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PRIMO SOCCORSO NEI LAVORI IN QUOTA

Da insic.it

Come soccorrere adeguatamente un lavoratore impegnato in lavori in quota che possa trovarsi sospeso o caduto?
Risponde un nuovo factsheet INAIL su “Il primo soccorso nei lavori in quota”.
La pubblicazione indica i rischi per la salute e le misure di primo soccorso in caso di trauma e di sospensione con utili infografiche sulla sequenza ABCDE, oltre ai riferimenti normativi.


Il lavoro in quota o in altezza riguarda tutte le attività lavorative che portano il lavoratore a operare a più di due metri di altezza rispetto al piano stabile (art. 107, d.lgs. 81/2008).
Questo espone i lavoratori a importati rischi per la salute e sicurezza.

Soccorso durante i lavori in altezza
In caso di trauma è fondamentale la precoce attivazione del sistema di primo soccorso. La difficoltà nel soccorso ad un paziente traumatizzato è data dalla enorme variabilità degli scenari, cioè delle condizioni in cui il trauma si è verificato e degli altri fattori intercorrenti.
In caso di caduta dall’alto inoltre le operazioni di soccorso potrebbero risultare ancora più complesse poiché la vittima potrebbe trovarsi sospesa o caduta su un piano posto ad una certa altezza. Le linee guida internazionali propongono una sequenza base che deve essere adattata momento per momento alle condizioni reali effettive presenti sul posto.

Caduta dall’alto e azioni da intraprendere
La successione delle azioni da intraprendere è la seguente:
• allertare immediatamente i soccorsi (112);
• verificare che esistano le condizioni per agire in sicurezza e in particolare: DPI anticaduta per i soccorritori, sistemi di ancoraggio, attrezzatura necessaria per raggiungere l’infortunato;
• dopo il recupero dell’infortunato e in attesa dell’arrivo dei soccorsi avanzati, in caso di addetti al primo soccorso formati appositamente per il trauma, è possibile applicare la sequenza ABCDE.
Se il paziente non presenta segni vitali (coscienza, respiro) va immediatamente iniziata la rianimazione cardiopolmonare (RCP), con l’uso del defibrillatore (DAE) se disponibile, avendo l’accortezza di tenere in asse testa-collo-tronco.


In caso di infortunato in sospensione
Nel caso in cui il soggetto rimanga sospeso, ma cosciente, i disturbi non dovrebbero verificarsi in quanto egli modifica da solo continuamente i punti di contatto dell’imbracatura con il corpo. È comunque necessario chiamare il 112 e tenersi pronti ad un intervento. Se la sospensione diviene inerte, per perdita di coscienza, i tempi di soccorso da parte degli addetti devono essere brevi:
• chiamare immediatamente il 112 descrivendo lo scenario dell’infortunio;
• togliere il prima possibile l’infortunato dalla sospensione, dopo un’attenta valutazione dell’ambiente e con i necessari DPI;
• se il soggetto non respira, una volta a terra, iniziare immediatamente la rianimazione cardiopolmonare (RCP), con l’uso del defibrillatore (DAE) se disponibile.

Prodotto: Fact sheet
Edizioni: Inail – 2019
Disponibilità: Consultabile solo in rete
Info: dcpianificazione-comunicazione@inail.it

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INAIL E RIDUZIONE DEL TASSO TARIFFE PREVENZIONE

L’Inail ha pubblicato sul proprio portale il nuovo modello OT23, utile per le istanze di riduzione del tasso medio di tariffa per prevenzione, consultabile e scaricabile insieme alla guida per la compilazione. Il nuovo modello sostituisce il precedente, OT24, utilizzabile dalle aziende fino al 29 febbraio 2020.

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L ‘INAIL PUNTA ALLA REALTÀ AUMENTATA

Da”quotidianosanità.it”

28 agosto – L’Istituto ha avviato na intensa attività di ricerca, riconducibile alla progettazione e realizzazione prototipale di dispositivi di nuova generazione per la prevenzione del rischio individuale, collettivo e ambientale. L’obiettivo è valutare la fruibilità delle innovazioni per il controllo del pericolo di incidenti ed infortuni sia “tradizionali”, che “emergenti”.

Digitalizzazione dei processi di produzione, imprese sempre più connesse, nuove tecnologie per abbattere i costi e incrementare efficienza e produttività: tra gli scenari aperti dall’industria 4.0, la nuova sfida dell’INAIL è coniugare innovazione tecnologica e sicurezza del lavoro adottando gli strumenti più evoluti per migliorare la tutela della salute dei lavoratori che quotidianamente interagiscono con le macchine negli impianti industriali, attraverso la realtà aumentata (AR), virtuale (VR) e immersiva (IV). Ecco il motivo per cui è in corso una intensa attività di ricerca, recentemente avviata da Inail, riconducibile alla progettazione e realizzazione prototipale di dispositivi di nuova generazione per la prevenzione del rischio individuale, collettivo e ambientale. “In modo – ha spiegato con soddisfazione Giuseppe Lucibello, Direttore Generale dell’Istituto – da valutare la fruibilità proprio delle innovazioni al controllo del pericolo di incidenti ed infortuni sia ‘tradizionali’, che ‘emergenti”’introdotti dal cambiamento”.

“Le attività di ricerca – precisa Lucibello – analizzeranno i vantaggi e le possibili criticità che devono essere considerate dall’implementazione di sistemi che”, ha illustrato:

possono supportare in tempo reale gli operatori durante lo svolgimento delle attività lavorative sia ordinarie che a carattere manutentivo, rilevando potenziali rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori legati alla presenza di campi fisici e di contaminazione ambientale non compatibili o alle errate o pericolose posizioni reciproche tra lavoratori ed attrezzature di lavoro”;

–    “sostituire l’uomo, dove possibile in attività ad alto rischio”;

–    “promuovere una formazione più “realistica” sia nella sua erogazione che negli esiti di valutazione della adeguatezza per particolari categorie di lavoratori”.

Augmented reality in construction

“Le linee di indirizzo – prosegue il direttore generale – intendono utilizzare gli stessi strumenti innovativi e abilitanti dell’Industria 4.0 per attualizzare le modalità di gestione della sicurezza dei lavoratori nei loro ambienti di lavoro secondo logiche dinamiche, integrate, e in piena coerenza con l’approccio di sistematico improvement dei sistemi produttivi. Simmetricamente, si vuole indagare sui rischi emergenti dovuti ad interferenze sia di carattere endogeno (fisiologici rispetto ai mutamenti tecnologici), che esogeno (determinati dalla imprevedibilità del contesto)”.

Grazie a queste tecnologie avanzate, per altro, è possibile emulare ambienti di lavoro virtuali, in particolare quelli più ostili o particolarmente complessi, dei quali sono noti i rischi per i lavoratori, che spesso determinano motivo ricorrente d’infortunio.

I corsi, riprogrammati attraverso l’utilizzo di tali tecnologie, sono attualizzati proponendo situazioni “reali” che consentono la pratica delle procedure a fini addestrativi del lavoratore, con particolare riguardo a due categorie problematiche: i giovani e gli anziani. I primi hanno di frequente forme contrattuali temporanee (tra loro gli stagionali) e spesso minore esperienza, tendono a sopravvalutare le capacità fisiche o a sottovalutare i rischi per la sicurezza e la salute associati ai loro compiti. I secondi soffrono della diminuzione delle capacità cognitive e fisiche (tra cui aerobiche, tolleranza al calore, forza, tempi di reazione, capacità visiva ed uditiva) a cui si sovrappongono i fattori ambientali determinati dalle più o meno severe condizioni quali rumore, illuminazione, temperature, ecc.. In entrambi i casi, la formazione erogata attraverso sistemi di realtà immersiva permette la valutazione dell’adeguatezza di tali lavoratori ai compiti ai quali sarebbero poi indirizzati.

Si vogliono, inoltre, investigare i diversi ambiti delle attività produttive e delle professioni per i quali gli strumenti di Vr, Ar e Ir, costituiscono un importante valore aggiunto per la salvaguardia della salute e la tutela della sicurezza dei lavoratori. Lo sviluppo di piattaforme dedicate, in relazione alla loro finalità, esige studi orientati a scenari di lavoro diversificati, dall’industria manifatturiera e di processo a quella dei servizi, per i quali gli investimenti per la loro implementazione siano ampiamente giustificati. È altresì importante approfondire, in maniera organica e strutturata, le caratteristiche funzionali e di compatibilità di tali sistemi per ottimizzarne l’efficacia e la susseguente fruizione da parte di piccole e medie imprese, ad oggi ancora escluse.

L’istituto ha quindi individuato, e sono di seguito elencate, alcune direttrici di ricerca rispetto alle quali avremo soluzioni concrete in un arco temporale medio-breve:

–  sviluppo di normativa dedicata, vista l’assenza di uno specifico quadro di riferimento, all’uso in sicurezza dei dispositivi (Ar, Vr e Ir) e loro regolamentazione applicativa alla luce di un mercato in crescita e in continua evoluzione.

–  sviluppo di piattaforme educazionali per l’apprendimento delle procedure di lavoro in sicurezza, utilizzabili durante l’addestramento delle diverse figure professionali a vario titolo coinvolte (manutentori, operatori, verificatori, ed altri), per simulare situazioni di pericolo con possibilità di fallimento senza rischio. Esse possono anche costituire una modalità mirata ed innovativa di formazione per le categorie di lavoratori vulnerabili.

–  supporto operativo da remoto per attività di manutenzione, controllo/sorveglianza e verifica di attrezzature di lavoro e impianti con relativo sviluppo di piattaforme tecniche e gestionali.

–  monitoraggio e rappresentazione grafica innovativa dei potenziali rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori legati alla presenza di campi fisici e di contaminazione ambientale non compatibili (elettromagnetico, ionizzante e non ionizzante, rumore e vibrazioni, termico, chimico, ecc.): studio e realizzazione di dispositivi Ar e Vr che, tramite l’ausilio di sensori indossabili e/o di “remote sensing”, permettano la visualizzazione delle misure effettuate con grafiche evolute di facile e immediata interpretazione. Non ultimo, la possibilità di combinare molteplici informazioni sui potenziali rischi per lo specifico ambiente di lavoro.” Per l’Inail il futuro è già presente.

Domenico Della Porta
Docente Medicina del Lavoro Facoltà di Giurisprudenza Uninettuno – Roma

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CONTRORDINE IL LAVORO SEDENTARIO NON PROVOCA IL MAL DI SCHIENA

  • Da dottnet.it

Buone notizie per chi rimane legato a un lavoro sedentario: un mega-studio sulle cause del dolore alla schiena esclude ogni associazione fra la prolungata posizione seduta e il dolore lombare.

Ricercatori dell’Istituto per l’Attività Fisica dell’università Deakin di Melbourne hanno passato al vaglio 41 differenti revisioni sistematiche di ricerche, per meglio comprendere quali movimenti o funzioni sono fattori per il dolore alla schiena. I risultati, pubblicati sul Journal of Biomechanics, sono basati su tre decenni di dati raccolti esaminando oltre un milione di soggetti e offrono il quadro finora più accurato della relazione fra diverse attività e il dolore alla schiena. “L’evidenza più forte – scrive Daniel Belavy, docente di Esercizio e di Salute Muscoloscheletrica, responsabile dello studio – è l’assenza di ogni associazione fra la posizione seduta, prolungata o occupazionale, e il dolore lombare”.

Nonostante un crescente numero di studi colleghi la sedentarietà con altri effetti negativi sulla salute – aggiunge – questa non sembra essere un fattore di rischio per il dolore alla schiena. Si può subire rigidità muscolare se si resta seduti a lungo, ma stare seduti di per sé non danneggia direttamente la struttura spinale, come invece avviene con molti lavori pesanti“.  Anche se stare seduti non sembra essere un problema per il mal di schiena, sottolinea Belavy, vi sono molte ragioni per interrompere lunghi periodi seduti. “Da altri studi sappiamo che l’attività fisica regolare è importante per ridurre il rischio di dolore alla schiena”, aggiunge.

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TUTTI I CIBI PER CHI LAVORA AL VIDEOTERMINALE

L’occhio ha delle esigenze, affinchè possa mantenere la sua funzionalità.
Spetta a noi, con l’aiuto dell’alimentazione e di scelte consapevoli, proteggerlo dai fattori di rischio come l’inquinamento o le luci artificiali.
Scegliere cibi giusti protegge l’occhio dalle conseguenze di una miopia forte, aiuta a prevenire problemi come cataratta o glaucoma ma anche ad evitare peggioramenti. Evitate dunque in prima battuta cibi che contengano grassi saturi in eccesso (che possono influire negativamente sulla microcircolazione dell’occhio) e tenete sempre sotto controllo il bilancio degli zuccheri, per prevenire il glaucoma.

Vitamin food sources and health benefits fact sheets, food on a chopping board and icons set, top view

Gli antiossidanti sono fondamentali per la prevenzione dell’invecchiamento precoce del nostro occhio, così come l’idratazione, ma anche vitamine e minerali che proteggono la funzionalità dei coni e bastoncelli (due tipi di cellule presenti nella retina). Ma scendiamo nello specifico:
Antiossidanti: potete trovare gli antocianosidi (utili per l’adattamento delle condizioni di luce e migliorano la circolazione retinica prevenendone la degradazione) in frutti di bosco, cavolo rosso, uva nera; e i bioflavonoidi (proteggono i vasi sanguigni dai danni di diabete e ipertensione) in agrumi, aglio, cipolla, frumento, uva e frutti di bosco.
Omega 3: favoriscono l’acuità visiva e, nel feto, lo sviluppo della retina. Li trovate, ad esempio, in: lino, canapa, chia, noci, alghe klamath.
Vitamine:
Provitamina A: aiuta a ricostruire la cornea e la congiuntiva in caso di abrasioni, previene la secchezza delle palpebre e cornea e l’opacità del cristallino. (es: albicocche, cachi, carote, cavoli, meloni, verdure a foglia)
Gruppo B: prevengono le infiammazioni del nervo ottico e neuriti, nonchè le cataratte, aiutano inoltre la riparazione dei tessuti. (es: cereali integrali, legumi, verdure a foglia, lievito alimentare, semi oleosi)
Vitamina C: antiossidante, previene le emorragie e aiuta la cicatrizzazione dei tessuti (es: agrumi, cavoli, frutti di bosco)
Vitamina E: previene cataratte e maculopatie degenerative (es: semi oleosi, olio extravergine, avocado)
Minerali:
Magnesio e potassio per prevenire la secchezza oculare, lacrimazione, fotosensibilità, mal di testa, visione annebbiata (es: fave, soia, fagioli, ortaggi a foglia verde, avena, riso e semi oleosi)
Manganese e zinco per ridurre il rischio di degenerazione maculare (es: grano avena avocado, verdure a foglia, semi oleosi).
Selenio: protegge le cellule dall’invecchiamento e lo trovate nelle noci del Brasile e in alcune coltivazioni di patate. (dipende dal terreno)
Zolfo: previene alcuni tipi di maculopatia, aiuta la cicatrizzazione dei tessuti. (es: cavoli in genere, aglio, cipolla, porro)
Potete dunque portare a tavola tutti gli ortaggi colorati, puntando sulla varietà e stagionalità, condendo con olio extravergine (sopratutto i cibi contenenti carotenoidi e vitamina E, liposolubili) e poco sale. Per insaporire potete utilizzare invece piccole aggiunte di lievito alimentare, ricco di vitamine e minerali.Fonte: Vita lega & Salute

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STRESS SUL LAVORO PER I MEDICI OSPEDALIERI

Da Dottnet.it

Riposi brevi, quando ci sono, altrimenti notti in bianco prima di tornare in corsia. Lasciati soli a seguire decine di pazienti, sulle spalle la responsabilità della salute e della vita dei malati. Condizioni che causano specialmente tra i medici ospedalieri, oltre che profonda insoddisfazione lavorativa, vere sindromi da esaurimento in percentuale maggiore rispetto alle altre professioni.

Lo sottolinea il segretario nazionale del sindacato CoAS Medici dirigenti Alessandro Garau, ricordando anche la decisione dell’Oms di riconoscere la sindrome del burnout, il cosiddetto stress da lavoro. Consulcesi sottolinea che secondo un’indagine condotta in 12 Paesi dall’European General Practice Research Network, i camici bianchi italiani hanno un livello di stress quasi doppio (43%) rispetto alla media europea (22%). E per questo lancia sulla sua pagina Facebook la campagna #BurnoutInCorsia, con l’obiettivo di condividere e approfondire le esperienze che portano alla sindrome da burnout tra gli operatori sanitari.

E c’è di più: come evidenzia uno studio condotto dalla dottoressa Cannavò sulla totalità degli operatori sanitari, sia del Dea sia del reparto Psichiatrico di diagnosi e cura del Policlinico Umberto I, ha messo in evidenza che addirittura il 93% dei dipendenti ha riferito stress legato a frequenti episodi di violenza. Ma il dato ancora più allarmante è che se lo stress si cronicizza i medici e gli operatori sanitari, in mancanza di centri dedicati alla prevenzione e alla gestione delle conseguenze della violenza sugli operatori sanitari, si tutelano come possono, addirittura autosomministrandosi benzodiazepine e antidepressivi senza controllo specialistico psichiatrico, con tutte le ricadute personali e lavorative del caso non solo sul singolo lavoratore stressato, ma sulla qualità delle cure rivolte ai cittadini, sull’immagine dell’azienda e del Ssn.

Negli Stati Uniti le cose non vanno meglio. Il Report 2019realizzato dal portale scientifico Medscape National Physician Burnout, Depression & Suicide, riferisce che il 50% degli operatori sanitari intervistati ha affermato che il burnout influisce sulla cura dei pazienti. I dati si riferiscono a un campione di 15.069 medici di 29 specialità diverse, ascoltati tra fine luglio e metà ottobre 2018: il 44% degli intervistati ha avuto a che fare con i sintomi del ‘burnout’, percentuale in aumento rispetto al dato della precedente analisi (42%). Il 53% ha confessato che questo stato “ha influito sull’assistenza del paziente“, il 26% ha dichiarato “di essere meno motivato” e il 14% “ha detto di aver commesso errori che non avrebbe fatto se non fosse stato così stanco”.

I medici imglesi non se la passano meglio: uno studio pubblicato su BMJ, condotto dall’University College London and Birkbeck e dall’University of London, rivela che i camici bianchi britannici troppo sotto pressione sono anche a rischio ‘binge’, sia per quanto riguarda il cibo che l’alcol. La ricerca, condotta su 400 medici, ha rivelato che un medico su tre (il 34%) di quelli intervistati ammette di aver fatto abuso di sostanze (droghe, cibo o alcol) per sentirsi meglio e il 22% afferma di essere riuscitoa superare un momento di grande stress ricorrendo a tali espedienti.

Un medico su 10 di quelli coinvolti nell’indagine ha riferito di soffrire di problemidel sonno (l’11% soffre di insonnia). Il 61% degli intervistati non riesce a non pensare al lavoro al momento di andare a dormire e il 35% riferisce di aver notato che i problemi del sonno hanno delle ripercussioni sul loro funzionamento durante il giorno.

Il 44% dei medici intervistati è risultato in terapia con qualche farmaco; nel 35% dei casi si tratta di OTC; solo il 3% era in terapia con oppiodi e il 2% con benzodiazepine. “Questo significa – fanno notare gli autori – che la percentuale di medici con disturbi d’ansia (il 14,7% del campione intervistato) è decisamente inferiore a quella dei medici che assumono un trattamento per queste patologie. La sottodiagnosi e il conseguente sotto-trattamento di questi disturbi, aumenta di oltre sei volte il rischio di abuso di alcol (OR 6.2), di binge drinking (OR 6.4), raddoppia il rischio di consumare importanti quantità di bevande alcoliche (OR 2.6) e aumenta si quasi 19 volte il rischio di ricorrere frequente all’alcol. Stress sul lavoro e burnout aumentano del 30% anche il rischio di abboffarsi di cibo, per poi auto-colpevolizzarsi (il rischio aumenta dell’80%) dopo averlo fatto.

Dall’indagine emerge che i medici, rispetto alla popolazione generale, rappresentano comunque una categoria ad aumentato rischio di morbilità psichiatrica, (32,7% contro 19%), di burnout (55,3% contro 24,8%), di disturbi fisici, come il mal di schiena. “I risultati di questo studio – concludono gli autori – dimostrano che lo stress lavorativo aumenta nei medici il rischio di abuso di sostanze, di disturbi del sonno, di binge-eating e di acciacchi fisici. E’ necessario – proseguono gli autori che non solo mentori, supervisori e colleghi ma anche servizi di supporto di salute occupazionale riconoscano i sintomi di questo disagio, focalizzandosi sulla diagnosi precoce e sui campanelli d’allarme, per mettere in atto misure di prevenzione.”

Studi condotti in precedenza avevano evidenziato che i medici in burnout hanno un rischio doppio di rimanere coinvolti in incidenti di safety ai danni del paziente, di offrire cure sotto-standard e di riscuotere un basso indice di gradimento da parte dei pazienti.i

CHE FARE QUANDO UN LAVORATORE È UBRIACO

Del dott D.Spinoso Da medicitalia

Un Lavoratore che si presenti al lavoro visibilmente ubriaco ovvero in evidente stato di ebbrezza non può, meglio, non deve essere adibito al lavoro ed il datore di lavoro deve sospenderlo temporaneamente. Questo indipendentemente dal tipo di mansione svolta dal lavoratore.

Più volte la giurisprudenza italiana ha affermato che se un lavoratore è visibilmente ubriaco può essere pericoloso, per sè e per gli altri, e pertanto il datore di lavoro o chi per lui (per esempio il capo reparto durante i turni di notte) devono allontanarlo o sospenderlo dall’attività fino a che non sia sobrio e quindi affidabile: nell’art. 18, comma 1, lett. C del D.Lgs 81/2008 (il Testo Unico della sicurezza sul lavoro) il legislatore precisa che “il datore di lavoro e i dirigenti devono, nell’affidare i compiti ai lavoratori, tenere conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e sicurezza“; per lo stesso principio si deve impedire ad un lavoratore ubriaco di iniziare a lavorare e, se questi sta già lavorando, sospenderlo, potendo, in tal caso, adottare le norme disciplinari dell’azienda.

Se questi episodi si ripetono, il datore di lavoro può procedere al licenziamento per giusta causa (ovviamente nel rispetto delle procedure dell’art. 18 L. 300/70, ossia contestazione, risposta del lavoratore, valutazione della risposta). La Corte di Cassazione (sentenza 19361/2010 della sezione lavoro) si è espressa in questo senso concludendo che “rientra nella giusta causa il licenziamento di un lavoratore sorpreso a svolgere le sue mansioni in stato di ubriachezza

.

Il fatto che il datore di lavoro non abbia un dato alcolimetrico oggettivo che attesti lo stato di ubriachezza non deve farlo recedere dal prendere provvedimenti disciplinari se lo stato del dipendente è palesemente alterato e lo stesso presenta segni esteriori inequivocabili. In tal senso si è già espressa la Corte di Cassazione (es. sentenza n. 1299/1996).

A tal proposito è bene ricordare la differenza tra ebrezza e ubriachezza:

L’ebbrezza non produce necessariamente palesi manifestazioni esteriori dell’alterazione dello stato del soggetto, il quale può quindi essere in grado di mascherare le proprie condizioni. In questo caso la contestazione disciplinare può non trovare un suo fondamento ma la sospensione temporanea dal lavoro è certamente opportuna per garantire la sicurezza del lavoratore, dei colleghi e degli impianti.

L’ubriachezza è la temporanea alterazione mentale conseguente ad intossicazione per abuso di alcol e che si manifesta con il difetto della capacità di coscienza, spesso in forma molesta.

Per aversi l’ubriachezza manifesta, il comportamento del lavoratore deve quindi denunciare inequivocabilmente l’ubriachezza in modo da essere percepita da chiunque, con sintomi del tipo: alito fortemente alcolico, andatura barcollante, pronuncia incerta o balbettante.

In caso quindi di ubriachezza manifesta non serve la misurazione del tasso alcolemico indiretto sull’aria espirata o nel sangue e non servono perizie o l’accertamento della polizia, poiché sono sufficienti le univoche testimonianze dei privati cittadini, nel nostro caso per esempio i colleghi di lavoro (proprio perché si punisce la manifestazione, così come percepita da tutti).

Nel caso il dipendente si trovi in condizioni fisiche particolarmente alterate per lo stato di coscienza e per il fisico (non risponde, ha il respiro difficoltoso, vomita, ecc. ecc.) il Datore di lavoro allerterà la squadra di primo soccorso aziendale e quindi il servizio di pronto soccorso esterno (118).

Nel caso in cui il dipendente dia segni più o meno gravi di escandescenza o di molestia verrà allertato il servizio di polizia del territorio (112 o 113).

Ricordo infine che per alcune categorie di lavoratori che “svolgono attività lavorative che comportano un elevato rischio di infortuni sul lavoro ovvero per la sicurezza, l’incolumità o la salute dei terzi” (descritte nell’allegato all’ Intesa Conferenza Stato Regioni, 16 marzo 2006) vi è l’assoluto divieto di assumere bevande alcoliche durante il lavoro ed è prevista la possibilità di controlli alcolimetrici, anche a sorpresa, da parte del Medico Competente o del SPISAL del territorio.

SALUTE OSTEOARTICOLARE SIN DA GIOVANI

Da osha.eu

L’EU-OSHA, in collaborazione con ENETOSH  (la rete europea per la formazione iniziale e continua nell’ambito della salute e sicurezza sul luogo di lavoro), ha organizzato un seminario sul tema dei disturbi muscolo-scheletrici tra giovani e lavoratori di giovane età. Il seminario, organizzato nel quadro di un progetto di sintesi sulla salute e sicurezza sul lavoro in relazione ai disturbi muscolo-scheletrici, rientra anche nell’ottica della prossima campagna Ambienti di lavoro sani e sicuri «Alleggeriamo il carico!», che inizierà a ottobre 2020.

L’evento è servito a sensibilizzare in merito alla necessità di promuovere la buona salute dell’apparato muscoloscheletrico sin dalla giovane età. Sotto la guida di esperti, i partecipanti si sono confrontati scambiando idee in gruppi ristretti e toccando quattro diversi aspetti: ricerca, politiche (SSL – ergonomia), pratiche (integrazione della SSL nel sistema educativo) e comunicazione (percezione del proprio corpo).

Leggi le relazioni sulle principali conclusioni di ciascun gruppo di discussione

Maggiori informazioni sulla prevenzione dei disturbi muscolo-scheletrici

Leggi la guida pratica per le piccole imprese su rischi psicosociali, stress e disturbi muscolo-scheletrici

 

SAFETY EXPO A BERGAMO IL 18/19 SETTEMBRE 2019

Nel nostro paese, la sicurezza sul lavoro ha bisogno di essere ottimizzata. Della stessa accortezza ha bisogno la formazione alla sicurezza, perché sia in grado di offrire agli operatori così come ai consulenti, i formatori e infine alle aziende, strumenti formativi innovativi ed efficaci.


Proprio per coinvolgere i lavoratori ed incidere su quelli che saranno i loro comportamenti sul lavoro, AiFOS, Associazione Italiana Formatori ed Operatori della Sicurezza sul Lavoro prenderà parte a Safety Expo 2019.
La manifestazione che si terrà il 18 e 19 settembre a Bergamo è infatti un evento fondamentale per chi si occupa di sicurezza e prevenzione. Il luogo ideale per arricchire il proprio bagaglio di strumenti utili a migliorare la prevenzione di infortuni e malattie professionali. Un evento che raccoglierà a Bergamo Fiera oltre 100 diversi appuntamenti tra convegni e corsi pratici e in aula.

 

I corsi proposti da AiFOS nelle due giornate di Safety Expo 2019

Sei, sono, nello specifico i corsi proposti da AiFOS per le due giornate e validi come 2 crediti di aggiornamento per ASPP e RSPP, RLS, Formatori Area3, CSP/CSE.


Un primo evento sarà dedicato al Public Speaking, inteso come mezzo per mantenere viva l’attenzione di chi ascolta e interagisce. Utile a gestire e trasformare lo stress in uno strumento per animare e mantenere conversazioni personali e professionali con clienti, fornitori ecc.
Il corso si svolgerà il 18 settembre dalle 9.15 alle 11.15.
Il secondo appuntamento riguarderà invece lo Stress da Lavoro Correlato. Il workshop centrato sul benessere dei lavoratori, punta sulla salute degli individui quale chiave per una maggiore produttività aziendale e rendimento organizzativo. Durante l’incontro verranno proposti esercizi pratici utili per una buona gestione dello stress. L’appuntamento si terrà fra le 11.30 e le 13.30 di mercoledì 18 settembre.
Dal Conflitto al Consenso sarà invece il tema dell’appuntamento che nel pomeriggio del 18 settembre, dalle 14.30 alle 16.30 vedrà protagonista la mediazione interpersonale. Intendere il conflitto uno spazio di incontro, in cui attivare le competenze legate alle negoziazione e comunicazione, sarà uno dei principali temi del dibattito. Un incontro che svelerà i segreti dell’arte della convivenza e della gestione del conflitto in maniera proattiva.

I corsi e workshop AiFOS del 19 settembre

AiFOS aprirà invece la giornata del 19 settembre con il tema dedicato alla gestione dei cosiddetti “partecipanti difficili”. Si parlerà, dalle 9.15 alle 11.15 dei processi comunicativi e delle relazioni utili per far fronte ai “contro-dipendenti”. In aula verrà posto l’accento sulle tecniche utili a rendere la formazione un momento da cui trarre massimo beneficio. Anche per elementi che generalmente si opporrebbero alla formazione stessa.


Dalle 11.30 alle 13.30 il workshop dedicato allo stato dell’arte nella progettazione e gestione delle manifestazioni all’aperto, metterà in luce fatti di cronaca ed esperienze AiFOS per focalizzarsi sulle tecniche operative della sicurezza nella gestione degli eventi.
Mentre nel pomeriggio, dalle 14.30 alle 16.30, mimica, prossemica e comunicazione verbale e non verbale saranno al centro del dibattito dedicato alle informazioni sociali emotive e intenzionali. Un’analisi che porterà a comprendere e interpretare in maniera corretta i tentativi di comunicazione e di conversazione.

Altri importanti appuntamenti ed eventi si terranno all’interno della Safety Expo 2019, tra cui il convegno dedicato ai professionisti della salute e della sicurezza, teso ad evidenziare nuovi orizzonti e opportunità.

  1. da blog.tuttocarrelli

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INNOVAZIONE IN CARDIOLOGIA E MEDICINA DEL LAVORO

Si tratta quindi di  una sofisticata evoluzione della tecnologia informatica applicata alla cardiologia . L’innovazione continua permetterà di monitorare in maniera sempre più diffusa e precisa pazienti con patologie cardiologiche. Questa strumentazione è inoltre potenzialmente utile per un utilizzo nell ambito delle attività di prevenzione nella medicina del lavoro è come sofisticato strumento nella gestione delle emergenze anche in specifici luoghi di lavoro ( grandi imprese, cantieri complessi, centri commerciali, stazioni aeroporti )