti».

Rischio zero in piscina
Fin qui le attività in palestra. Che cosa rischia invece chi va a farsi una nuotata o a fare acquagym? «La piscina – risponde il professore dell’università di Tor Vergata – è un sistema di diluizione estrema del virus. È possibile che goccioline della saliva di una persona infetta finiscano in acqua, ma è talmente considerevole il volume del liquido che il rischio praticamente non c’è, anzi lo considererei nullo». Dunque: buona nuotata.