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SMART PET WORKING ALL’UNIVERSITA’ DI VERONA

L’università di Verona promuove l’iniziativa “Smart pet working in office”, ossia la presenza degli animali in ufficio, per favorire il benessere, ridurre lo stress e aumentare il livello di attività fisica, produttività e serenità dei propri dipendenti.

«Avere accanto il proprio amico animale – ha affermato il Rettore Pier Francesco Nocini – sembra che migliori notevolmente la performance lavorativa perché rende l’atmosfera più rilassata, stimola la creatività e agevola l’interazione tra i colleghi. Avendo molto a cuore il benessere dei dipendenti del nostro ateneo, abbiamo ritenuto di portare avanti e accelerare questa iniziativa, anche per cercare di rendere più agevole il rientro post lockdown per quanti si trovano a gestire un distacco brusco con il proprio pet. Pur considerando i vantaggi, va anche detto che per portare animali in ufficio ci si dovrà attenere ad un codice di condotta che comporti il rispetto di alcune importanti regole di convivenza con i colleghi e di tutela del benessere dell’animale stesso» ha concluso.

L’ateneo scaligero sarà fra i primi enti pubblici italiani a dare questa possibilità ai dipendenti, nel rispetto del regolamento interno. I ‘pet’ che potranno essere ammessi negli uffici di ateneo saranno cani di piccola o media taglia e gatti, tenendo conto dell’indole di ciascun animale, mentre per i cani di taglia grande sarà necessaria una valutazione comportamentale.Per altri “amici a quattro zampe” si valuterà caso per caso.

Le proprietarie e i proprietari dovranno rispettare il regolamento di Ateneo e garantire per i propri animali alcuni requisiti fondamentali per l’accesso al luogo di lavoro, per evitare che arrechino disturbo ai colleghi e allo svolgimento delle proprie e altrui mansioni . L’accesso con animali non sarà consentito in aule didattiche, sale conferenze e riunioni, spazi mensa, aree destinate al coffee break, sale studio, laboratori e sedi sanitarie, uffici che prevedano contatto diretto e continuativo con il pubblico.(da la stampa)

RAPPORTO INAIL SU SILICE CRISTALLINA

Disponibile online sul sito dell’Istituto, il rapporto raccoglie i dati di venti anni di misurazioni personali di esposizione a silice libera cristallina nei luoghi di lavoro, di concentrazioni ambientali e del tenore di quarzo nei materiali e prodotti utilizzati nel mondo del lavoro. I campionamenti effettuati dall’Inail forniscono un quadro aggiornato e dettagliato dell’esposizione occupazionale a silice e a polveri respirabili in Italia

Da Inail.it

ROMA – L’impegnativo lavoro di monitoraggio e ricerca svolto dalla Consulenza tecnica accertamento rischi e prevenzione (Contarp) dell’Inail, con i risultati di oltre 8000 campioni prelevati dal 2000 al 2019 in stabilimenti, cantieri e opifici di tutta Italia, fa il punto sul quadro dei profili di esposizione dei lavoratori a polveri silicotigene. Di questo articolato impegno di ricerca igienistico-industriale e di analisi statistica dei dati è possibile sapere di più leggendo il presente Rapporto scientifico, realizzato in collaborazione con la Direzione centrale organizzazione digitale (Dcod) e disponibile online sul portale dell’Istituto.

La Banca dati esposizione silice. Il Rapporto rappresenta le informazioni raccolte in una Banca dati appositamente costruita con i dati dei campionamenti e delle analisi effettuate dall’Istituto, secondo i criteri proposti nella letteratura scientifica sull’argomento e grazie all’approfondimento delle esperienze di altri istituti di ricerca ed enti governativi internazionali.

Oltre 1000 le aziende monitorate. Degli 8028 campioni raccolti in 1041 aziende, la maggior parte (90%) deriva da campionamenti di tipo personale. I monitoraggi sono stati condotti in tutte le regioni italiane, con il maggior numero di campioni prelevati in Trentino Alto Adige, Lazio, Emilia Romagna, Veneto e Umbria. Le misurazioni si riferiscono a 30 tipologie di attività produttive, definite secondo una classificazione appositamente realizzata da Contarp nel 2016 e corrispondente a 62 codici di attività economica Ateco 2007, comprendenti i settori estrattivo, manifatturiero e delle costruzioni.

Una base di dati per la valutazione del rischio. Il Rapporto descrive profili di esposizione a silice cristallina riferiti a 470 mansioni (‘gruppi di esposizione similare’). Per 238 di queste mansioni sono disponibili almeno 6 misurazioni, mentre per 137 di esse il numero di misure è di almeno 12. I livelli di concentrazione di silice respirabile sono espressi in termini di valori della media geometrica, con relative deviazioni standard, e in termini di percentili di esposizione. Per ogni attività e per ogni mansione, sono riportati grafici di probabilità e percentuali di superamento delle concentrazioni ‘soglia’ di 0,1, 0,05, 0,025 e 0,012 mg/m3 di silice cristallina. Si tratta di una base di dati, sottolineano gli autori della ricerca, che costituisce una robusta fonte informativa, direttamente utilizzabile da tutti i soggetti che si occupano, a vario titolo, della valutazione del rischio silice.

Esposizione a silice: l’evoluzione nel tempo. Come viene osservato nel Rapporto, gli attuali livelli di esposizione a silice libera cristallina sono notevolmente più bassi rispetto ai valori misurati nel secolo scorso e descritti in letteratura, grazie alle misure di prevenzione del rischio adottate nel tempo dalle aziende italiane. Tuttavia, le misure effettuate nell’arco degli ultimi vent’anni non evidenziano ulteriori significative riduzioni nell’andamento delle esposizioni, indicando forse un generale abbassamento dell’attenzione verso questo agente chimico.

Dalla ricerca indicazioni per nuovi sviluppi di studio. Come auspica il Rapporto, le future elaborazioni sviluppate dalla Banca dati potranno essere utili all’accrescimento delle conoscenze in questa materia e alla costruzione di piani di prevenzione mirati, oltre che alla messa a punto di buone prassi nei comparti più critici. Per le ricerche future, sarà disponibile, sul portale Inail, l’applicativo da cui sono state estratte le elaborazioni statistiche di cui il Rapporto propone una sintesi.

Prodotto: Volume
Edizioni: Inail – 2019
Disponibilità: Si – Consultabile anche in rete
Info: dcpianificazione-comunicazione@inail.it

IL RUOLO DEL MEDICO COMPETENTE AI TEMPI DEL CORONAVIRUS

Nella gestione della Pandemia da CoViD-19 la Medicina del Lavoro assume un ruolo di grande responsabilità. Il presente testo spazia seguendo un percorso che va da un nuovo approccio all’ organizzazione del lavoro, alle procedure ed iniziative per il contenimento del contagio, descrivendo le misure organizzative e di prevenzione e protezione, l’informazione e formazione, la sorveglianza sanitaria, la gestione dei casi sospetti e confermati. La trattazione poi definisce il lavoratore fragile in base a norme e letteratura e specifica lo stato dell’arte sui test sierologici tra letteratura scientifica ed indicazioni regionali. Viene poi trattato il ruolo del medico competente come figura a metà tra consulente globale e disability manager. Infine viene trattata la collaborazione tra organo di vigilanza, medico competente e medico di medicina generale. Il testo, centralizzato sul ruolo del medico competente, si rivolge per i contenuti a pieno titolo a tutti gli attori della prevenzione.

Disponibile in edizione cartacea ed e-BOOK

Edizioni EPC

SANIFICAZIONI:IL PARERE DELL’IGIENISTA

 

È passato poco più di un mese dalla fine del lockdown, da una vita “normale” che l’Italia ha ripreso a tappe. Una normalità condizionata dalla paura di una ripresa dei contagi, di una seconda ondata paventata da gran parte degli esperti che non si sa se, quando e come, colpirà. Intanto, gran parte delle misure attuabili a cavallo tra la fase 2 e la fase 3, per conciliare la necessaria ripresa delle attività economiche e sociali con l’esigenza di prevenzione, riguardano la pulizia e la disinfezione degli ambienti comuni. Un punto su cui ancora, come per tutto ciò che riguarda il nuovo Coronavirus, è difficile trovare certezze e pareri univoci. Sanità Informazione ha chiesto delucidazioni (ed impressioni) sul tema al prof. Gaetano Privitera, ordinario di Igiene presso l’Università di Pisa e Responsabile di Igiene ed Epidemiologia presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana.

L’OMS, seguita a ruota dall’Istituto Superiore di Sanità, ha di recente fatto dietrofront sull’opportunità di sanificare strade e marciapiedi, con la motivazione che questo tipo di interventi su superfici porose come quelle del manto stradale sarebbero inutili ai fini della disinfezione ed anzi, rilascerebbero sostanze tossiche. Cade così uno dei baluardi più sfruttati dai mass media nella prevenzione al virus. Durante il picco della pandemia, chi non ricorda le immagini trasmesse in tv dei cortei di camion addetti alla disinfezione sfilare per le strade di Wuhan? Un modello subito preso in prestito dall’Italia, dove si è proceduto alle stesse operazioni di sanificazione del suolo pubblico.

Teco milano sanificazioni

«Si tratta di una misura puramente ‘coreografica’, se mi passa il termine, utile solo a rassicurare la popolazione sul fatto che ci si stia in qualche modo adoperando – commenta Privitera. – L’evidenza scientifica sull’utilità di decontaminare le strade come strumento di prevenzione per la diffusione del Coronavirus è pressochè nulla. L’unico elemento certo è un maggiore inquinamento dell’ambiente. Parliamoci chiaro: il rischio di contagio è legato alle superfici che potenzialmente entrano in contatto con le mani, che a loro volta possono toccare viso e mucose. Devono essere superfici – spiega – su cui si sono depositate un numero sufficiente di particelle virali e che non siano state soggetti ad agenti ambientali, come la luce solare, che abbiano causato il decadimento di queste particelle. È evidente – osserva – che il manto stradale non rientra tra le superfici in questione. Gli ambienti a maggior rischio sono quelli interni e a maggior rischio di contatto, con le dovute differenze dovute anche al materiale di cui sono composte

Le misure all’interno degli esercizi commerciali, soprattutto nei rapporti con la clientela, rischiano di presentare falle o al contrario inutili eccessi. Insomma, non sempre regna la coerenza, nonostante si proceda con le migliori intenzioni. « Le faccio l’esempio – prosegue Privitera – della sanificazione preventiva dei locali, chiusi per due mesi, alla vigilia della riapertura. Un procedimento abbastanza illogico, dal momento che, a serrande abbassate per 60 giorni e nessun accesso, che rischio di contaminazione ci sarebbe potuta essere al loro interno? Il problema si pone nel momento immediatamente successivo alla riapertura. In sintesi, il punto non è la messa in sicurezza dell’ambiente prima della riapertura, ma avere un piano razionale di sanificazione ambientale che garantisca una decontaminazione efficace e costante nel tempo durante gli accessi della clientela e lo svolgimento dell’attività commerciale».

Ma la nostra vera curiosità è: che sensazione ha un Professore ordinario di Igiene quando, a ridosso di una pandemia, entra da cliente in negozi, bar, ristoranti eccetera? Esercenti promossi o bocciati? «Le dirò – confessa Privitera – impressioni molto variabili. Partendo dal presupposto che la trasmissione del virus per contatto non ha la stessa forza della trasmissione da droplet, la prevenzione del contagio da contatto deve basarsi su tre tipi di intervento: il primo è quello rivolto all’igiene delle mani. Se vedo che all’ingresso e all’uscita di un locale c’è il dispenser con il disinfettante idroalcolico è già un buon inizio. Meglio ancora – aggiunge – se alla clientela vengono anche forniti guanti monouso. Se a questo aggungiamo degli obblighi di sanificazione periodica rispettati scupolosamente, posso personalmente ritenermi soddisfatto».

Un altro baluardo in cui, in piena pandemia, avevamo riposto quel poco che restava della nostra tranquillità, sono stati proprio i guanti monouso. E anche qui, l’OMS ci ha messo una pietra sopra: i guanti monouso sarebbero inutili. «Sono tendenzialmente d’accordo con l’OMS su questo punto – afferma Privitera -. Da un lato mi è capitato spesso di vedere persone indossare i guanti in situazioni completamente prive di rischio, come brevissimi passeggiate solitarie senza incontrare anima viva, magari per portare fuori il cane a tarda sera. E per contro i guanti possono generare una falsa sicurezza in chi li indossa, lo stesso paio anche tutta la giornata. Magari toccano di tutto e per il solo fatto di avere i guanti hanno una ridotta percezione del rischio. Il guanto di per sè non conferisce nessuna immunità – precisa il Prof – ed anzi può diventare a sua volta veicolo di contagio. Le mani nude, regolarmente lavate e sanificate con prodotti idroalcolici, restano la soluzione più sensata. È chiaro che però – conclude – in contesti sanitari, assistenziali, o di dispensazione di generi alimentari, il discorso cambia e i guanti, rigorosamente monouso e utilizzati in modo giusto, sono una risorsa imprescindibile».

( Da sanitaeinformazione.it)

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INQUINAMENTO E MALATTIE NEURODEGENERATIVE

Lo smog e l’aria inquinata non favorirebbero solo l’insorgere di tumori, ma anche dell’Alzheimer. Secondo due distinti studi riportati dalla Stampa, quello che respiriamo inciderebbe in maniera decisiva sullo stato del nostro cervello. La prima ricerca, dell’istituto svedese Karolinska di Stoccolma e pubblicata su Jama Neurology, afferma che “l’esposizione allo smog aumenta il rischio di sviluppare demenza”. E questo in un ambiente come il centro di Stoccolma in cui “il livello medio annuo di particolato di Pm2,5 è ben al di sotto del limite in Europa e negli Usa”. Anche in condizioni dell’aria tutto sommato buone, insomma, “sono emersi effetti dannosi sulla salute: il rischio di demenza aumenta del 50% per un aumento di 0,88 microgrammi al metro cubo della concentrazione di Pm2.5 e del 14% per un incremento di 8,35 microgrammi al metro cubo della concentrazione di ossidi di azoto”.

Il peggioramento delle capacità cognitive “è mediato dagli effetti vascolari: quasi il 50% dei casi di demenza da inquinamento era dovuto a ictus“. In altre parole, le sostanze inquinanti sono “neurotossiche”, danneggiano il cervello ed hanno uno stretto legame con le malattie neurovascolari e neurodegenerative

Conferme in questo senso dal secondo studio, pubblicato su Neurology e realizzato in un contesto decisamente diverso, confrontando i residenti nell’area Nord di Manhattan e nei quartieri di Inwood e Washington Heights a New York: più la qualità dell’aria peggiora e più è evidente e rapido il deterioramento cognitivo. Secondo la responsabile dello studio, Erin Kulick della Brown University School of Public Health, questi risultati “sollevano la questione se i limiti imposti per legge siano sufficientemente bassi da proteggere la salute delle persone”. Nove cittadini europei su 10, ricorda la Stampa, “è esposta a concentrazioni di polveri fini superiori ai valori stabiliti dall’Oms e, secondo l’Agenzia Europea per l’Ambiente, l’Italia è la peggiore d’Europa con 76mila morti premature correlate all’inquinamento atmosferico da Pm2.5, ozono e biossido di azoto”. Da il giornale.it

NUOVE FACT SHEET DI INAIL SULL’AMIANTO

Nelle nuove pubblicazioni INAIL un elenco dettagliato delle misure di prevenzione e protezione da adottare nei siti inquinati e un approfondimento sulle nuove modalità per il riconoscimento delle diverse tipologie di minerale sviluppate con tecnologie innovative

L’INAIL ha pubblicato due nuove fact sheet su ricerca e innovazione tecnologica finalizzate alla tutela del lavoratore e degli ambienti di vita in relazione all’amianto:

  1. focus sulle misure di sicurezza per i lavoratori e per gli ambienti da adottare durante gli interventi di riqualificazione dei siti contaminati;
  2. nuove modalità̀ di riconoscimento e caratterizzazione di materiali contenenti amianto (mca) mediante l’impiego di tecnologie innovative non invasive e non distruttive, sviluppate nell’ambito del Bando di ricerca in collaborazione dell’Inail (Bric ID 58 – Programma speciale amianto).

La situazione in Italia

Durante gli interventi di riqualificazione dei siti contaminati è necessario adottare specifiche misure di prevenzione e protezione, per garantire la minima dispersione di fibre di amianto nell’ambiente.

L’Inail evidenzia che sui 41 siti da bonificare di interesse nazionale (sin) identificati in Italia dal Ministero dell’Ambiente, 11 sono principalmente contaminati da amianto, mentre in altri cinque esiste una contaminazione secondaria, accertata e quantificata, che riguarda una porzione significativa del perimetro. Inoltre, sono stati rilevati più di 12mila siti di interesse regionale (sir) e altri di competenza comunale (sic). Fino al 1992, anno in cui sono stati banditi sia l’estrazione sia l’impiego del minerale, l’Italia è stata tra i maggiori produttori mondiali di amianto e mca.

Le misure di prevenzione

  • l’intera area da bonificare deve essere delimitata su tutti i lati del perimetro con una recinzione idonea, per impedire l’accesso agli estranei. Possono entrare, infatti, soltanto gli operai addetti alle lavorazioni e gli enti preposti al controllo.
  • tra le misure di prevenzione indicate nella fact sheet, oltre alla cartellonistica obbligatoria, che riguarda, tra le altre cose, l’adozione dei dispositivi di protezione individuale (dpi) e il pericolo di inalazione di fibre pericolose, si consiglia di installare, all’ingresso all’area di lavoro, un’unità di decontaminazione personale (udp) costituita almeno da quattro locali.
  • nel caso di interventi su aree vaste, devono essere previste due udp, una all’ingresso del sito e una in prossimità dell’area in lavorazione.

Misure di protezione

Le misure di protezione comprendono i dispositivi di protezione collettiva (dpc) e i dpi.

Nel caso dell’amianto, i dpc come le reti anticaduta e le linee vita risultano una soluzione efficace durante i lavori di bonifica delle coperture in cemento amianto, per la riduzione del rischio di caduta dall’alto per sfondamento delle lastre.

Nelle aree di bonifica, tutti coloro che accedono al cantiere devono sempre essere dotati di dispositivi di protezione individuale idonei. Il datore di lavoro deve quindi porre massima attenzione nella scelta della tipologia, delle misure e delle quantità dei dpi da fornire ai lavoratori, e prima di scegliere deve effettuare una specifica valutazione del rischio, realizzata anche sulla base dell’analisi delle mansioni degli operatori.

Riconoscimento mediante analisi d’immagine iperspettrale

La seconda pubblicazione illustra le nuove modalità di riconoscimento e caratterizzazione di materiali contenenti amianto sviluppate nell’ambito del bando Bric.

In particolare, è stata realizzata la mappatura 2D delle superfici dei materiali mediante analisi in microfluorescenza a raggi X (micro-Xrf) e imaging iperspettrale (hsi).

Sono state analizzate diverse tipologie di materiali, caratterizzati da matrici di natura differente (cementizie, resinoidi, cellulosiche, etc.) e dalla presenza di varie tipologie di minerali di amianto (crisotilo, crocidolite, amosite, tremolite, antofillite, actinolite).

I campioni esaminati sono stati prelevati da cantieri di bonifica in diverse regioni.(dai genio-web.it)

LE DUE FACT SHEET INTEGRALI SONO SCARICABILI IN FORMATO PDF

Fonte: INAIL

PULIRE LE MANI MEGLIO CHE USARE I GUANTI

L’OMS non raccomanda l’uso di guanti da parte di persone nella comunità. “L’uso di guanti – si legge in un aggiornamento sulle domande&risposte in merito all’epidemia – può aumentare il rischio di infezione, poiché può portare all’autocontaminazione o alla trasmissione ad altri quando si toccano le superfici contaminate e quindi il viso”.

Pertanto l’Oms raccomanda “oltre al distanziamento fisico l’installazione di stazioni pubbliche di igiene delle mani all’ingresso e all’uscita in luoghi pubblici come supermercati”.

“Migliorando ampiamente le pratiche di igiene delle mani – rileva l’Oms – , i paesi possono aiutare a prevenire la diffusione del virus COVID-19”.

Da quotidianosanita.it

GUIDA USA COVID 19 E LAVORO

Da Dottnet.it

È stato proposto uno schema per aiutare i medici a consigliare i pazienti su come continuare a lavorare in corso di pandemia, in funzione del rischio professionale di contrarre il SARS-Cov-2.

Sebbene i dati sul rischio occupazionale siano limitati, l’Ente statunitense che amministra la sicurezza e la salute sul lavoro ha pubblicato orientamenti e proposto un sistema per classificare il rischio di infezione da SARS-Cov-2 come elevato, medio o basso, in base al potenziale contatto con persone che possono essere o sono infettate (www.osha.gov/Publications/OSHA3990.pdf). La definizione di basso, medio e alto rischio di decesso causato da Covid-19 si basa sull’età e sulla presenza di condizioni cliniche croniche. Le persone ad alto rischio per entrambe le condizioni dovrebbero prendere in considerazione di interrompere il lavoro e quelle con una condizione ad alto rischio ed una a rischio medio dovrebbero discuterne con il proprio medico. I medici debbono informare riguardo i rischi che corrono i contatti di infettarsi.

Marc R. Larochelle

“Is It Safe for Me to Go to Work?” Risk Stratification for Workers during the Covid-19 Pandemic

NEJM May 26, 2020

https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMp2013413?query=C19&cid=DM92634_NEJM_Registered_Users_and_InActive&bid=205847043

Tieniti aggiornato sull’argomento. Accedi al portale dedicato

Pubblicato il 5/6/2020

COVID E DISABILITA’: ECCO LE FAQ DEL MINISTERO

Nuovo Coronavirus: domande frequenti sulle misure per le persone con disabilità

È disponibile un nuovo sito istituzionale con tutte le informazioni relative alle misure da attuarsi in condizioni di emergenza covid per le persone portatrici di disabilità. Il sito viene puntualmente aggiornato

Potete consultarlo al sito:

http://disabilita.governo.it/it/notizie/nuovo-coronavirus-domande-frequenti-sulle-misure-per-le-persone-con-disabilita/

LA NUOVA CIRCOLARE SU RICERCA E CONTATTI COVID 19

Ecco in sintesi la nuova circolare:

Tre gli interventi: rapida identificazione di caso probabile

1. fornire informazioni e indicazioni alle persone che sono entrate in contatto con soggetti positivi

2.tampone ma solo a chi sviluppa i sintomi.

3. Agli asintomatici solo a fine quarantena e se ci sono le risorse. Preminente il ruolo dei Dipartimenti di Prevenzione delle Asl.

LA CIRCOLARE