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ALLO STUDIO IN UK I VACCINI COVID DI NUOVA GENERAZIONE

Il team che ha lavorato al prodotto Oxford/Astrazeneca starebbe già studiando la messa a punto di un antidoto contro il coronavirus di più facile utilizzo rispetto a quello di Pfizer e degli altri che vengono somministrati con un’iniezione. “Ma ci vorrà tempo”, avvertono i ricercatori

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Il team che ha lavorato al prodotto Oxford/Astrazeneca starebbe già studiando la messa a punto di un antidoto contro il coronavirus di più facile utilizzo rispetto a quello di Pfizer e degli altri che vengono somministrati con un’iniezione. “Ma ci vorrà tempo”, avvertono i ricercatori.

I vaccini di seconda generazione contro il Covid potrebbero essere diversi da quelli attuali, e non solo perché potrebbero aver subito “aggiustamenti” per meglio contrastare le varianti più minacciose.  Via fiale e siringhe, potrebbero essere somministrati con spray nasali o pillole. A questa prospettiva starebbe già pensando il team di Oxford che ha lavorato sull’antidodo di Astrazeneca e che sta anche svolgendo sperimentazioni sul mix di vaccini diversi. Nelle scorse settimane, l’ex numero uno della task force britannica per i vaccini, Kate Bingham, aveva detto, in un’audizione davanti alla “Commons Science and Technology Commitee”, che andavano esplorate altre strade per rendere la somministrazione del vaccino più facile in futuro. Ovviamente qualsiasi novità, ha bisogno di tempo per svilupparsi.

La ricerca di vaccini più facilmente gestibili

“Abbiamo vaccini antifluenzali che possono essere somministrati  con spray nasali e questo potrebbe essere l’approccio giusto per tutti i vaccini contro i diversi coronavirus”, ha spiegato Sarah Gilbert, a capo del team dei ricercatori  di Oxford, ai deputati della Commissione.

Come evidenziato già da Bingham a più riprese negli ultimi mesi, la doppia somministrazione, e soprattutto l’attuale conservazione del prodotto di Pfizer a temperature poibitive, rende la campagna vaccinale inevitabilmente complessa e difficile. In questo senso, già il via libera a Johnson&Johnson, antidoto  monodose, atteso a breve, contribuirà a facilitare non poco la situazione nel Regno Unito.

Verso una nuova normalità

Nelle ultime settimane, il ritmo di crescita delle dosi somministrate ha subito un rallentamento anche in Inghilterra, per quanto il Paese abbia ormai superato i 18 milioni di vaccinati con la prima dose e da fonti governative venga  smentito il rischio che la seconda dose possa essere ulteriormente procrastinata rispetto alle 12 settimane. Il fatto è che qui, come annunciato dal premier Boris Johnson, si sta avvicinando il momento della “cauta ma irriversibile” uscita dal lockdown. Sarebbe comunque sbagliato affidarsi completamente solo ai vaccini. L’osservanza di altre misure, a partire dal distanziamento sociale, è importante che venga seguita il più possibile, per non vanificare gli sforzi fin qui fatti e per rispettare le oltre 120mila morti da Covid registrate finora nel Regno Unito. Intanto proseguono anche gli studi per cercare di comprendere meglio i meccanismi di trasmissione del virus.  Delle ultime settimane la notizia che  è partita la sperimentazione su giovani adulti perfettamente sani infettati col virus in ambiente protetto.

MEDICO COMPETENTE JOURNAL – ARCHIVIO 2020

La società Anma da molti anni promuove importanti incontri scientifici sulla medicina del lavoro e sulla professione di medico competente anche attraverso consigli operativi pratici . la rivista Medico Competente Journal è un valido strumento di aggiornamento professionale

Segnalo particolarmente nel n4/2020 la circolare del ministero della salute sulla gestione del primo soccorso in tempi di epidemia Covid

Il primo soccorso al lavoro durante la pandemia da COVID-19

La pandemia ha reso necessario di cambiare anche il modo di fare il Primo Soccorso nei luoghi di lavoro, un’attività che deve ora sempre svolgersi nel rispetto delle necessarie misure di sicurezza anticontagio.

Le società scientifiche internazionali (Ilcor, ERC, American Heart Association) hanno prodotto specifiche linee guida su come organizzare il Primo Soccorso nella pandemia, ed anche il nostro Ministero della Salute ha dato indicazioni in proposito con la Circolare n. 21859 datata 23 giugno 2020.

Noi abbiamo voluto contribuire, predisponendo questo breve materiale informativo illustrato, realizzato con la collaborazione dell’Ente Bilaterale del Turismo e dell’Ente Bilaterale del settore Terziario della Provincia di Venezia.

File Allegati:

Archivio notiziari anno 2020

zoom

N. 4 – 2020

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N. 2_3 – 2020

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N. 1 – 2020

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FFP2 SI… MA TAROCCHE

Da huffpost.it

Non tutte le mascherine Ffp2 in commercio funzionano come dovrebbero. Lo sostiene sul Corriere della Sera una società internazionale di import-export dell’Alto Adige, che ha commissionato una serie di test sui dispositivi di protezione individuale importati dall’Asia.

La verifica è stata effettuata su circa una ventina di modelli certificati con il marchio CE2163, codice rilasciato dalla Universalcert, un laboratorio di Istanbul, in Turchia.

Secondi i dati riportati dall’azienda, la maggior parte delle mascherine non avrebbe superato la prova del cloruro di sodio e dell’olio paraffina, per verificarne la capacità di filtraggio, mentre alcune non sono state nemmeno in grado di contenere il respiro.

I due legali rappresentanti della società altoatesina sottolineano che dall’inizio della pandemia sono stati sempre di più i clienti che hanno richiesto di importare mascherine dall’Asia, prodotti che però non sempre forniscono le garanzie richieste:

“Il punto è che la maggior parte del materiale in commercio non corrisponde alle certificazioni“.

Ancora sulle pagine del Corriere, Pierangelo Clerici, presidente dell’Associazione Microbiologi Clinici italiani, spiega il percorso che deve essere fatto dai prodotti sanitari per poter essere immessi sul mercato europeo, sottolineando che “purtroppo non esiste un percorso di controllo a livello centrale” e che invece sarebbero opportuni enti di certificazione per le mascherine come l’Ema in Europa e all’Aifa in Italia per vaccini e farmaci.

“L’epidemia ha mostrato tutti i limiti del marchio CE. Sarebbe opportuno che il marchio CE non fosse solo l’acquisizione di un’autocertificazione, ma fosse una valutazione reale a monte di quanto dichiarato dalle aziende”.

7 VACCINI COVID A CONFRONTO

Da ilcorriere.it

Pfizer-BioNTech

L’azienda anglo-svedese ha battuto tutti, conquistando il mercato europeo già alla fine del 2020. È quello più utilizzato attualmente in Italia, destinato in via prioritaria agli operatori sanitari di ospedali e residenze sanitarie per anziani e agli ultra 80enni. È il primo vaccino al mondo ad essere stato realizzato con una tecnica completamente innovativaquella dell’Rna messaggero. Il codice genetico correlato alla produzione della proteina Spike, che serve al virus Sars-CoV-2 per agganciarsi alla cellula umana, viene fatto penetrare all’interno della stessa cellula «a bordo» di un involucro che una volta compiuta la sua missione viene eliminato. In questo modo il sistema immunitario riceve le informazioni per intercettare il virus che contagia l’individuo e neutralizzarlo. Somministrato con due dosi intervallate da tre settimane, ha un’efficacia di oltre il 90%. Conservazione a -70 gradi. Indicazioni, dai 16 anni.

Moderna

È arrivato a inizio gennaio, basato sulla stessa tecnologia di Pfizer-BioNTech. Ha un’efficacia del 95%, significa che in 95 individui su 100 è capace di evitare la malattia o i sintomi gravi. L’Italia ne sta ricevendo quantitativi ridotti in quanto la maggior parte delle dosi sono state destinate agli Stati Uniti, dove Moderna ha sede e stabilimenti. Il vaccino è registrato sopra i 18 anni di età. Modalità di somministrazione, 2 dosi intervallate da 4 settimane. Conservazione a -20 gradi.

AstraZeneca

Doveva essere la prima azienda mondiale a tagliare il traguardo con il suo anti-Covid, ma una serie di imprevisti ne hanno ritardato l’arrivo a fine gennaio, dopo i due precedenti. Il preparato, messo a punto dallo Jenner Institute di Oxford e dall’Irbm di Pomezia è basato sul vettore virale, cioè utilizza un virus (dello scimpanzé), innocuo per l’uomo, che funge da navicella per trasportare nelle cellule umane il codice genetico delle proteine del virus contro le quali si vuole innescare la produzione di anticorpi. L’obiettivo è la proteina Spike. L’efficacia è del 62%, ma col passare dei giorni dopo la prima dose aumenta fino a raggiungere l’80% entro la 12ma settimana, quando viene somministrato il richiamo. L’Italia ha posto il limite dei 65 anni (l’Ema invece non ha indicato soglie) in quanto le prove di efficacia sono più solide in questa fascia di popolazione. Si conserva a 2-8 gradi ed è quindi molto più maneggevole.

Janssen

Autorizzato negli Usa la scorsa settimana, ad aprile potrebbe arrivare in Italia. Prodotto da Janssen, farmaceutica di Johnson&Johnson, è l’unico anti-Covid monodose, quindi non ha bisogno di richiamoSi conserva in frigorifero tra 2-8 gradi, efficacia 72-86%. L’inoculo viene trasportato nell’organismo da un adenovirus reso innocuo.

CureVac

L’azienda tedesca è in partnership con Bayer. È un vaccino a Rna messaggero, come Moderna e Pfizer-BioNTech. In Ema è appena cominciato l’iter per l’autorizzazione provvisoria che secondo l’amministratore delegato di CureVac è attesa tra la fine di maggio e giugno. Non sono disponibili informazioni ufficiali sull’efficacia.

Novavax

È un po’ più indietro. Solo adesso è partita la fase tre, la conclusiva, della sperimentazione in Usa e Messico. Il preparato è basato su proteine che si trovano sulla superficie del virus.

Sputnik

È disegnato in modo «originale»: le due dosi, 21 giorni tra la prima e il richiamo, vengono veicolate da due diversi adenovirus che trasportano la proteina Spike. Il meccanismo di funzionamento è tipico dei vaccini vettoriali: indurre la protezione di Spike nelle cellule dell’ospite per stimolare la risposta immunitaria. Efficacia 91,6%, viene prodotto con formulazione congelata (-18 gradi) e liofilizzata (2-8 gradi). Approvato solo dalle autorità regolatorie russe, contatti preliminari con Ema

GIORNATA MONDIALE UDITO

Il 3 Marzo si celebra la Giornata Mondiale dell’udito e dell’orecchio, istituita nel 2007 in occasione della Conferenza Internazionale sulla prevenzione e la riabilitazione del deficit uditivo a Pechino. La Giornata mira a sensibilizzare e promuovere l’assistenza uditiva e uditiva in tutto il mondo.

Piu’ di 360 milioni di persone nel mondo soffrono di disabilita’ uditive e perdita di udito. Una persona su tre con più di 65 anni d’età, per un totale di 165 milioni nel mondo, vive con una perdita dell’udito. E anche se vi sono strumenti e protesi per farvi fronte, non ne sono prodotte a sufficienza. Oltre agli anziani, vi sono anche 32 milioni di bambini sotto i 15 anni colpiti da perdita dell’udito e la causa principale sono infezioni dell’orecchio, soprattutto nei paesi a basso e medio reddito. La maggior prevalenza di disabilita’ uditive si ha nell’Asia meridionale e del Pacifico, e nell’Africa sub-Sahariana.

Il tema di quest’anno è “Hear The Future” (Ascolta il futuro) e attirerà l’attenzione sul previsto aumento del numero di persone con problemi di udito in tutto il mondo nei prossimi decenni. Si concentrerà sulle strategie preventive per arginare l’aumento e delineare le fasi per garantire l’accesso ai servizi di riabilitazione necessari e agli strumenti e ai prodotti di comunicazione per le persone con problemi di udito.

Sul sito ufficiale della Hearing Day è possibile registrare il proprio evento

VACCINO PFIZER NEL FRIZER DI CASA.

Leggiamo dalle agenzie ANSA la notizia che é stato approvato il trasporto del vaccino Pfizer alle “temperature convenzionali” tipiche dei congelatori farmaceutici. Questo dovrebbe permettere nel futuro di vaccinare ancora più facilmente.

In precedenza era stata raccomandata la conservazione a temperature ultra-fredde comprese tra -80 e -60 gradi Celsius

Ecco il testo da Ansa:

La Food and Drug Administration ha approvato la conservazione e il trasporto del vaccino Pfizer contro il Covid-19 alle normali temperature del frigorifero sino a due settimane, anzichè a temperature ultra fredde. (ANSA).

UNA APP RICONOSCE LA GRAVITÀ DELLE CADUTE A TERRA

FallCall Detect, é una tecnologia nata per rilevare la gravità delle cadute mediante una analisi combinata dei dati mediante intelligenza artificiale. Nata come un supporto alla gestione delle cadute degli anziani può rappresentare un ulteriore evoluzione dei sistemi di rilevamento del lavoro in solitario.

Da 001health.it

FallCall Solutions rilascerà FallCall Detect, tecnologia brevettata che combina il rilevamento intelligente delle cadute con un sistema completo di risposta alle emergenze personali (PERS).

Non tutte le cadute richiedono l’intervento di un medico, eppure i sistemi standard di rilevamento delle cadute spesso fanno scattare l’allarme di emergenza ogni volta che viene rilevata una caduta.

La tecnologia di FallCall Detect distingue tra le cadute con maggiore forza che hanno maggiori probabilità di causare lesioni e le cadute che avvengono da seduti.

Se viene rilevata una caduta ad alto impatto, il servizio di monitoraggio medico di FallCall viene automaticamente contattato e, se necessario, invierà i servizi di emergenza. Se viene rilevata una caduta a basso impatto, viene contattata solo la comunità di supporto predesignata dall’utente.

Un’app per Apple Watch

Disponibile come applicazione per Apple Watch, FallCall Detect permette agli anziani una maggiore libertà e la sicurezza di vivere uno stile di vita indipendente e attivo, sapendo che riceveranno un aiuto immediato in caso di caduta. Possono anche stare tranquilli sapendo che le possibilità di attivare inutili attivazioni di servizi di emergenza sono ridotte.

Secondo il Consiglio nazionale sull’invecchiamento, le cadute sono la principale causa di mortalità per gli anziani, con un morto per caduta ogni 19 minuti. FallCall Solutions, che è stata fondata da medici specializzati in traumatologia che hanno curato migliaia di vittime di cadute, ha l’obiettivo di ridurre radicalmente questo numero. L’azienda mira a sfruttare la crescente adozione della tecnologia intelligente da parte degli anziani per incoraggiare un maggiore utilizzo dei servizi di allerta medica.

Diversi anziani che ho curato per le cadute possedevano un dispositivo di allarme medico ma non lo hanno utilizzato. Hanno detto che era troppo ingombrante, stigmatizzante o scomodo, e hanno sperimentato falsi allarmi imbarazzanti – dice il co-fondatore di FallCall Solutions, il dottor Shea Gregg –. Offrendo una tecnologia semplice, sicura e intelligente combinata con le funzionalità PERS su un Apple Watch, crediamo che avremo un’adozione molto maggiore, un uso quotidiano e un trattamento più precoce delle lesioni da caduta“.

FallCall Detect si connette all’applicazione di assistenza per le emergenze della piattaforma FallCall Solution che fornisce una comunità di supporto agli utenti con avvisi per le cadute, indicando la posizione e la frequenza cardiaca. Offre anche indicazioni sugli aggiornamenti della batteria e si abbina al servizio di monitoraggio medico di FallCall a prezzi accessibili. Una volta attivato, gli utenti ricevono il rilevamento non invasivo e on-demand delle cadute con l’attivazione e la disattivazione della risposta di emergenza a un tocco, oltre alla possibilità di utilizzare comandi vocali su Apple Watch e iPhone.

Il rilevamento intelligente differenziato delle cadute è solo l’inizio per FallCall Solutions –afferma il Dr. Gregg –. Nel prossimo futuro arriveranno sulla nostra piattaforma  il rilevamento personalizzato delle cadute basato sull’IA, l’apprendimento del movimento delle cadute nel cloud e la previsione del rischio di cadute notturne“.

Gli attuali utenti di FallCall Lite e coloro che si iscrivono su smartfalldetection.com riceveranno un invito esclusivo per scaricare la versione beta di FallCall Detect e installarla sul loro Apple Watch.

URBAN SUN :UV CONTRO IL COVID

In Olanda la «sfera magica» che elimina il Covid dai luoghi pubblici

Si chiama Urban Sun ed è un’installazione che emette raggi UV da 222nm, innocui per l’uomo ma micidiali per il coronavirus. Restituendoci vie e piazze

di Enrico Marro

Illustrazione Maria  Limongelli/ Il Sole 24 Ore
Illustrazione Maria Limongelli/ Il Sole 24 Ore

Le torri che mangiano lo smog, l’aquilone che produce energia green, la pista ciclabile luminosa che si ricarica con il sole. E ancora: il ponte sulla diga che si accende con i fari delle auto, oppure il tracciamento di ottomila tonnellate di rifiuti spaziali progettato assieme all’Ente spaziale europeo e alla Nasa. Non è facile trovare una definizione per Daan Roosegaarde. Pluripremiato architetto, designer, scienziato e artista, il “Leonardo olandese” da ilsole24ore.

Si tratta di un’installazione sospesa che emana raggi ultravioletti Uvc ricalibrati secondo le linee guide della Commissione internazionale per la protezione dalle radiazioni non ionizzanti. In questo modo non causa danni a occhi e pelle, ma è in grado di debellare i virus, tra cui anche il Covid19. Si tratterebbe quindi di una rivoluzione.

Ma come dice lo stesso Daan Roosegaarde:

“L’installazione luminosa dovrebbe essere una difesa ulteriore contro la diffusione di virus durante eventi, nelle scuole, nei musei, nelle stazioni ferroviarie, in tutti gli spazi pubblici.

Non posso ancora dire se l’utilizzo di Urban Sun permetterà effettivamente alle persone di ri-abbracciarsi. Questo dipenderà dalle disposizioni dei governi. Non vuole certamente essere un’alternativa ai vaccini o alle mascherine, ma una delle misure contro il Covid-19. Sicuramente può rendere uno spazio più pulito e privo di virus. La Boeing, per esempio, utilizzerà questa tecnologia negli aeromobili”.

L’idea, come spiega il designer, è nata nel 2018, in tempi non ancora sospetti:

“Lessi sulla rivista Nature che le radiazioni ultraviolette a onda corta (Uvc) fossero un disinfettante efficace in grado di neutralizzare virus e batteri. Ma è risaputo che le lampade Uvc comunemente disponibili possono essere cancerogene e dannose per la pelle e gli occhi. Così ho creato un team insieme alla Columbia University (Radiogical research medical center) composto da designer, tecnici, scienziati ed esperti di virus per approfondire il tema e fare ricerche sull’applicazione di questa luce che già si usa da tempo nelle sale operatorie, ma, appunto, può provocare scottature ed è cancerogena.

La “ricetta” raggiante che abbiamo applicato al progetto Urban Sun è proprio l’utilizzo di “nuovi” Uvc 222 nm, ovvero che arrivano da una distanza non pericolosa, nel pieno rispetto delle linee guida dell’Icrnirp.

Gli scienziati hanno dimostrato che questi Uvc riveduti e alleggeriti con lunghezze d’onda inferiori non possono penetrare nella pelle umana o negli occhi ma possono uccidere i virus”.

Urban Sun
URBAN SUN, IL PROTOTIPO ANTI VIRUS DI DAAN ROOSEGAARDE

DAAN ROOSEGAARDE PROGETTI – GROW:

Tra gli altri progetti di Daan Roosegaarde indichiamo:  la torre che mangia lo smog, la pista ciclabile luminosa che si carica con il sole, l’aquilone che produce energia pulita e Grow. Quest’ultimo è un sistema più sostenibile di produrre cibo che migliorerà passo dopo passo.

DAAN ROOSEGAARDE IN ITALIA – LIQUID LANDSCAPE: 

E’ gia in lista la realizzazione di un progetto nel nostro paese. Si tratta di Liquid Landscape in Trentino Alto Adige e verrà realizzato nel contesto magnifico di Arte Sella, in Valsugana.

“Un percorso di scambio circolare, un processo creativo in cui l’opera di ogni artista prende forma giorno per giorno sul luogo, cogliendo dalla natura stessa materiali e ispirazioni. Nella grande maggioranza dei casi, infatti, le opere sono ottenute attraverso l’uso esclusivo di materiali naturali come foglie, rami, legno, sassi e così via. Liquid Landscape, come si intuisce dal nome, sarà composto dall’acqua e altri elementi naturali come l’erba e la terra, ma di più non posso svelare”.

CHI È DAAN ROOSEGAARDE? 

Daan ha fondato il suo studio nel 2007.  E’ un’artista, architetto, designer, inventore, ma come afferma lui stesso non ama definirsi architetto perché nonostante sia sempre proiettato verso il futuro, considera la tecnologia “solo uno strumento per fare emergere la poesia” con acqua, energia e aria puliti come valori del futuro.

Inoltre, secondo Forbes e Wired il nome Roosegaarde è tra quelli degli innovatori del nostro tempo. E’ infatti uno dei leader globali del World Economic Forum nonché membro del Nasa Innovation team.

Urban Sun
URBAN SUN IL PROTOTIPO ANTI VIRUS DI DAAN ROOSEGAARDE

Da https://www.mam-e.it/design/urban-sun-prototipo-anti-virus-roosegaarde-debellera-il-covid/

U MASK DA VIP AD INDAGATA

Da wired.it

Grande innovazione scientifica, comunicazione commerciale ingannevole o semplice versione di lusso della più standard delle mascherine? Sulle ormai celebri U-Mask, e in particolare sul cosiddetto Model 2 prodotto dalla londinese U-Earth Biotech (che ha una filiale anche a Milano), la situazione appare piuttosto confusa, tra inchieste giornalistiche, verifiche indipendenti, dichiarazioni dell’azienda ed esternazioni della concorrenza. L’ultimo punto fermo, almeno in ordine cronologico, è quello messo nero su bianco sabato 20 febbraio dal nostro ministero della Salute, che ne ha disposto il ritiro dal commercio e il divieto di vendita. Al momento, quindi, le U-Mask non si possono più acquistare in Italia. Ma partiamo dall’inizio.

Una mascherina biotecnologica?

Sul sito dell’azienda è scritto a caratteri cubitali: U-Mask Model 2 sarebbe “la prima mascherina biotech” sul mercato. Da quanto è stato pubblicamente dichiarato online, la mascherina consisterebbe nella sovrapposizione di ben 5 strati diversi: uno esterno in nylon riciclato, poi due strati in tessuto non tessuto disposti a sandwich con nel mezzo un sistema di “nanofiltrazione” e infine un “bio-layer”, che costituirebbe il cuore biotecnologico dell’innovazione. In pratica, si legge, lo strato biotech sarebbe “auto-sanificante”, grazie a una tecnologia “naturale e atossica” basata su “una molecola in grado di inibire la crescita di batteri e microbi”, un “principio attivo naturale” capace di “ridurre la carica batterica ed efficace contro i batteri Gram positivi e Gram negativi”, tanto da “distruggerli al suo interno”.

(immagine: U-Mask)

Va detto, però, che di tutte queste affermazioni manca una validazione scientifica. Non esiste alcuna pubblicazione (con o senza peer review) a cui fare riferimento, si parla di un “brevetto richiesto” (pending patent) e tutto quello che si può vedere dal sito sono alcune immagini al microscopio, animazioni evocative e fotografie comparative di colture batteriche dentro a delle piastre di Petri. C’è un riferimento ai test di filtraggio – su cui torniamo più sotto – ma nulla che dimostri o certifichi le capacità biotech raccontate. Prendendo in prestito le parole usate da Altroconsumo“giocando su immagini e parole mutuate dalla scienza, dà la sensazione a molti consumatori che la U-Mask abbia delle qualità speciali”.

Anche tralasciando il dettaglio che la comunicazione è centrata sui batteri e non sui virus, sulla solidità scientifica di tutte le affermazioni non si può che sospendere il giudizio. D’altronde, oltre ai paper mancano anche le documentazioni dei brevetti, non è noto di quale molecola attiva “naturale e atossica” si stia parlando, né quale sia la miscela polimerica che contiene il principio attivo, né sono fornite quantificazioni (nemmeno da parte dell’azienda stessa) di quanto sia efficace questo effetto distruttivo sui batteri. Insomma, c’è un grossissimo punto interrogativo.

La spinosa questione delle autorizzazioni

Paper o non paper pubblicati sulle riviste scientifiche, come sappiamo in Italia la vendita di dispositivi di protezione individuale e di dispositivi medici è regolata da specifiche autorizzazioni e certificazioni. Anche se la procedura per le mascherine è stata snellita per far fronte all’emergenza sanitaria, è comunque necessaria una certificazione da parte di un laboratorio, che a sua volta deve essere autorizzato a rilasciarla (il che parrebbe ovvio). Infine, occorre la registrazione e il via libera da parte del ministero della Salute. Per le mascherine, si tratta in sostanza di valutarne la capacità filtrante, e di appurare che nel complesso l’oggetto non ponga rischi per la salute.

Nel caso specifico delle U-Mask, ciò che ha portato al divieto di vendita è il mancato accreditamento del laboratorio Clodia di Bolzano che ha certificato l’efficacia delle mascherine. Secondo quanto appurato dal Nucleo antisofisticazione e sanità (Nas) dei Carabinieri di Trento, il laboratorio presso cui i test sono stati svolti è privo di autorizzazione per svolgere la pratica. E poi la persona titolare del laboratorio che ha firmato il documento risulterebbe “priva dei prescritti titoli abilitativi”, ossia in pratica sprovvista della necessaria laurea.

Sui giornali si è parlato molto del fatto che il ministero della Salute abbia aggiunto che indossando le U-Mask potrebbero esserci “potenziali rilevanti rischi per la salute”, ma questa frase va contestualizzata. Se si considera non valido il test di efficacia e sicurezza eseguito, visto che siamo in “assenza di un regolare processo valutativo”, va concluso che né l’efficacia né la sicurezza stesse possono essere date per buone, dunque in generale (ragionando all’opposto) le U-Mask potrebbero essere anche inefficaci e insicure. Una eventuale fonte di rischio potrebbe derivare dall’effetto illusorio di una protezione: se le mascherine fossero non efficaci, infatti, indossarle credendo che funzionino vorrebbe dire esporsi inconsapevolmente a una probabilità di contagio più alta di quella che ci si aspetta.

Inoltre, pure ipotizzando che il problema della mancata autorizzazione del laboratorio non ci sia, la registrazione delle U-Mask è sempre stata come dispositivo medico di classe 1. E non come dispositivo di protezione individuale. Ciò significa, tra le altre cose, che ha una durata massima di utilizzo molto limitata, mentre l’azienda dichiara “risultati garantiti fino a 200 ore di utilizzo efficace”. Per intenderci, è un dispositivo medico di classe 1 una mascherina chirurgica monouso.

Quanto sono efficaci le U-Mask?

La risposta più semplice, e anche la più onesta, è che non si sa. L’azienda ha dichiarato una capacità di filtrazione batterica sia in ingresso sia in uscita del 99%, tanto da paragonarle (impropriamente) a una mascherina Ffp3. Il test – a questo punto invalidato – con cui si era ottenuta la certificazione arrivava al 99%, quelli eseguiti dall’azienda a febbraio arrivano almeno al 99,6% sia verso l’interno sia verso l’esterno. Secondo i test indipendenti di Altroconsumo siamo al 98%, o al 97% dopo i lavaggi. Secondo l’inchiesta di Striscia la notizia che ha aperto il vaso di Pandora siamo sotto al 95%, e per un’azienda concorrente che dichiara di aver testato una mascherina saremmo tra il 70% e l’80%. Insomma, che ci sia una certa capacità filtrante è fuori discussione (ma d’altronde quella si ha pure con mascherine chirurgiche da 50 centesimi l’una, 67 volte meno care delle U-Mask), ma sulla quantificazione esatta resta molta incertezza.

mascherine_(foto: Vera Davidova/Unsplash)

In ogni caso il metodo generale è piuttosto chiaro: l’efficacia ufficiale è quella certificata da un laboratorio autorizzato, e in questo momento una misura svolta con tutti i crismi non c’è. Avrebbe poco senso affidarsi alle dichiarazioni dell’una o dell’altra azienda, e le indagini giornalistiche indipendenti hanno il merito di aver sollevato il problema ma non possono certo essere usate come quantificazione ufficiale.

Comunicazione ingannevole?

Secondo l’Autorità garante della concorrenza e del mercato Agcm, che si è espressa lo scorso 15 febbraio, nella comunicazione di U-Earth Biotech “verrebbe enfatizzata l’efficacia [delle mascherine] con modalità ingannevoli e aggressive, per diverse ragioni. Un primo punto è la già citata questione biotecnologica, mai dimostrata o verificata. E a questo si aggiunge il claim di poter utilizzare ogni singolo filtro “fino a 200 ore o per un anno”, sempre non dimostrato e incompatibile con un dispositivo medico di classe 1.

La stessa Agcm ha ravvisato una scorrettezza pure nell’affermazione secondo cui “U-Mask ha un’efficienza superiore, paragonabile a una Ffp3″: proprio perché le mascherine Ffp3 sono dispositivi di protezione individuale, come già detto, il paragone sarebbe insostenibile. Insomma, la U-Mask dovrebbe semmai essere confrontata con le mascherine chirurgiche, anziché con le Ffp. E infine, su questioni più strettamente commerciali, è stata contestata a U-Earth Biotech una comunicazione ambigua riguardo al diritto di recesso.

Da “mascherina vip” a “mascherina indagata”

Diventate celebri grazie all’uso diffuso presso politicicelebrità e sportivi in oltre 110 paesi nel mondo, ora in Italia le U-Mask sono finite al centro di diverse vicende giudiziarie. Il primo passaggio era stato, a gennaio, il sequestro della procura di Milano in diverse farmacie di alcune mascherine, per poterne verificare la capacità di filtraggio. Un’indagine della procura che prosegue tuttora, e che è stata affidata al pubblico ministero Maura Ripamonti e al procuratore aggiunto Eugenio Fusco con l’ipotesi di frode nell’esercizio del commercio.

Oltre ai Nas di Trento, si è attivata anche la Guardia di finanza, in un’indagine che potrebbe acquisire respiro internazionale visto che la sede della casa madre dell’azienda è nel Regno Unito. In una nota stampa pubblicata il 20 febbraio, l’azienda si è detta “esterrefatta” dal provvedimento cautelare. “Difenderemo in ogni sede la qualità dei nostri prodotti, la reputazione e l’operato della nostra azienda”, si legge, “certi delle nostre ragioni e della trasparenza della nostra condotta

PUGLIA:”OBBLIGATORIA” LA VACCINAZIONE ANTI CORONAVIRUS PER GLI OPERATORI SANITARI DEI REPARTI COVID.

Sarà “obbligatoria” la vaccinazione anti-coronavirus19 per gli operatori sanitari allo scopo di prevenire e controllare la trasmissione della infezione.

Lo ha deciso il Consiglio regionale con 28 voti favorevoli. La proposta di legge presentata dal presidente della I Commissione, Fabiano Amati, è in coerenza con le disposizioni di sicurezza previste dalla legge regionale 19 del 2018 e del successivo regolamento attuativo, in materia di prevenzione e controllo della trasmissione delle infezioni con particolare riferimento all’epatite B, morbillo, parotite, rosolia, varicella, difterite, tetano, pertosse, influenzae tubercolosi.

Molti parlano di “obbligo vaccinale per gli operatori sanitari”, ma non è esattamente così. Solo una legge Statale potrebbe imporre la vaccinazione. La legge pugliese, presentata da fabiano Amati (Pd), si limita a vietare l’accesso ad alcuni reparti più delicati agli operatori non vaccinati contro il Covid, estendendo al covid quanto già previsto nella legge regionale 27/2018 per altre malattie. Nulla escludere la possibilità degli operatori di rifiutare la vaccinazione e richiedere, eventualmente, un cambio di reparto. LA LEGGE E GLI EMENDAMENTI