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COME SANIFICARE ARTIGIANALMENTE UNA MASCHERINA

coem sanificare la mascherina
Coronavirus, come sanificare la propria mascherina

ROMA – Una guida per sanificare la propria mascherina avendo così modo di riutilizzarla. A pubblicare il video sul web è la dottoressa Elena Pontarollo che mostra un metodo semplice e sicuro per avere sempre naso e bocca ben protetti contro l’infezione da coronavirus.

Da quando è scoppiata l’emergenza Covid-19, uno dei problemi più annosi è quello di procurarsi le mascherine. Ce ne sono però poche in circolazione e quindi in molti casi bisogna riutilizzare il più possibile quelle che abbiamo. Medici ed esperti sostengono però l’importanza di sostituirla ogni giorno per scongiurare il rischio che si trasformarsi da oggetto protettivo ad oggetto di trasporto del virus.

Se questo non è possibile esiste un metodo rapido ed efficace che permette di sanificarla riutilizzando più volte lo stesso dispositivo di protezione. A spiegare cone fare è la Pontarollo: per iniziare bisogna procurarsi una bottiglia di alcool denaturato e un recipiente largo e profondo circa 25 cm che abbia il coperchio. In alternativa può andare bene anche una pentola da cucina sempre con un suo coperchio. Avendo tutto quello che ci serve, la sanificazione può iniziare.

L’operazione è motlo semplice: bisogna riempire il recipiente con circa 1.5 centimetri di alcol. Poi si deve appiattire e piegare la mascherina per farla aderire tramite gli elastici al lato interno del coperchio. A questo punto bisogna legarla posizionando gli elastici sul lato esterno del coperchio assicurando n questo modo che la mascherina sia ferma e aderisca perfettamente alla superficie interna.

Infine bisogna chiudere il recipiente collocando il coperchio nella maniera corretta: la mascherina resterà all’interno del contenitore per circa 3-4 ore. L’evaporazione dell’alcool sanificherà la mascherina, rendendola sterile, asciutta e perfettamente riutilizzabile. Attenzione però a non superare le 4 ore di evaporazione: la mascherina potrebbe bagnarsi con i vapori perdendo così la sua efficacia (La Stampa, Monza Today).

INPS : CORRETTA IDENTIFICAZIONE DEI CASI DA TUTELARE CON CERTIFICAZIONE DI MALATTIA

DA ORDINE DEI MEDICI DI PARMA

Privacy & Cookies – Ordine dei Medici Chirurghi e degli ...

RICEVIAMO DALL’INPS PROVINCIALE  E PUBBLICHIAMO INTEGRALMENTE IL CONTENUTO DELLA NOTA PERVENUTA DALL’UFFICIO MEDICO LEGALE REGIONALE DELL’INPS

 

Spett. Ordine dei Medici di PARMA

Gentile Presidente,

al fine di chiarire ulteriormente la corretta identificazione dei casi da tutelare con certificazione di malattia, in seguito alle disposizioni ufficiali del Coordinamento Generale Medico Legale INPS della Regione Emilia Romagna, si comunica quanto segue:

  • in situazione di emergenza da COVID 19, pazienti con patologia cronica e/o immunodepressi ma asintomatici sono da ritenere a maggior rischio di contrarre infezione.
  • Pertanto l’INPS accetterà certificati di malattia in casi simili, da identificare col codice V07 (persone con necessità di isolamento, altri rischi potenziali di malattie e misure profilattiche)
  • Oltre al suddetto codice, andrà specificata in campo diagnosi la patologia cronica associata o la causa di immunodepressione
  •   Rimane il codice V29.0 in caso di QUARANTENA, ISOLAMENTO FIDUCIARIO, FEBBRE CON SOSPETTO DI CORONAVIRUS

TERAPIA ANTIPERTENSIVA E COVID-19 :UN PO ‘ DI CHIAREZZA

 

Dal Cdi centro diagnostico italiano

In questo difficile momento si stanno diffondendo, prevalentemente attraverso la stampa divulgativa ed i social media, notizie allarmanti circa una possibile facilitazione dell’infezione da COVID-19 nei pazienti in trattamento con ACE-inibitori e/o con antagonisti del recettore dell’angiotensina II (cosiddetti “sartani”), farmaci diffusamente utilizzati per la terapia dell’ipertensione arteriosa.

La base di questo allarme teorico è sostanzialmente duplice: sperimentale e clinica.

  • Dal punto di vista sperimentale, osservazioni effettuate sui topi hanno dimostrato che, analogamente al coronavirus della SARS, quello di COVID -19 utilizza il legame ad un recettore di membrana, noto come ACE2, per infettare le cellule. Poiché i livelli di questo recettore sono aumentati in corso di terapia con ACE-inibitori e sartanici, è stato avanzato il dubbio puramente speculativo di un possibile potenziamento dell’azione virale da parte di questi farmaci.
  • Dal punto di vista clinico, di contro, è stato riportato dai medici cinesi nel corso delle prime settimane del focolaio epidemico di Wuhan che l’ipertensione arteriosa rappresenterebbe un fattore di rischio indipendente di aumentata mortalità nei pazienti affetti da COVID -19.

In considerazione del comprensibile allarme suscitato da queste segnalazioni, spesso amplificato da fonti autoreferenziali e non autorevoli, le principali Società scientifiche interessate, ed in particolare il Council on Hypertension della Società Europea di Cardiologia e la Società Italiana dell’Ipertensione Arteriosa-Lega Italiana contro l’Ipertensione Arteriosa, si sono affrettate ad emettere delle comunicazioni ufficiali atte a fare chiarezza sul problema i cui punti essenziali possono essere così riassunti:

  1. Allo stato attuale non esistono evidenze scientifiche sufficienti ad associare l’ipertensione arteriosa alla malattia COVID-19 né in senso causale né prognostico; in altre parole, ad oggi non ci sono prove che la popolazioni degli ipertesi sia sovrarappresentata tra coloro gravemente infetti da COVID-19.
  2. Non esistono evidenze cliniche nell’uomo che associno l’assunzione di ACE-Inibitori o sartani alla malattia COVID-19.
  3. Malgrado alcuni studi sperimentali abbiano addirittura suggerito un possibile effetto protettivo di ACE-Inibitori o sartani, non esistono dati clinici che possano confermare né un effetto dannoso né protettivo nel contesto della pandemia COVID-19.

Conseguentemente, vengono raccomandate le seguenti linee di comportamento:

  • In pazienti ipertesi stabili con o a rischio di infezioni COVID-19, il trattamento con ACE- Inibitori e sartani può essere intrapreso o continuato in accordo alle raccomandazioni contenute nelle linee guida della Società Europea di Cardiologia.
  • Analogamente, tutti i pazienti ipertesi attualmente in terapia con ACE-inibitori e/o sartani possono proseguire il trattamento senza necessità di modifiche.

Conclusioni del tutto analoghe vengono suggerite da uno “Special Report” sull’argomento pubblicato il 31 marzo sul New England Journal of Medicine, la rivista medica più autorevole del pianeta. Oltre che a sconsigliare eventuali modifiche di terapia in pazienti ipertesi ben compensati dall’assunzione di ACE-Inibitori o sartani, gli autori mettono in guardia dal potenziale di rischio derivante da una loro sospensione repentina in categorie di soggetti a rischio aumentato come quelli con esiti di infarto miocardico o affetti da insufficienza cardiaca.

FORSE IL FUMO AGGRAVA IL COVID-19

Da il Giornale.it

di Il fumo aggrava il Covid? Ecco lo studio sui rischi9 Aprile 2020 – 13:36

Secondo una ricerca, la molecola Ace-2 che consente “l’ingresso” del Covid nelle vie polmonari è particolarmente elevata in chi fuma e chi soffre di broncopneumopatia cronica ostruttiva (Bpco). In questi soggetti, il virus può essere più aggressivo ma c’è una buona notizia: gli ex-fumatori presentano livelli bassi come chi non ha mai fumato

Che sia la volta buona per smettere di fumare? Se le scritte sui pacchetti di sigarette quali “Il fumo uccide” non hanno poi un così grande impatto sociale, sapere che il Coronavirus si accanisce sui fumatori più incalliti potrebbe far cambiare idea.

Ex-fumatori avvantaggiati

Uno studio condotto alla British Columbia University ed al St. Paul’s Hospital di Vancouver, in Canada, dimostra che i fumatori e coloro che soffrono di broncopneumopatia cronica ostruttiva (Bpco) presentano livelli elevati di una molecola chiamata “enzima di conversione dell’angiotensina II” (Ace-2). Proprio l’Ace-2 è un punto d’accesso che consente al virus Sars-Cov-2 di entrare nelle cellule polmonari e causare l’infezione.

Come si legge sul Corriere, la ricerca, pubblicata sulla rivista specializzata European Respiratory Journal, concede una speranza in più a chi decide di smettere: i livelli d Ace-2 negli ex-fumatori sono notevolmente più bassi rispetto a quelli presenti in coloro che continuano a fumare.

La malattia

Ma cos’è la broncopneumopatia cronica ostruttiva? È una malattia dell’apparato respiratorio caratterizzata da un’ostruzione irreversibile delle vie aeree, di entità variabile a seconda della gravità ed è strettamente correlata al fumo di sigaretta che ne rappresenta la causa principale. Oltre all’ostruzione, si associa un’infiammazione progressiva del tessuto polmonare con conseguente difficoltà nel respirare, a livelli più o meno gravi.

I dati che osserviamo dalla Cina suggeriscono che i pazienti con Bpco hanno un rischio maggiore di esiti peggiori da Covid-19 — conferma Janice Leung, l’autrice dello studio – Abbiamo ipotizzato che ciò sia dovuto ai livelli elevati di Ace-2 nelle vie aeree, che potrebbero forse rendere più facile l’ingresso del virus e lo sviluppo dell’infezione“.

Lo studio

Il team di ricerca ha analizzato alcuni campioni prelevati dai polmoni di 21 pazienti affetti da Bpco e di 21 persone in salute, ha misurato il livello di Ace-2 e lo ha confrontato con specifiche situazioni distinguendo tra soggetto fumatore, ex fumatore o che non aveva mai acceso una sigaretta. Il risultato è stato chiaro: i livelli più elevati di Ace-2 sono stati osservati nei pazienti con Bpco, ma anche nei fumatori.

I ricercatori, hanno successivamente confrontato le loro conclusioni con due studi precedenti condotti su 249 persone (anche in questo caso suddivise tra fumatori, ex fumatori e non fumatori) avendo la conferma che i livelli della molecola Ace-2 sono particolarmente alti nei soggetti che fanno uso di tabacco ed inferiori in coloro che non hanno mai avuto il vizio o che hanno smesso.

Smettere di fumare”

«I pazienti con Bpco dovrebbero attenersi rigorosamente al distanziamento sociale e all’igiene delle mani consigliata per prevenire l’infezione — afferma Leung, che sottolinea come chi ha smesso di fumare torna quasi ai livelli di chi non ha mai acceso una sigaretta – Abbiamo però scoperto che gli ex fumatori hanno livelli di Ace-2 simili rispetto a chi non ha mai acceso una sigaretta. Questo dato suggerisce che non c’è mai stato un momento migliore per smettere di fumare, anche per proteggersi da COVID-19“.

Se da un lato gli studi mettono in guardia i fumatori, dall’altro non si è ancora trovata la possibilità di modificare questa molecola per far guarire i malati di Covid. “Lo studio fornisce alcune informazioni interessanti sul perché alcune persone potrebbero essere più a rischio di altre – afferma Tobias Welte, della European Respiratory Society – non ci dice, però, se è possibile manipolare i livelli di Ace-2 per migliorare la sopravvivenza nei pazienti con infezione da Covid-19 (con farmaci chiamati Ace-inibitori, ndr) o se questo potrebbe fare la differenza nei pazienti con Bpco“.

COME RENDERE LA PROPRIA AUTO SICURA DA COVID-19

Da ilgiornale.it

Ogni possibile misure di prevenzione contro il coronavirus è cosa buona e giusta, a partire anche dalla propria vettura. Ecco i consigli dell’esperto per mettersi in sicurezza

Perché la prevenzione non è mai troppa di questi tempi. Causa pandemia di coronavirus, siamo costretti a vivere in casa e a prendere tutte le misure necessarie quando usciamo per motivi di lavoro, salute o prima necessità. Già, perché, ricordiamolo, il governo ha operato un giro di vite, limitando ulteriormente le ragioni per le quali si può uscire – a piedi, in bicicletta, in motorino o in auto – e farlo solo in possesso del nuovo modulo di autocertificazione. Ecco, abbiamo detto “auto“. E allora perché non riportare i preziosi consigli del virologo Fabrizio Pregliasco, che ha fornito un semplice vademecum su come disinfettare il proprio veicolo, mettendolo – e mettendosi – in sicurezza.

Innanzitutto è bene sottolineare l’importanza di disinfettare l’interno del proprio abitacolo in quanto si tratta di un ambiente piccolo, motivo per il quale – in questi giorni – sarebbe consigliato non trasportare più di una persone oltre al conducente, così da mantenere la distanza minima di sicurezza di oltre un metro.

L’attuale direttore sanitario dell’ospedale Galeazzi di Milano, interpellato da Dearlink ha spiegato: “Dal momento che quello dell’auto è uno spazio piccolo e chiuso, è bene provvedere alla sanificazione dell’abitacolo, che facilita la permanenza al suo interno del coronavirus. Ciò che è più vicino alla bocca, cioè quello che troviamo davanti a noi guidando – volantecruscotto – si contamina di più”. Ma non è tutto, infatti: “Dobbiamo tenere presente la contaminazione delle mani, e quindi leva del cambio, freno a mano, pulsanti…”.

COME DISINFETTARE L’AUTO

Veniamo dunque alla procedura consigliata dall’esperto. La prima cosa da fare, così da procedere alla sanificazione degli interni della vettura, è quella di dotarsi dei dispositivi di protezione. Quindi, armatevi di mascherinaguanti in lattice monouso, carta assorbentedisinfettante detergente a base di alcool o cloro per le superficie, ma anche del detergente antibatterico per le mani.

Fate attenzione alla saliva, visto che rappresenta il vettore di contagio principale del Covid-19. Questo significa che, prima di mettersi a disinfettare la macchina, bisogna indossare la mascherina. Solo in seguito si può procedere a igienizzarsi le mani e a seguire a indossare i guanti.

Il passo successivo è quello di spruzzare il detergente alcolico o con cloro sulle superfici o sulla carta per pulire e dunque dare il “la”al lavoro con tanto olio di gomito.

Un consiglio: il volante è lo “strumento” più toccato in auto, così come la leva del cambio e le levette laterali delle frecce. Quindi prestate attenzione a sanificare con zelo le loro superfici. In secondo luogo, badate bene al cruscotto e a tutti i pulsanti bottoni presenti all’interno dell’abitacolo, da quello della portiera, a quelli del riscaldamento/aria condizionata, della radio e compagnia cantante.

Non scordatevi la leva de freno a mano e lo specchietto retrovisore. Ultimo, ma non meno importante, disinfettate le portiere all’interno e all’esterno e anche le maniglie per aprirla e chiuderla.

EFFETTI PSICOLOGICI DELLA PANDEMIA COVID-19

Vivere una pandemia può traumatizzarti per sempre, dice uno psicologo

Poco prima che scoppiasse la pandemia da Coronavirus Steven Taylor, professore e psicologo clinico nel dipartimento di Psichiatria dell’Università della British Columbia, stava per pubblicare The Psychology of Pandemics, libro che non poteva uscire in un momento più consono. In un articolo sul Guardian, Taylor ha evidenziato i punti salienti della sua ricerca, che si avvale di dati che si riferiscono a epidemie recenti, avvertendo come gli effetti psicologici di una pandemia, sia tra chi sperimenta la quarantena sia tra chi ha contratto il virus, sono tutt’altro che trascurabili e si possono estendere nel tempo.

Tra i primi effetti conclamati ci sono l’aumento dell’ansia e dello shopping compulsivo al supermercato, la proliferazione delle teorie cospirazioniste, il diffondersi di molti atteggiamenti razzisti – non dimentichiamo che lo stesso Trump aveva definito il Coronavirus “il virus cinese” – e quella di furti e saccheggi veri e propri, soprattutto con il prolungarsi del periodo di isolamento forzato. Allo stesso tempo, però, aumentano i casi di altruismo e le persone che si dedicano al volontariato, perché in molti casi la situazione estrema che ci ritroviamo a vivere costringe a un ripensamento generale della propria vita e dei propri scopi, dice sempre Taylor. Le precedenti esperienze, come la pandemia di influenza del 2009 e l’epidemia di Sars del 2003, ci insegnano inoltre che «un’emergenza di sanità pubblica può avere effetti duraturi sulla psicologia di una popolazione. Nel caso del Covid-19, alcuni di questi effetti sono già evidenti: molte persone perderanno il lavoro e subiranno difficoltà finanziarie; altri subiranno la devastazione della perdita dei propri cari; le relazioni affettive saranno messe alla prova sotto la pressione del blocco». La quarantena forzata è infatti particolarmente pesante, e pericolosa, per chi soffre di disturbi mentali, malattie croniche o vive in una relazione abusiva, ma può avere effetti psicologici anche su chi si considera emotivamente stabile.

Secondo uno studio condotto da Taylor e dal collega Gordon Asmundson su 7000 soggetti canadesi e americani, il 75 per cento degli intervistati sembra aver risposto bene alla pandemia, mentre il 25 per cento ha sviluppato una sindrome che gli studiosi definiscono “stress da Covid-19”: hanno paura di essere infettati, si preoccupano moltissimo delle conseguenze economiche della pandemia, non è raro che facciano incubi che riguardano la malattia e in molti casi sono diventati xenofobi. «Sulla base di studi su catastrofi come inondazioni, uragani e terremoti, circa il 10 per cento delle persone colpite da eventi traumatici sviluppa gravi problemi psicologici come disturbi dell’umore, ansia o stress post-traumatico (PTSD). Questi sintomi si manifestano in genere subito dopo il disastro. Tali risultati suggeriscono che il 10 per cento delle persone affette da Coronavirus – possibilmente più – svilupperà disturbi psicologici durante o dopo questa pandemia», avverte sempre Taylor, motivo per cui i governi devono prendere seriamente in considerazione la salute mentale dei loro cittadini – anche di quelli considerati non a rischio – una volta superata la prima fase dell’emergenza sanitaria

Bisogna infine considerare i cambiamenti che la pandemia porterà alla nostra società: dalla scuola al modo in cui faremo la spesa, da quello in cui ci comporteremo negli spazi pubblici fino alla nuova ansia da contatto, che in alcuni soggetti può trasformarsi in una vera e propria germofobia. Il Coronavirus, d’altra parte, sta già spingendo l’acceleratore sulla digitalizzazione completa delle nostre vite. Tra i motivi di ottimismo verso il futuro, il professore indica come accennato la riscoperta di un altruismo comunitario e, più in generale, di una rivalutazione dei propri obiettivi nella vita. Consiglia inoltre di adottare varie strategie per adattarsi alla situazione e cercare di superarla, anche attraverso pratiche come, ad esempio, la terapia cognitivo comportamentale

FASE 2: IN ARRIVO MAPPA CON GLI INDICI DI RISCHIO PER ATTIVITA’ LAVORATIVA

Da huffpost.it

L’Inail e il Comitato Tecnico Scientifico stanno lavorando alle linee guida per la Fase 2. Previsti 3 indici di rischio

Una mappa di tutte le attività lavorative e il relativo indice di rischio connesso all’emergenza coronavirus. È quanto stanno mettendo a punto – secondo quanto apprende l’ANSA – l’Inail e gli esperti del Comitato tecnico scientifico, con l’obiettivo di indicare al governo le linee guida sulle modalità con cui le diverse professioni potranno ripartire nella “Fase 2”.

La mappa prevederebbe 3 diversi indici di rischio (basso, medio e alto): ad ogni livello dovrebbero corrispondere adeguate misure di protezione e di distanziamento sociale. La ratio della mappatura è di fornire una serie di misure organizzative per consentire la ripresa delle attività, con particolare attenzione ai lavoratori fragili e alle situazioni dove è richiesta una sorveglianza sanitaria speciale

TERMOCAMERA AD INFRAROSSO : UN RAPIDO SISTEMA DI MISURAZIONE DELLA TEMPERATURA CORPOREA

In previsione della ripresa del lavoro e della fase 2 della lotta al Covid 19, rimane imperativo organizzare un sistema efficace di misure protettive dei lavoratori. Un primo sistema di filtro di eventuali potenziali soggetti a rischio é come noto la misura della temperatura corporea. La termografia ad infrarossi permette di rilevare una temperatura corporea elevata, che può essere sintomo di febbre. Pertanto, l’uso dell’infrarosso come strumento diagnostico ausiliario per individuare con maggiore facilità le persone in potenziale stato febbrile, può contenere o limitare la diffusione di malattie virali o batteriche nei luoghi di lavoro e non solo. 

Il riscontro di febbre, è spesso un’affidabile indicatore della presenza di una infezione.  Se utilizzato correttamente, lo screening effettuato mediante l’uso delle termocamere ad infrarossi può essere la risposta giusta: si tratta di uno strumento indispensabile per riuscire ad individuare temperature elevate all’interno di gruppi, vuoi che siano lavoratori che entrano in azienda, vuoi che siano viaggiatori  in aeroporto o visitatori di centri commerciali. Questo metodo è stato adottato dalle autorità sanitarie in molte parti del mondo per lo screening dei passeggeri che entrano in un Paese tramite mezzi di trasporto pubblici di massa e si è dimostrato un metodo di monitoraggio efficace.

Utilizzando la caratteristica delle termocamere più recenti di visualizzare solamente le temperatura sopra una certa soglia, per esempio le temperatura maggiori di 37, 5°C, magari sovrapponento l’immagine ad infrarssii all’immagine visibile, è possibile individuare in maniera molto facile e chiara individui affetti da fenomeni febbrili. Gli studi condotti hanno dimostrato che non è necessario rilevare le temperature assolute per scoprire se una persona ha o meno la febbre. Dopo aver misurato la reale temperatura corporea di diverse persone sane con un termometro auricolare e la temperatura del loro volto con una termocamera ad infrarossi, è stata calcolata la differenza di temperatura media ed è stato riscontrato che era abbastanza costante. Varia tra 0,8 e 1,2 °C, a seconda delle condizioni ambientali dell’area in cui veniva svolto il test. Queste variabili ambientali includevano, tra le altre, la temperatura ambiente, l’aria condizionata,il vento, le condizioni atmosferiche.
La misurazione della temperatura corporea mediante infrarossi può quindi rappresentare un rapido e valido sistema preventivo in azienda.

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EMERGENZA COVID: INDICAZIONI SULLA TUTELA DELLA SALUTE DEI LAVORATORI SECONDO GLI IGIENISTI INDUSTRIALI

Convegno di Igiene Industriale | 26-29 marzo 2019 Corvara - Contec AQS

L’ASSOCIAZIONE ITALIANA DEGLI IGIENISTI INDUSTRIALI ( AIDII)  HA ELABORATO LE PROPRIE INDICAZIONI VOLTE ALLA TUTELA DEI LAVORATORI IN QUESTA SITUAZIONE EMERGENZA COVID

scarica qui il documento :

200330_COVID_19_NUOVO_DOCUMENTO_AIDII_completo_Rev00

 

Ricordiamo che l’Associazione italiana degli igienisti industriali, per l’igiene industriale e per l’ambiente (AIDII), è l’Associazione scientifica no profit di rilevanza nazionale fondata nel 1969 per promuovere lo sviluppo e la diffusione della disciplina igiene industriale e ambientale e della cultura per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro e di vita, favorendo il più ampio dibattito tecnico scientifico fra i soci e con gli interlocutori istituzionali e del mondo produttivo. AIDII è tra le prime associazioni igienistico-occupazionale al mondo per numero di associati dopo la American Industrial Hygiene Association (AIHA), la American Conference of Governmental Industrial Hygienists (ACGIH®) e la British Occupational Hygiene Society (BOHS)

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GESTIONE AD INTERIM RIFIUTI URBANI IN RELAZIONE CON INFEZIONE COVID-19- ISS

COVID-19 - Linee guida ISS gestione rifiuti urbani - Sito ...

fonte : Istituto Superiore di Sanita ISS

Indicazioni ad interim per la gestione dei rifiuti urbani in relazione alla trasmissione dell’infezione da virus SARS-COV-2
Gruppo di Lavoro ISS Ambiente e Gestione dei Rifiuti

Questo documento dà le modalità operative per la gestione dei rifiuti urbani nelle abitazioni su tutto il territorio nazionale (come da DPCM 9 marzo 2020) distinguendo tra: i rifiuti prodotti da soggetti positivi al tampone in isolamento o in quarantena obbligatoria presso le abitazioni; e rifiuti prodotti dalla popolazione generale in abitazioni dove non soggiornano soggetti positivi al tampone in isolamento o in quarantena obbligatoria. Vengono date anche raccomandazioni per gli operatori del settore di raccolta e smaltimento rifiuti.

Allegati