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IL TELELAVORO ATTRAE I TALENTI

Il telelavoro sta conquistando sempre più imprese e lavoratori, perché porta numerosi benefici sia all’azienda che ai lavoratori. Dall’ultima ricerca sul telelavoro del Politecnico di Milano in collaborazione con la Doxa, si evince che il telelavoro porta innovazione, produttività e motivazione nei lavoratori. Su 1004 dipendenti protagonisti dello studio è emerso infatti che ben il 35% di questi è più sereno, contro il 15% dei lavoratori tradizionali.

Una tipologia di lavoro che nelle aziende più innovative è capace di attirare i migliori talenti al mondo, allettati dall’autonomia offerta da questo tipo di lavoro. Tanto è vero che sono sempre di più le aziende “liquide”, cioè con team di lavoro sparsi in tutto il mondo, connessi grazie alle nuove tecnologie. Nell’organizzare il telelavoro nella propria azienda è però importante sapere che in Italia la disciplina che lo regolamenta è differente a seconda che si tratti del settore privato oppure di quello pubblico.

Oltre al fatto che in Italia non ne esiste una sola tipologia di telelavoro, e che può essere svolto in maniera subordinata, parasubordinata o in forma autonoma. Tre diverse forme di lavoro, per cui in linea generale il datore di lavoro deve formalizzare determinate clausole a regolamento del rapporto tra il datore stesso e i suoi collaboratori.

Come organizzare il telelavoro al meglio quindi? Lo abbiamo chiesto alla head hunter, Carola Adami di Adami & Associati, società specializzata in selezione del personale, che ha stilato un elenco con i suggerimenti più importanti su come organizzare il telelavoro nella propria azienda. Bisogna anzitutto definire il concetto di sicurezza cibernetica: se da un lato, infatti, il telelavoro può soddisfare molteplici esigenze, dal risparmio per le aziende all’autonomia del lavoro, dall’altro mette in luce problematiche come la sicurezza cibernetica. Di fatti non sono pochi i dirigenti aziendali che concordano sul fatto il telelavoro possa creare un più elevato rischio di violazione dei dati. Di conseguenza, diventa vitale una politica corretta in materia. Nello specifico è necessario creare dei protocolli chiari tanto per l’accesso, che per la modifica e la trasmissione di documenti sensibili. Ad esempio sarà utile definire quando può essere o meno utilizzata una connessione Wi-Fi pubblica. Oltre a ciò è sempre suggerito, come corretta politica aziendale, che sui computer di ciascun lavoratore vengano ad essere installati software antivirus aggiornati.

Bisogna, in secondo luogo, definire quali posizioni siano ammissibili con il telelavoro: seppure il telelavoro risulti essere sempre più popolare, infatti, è da evidenziare come questa formula non sia perfettamente idonea ad ogni tipo di posizione aziendale. Si dovrà quindi stabilire nella propria azienda quali possono essere i ruoli aperti al telelavoro e quelli che, invece, non possono esserlo. Tale esplicitazione, necessita per definire le decisioni e per poter approvare tali richieste, senza incorrere nel concreto rischio che queste vengano ad essere considerate arbitrarie oppure viste come delle forme di favoritismo.

Successivamente risulterà necessario stabilire uno standard di comunicazione e pianificazione. Un altro punto da codificare in tema di telelavoro, quindi, è quello inerente lo stabilire uno standard di comunicazione e pianificazione. In poche parole si dovrà decidere un protocollo che vada chiaramente a stabilire quando un telelavoratore deve essere disponibile per ricevere e rispondere alle comunicazioni. Altro aspetto è quello inerente gli eventuali incontri. In pratica, se viene ad essere richiesto a un telelavoratore che vi siano degli incontri regolari, si dovrà codificare il quando, il dove e il come questi si svolgeranno. Infine, risulta essere utile anche stabilire, in forma congiunta e sinergica, un programma di lavoro al quale il telelavoratore dovrà aderire.

Infine bisognerà stabilire uno standard e delle politiche per le attrezzature. Le attrezzature necessarie per il telelavoro dovranno infatti essere fornite dall’azienda, oppure dovranno essere del telelavoratore? Questi e tanti altri quesiti riguardanti quest’aspetto, debbono essere assolutamente chiariti. Tra l’altro, si deve anche valutare che il proprio personale IT possa essere in grado di accedere alle apparecchiature per installare e aggiornare il software antivirus.

(altro…)

LEADERSHIP PASSIONE E MOTIVAZIONE NELLA FORMAZIONE DELLA SICUREZZA

Leadership , motivazione ,passione entusiasmo sono essenziali per creare un feedback positivo coinvolgente nei programmi di formazione dei lavoratori sulla sicurezza all’interno di un’organizzazione – necessari per generare attenzione e per stimolare e sostenere miglioramenti.

L’energia di queste qualità coinvolge tutti e stimola l’impegno. Inoltre, l’energia focalizzata è fondamentale per superare schemi e comportamenti consolidati  che possono essere la causa di infortuni ripetuti . Secondo il CEO di Unilever, Paul Polman, “La leadership non consiste solo nel dare energia … ma di liberare  l’energia altrui”. Tuttavia, in troppe aziende, la sicurezza viene vista – dai dirigenti fino ai lavoratori  – come un buco nero di energia organizzativa, spesso insensibilmente ripetitiva, non coinvolgente, basata su regole piuttosto che basata sugli interessi – e troppo spesso (mis) percepita come un ostacolo al lavoro svolto.

È più probabile che leader o formatori di una sicurezza motivata influenzino i lavoratori a adottare attivamente metodi sicuri in tutte le attività e ad abbracciare personalmente la sicurezza nelle attività lavorative e domestiche. Inoltre, non sono solo i dipendenti che richiedono motivazione.

Una leadership consapevole della propria missione preventiva migliora la credibilità dei dirigenti , dei preposti e dei formatori  e aiuta a ottenere  più facilmente il supporto non solo finanziario.

Da ohsonline.com liberamente tradotto da Alessandro Guerri medico del lavoro

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IPOACUSIA DA RUMORE NEL SETTORE ESTRATTIVO DI GAS E PETROLIO

Un recente studio pubblicato dall’American Journal of Industrial Medicine

https://onlinelibrary.wiley.com/doi/full/10.1002/ajim.23031

è il primo a esaminare la prevalenza della ipoacusia nell ‘industria nel settore dell’estrazione di petrolio e gas e nella maggior parte delle industrie del settore minerario. I ricercatori dell’Istituto nazionale per la sicurezza e la salute sul lavoro (NIOSH) hanno scoperto che all’interno di questi settori, dal 25 al 30 percento dei lavoratori, quasi 1 su 3, aveva una perdita dell’udito.

“Questo studio evidenzia una significativa quota  di lavoratori con perdita dell’udito e identifica le industrie in questi settori che sono maggiormente colpite”, ha affermato Elizabeth Masterson, PhD, epidemiologa e co-autrice dello studio. “L’ ipoacusia da rumore e professionale è del tutto prevenibile e sapere quali lavoratori sono maggiormente a rischio può aiutare a personalizzare meglio le strategie per proteggere l’udito”.

Lo studio ha analizzato i dati provenienti da una ampissima coorte di soggetti piegati in diversi settori lavorativi : 1,9 milioni di lavoratori esposti al rumore in tutti i settori, tra cui 9.389 nel settore minerario e 1.076 nell’estrazione di petrolio e gas. I risultati più significativi includono:

Settore minerario

Il 24% dei lavoratori esposti al rumore presentava perdita dell’udito.
Le seguenti tipologie di lavorazioni  hanno mostrato il maggior numero di lavoratori con ipoacusia:

Miniere di sabbia per costruzioni e ghiaia (36%), Miniere di minerale di uranio-radio-vanadio (31%), Miniere di carbone bituminoso e Lignite (28%), Miniere di ferro ( 27%) e Minerale di minerale di nichel (24%).
I lavoratori esposti al rumore nelle attività di supporto per l’estrazione del carbone e l’estrazione del minerale d’oro avevano rispettivamente il doppio e il 71% in più di rischio di ipoacusia rispetto ai lavoratori esposti al rumore nei corrieri e , un settore di confronto a bassa prevalenza.

Industrie di estrazione di petrolio e gas

Il 14% dei lavoratori esposti al rumore presentava perdita dell’udito.
Nel settore dell’estrazione di olii con gas naturale, il 28% dei lavoratori esposti al rumore presentava ipoacusia e un rischio maggiore di perdita dell’udito del 76% rispetto ai lavoratori esposti al rumore nei corrieri  un’industria comparativa a bassa prevalenza.

Sono necessari invece ulteriori dati su due dei  settori più importanti (estrazione di petrolio greggio e di gas naturale; perforazione di pozzi di petrolio e gas).
I risultati dello studio indicano che l’esposizione al rumore è il principale fattore di rischio di ipoacusia professionale. Quasi due terzi di tutti i lavoratori delle miniere e dell’estrazione di petrolio e gas sono stati esposti a rumori pericolosi sul posto di lavoro. La ricerca di NIOSH suggerisce che l’esposizione al rumore (oltre che chimica) potrebbe contribuire anche  ad altri problemi di salute tra cui ipertensione e colesterolo elevato.

Datori di lavoro e lavoratori possono prevenire e ridurre al minimo il rischio di ipoacusia da rumore nonostante questi elevati numeri di casi. NIOSH raccomanda di rimuovere o ridurre il rumore alla fonte quando possibile. Quando il rumore non può essere ridotto a livelli di sicurezza, attuare un efficace programma di  prevenzione per preservare la salute dell ‘orecchio. Le misure preventive possono includere controlli ingegneristici (che si sono rivelati efficaci nel ridurre il rumore delle apparecchiature in miniera), la rotazione dei lavoratori da aree rumorose e da attività di rumore per ridurre i tempi di esposizione e  ovviamente l’uso di DPI antirumore in tutte le situazioni di rischio.

Per ulteriori informazioni sulla ricerca sulla prevenzione del rumore e delle ipoacusie presso NIOSH, potete cliccare sul link https://www.cdc.gov/niosh/topics/noise/.

Liberamente tradotto da Alessandro Guerri da ohsonline.com

 

Da ohsonline.com

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REALTÀ VIRTUALE NELLA FORMAZIONE IN CANTIERE

 

Non si tratta di videogiochi ma della applicazione della realtà virtuale nella formazione del personale

Il sistema di simulazione LiSIM grazie al quale l’utilizzo di gru a torre, escavatori a fune, gru cingolate fino a 300 tonnellate e macchine per fondazioni speciali in ambiente virtuale ora è possibile in condizioni ancora più realistiche. Vengono infatti  simulate condizioni ambientali come vento, nebbia, pioggia nei diversi momenti della giornata, giorno e notte, in modo del tutto fedele alla realtà, al fine di aumentare la sicurezza e la produttività nell’impiego reale.

Grazie all’utilizzo di componenti delle macchine originali come la cabina, la consolle di comando e il quadro elettrico, è possibile riprodurre dati reali attraverso comandi veri. In questo modo l’addestramento per gli operatori e i tecnici del servizio di assistenza risulta più efficace e privo di qualsiasi tipo di rischio.

Nel simulatore Liebherr (paragonabile a un simulatore di volo) i finestrini rivestiti di pellicola della cabina costituiscono, in combinazione con gli occhiali per la realtà virtuale, una superficie di proiezione. Grazie a questa tecnologia, l’utente è in grado di vedere, oltre all’ambiente del cantiere virtuale, anche il vano cabina.  I dati che riguardano la gru, vengono elaborati e visualizzati su schermi piatti “full HD” e gli altoparlanti surround trasmettono suoni che sono abitualmenet presenti nella cabina del conducente. Tutto questo  procura una sensazione di guida realistica e riproduce il comportamento della gru a torre in tempo reale.

Nel simulatore LiSIM gli operatori delle gru vivono esperienze pratiche in situazioni estreme che vanno ben oltre le conoscenze teoriche. I montatori imparano in condizioni di impiego realistiche, il cosiddetto Teach-in, la programmazione della delimitazione dell’area di lavoro e il controllo del sovraccarico.

centroI simulatori sono disponibili in diverse configurazioni: integrati in un ambiente di addestramento, come soluzioni cabina a ingombro zero o su container container facile da trasportare. Ognuno di questi modelli è dotato di una stazione multifunzione per l’istruttore…

Da macchinedilinews

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ESOSCHELETRI NEL FUTURO DELLA MOVIMENTAZIONE MANUALE

L’impatto dell’uso degli esoscheletri sulla sicurezza e salute sul lavoro
Keywords:Emerging risks

Il documento di discussione esamina il ruolo che gli esoscheletri possono avere nell’ambiente lavorativo del futuro e l’impatto del loro utilizzo sulla sicurezza e salute dei lavoratori. Esso analizza il possibile ruolo degli esoscheletri nella prevenzione dei disturbi muscoloscheletrici, affrontando nel contempo i rischi potenziali
che potrebbe comportare il loro impiego in diversi ambiti.

Il documento riconosce le incertezze in merito ai loro effetti a lungo termine sulla salute e le difficoltà nella creazione di una certificazione uniforme, e rileva la necessità di studi più esaustivi. È inoltre oggetto di discussione la gerarchia delle misure di prevenzione da considerare nella progettazione dei luoghi di lavoro futuri, piuttosto che basarsi sugli esoscheletri al fine di creare ambienti di lavoro ergonomici.

https://osha.europa.eu

Scarica l’articolo previsionale sull’innovazione sociale in ambito lavorativo

Leggi l’articolo previsionale sull’uso emergente di esoscheletri

Consulta la sezione web dell’EU-OSHA dedicata ai rischi emergenti

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FOCUS SULLE ALLERGOPATIE PROFESSIONALI

Intervista alla Professoressa

Gianna Moscato 

Presidente Associazione Italiana di Aerobiologia (AIA)
Direttore s.c. Servizio Autonomo di Allergologia e Immunologia Clinica
Fondazione Salvatore Maugeri, Istituto Scientifico di Pavia

dal sito: https://www.allergopharma.it

Professoressa quali sono i settori professionali  più esposti?

Molte attività lavorative comportano un’esposizione a fattori in grado di provocare un’allergia professionale. Per quanto concerne le malattie respiratorie, ossia l’asma e la rinite correlata al lavoro, i settori più a rischio sono attualmente quelli dei panettieri e pasticceri, gli addetti alle pulizie, i laboratoristi, i carrozzieri, i lavoratori del legno, i parrucchieri, i lavoratori sanitari. Oltre ai lavoratori, non va dimenticata la categoria degli apprendisti; anch’essi infatti sono esposti a rischi professionali, ma spesso sono meno considerati e protetti rispetto ai lavoratori

Che frequenza hanno le allergopatia professionali?

La frequenza delle varie patologie dipende dalle attività produttive e dai fattori di rischio specifici in esse contenuti. In generale, per quanto concerne l’asma si ritiene che il 10-15% di tutte le asme dell’adulto siano correlabili a fattori professionali. Per la rinite i dati sono meno certi, ma si ritiene che essa possa addirittura avere una frequenza doppia rispetto all’asma bronchiale.

Dopo quanto tempo possono comparire?

Dipende dal tipo di sostanza e dalle caratteristiche sia dell’esposizione che dell’ambiente di lavoro.

Se l’agente in causa è una sostanze chimica di solito i sintomi compaiono dopo qualche mese dall’inizio dell’attività lavorativa, nel caso invece di sostanze proteiche, come i derivati di animali di laboratorio o le farine, i sintomi possono comparire anche dopo qualche anno (ma raramente più di due) dopo l’inizio dell’esposizione. La rinite di solito compare circa 6-12 mesi prima dell’asma. Il periodo di massimo rischio per la comparsa di un’allergia professionale riguarda i primi due anni di esposizione, nei quali va intensificata al massimo la sorveglianza sanitaria dei lavoratori e dei giovani apprendisti.

Ci sono dei soggetti predisposti? Ci sono differenze nei due sessi?

I soggetti atopici, ossia con una predisposizione genetica a sviluppare una malattia allergica, hanno un più elevato rischio di sviluppare un’allergia professionale quando esposti a sostanze professionali proteiche ad alto peso molecolare, come ad esempio le farine o il latice di gomma. Anche la presenza di una forma di asma o rinite da allergeni comuni, come ad esempio pollini o acari domestici, preesistente all’esposizione lavorativa è un fattore di rischio per sviluppare una malattia allergica professionale. Il livello dell’esposizione in ambiente di lavoro è anch’esso importante per l’insorgenza delle patologie. Negli ultimi anni si è reso sempre più evidente che le donne hanno un più elevato rischio di sviluppare un’asma grave o non controllata, e diversi dati sembrano dimostrare un’associazione fra queste forme di asma grave e l’uso professionale (o anche individuale) di prodotti per le pulizie.

Quali sono le sostanze più pericolose e i principali allergeni? Come agiscono?

Fra le sostanze proteiche ad alto peso molecolare gli allergeni più pericolosi sono quelli derivati dalle farine di cereali, da animali usati nei laboratori di ricerca come ratti o topi, o dal latice di gomma che si usa in ambiente sanitario. Queste proteine allergeniche agiscono con meccanismi immunologici, inducendo nei soggetti esposti una sensibilizzazione con produzione di anticorpi (immunoglobuline E), i quali, ad ogni successiva esposizione, provocano lo scatenamento dei sintomi. Fra le sostanze chimiche restano molto importanti composti come gli isocianati, usati nell’industria plastica o presenti nelle vernici in uso nelle carrozzerie, o i persolfati usati dai parrucchieri per la decolorazione dei capelli, o gli spray a base di ammonio quaternario presenti nei prodotti per le pulizie. Queste sostanze agiscono a volte con meccanismi immunologici, altre volte con meccanismi di tipo irritativo.

Quali sono i sintomi? Ci sono dei segni spia?

I sintomi della rinite professionale sono starnuti, senso di prurito e di ostruzione al naso, secrezione dal naso, cui possono essere associati sintomi agli occhi (congiuntivite) come arrossamento, prurito, lacrimazione, fotofobia (fastidio in presenza di luce).

I sintomi bronchiali invece sono tosse secca o con catarro, e/o mancanza di fiato, e/o senso di chiusura al torace, e/o i caratteristici fischi espiratori. A volte i sintomi nasali e quelli bronchiali possono presentarsi contemporaneamente, più spesso i sintomi di rinite precedono quelli dell’asma bronchiale.

Come si fa a sospettare una allergia professionale? Quando è bene rivolgersi allo specialista?

Un paziente può sospettare di avere un’allergia correlata al lavoro quando inizia a lamentare sintomi nasali o bronchiali come quelli sopra descritti in relazione a una specifica attività lavorativa. E’ importante sapere che questi sintomi possono presentarsi durante le ore di lavoro, ma a volte anche quando il turno lavorativo è finito, la sera, a casa (reazioni ritardate) e in questo caso a volte è difficile per il paziente metterli in relazione con il lavoro.

Va sottolineato che i soggetti che lavorano in attività a rischio allergologico dovrebbero essere adeguatamente informati dai datori di lavoro sulla presenza di questi rischi e sulle mansioni più pericolose, e sul tipo di patologie che da essi possono essere provocate. Se un lavoratore inizia a lamentare sintomi come quelli sopra descritti correlati con il lavoro deve subito rivolgersi al medico del lavoro, o al medico di famiglia o allo specialista. Poiché, come già sottolineato, i sintomi di rinite spesso precedono quelli di asma bronchiale, se un lavoratore inizia a notare dei sintomi nasali correlati al lavoro che prima non aveva, non deve sottovalutarli, ma rivolgersi subito al medico o allo specialista per evitare che i sintomi nasali si aggravino poi con sintomi bronchiali.

Va ricordato infine che le allergie professionali possono comparire ex novo, causando sintomi che il paziente non aveva mai avuto, ma possono anche aggravare dei sintomi che il paziente aveva già, come per esempio una rinite o un’asma da pollini o da acari domestici. In questo caso, quando documentato questo peggioramento, si parla di asma o rinite professionale aggravata dall’ambiente di lavoro.

Come si fa la diagnosi?

La diagnosi di rinite o di asma professionale è un percorso complesso che inizia prima di tutto con la visita medica e la raccolta dell’anamnesi, sia clinica sia lavorativa, e prosegue poi con esami strumentali. Riguardo all’anamnesi, è importante sapere che i sintomi dell’asma o della rinite allergica professionali non sono diversi da quelli dell’asma o della rinite non professionali (ad esempio da pollini), pertanto nella sua pratica quotidiana un medico, di fronte a un paziente che riferisca dei sintomi nasali o bronchiali insorti in età adulta, in un soggetto che prima stava bene, deve sempre pensare che essi potrebbero essere correlati al lavoro, e interrogarlo accuratamente anche sulla sua attività lavorativa.

Come detto, può anche presentarsi il caso di un paziente con asma o rinite preesistente che peggiora in ambiente di lavoro. Il percorso diagnostico strumentale prevede gli esami allergologici tramite test cutanei, e la ricerca di anticorpi specifici nel siero del soggetto:

  • nella rinite l’esame diretto del naso tramite rinoscopia, l’eventuale studio dell’infiammazione nasale o bronchiale tramite l’esame delle secrezioni nasali o il test dell’espettorato indotto o la misura dell’ossido nitrico nell’aria espirata nasale o bronchiale, e infine il test di esposizione specifico, che è considerato l’esame più importante per la diagnosi di queste patologie.
  • nell’ asma i test di funzionalità respiratoria (spirometria, test di broncodilatazione, studio della reattività bronchiale aspecifica), il monitoraggio del picco del flusso espiratorio in un periodo al lavoro e in uno fuori lavoro (quando possibile).

L’obiettivo delle indagini diagnostiche non è solo di diagnosticare correttamente la patologia in atto, rinite e/o asma, e di valutarne la gravità, ma anche di identificare correttamente l’agente causale e la relazione con il lavoro.

Ogni medico che effettui una diagnosi di allergopatia professionale ha degli obblighi medico–legali in quanto deve effettuare una segnalazione/referto alle autorità competenti e all’ente assicuratore.

Quali sono le terapia? Si può continuare a lavorare?

Il provvedimento più efficace per un’allergia respiratoria professionale è togliere il paziente dall’esposizione all’agente che l’ha provocata. Per questo è così importante che esso venga correttamente identificato nel percorso diagnostico. E’ vero però che cambiare lavoro è oggi molto problematico, e per questo è importante che ogni qualvolta sia possibile, al paziente venga assegnata un’altra mansione all’interno della stessa azienda. Quando il ricollocamento in altra mansione non sia possibile, tutti gli sforzi devono essere effettuati per il controllo ambientale, ossia per ridurre al massimo la concentrazione nell’aria dell’agente che ha causato la malattia allergica.

Va sottolineato peraltro che il controllo ambientale è sempre imprescindibile in ogni ambiente lavorativo, non solo per la prevenzione terziaria, ossia per impedire il peggioramento di una malattia professionale quando essa si sia già instaurata, ma anche per la prevenzione primaria, ossia per impedire l’insorgenza delle malattie stesse.

Accanto ai provvedimenti ambientali, il trattamento farmacologico della rinite o dell’asma professionale, o comunque aggravata dal lavoro, non sono diversi da quelli delle stesse patologie non professionali, ossia:

  • nella rinite antistaminici per bocca o per via topica nasale , corticosteroidi inalatori nasali, e solo nei casi più gravi cicli di corticosteroidi per bocca, colliri antistaminici per la congiuntivite;
  • nell’ asma broncodilatatori a breve o a lunga durata di azione, associati a corticosteroidi inalatori bronchiali, a seconda della gravità della malattia, antileucotrienici, cicli di corticosteroidi per bocca, terapie biologiche con farmaci anti-IgE nei casi più gravi.

L’ immunoterapia specifica, terapia essenziale nelle malattie respiratorie allergiche non professionali, trova purtroppo indicazione solo in alcuni tipi di patologie professionali allergiche, e in particolare nell’asma o rinite da latice o da derivati di animali di laboratorio. Sono in corso molti studi per allestire dei vaccini efficaci e sicuri per le farine, dato il grave problema sociale legato all’elevata prevalenza delle allergopatie professionali provocate da questi agenti.

Ci sono effetti anche a casa?

Come già accennato, può accadere che i sintomi di rinite o asma professionale possano presentarsi a volte anche quando il turno lavorativo è finito, la sera, a casa (reazioni ritardate), e sono i casi in cui è più difficile per il paziente metterli in relazione con il lavoro. Può succedere inoltre che alcune sostanze, come il latice di gomma, diano delle caratteristiche reazioni chiamate “crociate “ con alcuni frutti, come: banana, ananas, castagna, kiwi, dovute alla presenza di proteine allergeniche comuni in tutti questi vegetali, per cui un paziente che ha sviluppato una rinite o asma professionale da latice può vedere comparire i sintomi anche a casa, quando mangia uno di questi frutti.

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Vi segnaliamo anche un pratico manuale divulgativo dell Inail

Allergia al lavoro? I principali allergeni presenti nei luoghi di lavoro

https://www.inail.it/cs/internet/docs/alg_allergia_al_lavoro.pdf

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ASTENOPIA E MIOPIA CON UN USO ECCESSIVO DI CELLULARE E COMPUTER

Da ADN Kronos

Troppe ore con gli occhi fissi sullo schermo dello smartphone fa male. E il rischio è quello di sviluppare miopia o astenopia. Lo ricorda Pasquale Troiano, primario di oculistica dell’Ospedale Sacra Famiglia Fatebenefratelli di Erba (Como).

“Pensate che lo diceva già nel lontano 1703 Bernardino Ramazzini – afferma lo specialista – quando, nel De Morbis Artificum Diatriba (Trattato sulle malattie dei lavoratori), decise di inserire un capitolo denominato Lepturgorum morbis, che si occupava delle manifestazioni oculari presenti nei soggetti che lavoravano su cose piccole (orafi, miniaturisti, ecc)”.

“In questo capitolo sono perfettamente descritti tutti i problemi oculari che derivano dall’impegno visivo prolungato” da vicino “e soprattutto, già allora, egli poneva un forte accento sul fatto che questi soggetti erano destinati a divenire miopi”, avverte. Questo potrebbe già bastare per indurci a ridurre il nostro impegno visivo ‘per vicino’ senza attendere la strutturazione dell’Ergoftalmologia (oftalmologia del lavoro), quella branca dell’oculistica che dagli anni ’80 del secolo scorso ha codificato il concetto di ‘astenopia occupazionale’, quella condizione di affaticamento oculare che è collegata all’impegno visivo ‘per vicino’.

“L’ergoftalmologia ha individuato un rapporto tra le capacità visive del soggetto e il tipo di impegno visivo richiesto. Se l’impegno visivo richiesto eccede le capacità visive del soggetto, l’affaticamento oculare compare in breve tempo, è più sintomatico ed è più frequente. È come se si chiedesse a un soggetto che pesa 50 chili di trasportare dei gravi che ne pesano 100”, osserva Troiano.

L’uso di strumenti optoelettronici sempre più piccoli richiede una maggiore necessità accomodativa: “Se il soggetto ha un apparato visivo sano e perfettamente normale sul piano della motilità oculare e sul piano rifrattivo – continua Troiano – non avrà alcun problema. Se, invece, presenta alterazioni dell’apparato visivo, della motilità oculare o della rifrazione che non sono state individuate e corrette, allora ci saranno enormi problemi di affaticamento oculare. Pertanto, la raccomandazione fondamentale è eseguire una visita medica oculistica e una visita ortottica che potranno verificare le condizioni anatomiche e funzionali dell’apparato visivo e correggere eventuali alterazioni, mettendo così il sistema visivo nella sua migliore condizione operativa”.

“è sempre opportuno cercare di non prolungare l’osservazione per vicino facendo delle pause che non possono essere ‘smetto di usare il computer e prendo il cellulare o viceversa’. La pausa deve prevedere la messa a riposo del sistema accomodativo (che essendo un sistema basato su muscoli è inevitabilmente destinato all’affaticamento) mediante lo spostamento della nostra osservazione a distanze superiori almeno a 3 metri (ancora meglio 6) come ad esempio – spiega Troiano – guardare fuori da una finestra”. Ma cos’è l’astenopia? Si tratta di una sindrome caratterizzata da sintomi variegati che non si presentano sempre allo stesso modo in tutti i soggetti, tuttavia la irritabilità degli occhi e la cefalea sono tra i più frequenti. Come tutte le condizioni di affaticamento i sintomi, seppur fastidiosi, si risolvono con il riposo.

Ben più grave, invece, è l’uso prolungato di smartphone nei bambini e negli adolescenti, responsabile della miopizzazione dell’occhio, che è una modifica irreversibile e progressiva della vista. Negli ultimi 10 anni si sta assistendo a una vera e propria epidemia di miopia, conclude l’esperto, la cui causa principale è l’enorme aumento dell’impegno visivo prolungato ‘da vicino’.

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PERCHÉ RISCHIARE ?

AiFOS (Associazione Italiana Formatori ed Operatori della Sicurezza sul lavoro) e Fondazione AiFOS, tramite un bando rivolto agli studenti dell’Accademia di belle arti SantaGiulia di Brescia, hanno commissionato la realizzazione di una serie di manifesti con l’obiettivo di promuovere la salute e la sicurezza negli ambienti lavorativi.

Perché rischiare è il manifesto di  Francesco Turco che pubblichiamo qui di seguito:

Per avere i file in alta definizione per la stampa, contattare la Fondazione AiFOS all’indirizzo info@fondazioneaifos.org.

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EFSA : “RIVEDERE LA DOSE TOLLERABILE DEI PFAS NEI CIBI”

L’Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare,  ha proposto di rivedere le assunzioni tollerabili di due contaminanti chimici, Pfoa e Pfos i per- e polifluoroalchilici più conosciuti come Pfas, a cui i consumatori sono esposti attraverso la catena alimentare a causa dell’inquinamento ambientale. La contaminazione è particolarmente acuta in diverse province del Veneto dove, a causa dello sversamento delle lavorazione della Miteni oggi chiusa, ha esposto la popolazione e la catena alimentare a un rischio prolungato

L’Authority, spiega in una altra nota ha acquisito la prima delle due valutazioni su queste sostanze e pertanto le conclusioni sono  provvisorie: “Questo primo parere scientifico riguarda i principali Pfas, noti come perfluoroottano sulfonato (Pfos) e acido perfluoroottanoico (Pfoa), due prodotti chimici artificiali, ampiamente utilizzati nelle applicazioni industriali e di consumo dalla metà del 20° secolo. Persistono nell’ambiente perché si degradano lentamente. Inoltre, possono accumularsi nel corpo umano, il che significa che possono essere necessari molti anni per eliminarli“.

La Commissione europea ha chiesto all’Efsa di riesaminare i rischi che i Pfas pongono alla salute umana utilizzando i dati resi disponibili dalla sua valutazione iniziale nel 2008. La produzione, l’immissione sul mercato e l’uso di Pfos sono regolati dalle leggi della Ue sugli inquinanti organici persistenti (Regolamento CE 850/2004). Le restrizioni relative alla fabbricazione e all’inserimento sul mercato di Pfoa entreranno in vigore il 4 luglio 2020, a seguito di valutazioni scientifiche dell’Agenzia europea per le sostanze chimiche (Echa).

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UNA ROSA CONTRO IL MESOTELIOMA

DA AGINegli estratti dei fiori della Filipendula vulgaris, un arbusto perenne appartenente alla famiglia delle Rosacee, sono stati identificati dei componenti capaci di riprogrammare il metabolismo di un tumore raro e molto aggressivo

Negli estratti dei fiori della Filipendula vulgaris, un arbusto perenne appartenente alla famiglia delle Rosacee, sono stati identificati dei componenti capaci di riprogrammare il metabolismo di un tumore raro e molto aggressivo, il mesotelioma. Lo ha scoperto uno studio del gruppo di ricerca dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena (IRE) coordinato da Sabrina Strano e Giovanni Blandino, ricercatori del laboratorio di Oncogenomica ed Epigenetica.
I risultati sono stati pubblicati sul Journal of Experimental and Clinical Cancer Research.

Il mesotelioma è una neoplasia che colpisce principalmente i foglietti della pleura polmonare. Dal punto di vista eziologico il mesotelioma è una patologia occupazionale correlata all’esposizione professionale alle fibre d’amianto. “Gli effetti antitumorali dell’estratto di fiore – illustrano i ricercatori – sono stati caratterizzati in modelli ‘in vitro’ e ‘in vivo’ di mesotelioma. A livello molecolare, sono stati usati due approcci ‘omici’ per studiare il meccanismo d’azione antitumorale dei fiori di ‘Dropwort’: l’analisi del profilo metabolico e quello proteico delle cellule di mesotelioma.

I risultati rivelano che i composti naturali di questa pianta riducono la proliferazione cellulare, la vitalità e la migrazione delle cellule tumorali del mesotelioma e presuppongono quindi implicazioni chemio-preventive e antitumorali per la gestione della patologia”. Dopo 25 anni dalla messa al bando nel nostro paese della produzione dell’amianto, l’incidenza del mesotelioma non decresce in quanto nell’ambiente ne rimangono 5 quintali per cittadino, 32 milioni di tonnellate.

L’Italia è stato uno dei maggiori produttori europei di amianto insieme all’URSS, ed è uno dei paesi più colpiti dalle malattie amianto-correlate. La mortalità costituisce il 4 per cento di quella globale per tumore in tutte le età a prescindere dal sesso, secondo il Registro Italiano del Mesotelioma. Si caratterizza per la lunga latenza, l’andamento silente, la mancanza di specifici biomarcatori e la resistenza alle terapie convenzionali quali Cisplatino e Pemetrexed.

“Gli estratti dei fiori della Filipendula vulgaris – illustrano Sabrina Strano e Giovanni Blandino, autori dello studio – presentano dei componenti capaci di riprogrammare il metabolismo del mesotelioma e di bloccare l’attività oncogenica di YAP e TAZ, due proteine da tempo studiate nei nostri laboratori, inibendo così la proliferazione, la migrazione e l’invasione di cellule del mesotelioma”. Inoltre, secondo i ricercatori, l’attività antitumorale della pianta potenzia il trattamento chemioterapico con Cisplatino o Pemetrexed, farmaci utilizzati nel trattamento del mesotelioma.

“Tale studio – sottolinea Gennaro Ciliberto, direttore scientifico IRE – potrebbe contribuire al miglioramento del trattamento del mesotelioma. E’ compito della ricerca validarne l’efficacia poiche’ in un momento di forte enfasi sui nutraceutici, occorre precisare che non sempre naturale equivale ad efficace e sicuro per la nostra salute. Questa scoperta sebbene molto promettente necessita di ulteriori approfondimenti per una applicazione clinica ma siamo orientati a continuare su questa linea e validare sempre di più, attraverso test scientifici rigorosi, il meccanismo di azione antitumorale di sostanze naturali”.

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