LA SIRM società scientifica di concerto con tutte le articolazioni territoriali, ha mobilitato tutti gli 11.000 medici radiologi italiani ad attivarsi con lo stesso impegno profuso in questa fase emergenziale, mettendo a disposizione un punto email dedicato
Il 31 Dicembre 2019, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) veniva allertata dalla Commissione di Sanità Pubblica della Provincia di Hubei, China, riguardo alcuni casi di polmonite severa, ad etiologia sconosciuta, caratterizzata da sintomi quali febbre, malessere, tosse secca, dispnea ed insufficienza respiratoria, verificatisi nell’area urbana di Wuhan.
Un nuovo coronavirus, il SARS-CoV-2 (Severe Acute Respiratory Syndrome Coronavirus 2), veniva identificato quale responsabile dell’infezione polmonare, oggi denominata COVID-19 (Coronavirus Disease 2019). Da allora, come ben sappiamo, si è verificata un’acme di contagi, che ha coinvolto dapprima i Paesi limitrofi, quali Giappone e Corea del Sud, fino ad interessare paesi extra-continentali, con i primi casi documentati in Europa, USA e Africa tra Gennaio e Febbraio 2020.
Il 30 Gennaio 2020, l’OMS dichiarava l’epidemia una emergenza globale. Il 21 Febbraio 2020 esplodeva l’epidemia in Italia, che fino a quella data contava solo 3 casi. Stando agli ultimi dati nazionali – aggiornati al 27.02.2020 – si contano 528 casi positivi (tra cui 8 minori) in 12 Regioni della Penisola, con 14 pazienti deceduti (2,6%) e 42 guariti. La malattia si presenta con decorso più severo nelle persone anziane con comorbidità, determinando insufficienza respiratoria per danno alveolare diffuso (ARDS), MOF (Multi Organ Failure) extrapolmonare e shock, fino all’exitus (1-3).
L’evidenza di multipli contagi in ambiente familiare e tra gli operatori sanitari suggerisce la trasmissione interumana mediante droplets, contatto diretto o con materiale contaminato (4-6). Il virus ha un tempo d’incubazione medio di 3 giorni (range 0-24) con potenziale trasmissione anche nel periodo asintomatico (5, 7).
L’Italia è, attualmente, il primo Paese in Europa per numero di contagi e il quinto nel mondo dopo Cina, Corea del Sud, Giappone e Singapore. L’intera classe medica nazionale, per questo motivo, si trova ad affrontare in prima linea l’emergenza sanitaria che è in corso.
ASPETTI RADIOLOGICI
La COVID-19 ha come manifestazione clinica predominante la polmonite e l’imaging radiologico gioca un ruolo fondamentale nell’iter diagnostico, nel management e nel follow-up di questa malattia.
Saranno di seguite riportate in sintesi le principali caratteristiche radiologiche della polmonite COVID-19, derivate dalle evidenze riportate negli studi effettuati sino ad oggi sulla popolazione cinese positiva.
L’esame radiografico standard (RX) del torace è gravato da bassa sensibilità nell’identificazione delle alterazioni polmonari più precoci della COVID-19, caratterizzate da opacità a “vetro smerigliato”, pertanto non è l’esame radiologico indicato nelle fasi iniziali della malattia, potendo risultare completamente negativo (8). Necessario, tuttavia, considerare che in molte delle infezioni polmonari acquisite in comunità, le alterazioni si rendono manifeste all’RX del torace entro un intervallo di tempo – di solito 12 ore – dall’inizio della sintomatologia e, quindi, l’esame può essere negativo se effettuato troppo precocemente(9).
Nelle fasi più avanzate dell’infezione l’esame RX del torace mostra opacità alveolari multifocali bilaterali, che tendono alla confluenza sino all’opacamento completo del polmone, con possibile piccola falda di versamento pleurico associato.
Di contro, la TC del torace, in particolare la TC ad alta risoluzione (HRCT), è la metodica di scelta nello studio della polmonite COVID-19, anche nelle fasi iniziali, data l’elevata sensibilità della metodica (4, 8, 10).
La polmonite COVID-19 presenta reperti e pattern HRCT vari ed aspecifici, potendo trovarsi anche in altre infezioni polmonari, come quella da Influenza A (H1N1), da CMV, da altri coronavirus (SARS, MERS), da streptococco e nelle polmoniti da germi atipici (Clamydia, Mycoplasma).
Al momento sono stati effettuati 6 studi su coorti di pazienti con diagnosi accertata (8, 11-15), tra i quali quello di Bernheim A et al. comprendente 121 pazienti (15). I reperti di più comune riscontro in HRCT sono stati le aree a “vetro smerigliato o ground glass” (GG) multifocali bilaterali associate ad aree di consolidazione con distribuzione a chiazze, prevalentemente periferiche/subpleuriche e con maggior coinvolgimento delle regioni posteriori e dei lobi inferiori.
Nella polmonite COVID-19 è stato osservato anche il pattern GG “puro”, focale o multifocale, e il pattern “crazy paving”, caratterizzato dalla presenza di aree di GG sovrapposto ad ispessimento liscio dell’interstizio interlobulare ed intralobulare. Più rara la presenza esclusiva di consolidazioni, del “reversed halo sign” (area focale di GG delimitata da anello periferico ± completo di consolidazione) e il riscontro di cavitazioni, calcificazioni, linfoadenopatie e versamento pleurico.
Lo schema sotto riportato, presentato nella recente review di Zi Yue Zu et al. (16), riassume i vari reperti TC della polmonite COVID-19 e la frequenza di riscontro nei pazienti delle coorti studiate nei lavori recentemente pubblicati sull’argomento (8, 11-15).
Oltre che nelle prime fasi della diagnosi, l’HRCT è utile nel valutare il decorso e la severità della malattia, e quindi nell’orientare il management clinico del paziente.
Nello studio di Chung JF (4) e in quello di Pan J (11), alcuni pazienti con test positivo per COVID-19 presentavano una TC iniziale negativa. All’esame TC di follow up a 3 giorni si documentava la comparsa di un’area focale di GG, a morfologia rotondeggiante, in sede subpleurica periferica. Gli autori hanno ipotizzato, pertanto, che questo sia il primo reperto HRCT a comparire nella fase precoce di malattia.
Bernheim A et al. (15) hanno analizzato retrospettivamente gli esami HRCT di 121 pazienti con diagnosi confermata di COVID-19, effettuata a vari intervalli dall’inizio della sintomatologia, mostrando che la frequenza dei reperti riscontrati in HRCT correla con la storia naturale dell’infezione. Il danno polmonare acuto correla con l’iniziale comparsa di aree di aumentata densità con aspetto GG, che tendono progressivamente a confluire in aree di consolidazione, con predilezione per le zone subpleuriche periferiche. Nelle fasi più tardive si può ricontrare con maggior frequenza il pattern “crazy paving” e il “reversed halo sign”.
Pan et al. (11) hanno tenuto sotto osservazione 21 pazienti della loro coorte, effettuando esami HRCT ripetuti alla distanza di 4 giorni e hanno individuato 4 stadi dell’infezione: precoce, progressione, picco e risoluzione. La progressione della malattia correla con l’aumento del numero, delle dimensioni e della densità delle aree di GG negli esami HRCT, con comparsa di consolidazioni parenchimali diffuse e bilaterali con broncogramma aereo nel contesto. La comparsa di estese consolidazioni polmonari all’imaging HRCT correla con la severità dell’infezione, come dimostrato in tutti i pazienti in condizioni cliniche severe (17).
Le modificazioni del quadro radiologico polmonare nella COVID-19 si verificano rapidamente e il riconoscimento da parte del radiologico delle caratteristiche più tipiche di questa infezione polmonare, sia nelle fasi iniziali che nel follow-up, ne facilita la diagnosi rapida ed accurata. Inoltre, l’imaging HRCT consente di valutare la completa risoluzione delle alterazioni polmonari e di identificare eventuali casi di possibile re-infezione.
ITER DIAGNOSTICO
Il primo step dell’ iter diagnostico della COVID-19 è un’accurata anamnesi epidemiologica che evidenzi una storia di esposizione del paziente nelle due settimane precedenti con persone provenienti da zone interessate dall’epidemia. La diagnosi finale viene fatta mediante RT-PCR (Real Time – Polymerase Chain Reaction) su campioni di sangue o respiratori (18). Con l’estensione del contagio è salito il numero dei pazienti la cui storia epidemiologica risulta difficile da ricostruire. Basandosi sulle raccomandazioni dell’OMS per le precedenti infezioni da altri coronavirus ( SARS e MERS), la Commissione Nazionale della Sanità Cinese ha stilato il documento “Diagnosis and treatment Program of 2019 New Coronavirus Pneumonia (sixth edition)” (18, 19). Secondo tale documento, il paziente con una storia di esposizione e 2 condizioni tra, febbre con sintomi respiratori, segni radiologici di polmonite virale e valori normali o ridotti di globuli bianchi o di linfociti, è ritenuto un caso sospetto, come indicato nella Tabella 1 (16). In assenza di una chiara storia di esposizione, devono essere presenti tutte le 3 condizioni indicate per porre il sospetto.
Nella versione precedente (fifth edition) delle linee guida cinesi (20), il riscontro di reperti TC compatibili con polmonite virale venivano considerati come un’evidenza di diagnosi clinica di infezione COVID-19 nella provincia di Hubei. Tuttavia, l’OMS, con un report pubblicato il 18 Febbraio 2020 (21), non ha accettato che la diagnosi di infezione COVID-19 fosse basata sui reperti TC senza la conferma con il test RT-PCR. Pertanto, nel più recente documento delle linee guida cinesi, sopra citato (Diagnosis and treatment Program of 2019 New Coronavirus Pneumonia – sixth edition) (18) è stato eliminato il termine “diagnosi clinica”. Quindi, la conferma diagnostica definitiva si basa sulla positività del test RT-PCR oppure sul sequenziamento del genoma virale, come da raccomandazioni dell’OMS (21).
Va considerato, comunque, che pur rimanendo lo standard di riferimento per la diagnosi conclusiva di COVID-19, la RT-PCR su campione sanguigno o respiratorio può avere dei falsi negativi, dovuti ad errori di campionamento o alla bassa carica virale (22-24). Alcuni studi hanno dimostrato una ridotta sensibilità nei primi 5 giorni di malattia (25-27). E’ stato, infatti, dimostrato che reperti indicativi di coinvolgimento polmonare erano presenti al primo esame HRCT nel 98% (50/51) dei casi infetti, rispetto alla prima RT-PCR, che era risultata positiva solo nel 71% (36/51) di questi (28). Sulla base di tali evidenze e la situazione di grave emergenza della Cina, la Commissione di Salute Pubblica Cinese ha “incoraggiato” la diagnosi basata sui dati clinici e radiologici all’esame TC nelle aree “rosse” (29), nonostante le raccomandazioni dell’OMS.
TABELLA 1
Conclusioni
In sintesi, la diagnosi di COVID-19 dovrebbe fondarsi sulla combinazione di dati epidemiologici, clinici e radiologici, e sui risultati del test RT-PCR, considerato il gold standard diagnostico. I reperti radiologici di più comune riscontro in HRCT, per quanto aspecifici, sono rappresentati da aree a “vetro smerigliato” multifocali bilaterali associate ad aree di consolidazione con distribuzione a chiazze, prevalentemente periferiche/subpleuriche e con maggior coinvolgimento delle regioni posteriori e dei lobi inferiori. Il riconoscimento da parte del medico radiologo delle caratteristiche più peculiari all’imaging HRCT della polmonite COVID-19 è di cruciale importanza nella identificazione in fase iniziale della malattia, nella valutazione di severità e nella corretta interpretazione delle modificazioni temporali del quadro radiologico durante il follow-up, fino alla risoluzione. In tale contesto, l’imaging HRCT svolge un ruolo anche nella identificazione di eventuali casi di non completa risoluzione o di possibile re-infezione.
Sulla base delle evidenze scientifiche finora acquisite, si intende, inoltre, sottolineare che, considerando l’aspecificità dei segni e dei pattern HRCT della polmonite COVID-19 che non consentono di esprimere un giudizio diagnostico di certezza, l’esame HRCT del torace non può essere considerato sostitutivo del test RT-PCR nella diagnosi di COVID-19, né tantomeno utilizzato come mezzo di screening clinico.
A dirlo è uno studio scientifico realizzato dal Massachusetts Institute of Technology sull’esperienza avuta in Liberia
Informare correttamente durante un’epidemia può essere fondamentale per sensibilizzare le comunità. Ma c’è un sistema comunicativo che vale più degli altri: la comunicazione porta a porta. A dirlo è uno studio scientifico realizzato dal Massachusetts Institute of Technology che parte dall’esperienza avuta in Liberia che fu, tra il 2014 e il 2015, epicentro di un focolaio di ebola che causò più di 10mila morti in Africa occidentale. Secondo i ricercatori le vittime sarebbero state di più (e i risultati sarebbero stati peggiori) senza il programma di sensibilizzazione che venne avviato dal governo della Liberia alla fine del 2014. Il programma consisteva nella diffusione di informazioni da parte dei ricercatori con una tecnica diretta, porta a porta, appunto.
I risultati dimostrano anche come i Paesi con risorse molto limitate possono in questo modo contrastare le epidemie e ottenere un maggior gradimento da parte della cittadinanza proprio in circostanze difficili e di crisi. Sull’Ebola, dice Lily Tsai, docente di scienze politiche al Mit, “la gente sapeva di più, aveva una comprensione più concreta dell’epidemia ed era più disposta a rispettare le misure di controllo del governo. E a valle, è più probabile che si fidino delle istituzioni governative”. In effetti, dopo aver parlato con i ricercatori, i residenti di Monrovia (la capitale della Liberia) sono risultati essere per il 15% in più a sostegno delle politiche di controllo delle malattie, il 10% in meno a favore della violazione del divieto di riunioni pubbliche per limitare la diffusione dell’Ebola, avevano il 9% in più di fiducia verso il ministero della Salute e il 10% in più di probabilità di usare un disinfettante per le mani.
I numeri dei contagi soprattutto in Lombardia, Veneto, Emilia Romagna sono sempre più alti e in questi giorni di grande incertezza sono moltissime le chiamate che arrivano ai numeri di emergenza di cittadini spaventati, che voglio avere informazioni, ma soprattutto di persone che, con tosse e febbre, temono di aver contratto il coronavirus. Che cosa dobbiamo fare dunque se sospettiamo di aver contratto Covid-19?
Le opzioni disponibili sono due:
– telefonare al proprio medico di base segnalando i sintomi. Tutti i medici di famiglia hanno a disposizione una scheda di triage telefonico da utilizzare per porre ai pazienti, sospetti di un contagio da Covid-19, domande con le quali dare una prima diagnosi. Sarà sempre il medico di famiglia a consigliare ogni ulteriore step da seguire, compresa la possibilità di prelevare il paziente per un eventuale trasferimento in ospedale.
– chiamare il numero di emergenza che ogni Regione ha attivato dove rispondono operatori in grado di dare informazioni e avviare una procedura personale se lo ritengono necessario.
È inutile chiedere o pretendere il tampone: saranno i medici valutando sintomi, contesto, luogo di residenza a disporre o no il tampone
«In questo periodo è in corso anche la fine dell’epidemia influenzale ed è anche difficile interpretare bene i sintomi e si rischiano sovrapposizioni. L’unico elemento che caratterizza Covid-19 da un’influenza è il fatto che il coronavirus può portare a difficoltà respiratorie, anche se non è sempre così» chiarisce l’infettivologo Fabrizio Pregliasco.
In generale non va chiamato il 112 (o 118) che è il numero di emergenza valido per tutte le emergenza e non solo il coronavirus (incidenti stradali, infarti, ictus ecc). Questo numero va chiamato solo se il paziente accusa gravi difficoltà respiratorie. È importante che tutti i cittadini si attengono a queste procedure per evitare che il numero di emergenza si intasi ulteriormente. Alcuni ospedali hanno montato tende esterne davanti ai pronto soccorso per effettuare il triage sui sospetti contagiati da coronavirus: qui devono recarsi solo coloro che sono stati invitati a farlo dal medico di famiglia o dagli operatori dei numeri di emergenza. Chi, e solo chi ha davvero un’emergenza deve chiamare il 112 piuttosto che recarsi in modo autonomo in ospedale: solo così sarà garantita immediata assistenza
È anche raccomandato di evitare di recarsi fisicamente al pronto soccorso se non proprio necessario o dal medico di famiglia: come è noto sono proprio ospedali e gli studi medici, dove circolano pazienti, i luoghi dove è più facile che si amplifichi l’epidemia.
Qui sotto i numeri di emergenza regione per regione:
LOMBARDIA
numero verde per info: 800.894.545
numero unico nazionale: 1.500
numero per la segnalazione dei casi: 112
VENETO
numero verde per info: 800.462.340
numero unico nazionale: 1.500
numero per la segnalazione dei casi: 112
PIEMONTE
numero verde per info: 800.192.020
numero unico nazionale: 1.500
numero per la segnalazione dei casi: 112
LIGURIA
numero unico nazionale: 1.500
numero per la segnalazione dei casi: 112
EMILIA ROMAGNA
numero verde per info:800.033.033
numero unico nazionale: 1.500
numero per la segnalazione dei casi: 112
TRENTINO ALTO ADIGE
numero verde per info: 800.751.751
numero unico nazionale: 1.500
numero per la segnalazione dei casi: 112
FRIULI VENEZIA GIULIA
numero verde per info: 800.500.300
numero unico nazionale: 1.500
numero per la segnalazione dei casi: 112
TOSCANA
numero verde per info: 800.556.060
numero unico nazionale: 1.500
numero per la segnalazione dei casi: 112
BASILICATA
numero unico nazionale: 1.500
numero per la segnalazione dei casi: 112
ABRUZZO
numero unico nazionale: 1.500
numero per la segnalazione dei casi: 112
CAMPANIA
numero verde per info: 800.909.699
numero unico nazionale: 1.500
numero per la segnalazione dei casi: 112
MARCHE
numero verde per info: 800.936.677
numero unico nazionale: 1.500
numero per la segnalazione dei casi: 112
PUGLIA
numero unico nazionale: 1.500
numero per la segnalazione dei casi: 112
LAZIO
numero unico nazionale: 1.500
numero per la segnalazione dei casi: 112
CALABRIA
numero verde per info: 800.767.676
numero unico nazionale: 1.500
numero per la segnalazione dei casi: 112
VALLE D’AOSTA
numero verde per info: 800.122.121
numero unico nazionale: 1.500
numero per la segnalazione dei casi: 112
UMBRIA
numero verde per info: 800.636.363
numero unico nazionale: 1.500
numero per la segnalazione dei casi: 112
La Valutazione dei Rischi prevede già un titolo dove viene valutato il rischio biologico anche se inteso come rischio indiretto e non per l’uso deliberato di specifici agenti biologici; In considerazione delle recenti evoluzioni epidemiche da Coronavirus é necessario che anche il DVR sia aggiornato con un capitolo a parte che comprenda tutte le valutazioni e le misure in relazione ad ogni specifica attività lavorativa
OBIETTIVI DELLA VALUTAZIONE
Gli interventi a seguito della valutazione del rischio saranno finalizzati a due obiettivi:
1. ridurre la trasmissione del virus;
2. ridurre il rischio che un lavoratore suscettibile si infetti.
TIPOLOGIA DELLE MISURE DA ADOTTARE
L’ISPESL ha individuato tre tipi di misure da adottare:
Strutturali: riguardano l’ambiente nel quale viene svolta l’attività lavorativa (es. barriere fisiche di protezione, presidi per il lavaggio delle mani);
Organizzative: riguardano le procedure da adottare sul luogo di lavoro per informare e proteggere il lavoratore (es. istruzioni per il lavaggio delle mani, per la corretta igiene respiratoria);
Comportamentali: riguardano gli atteggiamenti da intraprendere da parte del singolo lavoratore (es. utilizzo dei dispositivi di protezione individuale) [si vedano I documenti Ispesl sull’Influenza A).
LIVELLI DI RISCHIO PER GLI OPERATORI
È possibile distinguere quattro livelli di rischio per gli operatori:
1. Occupazioni a rischio di esposizione molto alto [operatori sanitari (OS) che eseguono manovre che generano aerosol su pazienti noti o sospetti per aver contratto il virus, OS o laboratoristi che raccolgono o manipolano campioni provenienti da soggetti noti o sospetti per aver contratto il virus].
2. Occupazioni a rischio di esposizione alto [OS adibiti a mansioni assistenziali nei confronti di pazienti noti o sospetti per aver contratto il virus; OS adibiti al trasporto di pazienti noti o sospetti per aver contratto il virus pandemico all’interno di ambulanze, OS che eseguono autopsie di pazienti noti o sospetti per aver contratto il virus pandemico; addetti alle camere mortuarie].
3. Occupazioni a rischio di esposizione medio [lavoratori del pubblico impiego addetti agli sportelli, lavoratori nel settore del trasporto aereo e navale, personale scolastico, lavoratori del settore alberghiero, forze dell’ordine, lavoratori del commercio, in particolare addetti alle casse ecc.].
4. Occupazioni a rischio di esposizione basso [impiegati di uffici senza accesso al pubblico].
TIPOLOGIE DI RISCHIO
Nel caso di scenario a bassa probabilità di diffusione del contagio – “ipoteticamente ascrivibile a zone nelle quali non siano presenti, nell’intera provincia, conclamati casi di contrazione della malattia o a tutti gli altri casi in cui si ritenga di definire “bassa” la probabilità di diffusione (in relazione allo stato dei fatti)” – il Datore di Lavoro “ritiene, al minimo, di adottare le seguenti misure di prevenzione e protezione:
Informazione a tutti i lavoratori in merito al rischio, mediante diffusione capillare […];
Affissione, in uno o più punti visibili della sede di lavoro, nonché nei servizi igienici e nelle mense e/o zone ristoro, del ‘decalogo’ […]. Tale manifesto dovrà essere sostituito quando dovesse essere emesso un similare ritenuto dalle autorità più aggiornato o più completo;
Affissione, nei servizi igienici aziendali, nei pressi dei lavamani, nonché nelle mense e/o zone ristoro ove siano presenti lavandini, delle ‘istruzioni grafiche per il lavaggio mani;
Stretto controllo sugli accessi esterni (intesi come fornitori e/o appaltatori), per la limitazione al minimo dei contatti con i propri lavoratori. Se necessario, dotazione agli stessi di mascherina chirurgica;
Allontanamento immediato dal lavoro di qualunque lavoratore manifesti sintomi ascrivibili a quelli del coronavirus e interdizione per lo stesso al rientro al lavoro fino ad accertata negatività rispetto al virus o a completa guarigione”.
Nel caso di scenari a media probabilità di diffusione del contagio andranno adottate, scrivono i nostri tre autori, le seguenti “misure di prevenzione e protezione:
Tutte le misure indicate per Scenario 1 a basso rischio;
Dotazione di dispenser distributori di igienizzante alcoolico per le mani agli ingressi aziendali, con cartello indicante la necessità di disinfezione delle mani all’ingresso presso la sede di lavoro (valido anche per l’ingresso di utenti esterni);
Uso di guanti in lattice monouso da parte dei lavoratori che debbano interagire con materiali / prodotti da scaffale, permanentemente esposti alla clientela;
Una attenta e puntuale valutazione delle eventuali ulteriori azioni da mettere in atto per lavoratori appartenenti a fasce di popolazione sensibili rispetto al rischio (minori, lavoratori oltre i 60 anni, lavoratori con nota immunodeficienza o che la dichiarino per la prima volta, avvalorandola con atti … anche le donne in stato di gravidanza, pur non essendoci ad oggi alcuna informazione di letteratura che indichi l’incidenza del virus sul feto …);
Dotazione di disinfettanti per superfici a base alcoolica e panni di carta usa e getta, al minimo per le postazioni/uffici destinati ad accogliere utenti esterni;
Limitazione al minimo indispensabile di attività di front office nei confronti di utenti esterni: si preferiranno, ove possibile, gestioni telefoniche. Ove non possibile, saranno valutate opzioni di front office con predilezione delle postazioni munite di vetro di protezione”.
Coronavirus, il virologo Andreoni: «Fare più attenzione del solito ma inutile rinunciare alla palestra»
di Andrea Carli
26 Febbraio 2020
E ora, come mi devo comportare? Rischio di contrarre il coronavirus se vado in palestra o in piscina?». La domanda, in questi giorni in cui in Italia si registrano nuovi contagi, rimbalza sui social e nella chat di WhatsApp. «Certamente la palestra è una sede di grande aggregazione – riconosce Massimo Andreoni, professore ordinario di malattie infettive della facoltà di Medicina e chirurgia Università degli studi di Roma “Tor Vergata” -. Se è vero che il virus si tramette attraverso la saliva, tossendo e starnutendo a una distanza inferiore a un metro e mezzo, un rischio analogo, anzi anche più elevato, lo si potrebbe correre in fila alla posta, o al cinema in attesa di acquistare il biglietto per un film, o alla cassa di un supermercato». È dunque inutile rinunciare a quel momento di relax tra tapis roulant, cyclette, panche per addominali e bilancieri. Basta ricorrere a comportamenti di igiene personale adeguati.
In palestra contagio possibile
«Il sudore, di per sé, non veicola il coronavirus», chiarisce Andreoni, che è anche direttore scientifico della Simit (Società italiana di malattie infettive e tropicali). C’è però un aspetto da valutare. In palestra può capitare di servirsi di tappetini o bilancieri che, almeno sulla carta, potrebbero essere stati in precedenza utilizzati da una persona contagiata dal coronavirus. «Il contatto diretto – sottolinea lo specialista di malattie infettive – è, almeno potenzialmente, un’altra modalità di trasmissione: le goccioline di saliva trasmesse via aerea potrebbero infatti prima depositarsi su attrezzi, tappettini o quant’altro, quindi venire in contatto con le mani di persone, non infette, che di quegli strumenti fanno uso. Di qui le mani in bocca non sono da escludere. In questo scenario – continua Andreoni – le palestre potrebbero essere delle occasioni più pericolose rispetto agli esempi precedenti». Dall’altro lato, però, va ricordato che «il virus al di fuori delle cellule vive pochissimo: perché scatti eventualmente il contagio, è necessario che la sequenza in due fasi (la saliva si deposita su un oggetto e lo contamina, la persona sana prende l’oggetto e si mette le mani in bocca) avvenga in tempi molto stretti».
Lavarsi bene le mani dopo l’attività sportiva
Che fare allora? Secondo il virologo, «è buona norma quando si utilizza un attrezzo o un tappettino o qualsiasi altra cosa condivisa non mettersi le mani in bocca e lavarsi bene le mani con acqua e sapone al termine dell’attività sportiva. Sconsiglierei alle persone di non andare in palestra. Consiglierei invece loro di effettuare questi semplici gesti».
Rischio zero in piscina
Fin qui le attività in palestra. Che cosa rischia invece chi va a farsi una nuotata o a fare acquagym? «La piscina – risponde il professore dell’università di Tor Vergata – è un sistema di diluizione estrema del virus. È possibile che goccioline della saliva di una persona infetta finiscano in acqua, ma è talmente considerevole il volume del liquido che il rischio praticamente non c’è, anzi lo considererei nullo». Dunque: buona nuotata.
L’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ha proposto di abbassare la dose settimanale tollerabile di un gruppo di quattro sostanze perfluoroalchiliche (Pfas), le più persistenti nell’ambiente. I Pfas sono sostanze largamente utilizzate in diversi settori industriali, ad esempio per rendere resistenti ai grassi e all’acqua i tessuti e i rivestimenti per contenitori di alimenti. Il parere dell’Agenzia ne aggiorna uno precedente del 2018 su sole due sostanze prese individualmente, ed è stato realizzato grazie alla metodologia MixTox, finalizzata nel 2019, che consente di valutare il rischio per la salute di una miscela di chimici, noto anche come effetto cocktail. Efsa propone di fissare una dose settimanale tollerabile di 8 ng / kg di peso corporeo alla settimana per quattro Pfas. Il parere è in consultazione pubblica e tutti possono fornire dati, suggerimenti e indicazioni fino al 20 aprile.
Coronavirus: si può mangiare cinese? Serve la mascherina? 20 domande e risposte sull’epidemia
Come fare prevenzione, come distinguere un semplice raffreddore dal virus, quali luoghi pubblici frequentare, quando indossare la mascherina: 20 domande e risposte per combattere il contagio da coronavirus
Le situazioni di rischio da evitare, come fare prevenzione, come distinguere un semplice raffreddore dal virus, quali ristoranti e luoghi pubblici frequentare, quando indossare la mascherina e via elencando: 20 domande e risposte per combattere il contagio da coronavirus (Fonte: Istituto superiore di Sanità).
1) Cos’è un nuovo coronavirus e cos’è il nuovo coronavirus (2019 n-Cov)?
Per nuovo coronavirus si intende un nuovo ceppo di coronavirus che non è mai stato identificato prima nell’uomo. Il nuovo coronavirus (il cui nome scientifico è 2019-nCoV), è un virus a RNA rivestito da un capside e da un peri-capside attraversato da strutture glicoproteiche che gli conferiscono il tipico aspetto ‘a corona’. Fa parte della grande famiglia dei coronavirus ed è geneticamente collocato all’interno del genus Betacoronavirus, con un clade distinto nel lineage B del sub-genus Sarbecovirus così come due ceppi Sars-like non umani (pipistrelli).
2) Quali sono le condizioni di rischio?
Oggi sono considerate persone a rischio quelle che, negli ultimi quattordici giorni, si sono recate in zone in cui questa infezione si sta trasmettendo o che siano state a contatto con persone con infezione confermata in laboratorio da nuovo coronavirus
3) Quanto dura il periodo di incubazione del nuovo coronavirus (2019-nCoV)?
Le informazioni sulle caratteristiche cliniche delle infezioni da 2019-nCoV stanno aumentando. Si stima che il periodo di incubazione vari in media tra 3 e 7 giorni e fino a un periodo massimo di 14 giorni.
4) Il nuovo coronavirus (2019-nCoV) colpisce solo le persone anziane o anche i più giovani sono sensibili?
Le persone anziane e quelle con condizioni mediche pre-esistenti sembrano essere soggette a manifestazioni cliniche più gravi a seguito di infezione da nuovo coronavirus (2019-nCoV). Tuttavia, possono essere infettate dal virus persone di tutte le età.
Sintomi
5) Come distinguere la tosse da “infreddatura” da quella da nuovo coronavirus (2019-nCoV)?
Le condizioni di rischio di sviluppare questa infezione sono: aver viaggiato negli ultimi 14 giorni in zone in cui il virus sta circolando, avere avuto contatti con persone con infezione da nuovo coronavirus (2019-nCoV) confermata in laboratorio. In questi casi, si raccomanda di contattare il numero verde 1500, attivo 24 ore su 24, istituito dal Ministero della Salute per rispondere alle domande sul nuovo coronavirus (2019-nCoV) e fornire indicazioni sui comportamenti da seguire. In Italia, attualmente, stanno circolando altri virus, in particolare il virus influenzale. Qualora dovessero comparire febbre e disturbi respiratori, in assenza delle condizioni di rischio suddette, è opportuno rivolgersi al proprio medico curante.
6) L’infezione da nuovo coronavirus (2019-nCoV) causa sempre una polmonite grave?
No, l’infezione da nuovo coronavirus (2019-nCoV) può causare disturbi lievi, simil-influenzali, e infezioni più gravi come le polmoniti. È opportuno precisare, in ogni caso, che poiché i dati in nostro possesso provengono principalmente da studi su casi ospedalizzati, e pertanto più gravi, è possibile che sia sovrastimata al momento la proporzione di casi con manifestazioni cliniche gravi.
Diagnosi
7) Sottoporsi privatamente ad analisi del sangue, o di altri campioni biologici, permette di sapere se si è contratto il nuovo coronavirus (2019-nCoV)?
No. Non esistono al momento kit commerciali per confermare la diagnosi di infezione da nuovo coronavirus (2019-nCoV). La diagnosi deve essere eseguita nei laboratori di riferimento Regionale, in caso di positività al nuovo coronavirus (2019-nCoV), la diagnosi deve essere confermata dal laboratorio di riferimento nazionale dell’Istituto Superiore di Sanità. Qualora si sia stati esposti a fattori di rischio – quali viaggi nelle zone della Cina in cui il virus sta circolando o si abbia avuto un contatto con persone in cui l’infezione sia stata accertata in laboratorio – è possibile contattare il numero verde 1500, messo a disposizione dal ministero della Salute, per avere risposte da medici specificamente preparati e ricevere indicazioni su come comportarsi.
8) In caso di sintomi respiratori e paura di aver contratto il nuovo coronavirus (2019-nCoV) è necessario chiamare il 118 per andare in ospedale o è sufficiente andare dal proprio medico curante?
Se si è stati esposti a fattori di rischio, come aver viaggiato nelle zone della Cina in cui il nuovo coronavirus (2019-nCoV) sta circolando o si è stati a contatto con persone con infezione da nuovo coronavirus (2019-nCoV) confermata in laboratorio, per prima cosa è opportuno contattare il numero verde 1500, attivo 24 ore su 24, messo a disposizione dal Ministero della Salute, per avere maggiori informazioni e indicazioni sui comportamenti da seguire.
Trasmissione
9) Le persone asintomatiche possono trasmettere l’infezione da nuovo coronavirus (2019-nCoV)?
La principale via di trasmissione del virus, secondo l’OMS, in base ai dati attuali disponibili, avviene attraverso il contatto stretto con persone sintomatiche. È ritenuto possibile, in casi molto rari, che persone nelle fasi prodromiche della malattia, e quindi con sintomi molto lievi, possano trasmettere il virus.
10) Si può andare a mangiare in un ristorante cinese in Italia?E i prodotti made in China in vendita possono trasmettere il nuovo coronavirus (2019-nCoV)?
Le conoscenze di cui disponiamo al momento ci dicono che la trasmissione di questo virus non avviene per via alimentare. Parimenti non c’è evidenza che oggetti, prodotti in Cina o altrove, possano trasmettere il nuovo coronavirus (2019-nCoV).
11) La comparsa di tosse dopo essere stati in metropolitana vicino a una persona che tossiva può indicare la presenza di infezione da nuovo coronavirus (2019-nCoV)?
Se dovessero comparire sintomi come febbre, tosse, mal di gola, mal di testa e, in particolare, difficoltà respiratorie, è opportuno rivolgersi al proprio medico curante.
12) È vero che si può contrarre il nuovo coronavirus (2019-nCoV) attraverso il contatto con le maniglie degli autobus?
Allo stato attuale è altamente improbabile che possa verificarsi un contagio attraverso le maniglie degli autobus o della metropolitana. È comunque buona norma, per prevenire infezioni, anche respiratorie, lavarsi frequentemente e accuratamente le mani, dopo aver toccato oggetti e superfici potenzialmente sporchi, prima di portarle al viso, agli occhi e alla bocca.
13) Ricevere una lettera o un pacco dalla Cina può essere pericoloso?
No, le persone che ricevono pacchi dalla Cina non sono a rischio di contrarre il nuovo coronavirus (2019-nCoV). Da precedenti analisi, sappiamo che i coronavirus non sopravvivono a lungo su oggetti come lettere o pacchi.
14) Gli animali domestici possono diffondere il nuovo coronavirus (2019-nCoV)?
Al momento, non ci sono prove che animali da compagnia come cani e gatti possano essere infettati dal virus. Tuttavia, è sempre bene lavarsi le mani con acqua e sapone dopo il contatto con gli animali domestici.
Prevenzione
15) Esiste un vaccino contro il nuovo coronavirus (2019-nCoV)?
Al momento non è disponibile un vaccino contro il nuovo coronavirus (2019-nCoV). Quando si sviluppa una nuova malattia, un vaccino diventa disponibile solo dopo un processo di sviluppo che può richiedere diversi anni.
16) Il risciacquo regolare del naso con una soluzione salina può aiutare a prevenire l’infezione da nuovo coronavirus (2019-nCoV)?
No, non ci sono prove che il risciacquo regolare del naso con soluzione salina protegga le persone da infezioni con il nuovo coronavirus (2019-nCoV).
17) Il lavaggio delle mani serve veramente per prevenire l’infezione da coronavirus?
Il lavaggio e la disinfezione delle mani sono la chiave per prevenire l’infezione. Bisogna lavarsi le mani spesso e accuratamente con acqua e sapone per almeno 20 secondi. Se non sono disponibili acqua e sapone, è possibile utilizzare anche un disinfettante per mani a base di alcol con almeno il 60% di alcol. Il virus entra nel corpo attraverso gli occhi, il naso e la bocca, quindi evita di toccarli con le mani non lavate.
18) I vaccini contro la polmonite proteggono contro il nuovo coronavirus (2019-nCoV)?
No, i vaccini contro alcuni tipi di polmonite, come il vaccino anti-pneumococcico e il vaccino contro l’Haemophilus influenzae B (Hib), non forniscono protezione contro il nuovo coronavirus (2019-nCoV). Ciò nonostante, questi vaccini sono indicati in categorie di popolazione a rischio per queste infezioni.
19) Assumere farmaci antivirali previene l’infezione da nuovo coronavirus (2019-nCoV)?
Allo stato attuale non ci sono evidenze scientifiche che l’uso dei farmaci antivirali prevenga l’infezione da nuovo coronavirus (2019-nCoV).
20) Quando dobbiamo indossare la mascherina?
– Sì, se hai sintomi di malattie respiratorie, come tosse e difficoltà respiratorie.
– Sì, se stai prestando assistenza a persone con sintomi di malattie respiratorie
– Sì, se sei un operatore sanitario e assisti persone con sintomi di malattie respiratorie
– Non è invece necessaria per la popolazione generale in assenza diu sintomi di malattie respiratorie
Da il sole24ore fonte istituto superiore di sanità
Coronavirus, ormai l’Amuchina è introvabile nelle farmacie e nei supermercati mentre sul web i prezzi arrivano alle stelle. L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha messo in rete la sua ricettaper fare in casa un valido disinfettante per le mani. Eccola, per un litro: 833 ml di alcol etilico al 96%, 42 ml di acqua ossigenata al 3%, 15 ml di glicerina (glicerolo) al 98%. Acqua distillata oppure bollita e raffreddata quanto basta per arrivare a un litro. Mettere in bottigliette. Sul sito del ministero della salute, invece, è possibile trovare il decalogo con le regole per lavarsi le mani in maniera corretta. Necessario – si legge – lavarsi le mani spesso e per almeno 60 secondi, se non sono disponibili acqua e sapone è possibile utilizzare un disinfettante a base di alcol (concentrazione di alcol di almeno il 60%).
Coronavirus: «In 10 giorni finite le mascherine che vendo in 10 anni». Boom di igienizzanti
Con lo scoppio dell’allarme coronavirus è arrivata una pioggia di ordini anche alle imprese italiane. Crescita triplicata per gli acquisti di igienizzanti in farmacia
C’è una piccola nicchia della produzione che sta vivendo un’esplosione della domanda: è quello delle mascherine e degli igienizzanti. Con lo scoppio dell’allarme coronavirus è arrivata una pioggia di ordini anche alle imprese italiane, come la Dpi di Roma. «In 10 giorni abbiamo finito le scorte di 10 anni. Negli ultimi giorni sono arrivate richieste per decine di milioni di pezzi di mascherine», avverte il presidente dell’azienda romana, Vittorio de Blasiis, specializzata in maschere professionali per la protezione delle vie respiratorie.
A segnalare questa crescita esponenziale della domanda di mascherine è anche Assositema Safety che riunisce 23 aziende produttrici in Italia: «In questi ultimi giorni – avverte il presidente Claudio Galbiati – sono arrivate alla nostra associazione richieste per 6 milioni di pezzi che abbiamo girato alle nostre associate». Ma oltre alla corsa alle mascherine si segnala anche un boom di acquisti di igienizzanti in farmacia dove la crescita nelle ultime settimane si è triplicata (+427%).
Il caso dell’azienda romana
«Riceviamo praticamente ogni giorno ordini per acquisti di milioni di pezzi che non possiamo più soddisfare perché in 10 giorni abbiamo terminato le scorte di 10 anni», spiega de Blasiis che sottolinea anche come la sua azienda, la Dpi di Roma, non produca più direttamente questo tipo di mascherine filtranti «per il basso valore aggiunto», al contrario di quelle professionali più complesse, e quindi da anni vengono importate «dall’oriente, addirittura una delle aziende produttrici più importanti è della zona di Wuhan».
La destinazione della maggior parte degli ordini neanche a dirlo è la Cina, in pratica tornano in molti casi dove sono state prodotte: «Ma ci sono anche multinazionali che hanno delle sedi lì che ce le chiedono per tutelare i loro lavoratori». Il presidente della Dpi non condivide la psicosi che ha colpito molti italiani che la indossano anche qui in Italia, «dove al momento non ci sono rischi» e segnala anche come ci sia il rischio che qualcuno ci speculi sopra: «Ho trovato su ebay un set di 12 mascherine che noi vendiamo a 6 euro rivendute a 50 euro».
Boom di acquisti nelle farmacie A gennaio c’è stato un picco di vendite in farmacia di mascherine e igienizzannti. Gli acquisti di mascherine secondo Iqvia (provider globale di informazioni in ambito sanitario e farmaceutico) si sono quadruplicati rispetto a prima del 20 gennaio, passando da un fatturato di 42mila a 180mila euro. Nella settimana del 27 gennaio aumento del 113% con un fatturato di 385mila euro.
Il valore medio settimanale delle vendite di mascherine in farmacia nelle settimane precedenti allo scoppio dell’allarme era di circa 30 mila euro. Il prezzo da noi è rimasto costante, mentre «nel mondo costano anche 20 volte di più», ha spiegato l’Oms che chiede di evitare l’accaparramento selvaggio poiché le scorte globali sono praticamente esaurite.
Sempre secondo Iqvia, un’altra categoria di prodotti che registra picchi di vendita è quella degli igienizzanti per le mani che nella settimana del 27 gennaio sono cresciuti del 328% rispetto alla settimana precedente, con un fatturato totale in quella settimana di 561 mila euro. Nel periodo da novembre a metà gennaio, il fatturato medio settimanale di questi prodotti era di 68 mila euro
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