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L’UNIVERSITA’ DI OXFORD TESTA IL VACCINO COVID19 ANGLO-ITALIANO

L'Università di Oxford è stata fondata prima dell'impero azteco ...

Il Regno Unito si lancia a testa bassa sullo sviluppo di un vaccino contro il nuovo coronavirus. I ricercatori dell’Università di Oxford inizieranno a testare un vaccino per il Covid-19 negli esseri umani già giovedì: le prime dosi saranno date a volontari. “In tempi normali, raggiungere questo stadio avrebbe richiesto anni”, ha sottolineato il ministro della Sanità, Matt Hancock.
Il vaccino è frutto di una partnership anglo-italiana nato dalla collaborazione tra la Advent-IRBM, una piccola azienda di bioingegneria, situata a Pomezia, alle porte di Roma e il Jenner Institute dell’università di Oxford. Il team ha accelerato le ricerche nelle ultime settimane sull’onda del crescente numero di morti e contagi da nuovo coronavirus. L’obiettivo del governo britannico è avere un vaccino pronto per l’autunno, per poter vaccinare con milioni di dosi il personale sanitario e le forze dell’ordine già a settembre. Nei giorni scorsi, la responsabile del team, la virologa Sarah Gilbert, si è detta ottimista sul risultato degli studi e sul fatto che funzionerà: “Personalmente sono molto fiduciosa. Penso, con un buon grado di ottimismo, che ci sono ottime possibilità che funzioni”.

Vaccino Covid-19, sprint di azienda italiana: a fine aprile i test ...
Sarebbero anche in corso trattative con diversi governi per un investimento rilevante che accelererebbe ulteriormente la sua produzione industriale.
Il ministro della sanità britannica ha comunque annunciato di aver messo a disposizione 20 milioni di sterline (22,60 milioni di euro) per il team di Oxford e altri 22 milioni di sterline (24,90 milioni di euro) per un altro progetto di vaccino sviluppato all’Imperial College di Londra. “Daremo loro tutte le risorse di cui hanno bisogno per massimizzare le loro possibilità di successo al più presto”, ha sottolineato Hancock. Pur ricordando che il processo di sviluppo di un vaccino è fatto “tentativi ed errori”, nonostante le incertezze, “i vantaggi di essere il primo Paese al mondo a sviluppare un vaccino -ha spiegato- sono così enormi che ci mettiamo tutte le risorse possibili”. In questo modo, “se uno di questi due vaccini funziona ed è sicuro, possiamo renderlo disponibile ai britannici non appena umanamente possibile”.

DA huffpost.it

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VADEMECUM DELLA SANIFICAZIONE AI TEMPI DEL COVID-19

Da asarva.org

Nel Decreto Legge “Cura Italia” pubblicato in Gazzetta Ufficiale, è stato inserito anche un credito di imposta per le spese di sanificazione degli ambienti di lavoro come misura di contenimento del contagio del virus Covid-19. In particolare, ai soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione è riconosciuto, per il periodo d’imposta 2020, un credito d’imposta, nella misura del 50% delle spese di sanificazione degli ambienti e degli strumenti di lavoro, fino ad un massimo di 20mila euro. Il credito d’imposta è riconosciuto fino all’esaurimento dell’importo massimo di 50 milioni di euro per l’anno 2020. Le disposizioni applicative della misura, saranno definite in un prossimo decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del Decreto “Cura Italia”. Entriamo però nel merito di cosa è e di cosa si intende con il termine di “sanificazione”, per offrire alle imprese un’informazione dettagliata.

La “sanificazione” è l’attuazione simultanea o, meglio, i due momenti distinti della pulizia e della disinfezione di qualunque superficie.

Il classico processo di sanificazione è costituito da 4 fasi:
 – la pulizia o detersione (il prodotto detergente)
– il risciacquo
– la disinfezione (il prodotto disinfettante)
– il risciacquo

Una superficie si considera sanificata quando:
 – non c’è presenza visiva di sporco;
– non è unta al tatto;
– non emana odori sgradevoli;
– l’acqua versata sulla superficie lavata cola uniformemente (se si formano goccioline, la superficie non è completamente sgrassata);
– un fazzoletto di carta passato sulla superficie lavata non deve risultare annerito o alterato nel suo colore originale;
– non c’è presenza di germi patogeni;
– c’è una ridotta presenza di altri germi.


FASE 1 – La pulizia o detersione

Lo sporco si può suddividere in 2 grandi categorie:

  1. di tipo organico, rappresentato da residui di carne, grassi pesce, residui amidacei, zuccheri, latte e da colonie di lieviti, batteri e muffe;
  2. di tipo inorganico, rappresentato soprattutto da residui di calcare e dalla pietra di latte.

La scelta del detergente deve essere funzionale al tipo di sporco che si incontra. Le caratteristiche di un buon detergente, sia esso alcalino, neutro, o acido, dovrebbe essere:

  • grande effetto detergente;
  • elevato potere bagnante, penetrante ed inibente;
  • potere emulsionante e disperdente;
  • capacità di operare con acque di diversa durezza;
  • facilità di risciacquo.

FASE 2 – Il risciacquo
Un accurato risciacquo dopo la fase di detersione, consente di:

  • eliminare eventuali residui di sporco;
  • eliminare residui di detergente;
  • preparare al meglio le superfici per la fase di disinfezione.


FASE 3 – La disinfezione

Disinfettare significa ridurre la quantità di microrganismi presenti eliminando completamente i germi patogeni. I fattori che possono influenzare il risultato finale dell’operazione sono:

  • efficacia dell’azione di detersione;
  • completezza dell’azione di risciacquo;
  • tipo di disinfettante;
  • la concentrazione del disinfettante;
  • il tempo di contatto.

I prodotti che vengono utilizzati per la disinfezione sono molteplici, con caratteristiche ed efficacia diverse. Un buon disinfettante dovrebbe:

  • distruggere i microrganismi patogeni;
  • non macchiare le superfici trattate;
  • avere uno spettro d’azione il più ampio possibile;
  • non essere corrosivo verso i materiali a contatto;
  • agire anche in presenza di acque dure;
  • essere attivato a basse temperature.


FASE 4 – il risciacquo finale

Un altrettanto, attento risciacquo finale (dopo la fase di disinfezione), consente l’eliminazione di eventuali residui di soluzione disinfettante evitando la possibilità di contatto diretto fra prodotto chimico ed alimentare.

Esempi di periodicità per attività non soggette ad HACCP (ovviamente sono legati al tipo di attività svolta):

  • Sanificazione pavimento: frequenza giornaliera o più volte al giorno;
  • Sanificazione pareti e porte reparto: frequenza settimanale;
  • Sanificazione piani di lavoro: frequenza giornaliera;
  • Sanificazione macchinari e attrezzature: frequenza giornaliera;
  • Sanificazione armadi e ripiani reparto: frequenza mensile;
  • Sanificazione servizi igienici reparto: frequenza giornaliera o, se necessario, più volte al giorno;
  • Sanificazione contenitori per rifiuti reparto: frequenza giornaliera.
  • Piano di disinfestazione per insetti più comuni quali scarafaggi, formiche, mosche, punteruoli, ragni, zanzare, vespe, farfalline e insetti dei magazzini: frequenza degli interventi ogni 3 mesi;
  • Piano di derattizzazione per specie più comuni quali topolino e ratto. Frequenza degli interventi: controllare e reintegrare le esche ogni settimana, all’inizio del trattamento; successivamente ogni 3 mesi.
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PROTOCOLLO CONDIVISO FEDERCALCIO AL VAGLIO DEI MINISTERI

Il protocollo contenente tutte le disposizioni per la ripresa in sicurezza degli allenamenti delle squadre di calcio, studiato dalla commissione medico scientifica della Federcalcio con l’aiuto di esperti del settore, è stato inviato nel primo pomeriggio dal presidente federale, Gabriele Gravina, ai ministri dello Sport e della Salute, Vincenzo Spadafora e Roberto Speranza. Il documento, frutto del gruppo di lavoro presieduto dal prof. Paolo Zeppilli, sarà adesso valutato dai due ministeri. Al momento la ripresa degli allenamenti è prevista per il 4 maggio. Le linee guida tracciate dal protocollo sanitario di garanzia prevedono che le squadre potranno tornare al lavoro ma con rigidi criteri di sicurezza: i giocatori verranno costantemente monitorati e i contatti con l’esterno dovranno di fatto essere azzerati. Alcune squadre risolveranno la questione isolamento nel proprio centro sportivo, altre avranno invece bisogno di appoggiarsi a una struttura esterna sanificata.

Da ansa. It

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PROTOCOLLO CONDIVISO SETTORE MODA

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Con il Protocollo, Confindustria Moda, le Associazioni di categoria in essa federate e le organizzazioni sindacali nazionali di categoria Femca-Cisl, Filctem-Cgil e Uiltec-Uil intendono offrire alle imprese ed ai lavoratori del settore Moda un complesso di misure da implementare in un adeguato contesto organizzativo, per perseguire in un clima di collaborazione e di condivisione l’obiettivo di coniugare il valore primario della salute e della sicurezza del lavoro con la ripresa dell’attività produttiva e di tutte le attività economiche connesse, dopo il blocco previsto dal DPCM 10 aprile 2020.

In allegato trasmettiamo il comunicato stampa ed il Protocollo del 15 aprile 2020.

Da confindustria.vicenza.it

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AUMENTO RISCHIO CANCRO NEGLI ASSISTENTI DI VOLO

Le persone che lavorano a bordo di un aereo hanno più probabilità di sviluppare un tumore.

Pericolo di cancro per tutti gli individui che di professione fanno le hostess o gli steward. Secondo una ricerca condotta presso l’università Harvard T.H. Chan School of Public Health, infatti, il rischio di sviluppare una qualsiasi forma di tumore aumenta a causa di vari fattori tra cui le radiazioni dovute all’altitudine e l’irregolarità dell’orologio biologico per via dei turni di lavoro.

«Il nostro studio è tra i più vasti che siano mai stati effettuati in relazione agli assistenti di volo ed una vasta gamma di tumori», ha dichiarato la dottoressa Irina Mordukhovich. «I nostri risultati confermano ciò che già sapevamo da ricerche passate, ovvero che la prevalenza di tumori al seno e della pelle tra le hostess e gli steward è maggiore rispetto a quella della popolazione generale. Sono risultati molto sorprendenti, dato il basso tasso di sovrappeso e di fumatori in questa categoria professionale».

Per lo studio sono stati presi in esame oltre 5mila assistenti di volo impiegati in America: ad uno su 7 è stato diagnosticato un tumore.

Il rischio per loro è del 3.4% per il cancro al seno, rispetto al 2.3% per la popolazione generale; lo 0.15% contro lo 0.13% per un carcinoma dell’utero, l’1% contro lo 0.7% per i carcinomi della cervice; lo 0.47% contro lo 0.27% per i tumori all’intestino, e alla tiroide lo 0.67% contro lo 0.56%.

Tra gli altri fattori presi in considerazione, la cattiva qualità dell’aria all’interno della cabina, le radiazioni ad elevata altitudine, lo squilibrio dell’orologio biologico, i pattern di lavoro irregolari e anti-sociali.

La ricerca è stata pubblicata nella rivista scientifica Environmental Health.

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REGIONI: COUNTDOWN AI TEST SIEROLOGICI

Da Dottnet. It

Potrebbe essere pronta entro 2-3 settimane. Pressing delle Regioni sul ministero della salute perchè fornisca linee guida chiare. Ma la curva non scende

TESTS SIEROLOGICI A TAPPETO IN LOMBARDIA

Da skytg24.it

Ventimila test sierologici al giorno a partire dal 21 aprile. Lo annuncia la Regione Lombardia con una nota in cui viene spiegato che si partirà “dagli operatori sanitari e socio sanitari e dai cittadini che devono tornare al lavoro, con particolare riferimento alle province di Bergamo, Brescia, Cremona e Lodi. 

I test certificheranno l’immunità

I test, spiega la Regione, sono stati “ideati e testati dall’Irccs pubblico San Matteo di Pavia”, e certificheranno “l’immunità al virus, permettendo di gestire in modo consapevole la cosiddetta fase 2”. Al San Matteo di Pavia, “uno dei quattro Irccs pubblici della Regione, sarà riconosciuta dalla società che produce i test una royalty dell’1%”. Risorse, precisa la Regione, “che saranno reinvestite per finanziare la ricerca pubblica e i ricercatori impegnati ogni giorno in prima linea per la lotta al Covid”.

Fontana: “Con test sierologico patente immunità per fase 2”

Il test dovrebbe riuscire a dare “la ‘patente di immunità’ al Covid-19 individuando le persone che hanno avuto questa malattia e che hanno un numero sufficiente di anticorpi da garantire la copertura”. Lo ha affermato il governatore lombardo Attilio Fontana a Pomeriggio Cinque, aggiungendo che nella regione “inizieremo dal giorno stesso 20mila analisi al giorno che rivolgeremo innanzitutto agli operatori sanitari e poi alle persone che dovranno rientrare al lavoro per prepararsi alla fase due.

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TEST SIEROLOGICI COVID-19 COSA SONO E COSA A SERVONO

test sierologici applicati al coronavirus assumeranno importanza sempre più rilevante nella pianificazione del post lock-down. E’ infatti grazie a questi strumenti che potremo avere un quadro più chiaro di chi è entrato realmente in contatto con il virus. Un’informazione utile per poter allentare progressivamente le misure restrittive.

CHE COSA SONO I TEST SIEROLOGICI?

A differenza degli ormai noti “tamponi“, esame di laboratorio che serve per individuare la presenza del coronavirus all’interno delle mucose respiratorie, i test sierologici servono ad individuare tutte quelle persone che sono entrate in contatto con il virus. Mentre i primi forniscono un’istantanea sull’infezione, i secondi “raccontano” la storia della malattia. Attraverso i test sierologici infatti è possibile andare ad individuare gli anticorpi prodotti dal nostro sistema immunitario in risposta al virus.

COSA VALUTANO?

test sierologici sono essenzialmente di due tipi: quelli rapidi e quelli quantitativi. I primi, grazie ad una goccia di sangue, stabiliscono se la persona ha prodotto anticorpi -e quindi è entrata in contatto con il virus-; i secondi, dove serve un prelievo, dosano in maniera specifica le quantità di anticorpi prodotti. In entrambi i casi i test sierologici vanno alla ricerca degli anticorpi (immunoglobuline) IgM e IgG. Le IgM vengono prodotte temporalmente per prime in caso di infezione. Con il tempo il loro livello cala per lasciare spazio alle IgG. Quando nel sangue vengono rilevate queste ultime, le IgG, significa che l’infezione si è verificata già da diverso tempo e la persona tendenzialmente è immune al virus

A COSA SERVONO?

Conoscere la presenza di questi anticorpi è utile per molte ragioni. Innanzitutto, poiché forniscono il “film“della malattia e non un’istantanea, ci consentono di sapere quante persone hanno realmente incontrato il virus. Ciò è importante soprattutto alla luce del fatto che molte persone con Covid-19 hanno avuto sintomi blandi o addiruttura sono asintomatiche.

Ciò accade grazie agli studi di sieroprevalenza, ovvero studi in cui si sottopone al test un campione rappresentativo della popolazione. Grazie a queste analisi è possibile conoscere la reale letalità della malattia, la diffusione geografica e la diffusione nelle diverse fasce di età. Indicazioni utili per pianificare quando, come e quanto allentare le misure restrittive.

IL NODO DELL’AFFIDABILITA’

Attenzione però a pensare che tutti i test sierologici siano uguali. Ciò che conta, in ottica delle prossime fasi di gestione della pandemia, è l’affidabilità di questi esami. Test con molti falsi positivi rischierebbero di dare il via libera a persone che in realtà non hanno mai contratto il virus. Non solo, si rischierebbe una fotografia della circolazione del virus poco aderente alla realtà. E’ per questa ragione che già ora si stanno valutando tanti test sierologici confrontando il dato ottenuto dal tampone positivo. Solo con un test altamente affidabile potremo estendere l’utilizzo di queste analisi nell’ottica di un allentamento delle misure.

Da Fondazione Veronesi. It

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TEST RAPIDO COVID19 CORONAVIRUS CON TECO MILANO

TECO MILANO propone tramite il suo staff medico e/o al servizio dei medici competenti i TEST RAPIDI SIEROLOGICI per contribuire in ambito aziendale alla lotta al COVID19 e per LA GESTIONE DELLA FASE2

RISULTATI RAPIDI E AFFIDABILI

CASSETTA TEST RAPIDO PER IGG / IGM COVID-19

La cassetta per test rapidi IgG / IgM COVID-19 (sangue intero / siero / plasma) è un test immunocromatografico in fase solida per la rilevazione rapida, qualitativa e differenziale di anticorpi IgG e IgM verso il nuovo Coronavirus nel sangue intero umano (venoso e capillare), siero o plasma.

CARATTERISTICHE E VANTAGGI

  • Risultati rapidi e affidabili (in soli 2-10 minuti)
  • Procedura semplice e veloce: non è necessaria alcuna formazione specialistica
  • Il test può essere eseguito con sangue intero (venoso e capillare), siero o plasma
  • Sono necessarie piccole dimensioni del campione: solo 5 μL di siero / plasma o 10 μL di sangue intero
  • Tutti i reagenti necessari inclusi e nessuna attrezzatura necessaria
  • Alta sensibilità (test IgG 97,2%; test IgM 87,9%) e specificità (test IgG e IgM 100%)

La cassetta test rapido IgG / IgM COVID-19 è stata valutata clinicamente dall’ospedale Renmin – Università di Wuhan, Cina.

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COVID 19 E DIABETE

Da il giornale

Articolo di Melania Rizzoli

Tutti gli oltre 4milioni di diabetici italiani non hanno un rischio più elevato di contrarre il Coronavirus, ma hanno maggiori possibilità di sviluppare serie complicanze qualora si dovessero infettare. Uno studio pubblicato sul Journal of Endocrinological Investigation da un gruppo di ricercatori dell’ Università di Padova ha dimostrato come i pazienti diabetici, che già presentano normalmente un aggravamento clinico durante il decorso di qualsiasi malattia acuta intercorrente, nel caso di infezione virale da Covid 19 hanno un rischio di prognosi peggiore della patologia, rispetto a quella degli altri soggetti infetti non diabetici. I risultati della ricerca infatti, evidenziano chiaramente che chi soffre di iperglicemie con carenza di produzione nel pancreas di insulina, soprattutto se la malattia non è ben compensata e sotto controllo , nel caso in cui contraggano l’ infezione virale in corso nel nostro Paese, debbano necessariamente essere vigilati con maggiore attenzione e monitorati h24, per gestire l’ elevata possibilità di gravi complicanze alle quali questa popolazione risulta esposta.

Anche uno studio cinese,condotto nella Huazhong University of Scienze di Wuhan, pubblicato sulla rivista scientifica Diabetes/Metabolism Research and Reviews, ha registrato valori più elevati di alcuni indici coagulativi e di marcatori infiammatori nei diabetici con polmonite virale in atto, sottolineando come le eccessive risposte di ipercoagulabilità e di flogosi interstiziale a livello degli alveoli polmonari, legati ad una cattiva regolazione del metabolismo del glucosio, aggravassero di fatto il decorso della polmonite da Coronavirus, favorendo lo sviluppo di complicanze multiorgano, coinvolgenti il cuore, il fegato, i reni, l’ apparato vascolare e neurologico. Questo è il primo studio che valuta le caratteristiche biochimiche dei pazienti con diabete di tipo 1 o di tipo 2 positivi al Covid 19, dal quale emerge chiaramente che tutti i diabetici presentano una infiammazione più pronunciata degli altri, una polmonite virale più grave, con sviluppo di maggiore versamento pleurico, i quali quindi dovrebbero essere oggetto di terapie più mirate volte a contenere lo stato flogistico a livello sistemico, poiché porre la giusta attenzione a questa problematica significa migliorarne la prognosi.
COLPA DI UN ENZIMA – Diabete e Covid 19 infatti, rappresentano due pandemie importanti a livello globale, le quali, se pur con caratteristiche diverse, essendo una acuta e l’ altra cronica, una trasmissibile e l’ altra non contagiosa, tuttavia appaiono interconnesse più di quanto si pensasse in precedenza, poiché l’ enzima attraverso cui il virus entra nelle cellule delle vie respiratorie è lo stesso espresso nelle cellule del pancreas e del fegato, e il paziente portatore di entrambe le malattie presenta indici coagulativi, marcatori infiammatori e proteina C reattiva con più alti livelli nel sangue rispetto ai soggetti positivi al Coronavirus ma senza diabete.

Le complicanze causate dal diabete di lungo corso inoltre, quali arteriopatie, neuropatie, nefropatie e retinopatie, che hanno di norma un decorso cronico, oltre alla predisposizione a contrarre patologie batteriche e virali più difficili da controllare, durante la infezione Covid 19 si riacerbano e si riacutizzano, aggravando la già precaria situazione clinica, esponendo il soggetto diabetico ad un elevato rischio di complicanze dei suoi organi vitali. Sebbene lo studio succitato sottolinei che, tra quanti avevano contatto l’ infezione virale, la percentuale di diabetici non fosse superiore rispetto alla prevalenza del diabete nella popolazione generale, tutte le persone con valori alterati della glicemia hanno sviluppato durante l’ epidemia serie complicanze durante il decorso di tale patologia, confermando la regola generale scientificamente provata di comprovata fragilità di tali soggetti. Su 20 soggetti ricoverati in terapia intensiva infatti, 15 sono risultati diabetici ed obesi, poiché anche l’ obesità, nota anticamera del diabete, è una patologia che predispone ad una penetrazione e ad una aggressività più alta del virus, che trova terreno fertile in questi fragili pazienti dal punto di vista immunologico. Inoltre quasi tutti gli obesi presentano insufficienze respiratorie più o meno marcate, ed essendo il Corona un virus che attacca prevalentemente i polmoni, le conseguenze sono facilmente prevedibili.

Quindi, tutti coloro che sono affetti da obesità e diabete, sia esso insulino-dipendente o indipendente, devono cercare di evitare in qualunque modo il contagio da Coronavirus, devono tenere la loro glicemia sotto controllo e su valori accettabili durante le 24 ore, ed essere prudenti più del resto della popolazione, seguendo scrupolosamente le misure di prevenzione più volte ribadite dal ministero della Salute e dall’ Istituto Superiore di Sanità, soprattutto quelle igieniche, oltre a mantenere il distanziamento sociale dalle altre persone.

Anche perché se un paziente diabetico avanti con l’ età è afflitto anche da altre patologie, quali asma, cardiopatie, insufficienza renale e neuropatie, la sovrapposizione dell’ infezione virale in corso può aggravare le condizioni generali, complicare le malattie di base e condurre persino al decesso. Tra gli oltre 105 medici deceduti in Italia durante questa epidemia, una decina di loro erano diabetologi, specialisti chiamati ripetutamente nelle terapie intensive al letto di pazienti diabetici con valori di glicemia alle stelle, che necessitava di essere regolata, e che hanno prestato la loro professionalità esponendosi al rischio infettivo e all’ aggressività del virus che poi li ha colpiti e portati a morte, pur non essendo diabetici.

È plausibile che il rischio maggiore sia per i pazienti diabetici sopra i 65 anni con presenza di comorbilità quali ipertensione e malattie cardiovascolari, mentre è altrettanto plausibile che le forme severe di Covid 19 sono estremamente rare nei soggetti giovani e pediatrici affetti da iperglicemie, pur ribadendo che anche loro devono seguire seriamente le raccomandazioni di prevenzione del contagio.
Qualunque paziente diabetico che sospetti di essere stato contagiato dall’ infezione Covid 19 in Lombardia deve chiamare il numero verde unico regionale 800.89.45.45, oppure il numero 1.500 nazionale, ed in alternativa il proprio diabetologo per eventuali modifiche della terapia insulinica in atto.


IL BILANCIO ITALIANO Il report dell’ Istituto Superiore di Sanità del 20 marzo sui pazienti deceduti in Italia, conferma la probabilità di maggiore mortalità in presenza di diabete, registrando che circa il 43,9% dei soggetti deceduti per i quali sono disponibili dati sulle patologie croniche preesistenti all’ infezione era affetto da diabete mellito, mentre il 48,6% presentava 3 o più patologie croniche. Inoltre le ricerche sul tema hanno evidenziato che alcuni farmaci ad uso comune tra i diabetici cronici, quale gli Ace inibitori, molecole con effetti anti ipertensivi, che agiscono sulla funzionalità cardiaca ed ostacolano l’ insorgenza della insufficienza renale, possano facilitare l’ infezione ed aggravare l’ evoluzione del Covid 19.
In sintesi, le conoscenze attuali sulla prevalenza del Coronavirus e sul decorso della malattia virale nelle persone diabetiche sono in evoluzione con analisi più dettagliate, ma intanto, nel dubbio, tutti gli oltre 4 milioni di diabetici italiani è bene che sappiano che la loro fragilità metabolica va difesa ad ogni costo dall’ infezione, per evitare di incorrere in conseguenze che potrebbero potenzialmente mettere a serio rischio la propria vita.