News

BENEFICI DELLA LUCE AL LED SENZA SFARFALLIO

Di John Davenport

Tratto da Ohsonline.com

La tipologia della illuminazione dei luoghi di lavoro ha un ruolo centrale per garantire un ambiente di lavoro più sano, sicuro e produttivo. L’avvento dell’illuminazione a LED senza sfarfallio offre un’alternativa promettente all’illuminazione a LED fluorescente, a incandescenza e di prima generazione, ed inoltre riduce significativamente i costi di manutenzione.

Lo sfarfallio è  una instabilità della  luce. Gli esseri umani sono  in grado di percepire le instabilità nella luce o sfarfallii fino a circa 80 volte al secondo. Se una sorgente luminosa ha uno sfarfallio più rapido di 80 volte al secondo, ad esempio 120 volte al secondo, il nostro corpo continuano a reagire alle fluttuazioni della luce anche se non possiamo “vederle”. Come le forme più visibili di sfarfallio, questo sfarfallio “invisibile” può avere un impatto negativo su salute, benessere e produttività.

La causa più comune di sfarfallio in una luce è il risultato della linea di alimentazione CA che modula l’alimentazione della sorgente luminosa. Quando la fonte di alimentazione cambia, la potenza della luce cambia, a meno che il circuito intermedio non lo impedisca. Mentre i fluorescenti elettronici alimentati da reattori hanno ridotto notevolmente questa fluttuazione della luce rispetto ai loro predecessori azionati da reattori magnetici, la maggior parte dei prodotti LED di prima generazione ha reintrodotto alta frequenza di sfarfallio negli ambienti interni.

Tutte le persone  sono sensibili allo sfarfallio in una certa misura e questo può  contribuire  all’insorgenza di mal di testa, astenopia  e affaticamento; la ricerca suggerisce anche che può aumentare la frequenza delle emicranie. Alcuni persone con specifici deficit, come ad esempio quelli dello spettro autistico, sperimentanouna ipersensibilità visiva, in cui i trigger di illuminazione possono provocare sintomi accentuati. Lo sfarfallio può anche indurre convulsioni nelle persone con epilessia fotosensibile. Sebbene non vi siano standard che impongano ai produttori di illuminazione di rimuovere lo sfarfallio, l’Institute of Electrical and Electronics Engineers (IEEE 1789) indica che avere uno sfarfallio inferiore al 5% (alla frequenza della linea di alimentazione) presenta un basso rischio per queste persone.

L’illuminazione a LED senza sfarfallio è stata sviluppata per evitare questi inconvenienti, consentendoci di godere di  molti altri vantaggi dell’illuminazione a LED. Lo spettro della lampada a LED, che può essere continuo piuttosto che appuntito come lo spettro fluorescente, fornisce una corrispondenza più stretta con quella della luce solare naturale, che si traduce in una migliore differenziazione del colore, percezione del bianco più luminoso, una migliore saturazione del colore e una visione dei colori complessivamente migliore. Di conseguenza, l’illuminazione a LED può potenzialmente aumentare anche i livelli di umore e concentrazione.

Proprio per tutte queste ragioni i luoghi di lavoro scolastici educativi, sanitari, militari e commerciali possono trarne vantaggio

La prova di questi benefici deriva da studi sull’impatto dell’illuminazione a LED senza sfarfallio nei settori educativo, sanitario, militare e commerciale / industriale. Ad esempio, in classe, le qualità superiori dell’illuminazione a LED migliorano la visibilità, il che a sua volta può portare a un ambiente di apprendimento migliore . Diversi studi  suggeriscono che gli studenti possono concentrarsi maggiormente sul loro lavoro in classe con un’illuminazione a LED priva di sfarfalli . Inoltre ulteriori ricerche hanno evidenziato  un miglioramento nel comportamento degli studenti con bisogni speciali.

Nelle strutture sanitarie, non solo la luce a LED priva di sfarfallio può tradursi in un ridotto rischio di errore tra medici e infermieri durante le procedure mediche, ma la possibilità di modulare  il tipo di  illuminazione come negli ultimi LED più moderni consente anche impercettibili cambiamenti di colore che possono facilitare il benessere del paziente.

Nel frattempo, la Marina degli Stati Uniti sta raccogliendo i benefici del retrofit dell’illuminazione della sua navi di superficie con luci a LED senza sfarfallio; negli ultimi anni sono state installate centinaia di migliaia di luci a LED. Oltre a significativi risparmi sui costi di manutenzione, la migliore qualità della luce migliora l’attenzione, la produttività e la vigilanza tra i membri dell’equipaggio.

Infine, l’uso commerciale dell’illuminazione a LED priva di sfarfallio ha dimostrato di migliorare l’aspetto della merce esposta negli showroom e in altri grandi spazi pubblici e di fornire un ambiente più luminoso per gli acquirenti, garantendo allo stesso tempo che il personale di vendita che lavora su turni prolungati goda della stessa salute e dei benefici  descritti in precedenza.

I’ illuminazione a LED senza sfarfallio ha generato risultati positivi

Numerosi  studio attestano questi benefici in contesti del mondo reale. Ad esempio, la Rushwood Elementary School, situata fuori Cleveland, nell’Ohio, ha adattato l’illuminazione a LED senza sfarfallio già da diversi anni fa. Professori  e studenti hanno subito notato delle differenze: hanno descritto la qualità della luce più nitida, più chiara e più luminosa, con maggiore facilità di lettura. Sono stati riportati meno casi cefalea e un’insegnante di sostegno  ha riportato la percezione di un clima più “pacato” nella sua classe.

liberamente tradotto da

dott Alessandro Guerri medico specialista in medicina del lavoro

_______________________________________________________________________________________

TECO MILANO :

Quando si parla di sicurezza sul lavoro, ambiente, medicina del lavoro e formazione Teco Milano srl è il riferimento giusto per chi cerca un partner adatto.

info@tecomilano.it      Telefono 02 48958304

 

PRIME VISITE OCULISTICHE IN 5 G

Da 01health.it

Dalla collaborazione tra due istituti del Regno Unito e dall’impiego in campo medico delle ultime tecnologie delle telecomunicazioni, arriva uno dei primi esempi di “tele-visita” oftalmologica al mondo: l’esame a distanza di un occhio effettuato in streaming dal vivo usando uno smartphone 5G.

È stato il sistema di test di tele-oftalmologia sperimentato dall’Università di Strathclyde di Glasgow e dal NHS Forth Valleyscozzese a spianare la strada a questa prova pionieristica. Il sistema utilizza un feed video in diretta per collegare in modo sicuro medici, ottici e pazienti attraverso una combinazione di tecnologia di stampa 3D sviluppata a Strathclyde e la piattaforma di Video Consultation Attend Anywhere, finanziata dal governo scozzese.

Tale tecnologia in fase di test è stata sfruttata per consentire un tele-esame live utilizzando uno smartphone connesso via 5G collegato a una lampada a fessura portatile che emette un intenso fascio di luce, per fornire un’immagine dal vivo di un occhio.

Il dott. Mario Giardini e il dott. Iain Livingstone con parte dell’apparecchiatura utilizzata nelle consultazioni virtuali

L’esame è stato trasmesso in streaming in diretta dal consulente oftalmologo del NHS Forth Valley Iain Livingstone, durante una conferenza tenutasi alla fine di settembre a Edimburgo, dal direttore dell’innovazione digitale al Moorfields Eye Hospital di Londra, Peter Thomas, che ha usato un’immagine del proprio occhio.

Il dott. Livingstone, ha reso noto il team dell’Università di Strathclyde, è stato in grado di eseguire un esame virtuale, mostrando che un’immagine di qualità abbastanza elevata potrebbe essere trasmessa in tempo reale, aprendo le porte a grandi potenzialità per la telemedicina in futuro.

Il tele-esame ha sfruttato la nuova rete 5G di Londra ed Edimburgo e ha permesso una consulenza completa senza la necessità di una clinica. Il test mette in evidenza come l’emergere della tecnologia 5G possa offrire ampie opportunità per la medicina e l’assistenza sanitaria.

Secondo il Dott. Mario Giardini del Dipartimento di Ingegneria Biomedica dell’Università di Strathclyde, la qualità delle telecomunicazioni di ultima generazione ora consente la trasmissione di immagini molto dettagliate e la telemedicina potrebbe raggiungere presto la stessa chiarezza delle consultazioni di persona, collegando aree remote ai medici e promuovendo l’eguaglianza nell’accesso all’assistenza sanitaria.

LA LUCE BLU ACCELLERA L’INVECCHIAMENTO

La luce blu emanata dai dispositivi elettronici come pc, tablet e smartphone oltre a condizionare la qualità del sonno e a provocare danni alla retina, accelera il processo di invecchiamento della pelle.

Lo conferma una nuova ricerca condotta dall’Oregon State University. L’esposizione prolungata agli schermi dei pc, tablet ma anche dei cellulari accelerano l’invecchiamento cellulare.

La luce blu emanata da questi dispositivi influisce sulla qualità della pelle del viso, anche se si indossano gli occhiali anti luce blu. A sostenerlo è una nuova ricerca dell’Oregon State University. La sperimentazione è stata fatta solo sul modello animale. Il team ha esposto dei moscerini a cicli giornalieri di 12 ore di luce blu e 12 ore di oscurità. Ne è risultato che a causa dell’esposizione costante alla luce blu erano meni longevi. In particolare i moscerini presentavano danni alle cellule della retina retiniche e ai neuroni cerebrali. La loro capacità di movimento risultava anche ridotta notevolmente. Tutto ciò avveniva anche quando la luce blu non colpiva gli occhi.

La luce blu dei dispositivi elettronici è in grado di influenzare la qualità della vista e del funzionamento del nostro cervello. Gli esperti consigliano di limitare considerevolmente l’esposizione a questi dispositivi elettronici, soprattutto nelle ore che precedono il sonno. Questi dispositivi quando sono accesi, emettono una luce blu. È la stessa che dice al nostro cervello che dobbiamo svegliarci perché è mattina.

Secondo una ricerca della National Sleep Foundation americana la luce blu rallenta il rilascio di melatonina, l’ormone del sonno, più di qualsiasi altro tipo di fonte luminosa. Molti modelli di cellulari dispongono del profilo serale. Grazie ad esso lo schermo cambia e vira verso tonalità più calde, in modo da filtrare la luce blu. Lo stesso accade per alcuni monitor di computer e tablet. Non si riesce però a bloccare tutte le radiazioni. In molti scelgono occhiali da vista capaci di filtrare le radiazioni. Esistono anche pellicole da applicare ai display che hanno la stessa funzione.

Da “il giornale”

PRESTO UN NUOVO VACCINO CONTRO LA TUBERCOLOSI

I ricercatori hanno annunciato un nuovo trattamento “rivoluzionario” per la tubercolosi che potrebbe avere effetti sorprendenti sulla diffusione della tubercolosi (TB). Il vaccino fornirebbe una protezione a lungo termine contro la malattia che uccide ancora 1,5 milioni di persone ogni anno.

Esistono già  altri tipi di vaccinazioni antitubercolari che tuttavia non  si sono dimostrate molto efficaci. Il mondo assiste alla comparsa di migliaia di nuovi casi ogni anno e molti di questi sono resistenti a più trattamenti. Negli ultimi anni questa malattia è diventata più pericolosa e si sta diffondendo.

Il team  mondiale di ricercatori  ha come ambizioso obiettivo quello di trovare un vaccino  antitubercolare in grado di aiutare le comunità di tutto il mondo, in particolare quelli con alti tassi di malattia. Il nuovo vaccino, composto da proteine ​​dei micobatteri in grado di innescare una risposta immunitaria, è stato presentato in occasione del vertice mondiale pneumologico nella città di Hyderabad, nell’India meridionale.

Perché questo vaccini è speciale?

Questo nuovo vaccino ha già dimostrato di essere efficace nel trattamento dei pazienti affetti da tubercolosi, ma mostra anche  la capacità di indurre una protezione naturale.

David Lewinsohn, un esperto di tubercolosi, ha detto alla BBC che il nuovo  vaccino era un “vero punto di svolta”.

“Ciò che è veramente notevole è che è stato efficace anche negli adulti che erano già stati infettati da Mycobacterium tuberculosis che è l’agente causale della tubercolosi”, ha detto.

Continua spiegando come la maggior parte delle persone affette da tubercolosi da Mycobaterium non sviluppa la tubercolosi, i ricercatori ritengono quindi che l’infezione conferisca un grado di protezione. Questa intuizione  è straordinaria, poiché il nuovo vaccino “ha dimostrato di migliorare questa immunità naturale”.

La strada davanti

Il vaccino ha già superato una serie di test clinici, ma ci sono ancora alcuni test  da completare prima che possa essere ufficialmente approvato . È stato intanto testato su oltre 3.500 adulti nelle regioni endemiche della TB del Sudafrica, del Kenya e dello Zambia.

“Supponendo che vengano confermati i dati fino ad ora raggiunti, il che sembra probabile, questo vaccino ha il potenziale per rivoluzionare il trattamento della tubercolosi”, ha affermato Lewinsohn.

Il dottor Lewinsohn stima che se tutto procederà per il meglio , il vaccino dovrebbe raggiungere i pazienti entro il 2028. Si tenga conto che , questo vaccino è già in fase di studio  da molto tempo; la ditta farmaceutica GlaxoSmithKline (GSK) sta lavorando  sul vaccino contro la tubercolosi da quasi 20 anni.

I test sui trattamenti antitubercolari non sono facili come per altri vaccini, secondo un articolo della BBC. I ricercatori affermano che il vaccino deve mostrare efficacia negli animali (come topi, cavie e primati non umani) per poter proseguire il suo iter . Ma il più delle volte, “i modelli animali spesso non riflettono ciò che vorremmo vedere in un vaccino efficace”.

Ad esempio, nel topo, la tubercolosi tende ad essere una “malattia indolente” e i ricercatori potrebbero definire il successo come una riduzione di circa 10 volte del numero di batteri nel polmone.

Mentre questo è incoraggiante per un topo non lo può essere per un bambino umano.  Avere un decimo di quella concentrazione di batteri significa avere ancora  la TBC

La situazione attuale

Solo nell’ultimo anno, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), nel mondo si sono ammalati di TB circa 10 milioni di persone. E la tubercolosi assume molte forme: latente, attiva, resistente ai farmaci e altre.

Quasi un quarto dell’intera popolazione mondiale ha un’infezione da TB latente. Ciò significa che queste persone trasportano i micobatteri in una forma inattiva, non sono malati e non trasmettono la malattia ad altri. Quelli con tubercolosi latente hanno un rischio dal 5 al 10 percento di sviluppare tubercolosi attiva durante la loro vita.

Tuttavia, la malattia è molto grave e, se non trattata, può essere fatale. A causa del suo segno mortale e della sua prevalenza globale, l’OMS mira a ridurre il numero di nuovi casi di tubercolosi del 90 percento e il numero di decessi per tubercolosi del 95 percento tra il 2015 e il 2035. Speriamo che il nuovo vaccino possa aiutare in questo senso.

La prevalenza della tubercolosi è più alta nei seguenti otto paesi che rappresentano i due terzi dei casi di tubercolosi globale: India (27 per cento ), Cina (9 per cento ), Indonesia ( 8 per cento ), Filippine (6 per cento), Pakistan (6 per cento ), Nigeria (4 per cento ), Bangladesh (4 per cento ) e Sudafrica (3 per cento ).

L’India è maggiormente gravata dalla malattia con oltre tre milioni di nuovi casi ogni anno. Circa 100.000 di questi casi sono resistenti a più farmaci, secondo l’OMS. La malattia uccide 400.000 indiani ogni anno e costa al governo circa $ 24 miliardi all’anno.

“Non possiamo eliminare la tubercolosi a livello globale se non la sradichiamo dall India”, ha affermato Jamhoih Tonsing, direttore dell’ufficio dell’Unione internazionale contro la tubercolosi e le malattie polmonari a Delhi.

Altre info su TBC

L’articolo della BBC fornisce i seguenti dati sulla malattia e sui suoi effetti su individui e comunità:

La tubercolosi è un’infezione batterica diffusa attraverso l’inalazione di goccioline dalle tosse o dagli starnuti di una persona infetta.
Colpisce principalmente i polmoni, ma possono essere interessate altre parti del corpo come organi addominali, ossa e sistema nervoso.
I sintomi più comuni della tubercolosi sono tosse persistente per più di tre settimane, perdita di peso inspiegabile, febbre e sudorazione notturna.
La tubercolosi è difficile da contrarre e per ammalarsi devi trascorrere molte ore a stretto contatto con una persona infetta.
La tubercolosi può essere fatale se non trattata, ma può essere curata se trattata con gli antibiotici giusti per almeno sei mesi.
L’attuale vaccino BCG Jab offre protezione contro la tubercolosi ed è raccomandato per neonati, bambini e adulti di età inferiore ai 35 anni che sono a rischio di contrarre la tubercolosi.
I gruppi a rischio comprendono bambini che vivono in aree con alti tassi di tubercolosi e persone con familiari stretti da paesi con alti tassi di tubercolosi.
La tubercolosi è  una preoccupazione per la salute pubblica da generazioni, e nonostante ora ci sono più trattamenti e vaccini di quanti ce ne fossero un secolo fa, la malattia contagia ancora migliaia di persone ogni anno. Con l’imminente vaccino, i ricercatori sperano che i tassi globali di  infezione tubercolare possano essere abbattuti per sempre

Liberamente tradotto da dott Alessandro Guerri medico specialista in medicina del  lavoro

_______________________________________________________________________________________

TECO MILANO :

Quando si parla di sicurezza sul lavoro, ambiente, medicina del lavoro e formazione Teco Milano srl è il riferimento giusto per chi cerca un partner adatto.

info@tecomilano.it      Telefono 02 48958304

SEMI DI UVA CONTRO IL MESOTELIOMA

I semi di Aglianico sono molto ricchi in proantocianine che sono in grado di indurre nel mesotelioma meccanismi di apoptosi

Nuove prospettive per la lotta al mesotelioma maligno, una forma rara e aggressiva di tumore che colpisce il mesotelio, tessuto che riveste gran parte degli organi interni. Uno studio di Enea, Cnr e Universita’ “Federico II” di Napoli (Unina) ha dimostrato che alcune molecole contenute nei semi degli acini (vinaccioli) delle uve di Aglianico e Falanghina sono capaci di bloccare la crescita di cellule di mesotelioma e potrebbero essere in grado di aumentare l’ efficacia delle terapie farmacologiche standard (chemioterapia) utilizzate per il trattamento di questo tumore. La ricerca e’ stata pubblicata sulla rivista Journal of Functional Foods”.

In particolare, dagli studi dell’ Enea volti a caratterizzare gli estratti metabolici ottenuti da bucce e vinaccioli delle due varieta’ di vite campane, e’ emerso che soprattutto i semi di Aglianico sono molto ricchi in proantocianine (speciali molecole dalle spiccate proprieta’ antiossidanti), che sono in grado di indurre nel mesotelioma meccanismi di apoptosi, cioe’ di morte cellulare, anche nei casi di linee tumorali che mostrano farmaco-resistenza. L’ indagine molecolare condotta dall’ equipe di genetisti del Dipartimento di Agraria dell’ Unina ha evidenziato una elevata attivita’ dei geni associati alla biosintesi delle proantocianidine. In accordo con i dati sui metaboliti, l’ espressione di tali geni e’ apparsa fortemente influenzata dal tessuto (maggiore nei vinaccioli anziche’ nelle bucce) e dal vitigno (superiore in Aglianico rispetto a Falanghina).

Una precedente ricerca del Cnr di Napoli volto allo studio dell’ efficacia di un trattamento combinato di un antinfiammatorio con un chemioterapico, aveva evidenziato in specifiche cellule una marcata resistenza ai farmaci che ne limitava pesantemente l’ efficacia. Queste stesse cellule sono ora risultate sensibili al trattamento con gli estratti di vinaccioli. “Nonostante la rarita’ di questa malattia associata all’ esposizione alle fibre di amianto, l’ incidenza del mesotelioma aumenta nel mondo del 5,4 per cento l’ anno e la diagnosi e’ spesso tardiva, sia a causa della sintomatologia simile a quella di molte altre malattie, sia perche’ il tumore si sviluppa dopo un lungo periodo di latenza”, ha evidenziato Stefania Crispi del Cnr.

Dato che il mesotelioma mostra elevata chemio-resistenza, lo studio di nuovi approcci terapeutici basati sull’ uso di sostanze estratte dai vinaccioli in combinazione con chemioterapici puo’ rappresentare un nuovo strumento adiuvante nella lotta contro questa forma tumorale, soprattutto in considerazione della assenza di citotossicita’ nei confronti delle cellule sane“, aggiungono Gianfranco Diretto del Laboratorio Biotecnologie Enea e Riccardo Aversano del Dipartimento di Agraria dell’ Unina.

Da dottnet.it

fonte: Journal of Functional Foods

RAMAZZINI A PADOVA

Proprio in questi giorni ricorre l’anniversario della nascita( 3 novembre 1633 – 5 novembre 1714) del padre della Medicina del Lavoro Bernardino Ramazzini. L Università di Padova ricorda lo studioso con questo articolo tratto da https://ilbolive.unipd.it

“In questa città [Modena…] c’è la consuetudine di pulire, ogni tre anni, le fogne […] Mentre si faceva questo lavoro in casa mia, mi resi conto che uno di questi vuotatori lavorava in quell’antro infernale con grande sveltezza. Mosso a compassione […] gli chiesi perché lavorasse con tanta fretta […]. Il poveretto, alzando gli occhi da quell’antro e guardandomi, disse: Nessuno, se non lo prova, può immaginare cosa significhi stare in questo posto più di quattro ore; si rischia di diventar ciechi. Quando uscì dalla fogna esaminai attentamente i suoi occhi e vidi che erano molto arrossati e velati […]. Allora gli chiesi come facessero i vuotatori di fogne a curarsi tali disturbi. Rispose: Ritornando subito a casa, come farò io ora; si chiudono in una camera buia e vi rimangono sino al giorno seguente lavandosi di quando in quando gli occhi con acqua tiepida; questo è il solo modo per trovare qualche sollievo”.

In questa nota autobiografica, contenuta nel capitolo XIV del fondamentale trattato di Bernardino Ramazzini De morbis artificum diatriba (Dissertazione sulle malattie dei lavoratori), si colgono due importanti aspetti che ne permeano l’opera: la sensibilità filantropica e la metodologia di lavoro, diremmo oggi “sul campo”, a contatto diretto con i lavoratori e le condizioni ambientali della loro attività.

Nato a Carpi nel 1633, e laureatosi in filosofia e medicina a Parma nel 1659, Ramazzini tenne per alcuni anni una condotta nel ducato di Castro, esperienza che gli consentì di constatare quotidianamente le misere condizioni lavorative dei contadini locali. Professore nell’università di Modena dal 1671, nel 1700 fu chiamato dal Senato veneto alla seconda cattedra di medicina pratica nell’ateneo patavino e, più tardi, alla prima cattedra di medicina pratica nella stessa università. Dopo quattordici anni di intensa attività clinica e di insegnamento, Ramazzini morì a Padova nel 1714.

Quando vi giunse, egli poteva vantare il merito di avere appena introdotto con il De morbis artificum diatriba un nuovo approccio allo studio delle malattie: la ricerca del loro possibile nesso con l’attività lavorativa. Prima dell’opera di Ramazzini, che pose le basi dell’odierna medicina del lavoro, non esistevano infatti trattazioni sistematiche delle malattie da cause lavorative, ma solo osservazioni sporadiche: si ricordano, per citare alcuni, Ippocrate che descrisse una malattia tipica dei battitori di lana; Galeno che si occupò dei lottatori; Plutarco delle affezioni degli studiosi; Falloppia delle malattie dei minatori. Solo oltre un secolo più tardi, nel 1831 a Londra, Charles Turner Thackrah avrebbe pubblicato un’opera simile dal titolo The effects of the principal arts, trades, and professions, and of civic states and habits of living, on health and longevity.

Il De morbis artificum diatribaapparve in latino in due edizioni, a Modena nel 1700 e a Padova nel 1713. Inizialmente suddivisa in 40 capitoli, nell’edizione del 1713 l’opera venne ampliata con un Supplementum di 12 capitoli e una Dissertazione sulla tutela della salute delle monache. In ciascun capitolo l’autore pone le attività lavorative in relazione allo stato di salute di quanti le esercitano: descrive le procedure tecniche impiegate nello specifico ambito professionale; espone la sintomatologia del lavoratore; discute quanto riportato in letteratura; propone la terapia e le norme per la prevenzione.

Giorgio Zanchin, neurologo e past president della International Society for the History of Medicine, illustra il contributo di Ramazzini. Servizio a cura di Monica Panetto ed Elisa Speronello.

Furono alcune esperienze personali, tra le quali la già citata condotta a Castro e, come Ramazzini stesso dice nel passo sopra riportato, la constatazione della sofferta attività degli operai addetti alla manutenzione fognaria nella sua casa a Modena, che contribuirono ad attirare la sua attenzione sulle malattie dei lavoratori e a indurlo ad affrontare l’argomento in modo sistematico.

Significativamente la prima edizione del De morbis artificum diatriba apre il Settecento, il secolo dell’Illuminismo, ben rappresentandone la nuova sensibilità sociale. Ramazzini afferma apertamente la dignità tanto delle arti liberali quanto dei lavori più modesti.E, con atteggiamento impensabile solo qualche decennio prima, l’autorevole professore universitario esplicita senza riserve lo sforzo profuso nel verificare direttamente quanto descrive: “Da parte mia ho fatto quanto ho potuto, né ho reputato indecoroso visitare personalmente ogni officina, anche la più umile”. La convinzione dell’importanza di stabilire il tipo di nesso causale tra quadro morboso e ambiente professionale lo induce, infatti, a recarsi personalmente nei luoghi di lavoro, osservandone le condizioni igieniche, le sostanze lavorate e le procedure seguite; in sede di anamnesi, egli raccomanda esplicitamente di interrogare in dettaglio il paziente anche sul tipo di attività svolta (“quam artem exerceat”). Egli asserisce giustamente l’assoluta preminenza della prevenzione rispetto alla terapia. E poiché tutti i prestatori d’opera, dagli intellettuali ai più umili manovali, rivestono un ruolo di utilità sociale, le condizioni di lavoro non devono comportare sofferenza e danno alla salute. Per questo Ramazzini, riconosciuto fondatore della medicina del lavoro, sensibile analizzatore delle misere condizioni delle classi subalterne, è giustamente considerato un fautore dell’elevazione sociale dei lavoratori.

Colpisce ritrovare nel De morbis artificum diatriba numerosi riferimenti alla cefalea, patologia inedita in un trattato sulle malattie del lavoro. Il principale interesse clinico di chi scrive riguarda proprio lo studio di questa patologia e alcune ricerche sono state stimolate da quanto scritto sull’argomento proprio da Ramazzini. Le osservazioni del docente padovano hanno consentito, ad esempio, di individuare un sintomo specifico per la diagnosi di emicrania, e cioè l’ipersensibilità agli odori durante gli attacchi. Sulla scorta di un suo passo autobiografico al riguardo, emerge poi che Ramazzini stesso ne soffriva, e ciò spiega anche il suo particolare interesse nel trattare l’argomento.

A Padova Ramazzini scelse il Portello come zona di residenza. Era, questa, un’area popolosa e vivace, animata dal vicino porto fluviale per Venezia. Proprio qui, nell’attuale via Belzoni, poco lontano dal suo luogo di sepoltura, è ubicata l’ultima casa padovana dove Bernardino Ramazzini visse fino alla morte. Lui stesso, del resto, scriveva al nipote Bartolomeo, di risiedere “alla Parochia di S. Soffia di contro à gli Orfani”, di fronte dunque al complesso degli Orfani (oggi Collegio del Sacro Cuore), situato appunto nell’attuale via Belzoni.

A pochi passi dalla sua casa, risalendo la via in direzione di Porta Ognissanti, si erge la piccola Chiesa della Beata Elena Enselmini dove le fonti storiche concordano nel collocare il sito di sepoltura del fondatore della medicina del lavoro. Agli inizi del Novecento, in realtà, questa ipotesi era stata scartata, ma una seconda ricognizione, che mi ha visto partecipe il 5 giugno del 2002 insieme a un gruppo di studiosi padovani, ha invece confermato la presenza di alcuni resti di calotta cranica riconducibili a Ramazzini. L’esame del radiocarbonio fa risalire infatti il reperto a un periodo compatibile con la data di morte dell’autore del De morbis artificum diatriba. Come riportato anche sulla rivista The Lancet, viene così avvalorata la tradizione che vuole le spoglie mortali del grande clinico di Carpi tumulate “sine titulo”, cioè senza alcuna iscrizione tombale, nella secolare cornice della Chiesa della Beata Elena Enselmini di Padova. E viene così scientificamente supportata l’elegante iscrizione commemorativa in onore di Bernardino Ramazzini, posta sulla facciata della chiesa nel 1933, in occasione del terzo centenario dalla nascita per iniziativa del rettore Carlo Anti, sulla sola scorta della tradizione.

UNA APP PER IL TRAINING DEI LAVORI IN QUOTA

Una soluzione originale e innovativa per la formazione in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro e, nello specifico, per i training abilitanti ai lavori in quota nel settore edile. E’ stata testata e provata questa mattina a Siena, all’interno delle iniziative della Settimana della sicurezza promossa da Cassa Edile Siena e Scuole Edile Senese, la app in realtà virtuale progettata e sviluppata dallo staff multidisciplinare del Lab VR dell’Università di Siena, per imparare a gestire il rischio del lavoro in quota in totale sicurezza.

Lo strumento, testato dagli studenti del corso CAT dell’Istituto tecnico superiore Sallustio Bandini di Siena, è indirizzato ai responsabili del servizio di prevenzione e protezione nel settore costruzioni. Un progetto pilota, unico in Toscana, che ha una capacità unica di replicare contesti che sarebbe difficile, se non impossibile o troppo rischioso riprodurre nella vita reale.

Utilizzando la app i lavoratori edili possono formarsi per svolgere in assoluta sicurezza un’attività importante e rischiosa. Le simulazioni in realtà virtuale hanno un valore particolare per la formazione. Infatti, rappresentando vere e proprie esperienze interattive, consentono all’utente di testare e riconoscere le sue reazioni a circostanze di potenziale pericolo, come quelle tipiche delle lavorazioni in quota nell’edilizia. L’esperienza virtuale di situazioni critiche e di potenziale pericolo permette agli utenti di conoscere e controllare le proprie reazioni in modo del tutto diverso rispetto a un apprendimento teorico. Pensata come un game interattivo, grazie alla visione immersiva propria della realtà virtuale, la app consente di simulare diverse situazioni di lavoro in quota e, attraverso le opzioni di scelta proposte, fornisce una guida puntuale per una corretta gestione degli interventi.

La settimana della sicurezza prosegue martedì 29 ottobre (ore 10.30 auditorium cassa Edile) con ‘L’arte della sicurezza’, presentazione del concorso grafico finalizzato a coinvolgere gli studenti dell’Istituto d’arte Duccio di Buoninsegna alla realizzazione di un cartello ammonitore sul tema ‘Sicurezza sul lavoro – cadute dall’alto’.

da Siena free.it

FTALATI E MICROPLASTICHE NEMICI DELLA FERTILITÀ

La fertilità è sempre più a rischio a causa di fattori ambientali, tra questi alcuni inquinanti presenti in ciò che mangiamo che, secondo la Società Italiana di Andrologia (SIA), stanno “avvelenando” gli spermatozoi.

Come è noto, la fertilità cala sempre di più e non solo nel nostro paese. Le cause di questo fenomeno sono molte e non staremo ora ad elencarle tutte (se vi interessa l’argomento leggete QUI). Tra queste, però, una certa responsabilità sembrano avere pesticidi e microplastiche che, purtroppo, sempre più spesso arrivano sulle nostre tavole.

A dirlo sono gli esperti della SIA che, in occasione del Congresso nazionale “Natura Ambiente Alimentazione Uomo”, hanno fatto il punto sull’odierna situazione degli uomini. Questi, ogni anno, attraverso il cibo assumono ben 250 grammi tra plastica e pesticidi. Oltre a ciò, vi è anche il problema degli ftalati che dai contenitori per alimenti possono migrare ai cibi e arrivare dunque nell’organismo.

Questi inquinanti non sono certo innocui per il corpo umano e, sottolineano gli andrologi, portano anche serie conseguenze per la salute degli spermatozoi. Nello specifico possono contribuire a farli diminuire ma anche ad un calo della loro motilità o della capacità di fecondare l’ovocita. Tutto questo concretamente significa che possono ridurre la fertilità maschile.

Pesticidi e microplastiche

I pesticidi sono molti e tra questi, come ha ricordato Bruno Giammusso, responsabile Programmi Fertilità SIA:

“Gli alchilfenoli sono molto simili alla struttura degli ormoni sessuali e quindi possono ‘confondere’ il metabolismo. Si trovano in moltissimi prodotti, dalla frutta e verdura a diversi tipi di pesci e molluschi pescati anche nei nostri mari come per esempio tonno e sgombro”. 

ha poi aggiunto:

“Non dobbiamo dimenticare il pericolo microplastiche: i dati sulla quantità di particelle presenti nei cibi di utilizzo comune sono preoccupanti. Sappiamo infatti che il consumo annuale si attesta fra le 39.000 e le 52.000 particelle di microplastiche, a cui si aggiungono fino a 90.000 particelle se si beve soltanto acqua in bottiglie di plastica: ne ingeriamo l’equivalente di una carta di credito a settimana, circa 5 gr, con effetti che temiamo possano essere consistenti” 

Ftalati

Ftalati e fitoestrogeni si comportano da interferenti endocrini: ‘mimano’ ormoni come gli estrogeni e gli androgeni presenti nell’organismo e in questo modo influenzano pesantemente gli equilibri ormonali” ha dichiarato Alessandro Palmieri, presidente SIA.

Anche in questo caso abbiamo il potere di fare qualcosa per evitare di trovarci alle prese con queste sostanze e preservare la nostra fertilità ma, più in generale, garantire salute a tutto l’organismo.

Gli esperti SIA consigliano di:

  • mangiare cibi biologici
  • evitare cibi imballati nella plastica

Altri consigli utili sono quello di non fumare e di mantenere il più possibile uno stile di vita sano.

da Greenme.it

I NUOVI IMPORTI INAIL PER DANNO BIOLOGICO

Da Avvenire.it

articolo di Vittorio Spinelli

Indignano alla coscienza civile i 685 lavoratori morti quest’anno sul posto di lavoro per inosservanza delle norme antinfortunistiche o, in pochissimi casi, per una ingestibile fatalità. Ma ugualmente pesa lo stillicidio degli oltre 700 mila incidenti che hanno leso l’integrità fisica di altrettanti infortunati, con le immaginabili conseguenze anche nelle famiglie e nelle aziende interessate. Altissimi costi sociali e non di meno economici che impegnano l’Istituto contro gli infortuni con risarcimenti e prestazioni diverse.


Magra consolazione per il settore è quindi il recente aumento, circa il 40%, agli indennizzi per il danno biologico liquidati in capitale ai lavoratori colpiti da un infortunio o da una malattia professionale. I nuovi importi sono esposti in una tabella recentemente elaborata dal Ministero del lavoro e sostituiscono le tariffe precedenti con effetto dal 1° gennaio 2019 al 31 dicembre 2021.


L’indennizzo per il “danno biologico” non è collegato al reddito dell’interessato e prescinde dalla sua retribuzione. Ciò che viene risarcito è la menomazione in sé, cioè il pregiudizio sofferto dalla persona e identico per tutti gli esseri umani. Di conseguenza il risarcimento cresce col crescere della gravità del caso, in maniera più che proporzionale perché il quadro clinico complessivo viene maggiormente compromesso. Varia inoltre in base al grado di menomazione e all’età del lavoratore.

Un giovane infortunato entro i 20 anni di età e con un danno minimo del 6% riceve ora un indennizzo di circa 8.500 euro che salgono fino a 40.000 euro per un danno biologico al 16%. Diversamente per un anziano al limite del pensionamento gli analoghi importi variano tra i 3.800 euro e i 18.000 euro.
Gli attuali indennizzi, che beneficiano della rivalutazione al costo della vita, scontano tuttavia una novità introdotta dalla Corte di Giustizia Europea. I giudici (Causa C- 318/13) hanno infatti vietato per la previdenza sociale norme differenziate per sesso. La nuova tabella di indennizzo del danno biologico in capitale è dunque unica sia per gli uomini che per le donne.

I nuovi importi sono stati necessariamente elaborati facendo una ponderazione degli indennizzi finora liquidati in base al sesso nel corso degli anni 2000-2017 e tenendo conto dei nuovi adeguamenti della speranza di vita.