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GUIDA NIOSH PER I VIAGGI DI LAVORO

Tutti i viaggi comportano dei rischi ma i viaggi internazionali  rappresentano una tipologia di rischio completamente diverso. Per i dipendenti che viaggiano all’estero per lavoro, ci sono molte considerazioni che riguardano la sicurezza e la salute, e questo è particolarmente rilevante per le piccole imprese. L’Istituto nazionale per la sicurezza e la salute sul lavoro (NIOSH) ha recentemente pubblicato una guida che fornisce preziose informazioni e strumenti a datori di lavoro e dipendenti per rispondere alle preoccupazioni di viaggio. ( the Small Business International Travel Resource )

Per le aziende con meno di 50 dipendenti, l’organizzazione dei viaggi internazionali spesso ricade sul dipendente o sul manager, e ciò rende più difficile garantire che ogni dipendente sia sempre in sicurezza. La nuova guida di NIOSH da delle semplici precise indicazioni per garantire che la sicurezza dei viaggi dei lavoratori sia organizzata in tre fasi: pre-viaggio, in viaggio e post-viaggio.

L ‘azienda aiuta il dipendente a organizzare i suoi piani con un piano cronologico:

Calendario delle attività del datore di lavoro: fornisce un modo per pianificare i viaggi e proteggere il dipendente identificando i rischi chiave, le responsabilità e le esigenze logistiche e di comunicazione necessarie.  Pianificazione del viaggio: i datori di lavoro possono rivedere questo elenco di controllo con i dipendenti a seconda del loro lavoro, posizione e necessità personali per aiutare a gestire i rischi, la responsabilità e la comunicazione.
Post Travel Report: aiuta il dipendente a prepararsi per l’attività in loco, l’imminente ritorno alla vita quotidiana di casa e un modo per programmare il riposo e il recupero del jet-lag al ritorno.
“Molte delle piccole imprese non dispongono del personale delle risorse umane per pianificare le esigenze dei viaggi di lavoro internazionali. Spesso quindi  la responsabilità di tutto ció ricade su proprietari e dirigenti “, ha dichiarato il direttore di NIOSH John Howard, MD “Questa nuova guida di viaggio internazionale fornisce gli strumenti necessari per organizzare  e pianificare la sicurezza di un viaggio sicuro all’estero “.

La guida ha lo scopo di aiutare i dipendenti a gestire  con la pianificazione del viaggio , la sicurezza in tutte le fasi della trasferta (pre, durante e post). La maggior parte dei dipendenti concentra le proprie energie sul pre-viaggio e su dove deve andare. Tuttavia, questo è solo il primo passo e i datori di lavoro devono mantenere i dipendenti al sicuro durante l’intero viaggio. La guida di viaggio di NIOSH include anche un modo per valutare lo stato di salute durante la trasferta , un elenco del materiale da portare con se, un piano di salute e sicurezza sul luogo, moduli di contatto e informazioni di emergenza, rapporti sugli incidenti e un elenco internazionale delle risorse di viaggio di lavoro.

Ecco il link per leggere la guida Small Business International Travel Resource here. Altre informazioni si possono reperire presso the Center for Disease Control and Prevention Traveler’s Health page o al NIOSH’s Small Business topic page.

Da oshonline.com liberamente tradotto da

dott Alessandro Guerri medico del lavoro

VADEMECUM PER LA SCELTA DI UNA SCARPA ANTINFORTUNISTICA

Scarpa antinfortunistica base della sicurezza

Che il lavoro coinvolga un turno in fabbrica, o una conta di materiale pesante, o magari semplicemente del lavoro intenso in un campo, la presenza di una buona scarpa antinfortunistica è probabilmente uno dei fattori chiave per evitare molti incidenti.

Non solo la scarpa antinfortunistica garantisce la resistenza a eventuali oggetti in caduta, o allo sversamento di liquidi corrosivi e altre situazioni di rischio, ma se di buona qualità, la suola viene studiata appositamente per essere resa antiscivolo, con dei coefficienti di attrito più alti del normale e con diverse qualità aggiuntive, a seconda della tipologia di lavoro che si va a svolgere: impermeabili, ignifughe, antistatiche o resistenti al caloree in grado di reggere nel tempo a usi prolungati e intensivi.

Ma come scegliere la scarpa giusta? Come capire quando è di buona qualità?

Tipi e livello di sicurezza

Al pari di ogni altra norma di sicurezza dettata da disposizioni di legge, anche le scarpe antinfortunistiche rispettano delle classificazioni di vario livello con degli standard da rispettare piuttosto specifici. Ovviamente il livello di sicurezza è molto dipendente dall’impiego che si svolge, ma è una realtà che ormai le calzature anti infortunio siano necessarie in praticamente qualsiasi ambito.

I tipi di scarpe si dividono in:

Basse: coprono solo il piede, senza superare la caviglia.

Alte: questo tipo arriva a proteggere la caviglia o, nel caso di stivali, possono arrivare al ginocchio.

Sandali: è il modello che non ha lacci per chiudere, ma solo una cinghia in velcro per aprirli facilmente.

Zoccoli: è il classico tipo di scarpa usato in ambiente sanitario o alimentare, come le cucine, sono aperte sul retro tramite una piccola cinghia.

Ogni tipo è ovviamente adatto a un ambito lavorativo specifico, come appunto nel caso degli zoccoli i quali è facile vedere dentro gli ospedali o nella cucina di una mensa universitaria.

Diversamente, ogni tipo di calzatura ha poi una classificazione a livello europeo per indicare gli standard di sicurezza che è in grado di rispettare:

SB (Sicurezza Base): questo livello rispetta le norme EN345 richiedenti un puntale di acciaio resistente fino a 200 Joule. Spesso prevedono anche una suola antiscivolo per oli e idrocarburi di vario tipo.

S1/S1P: il livello di queste calzature è leggermente superiore all’SB, possedendo una suola antistatica e un puntale di acciaio per le dita dei piedi. È il tipico modello indossato da magazzinieri e operatori alberghieri o dell’industria alimentare.

Le scarpe con classificazione S1P hanno l’aggiunta della lamina antiperforazione per oggetti contundenti e perforanti, quindi adatti a cantieri edili o settori industriali dove si lavora legno e metallo, ma anche settori alimentari dove sono in uso macchinari pesanti oppure coltelli particolarmente pericolosi.

S2: seguendo tutte le misure precauzionali dello standard S1, l’S2 aggiunge l’impermeabilità della tomaia, adottando pelle o altri materiali idonei a resistere all’acqua per 60 minuti. Molto usati in ambito di trasporti e stoccaggio materiali, vengono usate limitatamente in quanto sprovviste di suola antiforo e altri sistemi di sicurezza come l’S3.

S3: includendo tutte le precedenti dotazioni, le calzature S3 hanno la suola antiforo, per evitare di ferirsi con schegge, chiodi o altri oggetti contundenti, è idrorepellente ed è la tipologia più utilizzata in quasi tutti gli ambiti lavorativi.

Il campo di applicazione tipico di questo livello sono le officine, l’edilizia e l’agricoltura, risultando quindi anche il tipo su cui porre più attenzione al momento dell’acquisto.

S4 e S5: questi livelli di protezione prevedono un’impermeabilità del 100% per ogni durata di tempo e la versione S5 è provvista di lamina antiperforazione. I campi di applicazione sono molteplici e prevedono spesso il rischio o la presenza costante di oli o acqua, come nel caso di cantieri edili, impianti di lavaggio o siti di lavorazione dove vi è presenza di acidi.

È evidente come, dalla classificazione, sia necessario capire quali standard devono essere rispettati sul proprio sito di lavoro. La classificazione europea è un ottimo modo per stabilire facilmente se il modello che si sta andando ad acquistare o che è stato messo a disposizione sia più o meno adatto e in linea con le norme vigenti.

Scegliere quella giusta

Oltre che alla classificazione europea, però, è necessario capire che non ogni tipo di scarpa è uguale all’altro, anche nel rispetto dello stesso standard di sicurezza. Così al momento dell’acquisto diventa essenziale considerare alcuni fattori per niente secondari, i quali dovranno essere valutati sulla base del lavoro che si svolge: se si dovrà stare molte ore in piedi, sarà necessario che la suola sia confortevole e se il tipo di lavoro costringe a stare piegati o inginocchiati per diverso tempo, di certo servirà che la calzatura sia elastica e non troppo rigida.

Pensare di ignorare, o rendere triviale la valutazione di questi fattori, può non solo compromettere l’effettiva utilità della scarpa sul luogo di lavoro, ma anche esporre a problemi di salute, oltre che incidere sull’attività lavorativa stessa.

Quando si sta per usare una scarpa antinfortunistica, o si sta per effettuare l’acquisto di un paio, è bene quindi considerare innanzitutto la sicurezza,dopodiché il comfort e la comodità, valutando la leggerezza della scarpa (preferendo quindi una punta in materiale composito piuttosto che una più pesante di alluminio) la sua flessibilità, la calzata(ovvero la larghezza della pianta del piede) e la tomaia, la quale dovrebbe rispettare quantomeno dei requisiti di traspirabilità, impermeabilità e persino di protezione da acidi o sostanze corrosive .

conclusioni

Nonostante il prezzo non possa minimamente essere trascurato quando si parla d’investimento per svolgere il proprio lavoro, è di vitale importanza capire che il risparmio eccessivo, sacrificando la vestibilità della calzatura o le sue proprietà di sicurezza, può risultare una scelta davvero sbagliata, costringendo a un nuovo acquisto nel caso la calzatura risulti scomoda o non idonea alla mansione che si andrà a svolgere, ma, soprattutto, al bisogno di dover comprare un nuovo paio per via di qualche danno ingente arrecato alla calzatura da un agente esterno per cui la scarpa non era stata progettata.

da adnkronos

IL RISARCIMENTO NELL ‘ERNIA DISCALE

Da laleggepertutti.it

L’ernia del disco è una patologia diffusa, che colpisce molti lavoratori, spesso non correttamente diagnosticata: di che cosa si tratta?

Il problema si manifesta con un dolore acuto alla schiena (lombalgia), che può propagarsi lungo la gamba, fino al ginocchio (lombosciatalgia) o al piede (lombo cruralgia). A questo dolore di frequente si associano intorpidimento e formicolii (parestesie) e perdita di forza negli arti.

Dolori e intorpidimenti si manifestano in quanto l’ernia del disco consiste nella fuoriuscita di una parte del disco intervertebrale (la struttura anatomica della colonna vertebrale posta tra una vertebra e l’altra) dallo spazio tra le due vertebre, sua sede naturale. La fuoriuscita del disco, andando a interferire con i nervi circostanti, causa appunto i dolori agli arti ed alla schiena e gli intorpidimenti.

Nel caso in cui vi sia addirittura l’espulsione dell’ernia, ossia quando una parte della massa gelatinosa del disco si distacca, andando a toccare il nervo sciatico, il dolore risulta ancora più acuto e l’arto può risultare totalmente addormentato

L’ernia del disco, o ernia discale, o lombare, può essere causata dall’attività lavorativa svolta, qualora, ad esempio, le mansioni comportino il dover stare seduti o fermi a lungo in una postura che comprima la colonna vertebrale, o la movimentazione manuale di carichi.

Si ha dunque diritto al risarcimento Inail ernia del disco?

L’ernia discale può essere indennizzata dall’Inail sia in caso d’infortunio, ossia se risulta causata da un trauma avvenuto in occasione di lavoro, sia nel caso in cui l’attività lavorativa svolta causi la degenerazione progressiva del disco intervertebrale.

L’ernia discale può avere comunque più concause: postura scorretta nello svolgimento dell’attività lavorativa, insufficiente attività fisica, predisposizione genetica, invecchiamento, artrosi, traumi ripetuti o sforzi eccessivi aumentano sicuramente le possibilità che la patologia insorga o peggiori.

Ma come scoprire se si ha l’ernia del disco, e come essere risarciti? Facciamo chiarezza.

Indice

  • 1 diagnosi di ernia del disco
  • 2 Indennità di malattia INPS per ernia del disco
  • 3 Ernia del disco : infortunio sul lavoro
  • 4 Ernia de disco : malattia professionale
  • 5 Indennizzo INAIL per ernia del disco
  • 6 Invalidità civile per ernia del disco

Diagnosi di ernia del disco

L’ernia del disco è diagnosticata dal medico in base all’anamnesi del paziente (cioè alla raccolta dei sintomi lamentati dal paziente) ed all’esame clinico; l’esame d’elezione per la diagnosi di ernia del disco è la RMN (risonanza magnetica nucleare).

Indennità di malattia Inps per ernia del disco

Se i dolori ed i sintemi dell’ernia del disco sono così intensi da impedire lo svolgimento dell’attività lavorativa, il dipendente può assentarsi dal lavoro per malattia, dietro presentazione dell’apposito certificato medico. In questo caso può ricevere, a seconda delle ipotesi, l’indennità per malattia da parte dell’Inps e l’integrazione da parte del datore di lavoro.

È il medico curante a stabilire le giornate di assenza necessarie.

Ernia del disco: infortunio sul lavoro

Se l’ernia del disco si è manifestata a causa di un incidente nello svolgimento dell’attività lavorativa, dietro presentazione dell’apposita certificazione medica, il datore di lavoro è obbligato a inviare all’Inail la denuncia di infortunio sul lavoro.

Che cos’è l’infortunio? L’infortunio sul lavoro è un evento lesivo, che avviene per una causa violenta in occasione dello svolgimento dell’attività lavorativa.

Non deve essere confuso con la malattia professionale , che invece avviene per “causa lenta”, cioè si verifica a causa del prolungato svolgimento di una specifica attività, o della prolungata esposizione a determinate sostanze o permanenza in un certo ambiente; infortunio sul lavoro e malattia professionale sono entrambi indennizzati dall’Inail.

Ma quando, in particolare, l’ernia del disco può essere ricondotta a un infortunio sul lavoro? Secondo quanto affermato dalla Cassazione [1], è sufficiente che la lesione si verifichi in un brevissimo arco di tempo, a seguito dell’attività lavorativa: basta che sia causata da un’azione che non esuli dalle condizioni abituali e tipiche delle mansioni alle quali il lavoratore è addetto.

Inoltre, tra attività lavorativa e lesione deve sussistere un nesso causale, e l’evento deve verificarsi in occasione di lavoro.

Ernia del disco: malattia professionale

L’ernia del disco può essere ricondotta alla malattia professionale, come confermato dalla Cassazione [2]: una malattia è infatti considerata professionale quando la sua causa è riconducibile all’attività lavorativa svolta o all’ambiente di lavoro.

Certamente, non è semplice stabilire con certezza se la malattia è professionale, cioè se è causata dall’attività svolta o dall’ambiente lavorativo, considerando che alcune patologie possono verificarsi anche dopo anni, a causa dell’esposizione nel tempo ai fattori di rischio.

Ad esempio, l’ernia del disco, come osservato, può avere più concause, alcune connesse all’attività svolta, ed altre non collegate.

Sino a non molto tempo fa, a causa delle difficoltà nell’individuazione la connessione tra patologia e lavoro svolto, le uniche malattie considerate professionali erano le sole malattie tabellate, cioè indicate in specifici elenchi o tabelle: all’interno delle tabelle, determinate patologie sono collegate a particolari attività. Se il lavoratore contrae una malattia tabellata, gli è sufficiente dimostrare di aver svolto una delle attività collegate alla patologia per ottenere dall’Inail gli indennizzi previsti per le malattie professionali.

L’elenco delle malattie tabellate è stato notevolmente ampliato col tempo; oggi, ad ogni modo, può essere considerata professionale anche una malattia non tabellata, se si dimostra che la patologia è collegata all’attività svolta o all’ambiente di lavoro.

Indennizzo Inail per ernia del disco

Per ernia discale del tratto lombare, con disturbi trofico-sensitivi persistenti, l’Inail riconosce un’inabilità, cioè una riduzione della capacità lavorativa, fino al 12%. Quest’inabilità è indennizzabile?

Per rispondere, bisogna sapere che le prestazioni dell’Inail sono riconosciute quando, a seguito di un infortunio sul lavoro o di una malattia professionale, la capacità lavorativa dell’interessato si riduce, in modo temporaneo o permanente. Inoltre, è indennizzato anche il danno biologico, cioè il danno conseguente alla violazione del diritto di ogni persona alla salute e alla propria integrità psico-fisica, indipendentemente dall’incidenza dell’evento lesivo sulla capacità di guadagno.

Le principali prestazioni economiche che l’Inail riconosce in caso d’inabilità, temporanea o permanente, sono:

  • la rendita diretta per inabilità permanente;
  • la rendita per inabilità temporanea assoluta;
  • l’indennizzo per danno biologico;
  • la rendita unificata per eventi lesivi ricadenti nello stesso regime assicurativo;
  • l’assegno personale continuativo;
  • la rendita di passaggio;
  • l’erogazione integrativa di fine anno.

L’Inail riconosce anche delle prestazioni non economiche, come la fornitura di protesi ed ausili, i soggiorni termali e climatici, il rimborso di alcuni farmaci…

Invalidità civile per ernia del disco

L’ernia lombare non risulta tabellata, cioè non risulta tra le malattie alle quali è ricollegata una determinata percentuale d’invalidità civile o al lavoro (Inps).

Se, però, il paziente viene sottoposto ad un intervento chirurgico di stabilizzazione del rachide lombare, è possibile ricondurre per analogia la patologia nel codice 7010 (anchilosi di rachide lombare), con una percentuale di riconoscimento del 31 – 40%.

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MILANO CAPITALE MOBILITÀ ELETTRICA CON E-MOB 2019

TA Milano, presso Palazzo Lombardia, dal 26 al 28 settembre la terza Conferenza Nazionale della Mobilità Elettrica: verranno esposti numerosi progetti, dalle migliorie nelle pratiche di rifornimento fino alla pianificazione a basso impatto ambientale dei Giochi invernali 2026. Anche il settore automotive protagonista

Il futuro della mobilità passa per l’energia elettrica: e-mob è la conferenza nazionale dedicata al tema, in cui vengono esposte le innovazioni nel campo. Tre giornate, dal 26 al 28 settembre presso Palazzo Lombardia a Milano, ricche di appuntamenti che radunano persone comuni e fornitori di energia in un’iniziativa nata per dare una panoramica delle migliorie nel campo green. Anche e soprattutto in ambito automobilistico.

OBIETTIVO: CAMBIAMENTO
La rassegna guarda al presente ma soprattutto al futuro, puntando a rendere la mobilità elettrica una scelta conveniente e praticabile da un sempre maggior numero di utenti. A tale scopo si è resa indispensabile un’azione condivisa dalle Regioni del Bacino Padano, in modo da ampliare ed arricchire la rete di rifornimento. Il comune di Milano, insieme ad ATM, punta a convertire il trasporto pubblico e privato, incentivando il car sharing elettrico e portando ad oltre 1.000 unità le colonnine urbane.

Altro obiettivo è quello di migliorare l’esperienza di rifornimento sia domestico che aziendale. Quella della mobilità elettrica è una tendenza destinata a radicarsi, vista sia la maggiore sensibilità verso l’ambiente che l’inasprimento delle politiche dell’Unione Europea volte a ridurre le emissioni di gas serra. La conferenza e-mob include inoltre un’area test, in cui sarà possibile sperimentare modelli di mobilità attuali e futuri.

Da greenme

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INDAGINE SUI RAIDERS A MILANO

La procura di Milano ha aperto un’indagine sullo sfruttamento dei “riders”, i fattorini che eseguono consegne a domicilio, in particolare per le grandi società come Glovo e Deliveroo. L’indagine al momento non prevede alcuna ipotesi di reato, ma i giornali scrivono che a motivarne l’apertura sono state le numerose segnalazioni di irregolarità arrivate alle forze dell’ordine nel corso degli ultimi mesi.

La procura, scrive il Corriere che si è occupato a lungo della vicenda, vuole verificare il rispetto «delle norme antinfortunistiche e di sicurezza stradale» e assicurarsi che non siano in atto fenomeni di «caporalato» e di «sfruttamento dei lavoratori». Secondo quanto scrivono i quotidiani, su 30 riders controllati dalle forze di polizia, 3 sono risultati non avere i documenti di residenza e lavoro in regola. In genere i riders sono assunti da cooperative a cui le grandi società subappaltano il lavoro, dopo che in passato l’utilizzo diretto dei lavoratori aveva causato parecchi problemi, come proteste e critiche da parte della politica per le difficili condizioni a cui sottoponevano i lavoratori.

Il Corriere ha scoperto in diversi casi come gli account utilizzati dai riders vengano registrati da stranieri regolarmente residenti in Italia o, spesso, da italiani. Successivamente la app viene poi affidata a persone senza documenti, che effettuano le consegne e restituiscono a chi ha fornito loro l’account una percentuale della paga, già molto bassa, che ricevono. Le società di consegne sostengono che questo comportamento sia irregolare e che chi lo compie si vedrà revocare l’account. Il Corriere ha chiesto quanti fattorini siano stati sospesi per avere commesso questa infrazione, ma non ha ricevuto risposta.

da ilpost.it

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LANA DI VETRO: QUALI RISCHI SULLA SALUTE ?

Arch. Mariangela Martellotta da architetturaecosostenibile

La lana di vetro e la lana di roccia sono Fibre Artificiali Vetrose (FAV) e risultano tra i prodotti più diffusi per l’isolamento termico e acustico degli edifici. Il motivo della loro vasta diffusione è da rintracciare nelle loro ottime prestazioni termiche e acustiche, economicità e reperibilità, inattaccabilità da umidità, microrganismi e agenti chimici.

La sicurezza della lana di vetro e di roccia

Di recente il Ministero della Salute  ha fatto luce sulla sicurezza dei materiali isolanti maggiormente diffusi al mondo, con la redazione di un testo dal titolo: “Le Fibre Artificiali Vetrose  (FAV) – Linee guida per l’applicazione della normativa inerente ai rischi di esposizioni e le misure di prevenzione per la tutela della salute”.

Al momento non esistono prove certe che la lana di vetro e la lana di roccia siano sostanze cancerogene, tanto è vero che negli ultimi anni sono stati condotti diversi studi sugli addetti alla produzione delle lane minerali ma questi non dimostrano né patologie correlate all’apparato respiratorio né altri sintomi collegati a tumori. Anche l’International Agency for Research on Cancer (IARC) ha classificato le lane minerali come non cancerogene per gli esseri umani, ma ha classificato la lana di vetro per scopi speciali come possibile cancerogeno per gli esseri umani.

I requisiti di sicurezza delle fibre artificiali vetrose

Per verificare se una fibra artificiale vetrosa è o meno cancerogena, il Regolamento (CE) n.1272/2008 ha definito due parametri: il fattore della bio-solubilità e il diametro geometrico medio ponderale.

  • Il fattore della bio-solubilità 

Il fattore della bio-solubilità è descritto nella “Nota Q” del Regolamento CE. È stato stabilito che le fibre classificate come “bio-solubili” – quelle con alta concentrazione di ossidi alcalini e alcalino-terrosi – sono smaltite dall’organismo prima che causino effetti nocivi perché, come dice anche il termine, sono decomponibili in natura. Quando le fibre minerali rispondono in maniera positiva ai test di bio-solubilità vengono classificate come “non cancerogene”. Bisogna fare attenzione anche al contenuto di sostanze chimiche fra le quali gli ossidi alcalino terrosi che, sebbene come detto poc’anzi contribuiscano alla “bio-solubilità” delle lane, devono essere contenuti in quantità inferiori al 18%.

  • Il diametro geometrico medio ponderale

Altro parametro cui far riferimento è il diametro geometrico medio ponderale che determina la respirabilità delle fibre: più piccole sono e più facilmente penetrano nelle vie respiratorie. Tale parametro è trattato nella “Nota R” del Regolamento per cui il valore del diametro geometrico medio ponderale deve essere superiore ai 6 micron.

In sintesi le fibre artificiali vetrose non sono considerate cancerogene se superano il fattore della bio-solubilità e hanno diametri geometrici medi ponderali superiori ai 6 micron.

Le prescrizioni per chi manipola lane di vetro o di roccia

La produzione della lana di vetro inizia con la fusione a 1400°C di composto di vetro riciclato (80%), silice, calcare, carbonato di sodio e boro. Dopo il passaggio nel forno, il mix viene centrifugato, impastato con resine ed inserito in un forno di polimerizzazione per consentire l’indurimento delle resine.

La produzione della lana di rocciainizia con la fusione a 1500°C di roccia basaltica, calcare, coke e “briquette” (che deriva dal mix di lana di roccia di riciclo con una pasta cementizia). L’impasto fuso è trasformato in fibre e cosparso di resina e olio e poi inserito in un forno di polimerizzazione dove il legante si indurisce.

In entrambi i casi, dopo il passaggio nel forno di polimerizzazione, la lana, sia di vetro che di roccia, può essere tagliata e imballata e inviata ai cantieri dove gli operatori si occuperanno della messa in opera.

Chi lavora in stabilimenti in cui si produce lana di vetro e di roccia e chi si occupa della messa in opera di questi materiali o chiunque debba manipolare lane minerali rispondenti alla “Nota Q” o alla “Nota R” (classificate come “non pericolose”), deve adeguarsi alle norme base di prudenza indicate dalle linee guida secondo le quali l’operatore deve indossare guanti e occhiali protettivi e idonei indumenti, oltre a una maschera protettiva contro la possibile inalazione di particolato. 

Per quanto riguarda la fase di smaltimento delle lane minerali le Linee guida del Ministero attestano che tali rifiuti, se classificati come bio-solubili non rientrano nella casistica dei rifiuti pericolosi ma verranno trattati come “rifiuti speciali non pericolosi” – a volte anche gestibili in maniera ecosostenibile –  il cui deposito deve avvenire in apposita discarica in celle simile a quella per i rifiuti inerti.

Come prescritto dalle Linee guida del Ministero della Salute, in occasione di eventuali lavori di ristrutturazione o di demolizione di parte di immobili, per essere sicuri che le lane minerali rinvenute non siano pericolose bisogna conoscerne la composizione chimica (tenore degli ossidi alcalino e alcalino terrosi e diametro delle fibre). In questi casi il progettista o l’impresa devono poter accertare la sussistenza di pericolosità dei materiali presenti in un cantiere pertanto, in diverse regioni d’Italia, vige la prassi che ci si possa rivolgere a laboratori pubblici e ad Agenzie Regionali per la Protezione dell’Ambiente per avere riscontri utili e attendibili.

Il parere del medico del lavoro

Dott  Domenico Spinoso da medicitalia.it

Prendendo spunto da un recente consulto a cui ho risposto dal quale si evidenzia un diffuso timore, vorrei dare alcuni chiarimenti sulla paventata cancerogenicitá delle cosiddette fibre artificiali vetrose e nello specifico la lana di vetro e la lana di roccia che oggi risultano tra i prodotti più diffusi per l’isolamento termico e acustico.

L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) nel 2002 ha inserito le lane minerali nel Gruppo 3, cioè fra le sostanze “non classificabili quanto alla cancerogenicità per l’uomo”

Il Ministero della Salute ha redatto un testo dal titolo: “Le Fibre Artificiali Vetrose (FAV) – Linee guida per l’applicazione della normativa inerente ai rischi di esposizioni e le misure di prevenzione per la tutela della salute”.

Anche il Ministero conclude che al momento non esistono prove certe che la lana di vetro e la lana di roccia siano cancerogene.

Per verificare se una fibra artificiale vetrosa è o meno cancerogena, bisogna rifarsi a due parametri definiti dal Regolamento (CE) n.1272/2008: il fattore della bio-solubilità e il diametro geometrico medio ponderale.

Il fattore della bio-solubilità, descritto nella “Nota Q” del regolamento, stabilisce che le fibre classificate come “bio-solubili”, quelle cioè con alta concentrazione di ossidi alcalini e alcalino-terrosi, vengono smaltite dall’organismo prima che causino effetti nocivi.

Il diametro geometrico è il parametro che determina la respirabilità delle fibre: più piccole sono e più facilmente penetrano nelle vie respiratorie. 

Tale parametro, trattato nella “Nota R” del Regolamento, deve essere superiore ai 6 micron per garantirne la sicurezza.

Quindi le fibre artificiali vetrose non sono considerate cancerogene se rispettano il fattore della bio-solubilità e hanno diametri geometrici medi ponderali superiori ai 6 micron.

In conclusione possiamo dunque dire che chi lavora in aziende di produzione, chi si occupa della posa in opera o comunque chi manipola lane di vetro o di roccia conformi alla “Nota Q” o alla “Nota R” (e quindi classificate come “non pericolose”), deve soltanto rispettare le norme base di prudenza (indossare guanti e occhiali protettivi e idonei indumenti, oltre a una maschera protettiva contro la possibile inalazione di particolato).

Anche in ambito hobbystico e del bricolage è necessario che gli interessati in fase di acquisto del materiale si assicurino che questo risponda ai requisiti di non pericolosità sopra richiamati e segua durante l’utilizzo, le norme base di prudenza come per gli operatori professionali.

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FORMAZIONE MULTISENSORIALE BATTE LA FORMAZIONE AUDIOVISIVA NELLA SICUREZZA SUL LAVORO

Una nuova ricerca ha dimostrato che la REALTÀ VIRTUALE può fornire preziose informazioni sul comportamento dei lavoratori durante le evacuazioni di emergenza e può migliorare la consapevolezza della sicurezza.

I ricercatori dell’Università di Nottingham, finanziati dall’Institute of Occupational Safety and Health (IOSH), hanno sviluppato un ambiente virtuale multisensoriale (MS VE) per vedere come i lavoratori rispondono in caso di evacuazione e se gli stimoli sensoriali, come l’olfatto e il tatto, possono aiutare migliorare i risultati sulla sicurezza.

Nello studio sono stati sviluppati due scenari: un incendio con evacuazione del personale dall ‘edificio  e una emergenza meccanica con necessità di smontaggio del motore per la perdita di fluidi . Per i partecipanti che utilizzavano il software era prevista la vicinanza a un fuoco virtuale. I corsisti sentivano il calore di tre riscaldatori da 2 kW e percepivano l’odore del fumo  prodotto da uno specifico diffusore di profumo.


La ricerca mostra che i lavoratori si sono sentiti più immersi nell’ambiente virtuale multisensoriale rispetto a quelli in un ambiente virtuale audiovisivo comparabile.
Le precedenti ricerche sul comportamento umano in reali incendi hanno dimostrato che là dove manca la consapevolezza di come si diffonde e si muove il fuoco spesso le reazioni di emergenza sono inappropriate.
La nuova ricerca suggerisce che gli ambienti virtuali multisensoriali possono fornire preziose informazioni su come agiscono i lavoratori durante le evacuazioni di emergenza e far emergere   eventuali criticità
La Dott.ssa Glyn Lawson della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Nottingham ha dichiarato: “La formazione in materia di salute e sicurezza può non riuscire a motivare e coinvolgere i dipendenti e può non avere rilevanza per i contesti della vita reale.

Questa ricerca suggerisce che gli ambienti virtuali possano aumentare il coinvolgimento e la volontà dei tirocinanti a partecipare a ulteriori corsi di formazione.

La tecnologia è in costante progresso e in molti casi sta diventando più conveniente.

Migliorando le strategie di formazione con l’uso della tecnologia e delle esperienze sensoriali simulate, ci stiamo dirigendo in una direzione in cui il lavoratore  non solo godrà di un corso di formazione più coinvolgente e interessante ma parteciperà a un’esperienza di apprendimento efficace, quindi sarà meglio preparato e attrezzato per rimanere al sicuro, in salute e al lavoro. ”
Il simulatore multisensoriale ha un costo di  2.765 sterline circa 3200 euro , rendendolo un’opzione conveniente per le aziende.


La ricerca suggerisce che la formazione VE potrebbe offrire una serie di vantaggi per le imprese, tra cui un aumento dell’impegno e degli atteggiamenti nei confronti della formazione sulla SSL e una più profonda memoria dell ‘apprendimento .
Nel corso del progetto, il prototipo VR è stato perfezionato per ottimizzare la praticità e l’uso nei contesti di formazione sul luogo di lavoro.
I ricercatori si sono interfacciati con la direzione di Jaguar Land Rover e Rolls Royce, oltre a un incontro con i consulenti per la salute e la sicurezza dell’Università di Nottingham, per comprendere meglio come la formazione può essere implementata nel settore e cercare competenze in materia di sicurezza antincendio e manipolazione sicura di sostanze chimiche pericolose.
Peter Caines, consulente per la salute, la sicurezza e l’ambiente di Rolls-Royce, ha dichiarato: “È risaputo che spesso è difficile creare formazione coinvolgente e significativa in termini di salute, sicurezza e ambiente. La formazione tradizionale in aula è a una svolta storica . La tecnologia supportata dalla ricerca sta iniziando a fornire nuovi strumenti come la realtà virtuale, il che significa formazione  più coinvolgente, efficace e soddisfacente.

“Ciò che questa ricerca dimostra è che con l’aggiunta di ulteriori input sensoriali, come il calore e l’olfatto nell’ambiente virtuale, il training diventa un’esperienza completamente immersiva e passa da un’esperienza di gioco per computer a una simulazione efficace.

Da hsmearch.com
Tradotto liberamente da Alessandro Guerri medico del lavoro

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L ‘ASMA RIDUCE LA PRODUTTIVITA’ NEI LUOGHI DI LAVORO

Un nuovo studio ha dimostrato che  le persone affette da asma bronchiale perdono circa un decimo delle loro ore di lavoro a causa dei sintomi della malattia. Questo è direttamente associato alla loro perdita di produttività e salute emotiva, spiegano i ricercatori.

Lo studio è stato pubblicato nell’ultimo numero del Journal of Asthma and Allergy ed è stato intitolato: “L’asma influisce sulla produttività sul posto di lavoro nei pazienti che presentano sintomi nonostante la terapia di base: un sondaggio multinazionale”.

Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, l’asma colpisce circa 235 milioni su tutta la popolazione mondiale e questo è uno dei primi studi che ha quantificato la quantità di ore lavorative perse a causa dei sintomi di questa malattia. Il team di ricercatori ha esaminato oltre 1.500 pazienti con sintomi di asma che vivono in sei paesi diversi. I partecipanti allo studio avevano più di 18 anni , era stato diagnosticato da un medico l’asma bronchiale e stavano assumendo un inalatore o farmaci preventivi per controllare i loro sintomi da lungo tempo. La loro asma è stata diagnosticata con l’aiuto del questionario 3 domande per l’asma del Royal College of Physicians. I partecipanti erano tutti impiegati in un’occupazione a tempo parziale o a tempo pieno.

Si è evidenziato che tre quarti di tutti i lavoratori con asma non raggiungevano  il loro pieno potenziale sul lavoro e che l’ assenteismo era correlato a sintomi ed esacerbazioni dell’asma. Questa perdita di piena produttività ha anche portato al declino del benessere emotivo, scrivono i ricercatori. Alcuni di loro hanno provato stress e imbarazzo, afferma lo studio.

I principali ricercatori, il dott. Kevin Gruffydd-Jones di Box Surgery, Wiltshire, Regno Unito, hanno affermato che questo studio ha coinvolto partecipanti provenienti da sei diversi paesi provenienti da Europa, Nord e Sud America e Asia, tra cui Regno Unito, Spagna, Germania, Brasile, Canada e Giappone. È stato sviluppato uno studio online basato su questionari in cui i partecipanti dovevano compilare un modulo di sondaggio online chiamato sondaggio “Produttività del lavoro e compromissione dell’attività – Problema di salute specifico” sviluppato da Research Now ® (Londra, Regno Unito). Il questionario ha tenuto conto del numero di ore lavorative perse a settimana, della perdita di produttività rispetto alla settimana passata. Ci sono state domande relative alla sensazione sulla condizione della malattia, nonché altri parametri emotivi associati all’asma e ai suoi sintomi. L’intero questionario ha richiesto circa 5 minuti per essere completato, dicono i ricercatori.

Il questionario è stato fornito a 2.055 partecipanti sottoposti a screening da aprile a settembre nel 2015 e sono state registrate le risposte di 1.598 pazienti sintomatici di asma. I risultati hanno rivelato che in media circa il 9,3% delle ore lavorative totali della settimana è stato perso dai pazienti con asma. Il numero minimo di ore perse è stato segnalato dal Regno Unito al 3,5 percento e il massimo è stato segnalato dal Brasile al 17,4 percento. Sia per i dipendenti part-time che per quelli a tempo pieno, ciò si traduce in una media di 5,4 ore di lavoro perse a settimana.

Il 74% dei lavoratori non ha raggiunto il pieno potenziale di lavoro che si è tradotto approssimativamente in tre quarti della popolazione con asma, affermano i ricercatori. Una riduzione della produttività è stata segnalata tra il 42% dei lavoratori, secondo i ricercatori che hanno analizzato i risultati dell’indagine. La produttività complessiva dei partecipanti è diminuita in media del 36 percento, a causa dei sintomi dell’asma. Una perdita minima di produttività è stata osservata nel Regno Unito al 21% mentre è stata in Brasile del 59%.

La maggior parte dei partecipanti ha riportato sforzi mentali e fisici, debolezza o affaticamento e bassi emotivi a causa delle loro condizioni. Il dott. Gruffydd-Jones ha dichiarato: “… ciò che ci ha colpito di più è stata la risposta emotiva all’asma sul posto di lavoro. Un numero significativo di pazienti si è sentito in colpa, vergogna e imbarazzo quando ha usato inalatori sul lavoro. ”I partecipanti hanno riferito di sentirsi inferiori ai loro colleghi e hanno riferito di sentirsi svantaggiati a causa dei loro sintomi e limitazioni. Circa due su tre partecipanti hanno ritenuto che il loro asma stesse influenzando negativamente la loro vita lavorativa.

I ricercatori hanno riferito che si è trattato solo di un sondaggio di una settimana in cui sono stati osservati effetti della malattia solo durante la settimana lavorativa. Inoltre, non sono stati effettuati confronti con il personale che non aveva l’asma. Tuttavia, i risultati sono significativamente importanti nell’approccio professionale nei pazienti con asma.

Gli autori scrivono in conclusione: “Le strategie per migliorare la vita dei pazienti possono includere l’educazione all’asma, l’ottimizzazione dei piani di gestione dell’asma e l’esecuzione di programmi di benessere sul posto di lavoro. I medici, i datori di lavoro e i consulenti della salute sul lavoro dovrebbero essere più consapevoli dell’impatto dei sintomi dell’asma sui dipendenti e lavorare insieme per aiutare a superare queste sfide. ”

Il dott. Gruffydd-Jones spiega che i medici, i datori di lavoro e il team di esperti della salute sul lavoro dovrebbero confrontarsi per comprendere l’impatto di questa condizione sulla vita lavorativa dei pazienti asmatici. Ha affermato: “I clinici devono chiedere ai pazienti l’impatto dell’asma sul loro lavoro e i datori di lavoro devono incoraggiare i propri lavoratori a cercare assistenza medica e fornire un ambiente” asmatico “. Ciò richiede non solo un adeguato controllo ambientale, ma anche un ambiente di lavoro che riduca al minimo l’imbarazzo, come consentire al personale di uscire dall’ambiente di lavoro immediato per usare i propri inalatori. ”

 

Da news-medical.net liberamente  tradotto da dott. Alessandro Guerri medico del lavoro

SAFETY EXPO 2019 DOMANI A BERGAMO

Domani inizia SAFETY EXPO 2019

Safety Expo 2019, l’evento sulla prevenzione incendi, la salute e sicurezza sul lavoro, che si svolgerà dal 18 al 19 settembre a Bergamo Fiera, si presenta con un ricco programma di eventi a cui parteciperanno le istituzioni ed i più qualificati esperti dei settori di riferimento.

Il padiglione di prevenzione incendi propone tre convegni, con interventi di rappresentanti delle istituzioni, in cui si parlerà di Codice e procedimenti di prevenzione incendi, nuove regole tecniche, normative italiane e straniere per progettare con la Fire Safety Engineering.

Il programma prevede inoltre una tavola rotonda sulla prevenzione incendi negli stoccaggi di rifiuti, 16 seminari di approfondimentodedicati a soluzioni innovative e case history di successo. Gli eventi del padiglione sono completati da 12 corsi di formazione.

Nel padiglione di salute e sicurezza sul lavoro i convegni saranno otto e affronteranno tematiche quali la Safety 4.0, il know-how dei professionisti della sicurezza, i nuovi orizzonti del Manger HSE, la norma UNI sulla protezione delle vie respiratorie, il Regolamento UE 2016/425 sul DPI, i rischi ambientali, l’ergonomia e la sicurezza e salute dei lavoratori in somministrazione.

I cinque seminari organizzati da INAIL permetteranno ulteriori approfondimenti e i 57 corsi di formazione, di cui 22 con attivitàpratica, offriranno opportunità di aggiornamento a professionisti e responsabili d’azienda.

https://aifos.org/home/eventi/fiere/fiere/safety_expo_2019

Molto attesi sono i tre eventi dedicati alla sicurezza in scena, con letture, musiche, storie che susciteranno emozioni e creeranno occasioni di riflessione. Queste iniziative, ormai tradizionali a Safety Expo, sono un modo efficace per fare cultura della sicurezza utilizzando il teatro, la musica e la letteratura.

Oltre alla parte convegnistica, Safety Expo 2019 registra la partecipazione di250 espositori, con un incremento di 50 aziende rispetto all’edizione dell’anno scorso. Un’occasione unica per conoscere le migliori aziende del settore, toccare con mano i loro prodotti e scoprire tutte le novità.

“Il programma degli eventi offre un panorama molto ampio delle tematiche relative alla prevenzione incendi e alla sicurezza sul lavoro – dichiarano gli organizzatori della manifestazione – La qualità dei relatori consentirà agli operatori del settore di essere aggiornati sulle ultime novità tecniche e normative per tramutare i due giorni a Safety Expo 2019 in un momento di grande aggiornamento professionale”.

Il programma aggiornato dei convegni di Safety Expo 2019 è consultabile all’indirizzo www.safetyexpo.it. Iscrizione obbligatoria su www.safetyexpo.it/registrazione

da bergamofiere.it

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DISPOSITIVI DIGITALI E WEARABLE IL FUTURO SUL LUOGO DI LAVORO

I visori per la realtà virtuale potrebbero migliorare i servizi IT offerti ai dipendenti che lavorano da remoto? E se questi ultimi potessero addirittura muoversi come se fossero in ufficio sfruttando la realtà aumentata? In che modo l’IT potrebbe offrire esperienze mobili personalizzate utilizzando i dati ricavati dagli smartwatch o dagli assistenti virtuali in-ear?

Le tecnologie wearable, da smartwatch e occhiali intelligenti, a cuffie e auricolari smart, potrebbero ridisegnare lo scenario futuro del lavoro. Man mano che la loro adozione cresce e la tecnologia matura, i responsabili IT valutano il modo in cui i dispositivi wearable possono trasformare l’esperienza dei dipendenti.

I vantaggi sul lavoro. Uno dei principali vantaggi dei dispositivi wearable è l’aumento della produttività. Inizialmente adottati per il fitness, per il monitoraggio dello stato di salute e in ambito entertainment, oggi i wearable sono sempre più interessanti in ambito lavorativo sia per i dipendenti sia per i datori di lavoro, perché possiedono una serie di innegabili vantaggi:
– Connessione costante: molti dipendenti utilizzano gli smartwatch personali per ricevere e-mail e notifiche di riunioni ovunque si trovino. Questo consente loro di rimanere sempre aggiornati e poter dare priorità alle diverse attività anche quando non sono alla propria scrivania.
– Accesso facilitato: smartwatch e altri wearable possono fornire agli utenti un accesso immediato e senza password alle risorse di lavoro.

La natura “always-on” dei dispositivi indossabili li rende paragonabili a una chiave personale in grado di sbloccare qualsiasi cosa, dalle stampanti ai laptop. Se un dipendente ad esempio scordasse il pass di sicurezza per entrare in ufficio, potrebbe superare i controlli grazie al proprio smartwatch, autenticandosi essenzialmente come con un badge elettronico.
– Training rapido: i display per la realtà aumentata (AR) permettono di sovrapporre immagini con diagrammi, funzioni e altre istruzioni digitali agli oggetti del mondo reale in modo che i dipendenti possano imparare in modo efficiente anche attività complesse. Presto i dipendenti potranno servirsi di auricolari integrati con la realtà aumentata per gestire nuove apparecchiature o condividere presentazioni 3D con i propri colleghi di lavoro.
Questi sono solo alcuni esempi semplici di wearable utilizzati dai lavoratori più smart. Tuttavia, le aziende più avanzate tecnologicamente stanno già riprogrammando i flussi di lavoro con i wearable su scala molto più ampia per ricavarne un vantaggio competitivo.

Un ecosistema in evoluzione.L’introduzione e il progresso della tecnologia in questo ambito rendono il futuro dei wearable sul posto di lavoro ancora più promettente. Il valore di questi dispositivi è strettamente legato ai dati che trasmettono e ricevono, e le tecnologie emergenti aumenteranno la quantità, la qualità e il valore di questi dati. Ad esempio, l’edge computing potrebbe consentire che i dati raccolti dai wearable siano elaborati direttamente sui dispositivi.

Le reti 5G potrebbero trasferire rapidamente quantità enormi di questi dati sul cloud, dove le applicazioni di machine learning potrebbero restituire insight intelligenti o intraprendere automaticamente azioni guidate dai dati. Queste innovazioni miglioreranno notevolmente le prestazioni e l’utilità dei dispositivi e delle applicazioni indossabili sul posto di lavoro.

L’adozione è in crescita. Durante l’ultimo decennio, le aspettative degli appassionati di tecnologia sul fatto che i wearable diventassero una significativa innovazione sul posto di lavoro sono sempre state alte. Gli smart glass, inizialmente, non hanno avuto un grande successo e sono rimasti in gran parte inutilizzati in molti settori. Con il passare del tempo, sono invece state fatte interessanti sperimentazioni per l’utilizzo in ambito ingegneristico e sanitario.

Non si tratta semplicemente di una moda. La spesa per i wearable aziendali potrebbe superare i 50 miliardi di euro entro il 2022. Circa un terzo degli acquisti totali stimati nel 2019 (225,12 milioni di unità) saranno smartwatch (74,09 milioni di unità). Inoltre, entro il 2022 i dispositivi auricolari rappresenteranno oltre il 30% di tutti i wearable spediti, poiché le loro capacità si espandono oltre la comunicazione e l’intrattenimento.

La mobilità si trasforma. Alcune università stanno iniziando a esplorare l’utilizzo dei wearable per migliorare le esperienze di studenti e dipendenti. Robert Irving, direttore IT dell’Università di Sharjah, ad esempio, è entusiasta di come il suo Istituto possa integrare la tecnologia wearable nei propri sistemi di gestione. Questo apre nuovi scenari: ricordare agli studenti le scadenze dei compiti o comunicare loro dove si terrà la prossima lezione. Irving sottolinea anche la capacità di raccolta dei dati dei dispositivi sulla salute e la forma fisica, e come questo possa essere utile per aiutare ciascuno degli studenti a individuare il proprio momento ottimale per lo studio.

Il posto di lavoro del futuro integrerà esseri umani e macchine: gli oggetti intelligenti (stampanti intelligenti e smart TV), gli oggetti autonomi (robot e veicoli autonomi), i sensori basati sulla prossimità, gli assistenti virtuali e tante altre tecnologie lavoreranno di concerto per aumentare e migliorare l’esperienza dei dipendenti.

Con il collegamento da parte dell’IT dei wearable dei dipendenti a questi workspace connessi, emergeranno nuove applicazioni e flussi di lavoro perfezionati. Naturalmente, tutte queste informazioni (dati aziendali sugli smartwatch, comunicazioni confidenziali sui wearable, proprietà intellettuale sul display degli smart glass) devono essere gestite e protette. Ormai in fase matura, la tecnologia di digital workspace consente all’IT aziendale di garantire l’accesso alle risorse di lavoro attraverso queste nuove modalità e diversi sistemi operativi. Qualsiasi dispositivo utilizzato dai dipendenti per accedere ad app e dati aziendali deve essere protetto per prevenire perdite di dati o attacchi informatici e la tecnologia wearable dovrebbe essere gestita e messa in sicurezza al pari dei telefoni cellulari e dei desktop.

da kongnews.it

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