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Coronavirus: nell’80-90% dei casi è come l’influenza, per gli altri rischio polmonite

 

Da il sole24ore

Ora che il numero dei contagi da coronavirus cresce anche nel nostro Paese è utile capire quali sono al momento le conseguenze più conosciute di questo virus. Effetti che sono stati riepilogati da Giovanni Maga, direttore Cnr-Igm, Istituto di genetica molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche: nell’80-90% dei casi chi contrae il coronavirus ha gli stessi sintomi dell’influenza. Nel resto dei pazienti può svilupparsi una polmonite con un ricovero in terapia intensiva nel 4% dei casi.

I DATI  EPIDEMIOLOGICI

«Linfezione, dai dati epidemiologici oggi disponibili su decine di migliaia di casi, causa sintomi lievi e moderati – una specie di influenza – nell’80-90% dei casi», avverte Giovanni Maga. E per il resto dei pazienti che sono stati contagiati dal coronavirus? «Nel 10-15% – spiega il ricercatore del Cnr – può svilupparsi una polmonite, il cui decorso è però benigno in assoluta maggioranza». Non sempre però, perché secondo i dati disponibili finora si calcola anche che « il 4% dei pazienti richieda ricovero in terapia intensiva». Questi gli effetti nel complesso. Ma le conseguenze variano a seconda del paziente: «Il rischio di gravi complicanze aumenta con l’età, e le persone sopra 65 anni o con patologie preesistenti o immunodepresse – sottolinea ancora il direttore dell’Istituto di genetica molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche – sono ovviamente più a rischio, così come lo sarebbero per l’influenza»

Le precauzioni
Giovanni Maga ricorda poi le precauzioni da adottare in caso di sintomi che facciano pensare a un contagio: «Il cittadino che ritenga di avere avuto contatti con persone attualmente poste sotto sorveglianza o che provenissero dalla Cina, soprattutto se manifesta sintomi influenzali, dovrebbe segnalarlo al 112 o al 1500 per essere preso in carico dagli operatori specializzati». Ma il ricercatore spiega anche come sia fondamentale non farsi prendere dal panico: «Non serve correre al pronto soccorso né chiudersi in casa. Ricordiamo che al momento parliamo di un gruppo di pochi casi localizzati e i cui contatti sono tracciati attivamente». «Il quadro potrebbe cambiare ovviamente nei prossimi giorni, ma – conclude Maga – il nostro sistema sanitario è in stato di massima allerta e capace di gestire efficacemente anche la eventuale comparsa di altri piccoli focolai come quello attuale». Quindi? «Al di fuori dell’area limitata in cui si sono verificati i casi, il cittadino può continuare a condurre una vita assolutamente normale. Seguendo le elementari norme di igiene, soprattutto levandosi le mani se ha frequentato luoghi affollati, ed evitando di portarsi alla bocca o agli occhi le mani non lavate».

CORONAVIRUS E INFLUENZA TASSI A CONFRONTO

Da ilsole24ore. It

Nel pieno dell’emergenza coronavirus di cui si attende in queste settimane il picco massimo è possibile cominciare a fare dei primi confronti tra questo virus e altri simili che hanno dato origine a epidemie in anni recenti. Per ora il nuovo virus in arrivo dalla Cina si è dimostrato meno letale – 2% il tasso di mortalità – di altri virus zoonotici (che hanno fatto il salto dall’animale all’uomo) ma molto più contagioso. Discorso diverso per l’influenza stagionale che quest’anno avrà 7 milioni di casi e tasso di mortalità che se sarà in linea con gli anni passati sarà sotto l’uno per mille.

I numeri del coronavirus
Dopo l’ultimo aggiornamento delle cifre dell’epidemia di coronavirus (al 12 febbraio) il numero dei morti in Cina sono 1.115 a fronte di 45179 casi in tutto il mondo, di cui 44 6650 nella sola Cina continentale e il picco, fuori dall’Asia, risulta in Germania, con 16 contagiati, seguita da Australia (15) e Stati Uniti (13), mentre l’Italia è ferma a 3. Numeri che già da alcuni giorni hanno segnato il sorpasso sulla Sars che nel Paese asiatico nel 2003 aveva fatto 349 morti. Un sorpasso, hanno spiegato gli esperti, atteso: il coronavirus attuale sta mostrando infatti una capacità superiore di trasmettersi rispetto alla Sars, quindi dà un numero di casi maggiore, anche se la letalità appare almeno al momento più bassa. Ad aumentare la contagiosità c’è anche il fatto che i sintomi spesso sono più lievi, e quindi, soprattutto quando ancora non si era consapevoli dei rischi, le persone contagiate circolavano molto di più.

I tassi di mortalità a confronto
Al momento il coronavirus, come hanno appena ribadito i Centri per il Controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc) di Washington si sta diffondendo a grande velocità con una mortalità – secondo i dati provenienti dalla Cina – stimata al momento intorno al 2%. La Mers, l’epidemia del coronavirus “mediorientale”, in tutto ha registrato 2494 casi con 858 morti, con un tasso di letalità del 34,4%. La più nota epidemia Sars in due anni ha fatto 8096 casi con 774 morti, con un tasso di letalità del 9,6%. Il virus Ebola, la cui epidemia in corso in Congo è tutt’ora un’emergenza internazionale di salute pubblica dell’Oms, ha un tasso di letalità stimato intorno al 50%. E l’influenza stagionale? La letalità stimata per l’influenza stagionale è inferiore all’uno per mille. Per quest’anno in Italia sono attesi 7 milioni di casi (sotto gli 8 milioni del 2018-2019). Al momento hanno superato i 4,2milioni di casi. Durante la quarta settimana del 2020 – avverte il sito Epicentro dell’Istituto superiore di Sanità – «la mortalità (totale) è stata in linea con il dato atteso, con una media giornaliera di 234 decessi»

 

CORONAVIRUS : PRIMO CASO IN LOMBARDIA

da il corriere.it
Primo caso di contagio da coronavirus in Lombardia. Un 38enne ricoverato all’ospedale di Codogno, nel Lodigiano, è risultato positivo al test.«Sono in corso le controanalisi a cura dell’Istituto Superiore di Sanità», ha detto l’assessore al Welfare della Regione Lombardia Giulio Gallera aggiungendo che l’uomo «è ricoverato in terapia intensiva i cui accessi al pronto soccorso e le cui attività programmate, a livello cautelativo, sono attualmente interrotti». L’uomo contagiato, a fine gennaio, era stato a cena con alcuni colleghi di ritorno dalla Cina. Il 37enne, da quanto si è potuto sapere, si è presentato all’ospedale giovedì e ora le autorità sanitarie stanno ricostruendo i suoi spostamenti negli ultimi giorni. «Le persone che sono state a contatto con il paziente – ha aggiunto l’assessore – sono in fase di individuazione e sottoposte a controlli specifici e alle misure necessarie». Nella mattinata di venerdì è prevista una conferenza stampa per fornire maggiori dettagli sulla vicenda e illustrare i provvedimenti sanitari adottati.

GIORNALE ITALIANO DI MEDICINA DEL LAVORO ED ERGONOMIA 2019 E ARCHIVI

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Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia

Volume XLI – N. 4 Ottobre-Dicembre 2019

In questo volume sono presenti 20 articoli:

1. Nuovi criteri internazionali per la valutazione del rischio vascolare e la stadiazione clinica della sindrome da vibrazioni mano-braccio (Massimo Bovenzi) SCARICA
2. La valutazione dei rischi da radiazioni ottiche: metodi, casi studio, criticità (Iole Pinto, Andrea Bogi, Francesco Picciolo, Nicola Stacchini) SCARICA
3. La valutazione del rischio da esposizione a CEM con particolare riguardo alla tutela dei soggetti sensibili (Rosaria Falsaperla, Eugenio Mattei, Federica Censi, Andrea Bogi, Iole Pinto, Giovanni Calcagnini) SCARICA
4. Metodi e strumenti sanitari per l’idoneità lavorativa dei soggetti particolarmente sensibili a CEM (Fabriziomaria Gobba) SCARICA
5. I rischi per la salute e la sicurezza nel lavoro portuale: aggiornamento della revisione narrativa della letteratura (Anna Barbieri, Laura Sabatini, Francesca Graziosi, Elena Severi, Gianpiero Mancini, Francesco Saverio Violante) SCARICA
6. L’approccio armonizzato alla salute e sicurezza nei porti italiani: l’esperienza del gruppo tecnico interregionale sui porti e le navi (Giulio Andrea Tozzi) SCARICA
7. Salute e sicurezza sul lavoro in ambito portuale e governo dei processi sociali e di sviluppo economico (Giovanni Civranÿ) SCARICA
8. L’organizzazione della prevenzione nel porto di Ravenna (Gianpiero Mancini, Giampiero Lucchi, Elio Elia, Sandra Olanda, Francesco Martinini, Mauro Rossetto, Raffaella Angelini) SCARICA
9. Lo strumento dell’AUDIT nella gestione della sicurezza sul lavoro nelle aziende che operano nell’area portuale di Trieste. Un progetto di prevenzione interistituzionale (Paolo Toffanin, Valentino Patussi, Giuseppe Camponna) SCARICA
10. Allergia a caffè verde ed esposizione a particelle ultrafini nei lavoratori del porto di Triesteonomico (Francesca Larese Filonk) SCARICA
11. Effects of transportation noise and particulate matter on the cardiovascular system: What is the new evidence? (Martin Rööslian) SCARICA
12. Limiti e potenzialità dell’analisi combinata epigenetica e trascrizionale su ampia scala per individuare obiettivi terapeutici nelle malattie cardiovascolari (Roberta Paolillo, Nicola Boccella, Stefania D’Apice, Giovanni Esposito, Cinzia Perrino) SCARICA
13. Allostatic Load as a mediator of the association between psychosocial risk factors and cardiovascular diseases. Recent evidence and indications for prevention (Giovanni Veronesi, Marco Cavicchiolo, Marco M. Ferrario) SCARICA
14. Impatto della riabilitazione cardiaca ambulatoriale per la ripresa dell’attività lavorativa del cardiopatico1? (Sara Doimo, Antonella Cherubini, Patrizia Maras, Donatella Radini, Andrea Di Lenarda, Gianfranco Sinagra?) SCARICA
15. Idoneità lavorativa nel cardiopatico: valutare i rischi fisici e psico-sociali‚ (Rossana Borchini, Marco M. Ferrario) SCARICA
16. I rischi nei laboratori di ricerca: i rischi di tipo chimico,3 (Domenico M. Cavallo, Andrea Cattaneo, Andrea Spinazzèna) SCARICA
17. Esposizione a nanoparticelle nei laboratori di ricercaa (Ivo Iavicoli, Veruscka Leso, Luca Fontana) SCARICA
18. Allergia da animali da laboratorio (Massimo Corradi, Luisella Selis, Giovanna Pela’, Paola Mozzoni, Roberta Andreoli, Matteo Goldoni) SCARICA
19. Rischio biologico nei laboratori di ricercaso1 (Stefano Porru, Marco Chiappin, Nicolò Sfrisop) SCARICA
20. In memoriam
Francesco Candura (1929-2019) ()
SCARICA

Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia

Volume XLI – N. 3 Luglio-Settembre 2019

1. La “nuova direttiva cancerogeni” dell’Unione Europea: gli impegni che ci attendono, le nuove opportunità che ci si presentano (e non dobbiamo sprecare) in Italia (Roberto Calisti) SCARICA
2. Gammopatia monoclonale di incerto significato (MGUS) e fattori occupazionali di rischio: criteri di attuazione della sorveglianza sanitaria (Giuseppe Taino, Lorenzo Bordini, Cecilia Sarto, Sara Porro, Francesco Chirico, Enrico Oddone, Marcello Imbriani) SCARICA
3. Infortuni sul lavoro nelle micro e piccole imprese nel periodo 2013-2015 in provincia di Roma (Giuseppe La Torre, Ferdinando Petronzi, Giorgio Bollini, Alice Mannocci, Sabina Sernia) SCARICA
4. Percezione dei rischi e personalità: una ricerca nel settore dei trasporti (Dario Cafagna, Massimiliano Barattucci) SCARICA
5. Proposta di un metodo per la valutazione del rischio di burnout negli insegnanti: il VA.RI.B.O (VAlutazione RIschio Burn-Out) (Francesco Chirico, Giuseppe Taino, Nicola Magnavita, Ines Giorgi, Giuseppe Ferrari, Maria Carmela Mongiovì, Marcello Imbriani) SCARICA
6. Influence of socioprofessional determinants on teachers’ mental well-being (Aouatef Mahfoudh, Ahlem Bakhrouf, Ines Rassas, Hajer Ammar, Lamia Bouzgarrou, Amira Omrane, Adnene Henchi, Mohamed Akrout, Taoufik Khalfallah) SCARICA
7. Il lavoro in un cantiere in alta quota: generalità fisiopatologiche e analisi di una casistica occupazionale (Giuseppe Taino, Guido Giardini, Alberto Delogu, Roberto Foti, Enrico Oddone, Marcello Imbriani) SCARICA
8. Congress of the United States, Ramazzini Institute and its affiliates, IARC: questions on scientific transparency (Enrico Pira, Maria Luigia De Piano, Michael Declementi, Alessandro Godono, Denis Longo) SCARICA
9. 100 Hz Localized vibration increases ipsilateral cerebellar areas activity during a motor task in healthy subjects: Three Cases Report (Roberto Casale, Cira Fundar, Zaira Symeionidou, Anna Furnari, Nicola Taiocchi, Caterina Galandra) SCARICA

Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia

Volume XLI – N. 2 Aprile-Giugno 2019

1. Il modello clinico ICD-ICF di cure ospedaliere (Egidio Traversi, Isabella Springhetti, Mario Melazzini, Gianni Giorgi) SCARICA
2. Misure di valutazione e abbinamento dei codici ICF in medicina riabilitativa: la sfida del passaggio dalla teoria alla pratica (Anna Giardini, Michele Vitacca, Roberto Pedretti, Antonio Nardone, Luca Chiovato, Antonio Spanevello, a nome del gruppo ICF Maugeri) SCARICA
3. Percorsi diagnostico terapeutici assistenziali anche riabilitativi o riabilitazione “da scarico”? (Tommaso Redaelli, Stefania Moro, Giacomo Corica, Claudio Garbelli, Egidio Traversi) SCARICA
4. Verso un’ontologia di riferimento per i sistemi informativi in medicina riabilitativa: il nomenclatore delle prestazioni riabilitative (Paolo De Nardi, Gianni Giorgi, Alessandro La Manna, Silvia Traversoni, Anna Giardini) SCARICA
5. La medicina riabilitativa e i criteri di appropriatezza: tra cronicità, multimorbilità e complessità (Domenico Scrutinio, Mauro Carone) SCARICA
6. Nuovo concetto di spazio riabilitativo nell’era della Digital Health in riabilitazione cardio-respiratoria (Antonio Mazza, Mara Paneroni, Michele Vitacca, Marco Ambrosetti) SCARICA
7. La Palestra Digitale in ambito neuromotorio (Isabella Springhetti) SCARICA
8. Il percorso ambulatoriale ICD-ICF in terapia occupazionale (Monica Panigazzi, Edda Maria Capodaglio, Elena Prestifilippo, Silvia Traversoni, Claudia Quaccini, Marcello Imbriani) SCARICA
9. Invecchiamento della popolazione attiva, modello clinico ICD-ICF e Medicina del lavoro e della Riabilitazione (Marcello Imbriani, Giuseppe Taino, Monica Panigazzi, Edda Capodaglio, Enrico Oddone, e gli altri componenti del Dipartimento di Medicina del Lavoro, Ergonomia, Tossicologia e Rischi ambientali, ICS Maugeri IRCCS) SCARICA
10. Implementazione del modello ICD-ICF in medicina riabilitativa: presentazione di un caso clinico in cardiologia riabilitativa (Sergio Masnaghetti, Federica Gramegna, Paola Mariani, Giulia Contardina Salvaneschi , Simona Sarzi Braga) SCARICA
11. Implementazione del modello ICD-ICF in medicina riabilitativa: presentazione di un caso clinico in riabilitazione respiratoria (Cinzia Lastoria, Serena Cirio, Raffaella Bido, Piero Ceriana, Michele Vitacca) SCARICA
12. Implementazione del modello ICD-ICF in medicina riabilitativa: presentazione di un caso clinico in riabilitazione neuromotoria (Gioacchino Castronovo, Angela De Palo, Domenico De Cicco) SCARICA

Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia

Volume XLI – N. 1 Gennaio-Marzo 2019

1. Le tutele del lavoratore con patologie oncologiche e il ruolo del medico competente per il suo reinserimento lavorativo (Fabrizio Caldi, Giovanni Guglielmi, Alfonso Cristaudo) SCARICA
2. Pendolarismo e lavoro: effetti sulla salute di una popolazione di lavoratori interessati dal fenomeno (Giuseppe Taino, Enrico Oddone, Gina Bianco, Giorgia Malagò, Ennio Pucci, Maria Carmela Mongiovì, Marcello Imbriani) SCARICA
3. Patologie professionali correlate ad attività di movimentazione manuale di carichi (Renato Nardella) SCARICA
4. Le scale di misura della soddisfazione lavorativa: una rassegna critica (Palmira Faraci, Paola Magnano, Giusy Danila Valenti) SCARICA
5. Valutazione del burnout nel personale dipendente del reparto di Ematologia di un Policlinico Universitario (Alice Mannocci, Cristina Sestili, Federico Carlevale, Clara Minotti, Maria De Giusti, Paolo Villari, Roberto Foà, Claudio Cartoni, Giuseppe La Torre) SCARICA
6. Assessment of functional status and rehabilitative strategies in occupational therapy: role of the Groningen Activity Restriction Questionnaire (Eliana Giambelluca, Monica Panigazzi, Abdo Saade, Marcello Imbriani) SCARICA
7. Critical Illness Polyneuropathy (CIP): a multicenter study on functional outcome (Zaira Symeonidou, Kassiani Theodoraki, Athanasios Chalkias, Erifili Argyra, Roberto Casale) SCARICA

 

ARCHIVI

Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia

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RSPP CON LE CARTE IN REGOLA?

Milano, 18 febbraio 2020 – Da 25 anni svolgeva corsi di formazione sulla sicurezza nei luoghi di lavoroper molte aziende, in particolare ristoranti e pasticcerie, ed era molto stimato a Milano in questo settore. Peccato che non avesse alcun titolo per farlo, anche perché non aveva nemmeno il diploma di scuola superiore, come hanno ricostruito le indagini dell’Ats (Agenzia tutela della salute) e della polizia giudiziaria del dipartimento ‘ambiente, salute, sicurezza, lavorò guidato dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliano.


Il 70enne ora è indagato per ‘sostituzione di persona’, reato ipotizzato al momento dalla Procura anche perché nessuna delle aziende per le quali sono stati effettuati i corsi non regolari ha presentato denuncia per truffa nei suoi confronti.


L’uomo, che faceva anche il consulente per la valutazione del rischio e il ‘responsabile del servizio per le aziende, incassava due o tremila euro all’anno dalla ventina di imprese per cui lavorava. Le indagini della Procura milanese, da quanto si è saputo, sono scattate quando in uno dei corsi che svolgeva, obbligatori per i dipendenti di un’impresa, era emersa la sua scarsa preparazione, in particolare, sul “rischio
chimico”. A seguito degli accertamenti si è scoperto che l’uomo aveva soltanto il diploma di terza media e non quello di scuola superiore necessario per svolgere le attività di consulenza e di formazione che portava avanti sin dagli anni ’90 a Milano, lavorando anche per noti ristoranti e pasticcerie della città, ma anche per alcune carrozzerie. Nessuna delle aziende – che a questo punto dovranno mettersi in regola sulla formazione dei lavoratori, perché i corsi per i dipendenti effettuati andranno organizzati di nuovo con personale preparato e abilitato – ha,però, deciso di presentare al momento denuncia per truffa nei confronti del 70enne, che ha comunque continuato ad incassare negli anni soldi dalle stesse imprese per le sue attività (2-3 mila euro all’anno per ogni contratto). Le indagini si concentreranno, ad ogni modo, sul periodo che va dal 2014 inpoi, perché il resto delle contestazioni risulterebbe prescritto. Da ”il giorno”

CARATTERISTICHE PROFESSIONALI DEL RSPP


Ma quali sono i titoli per svolgere il ruolo di responsabile del servizio di prevenzione e protezione RSPP?

Per quanto riguarda i requisiti che sono alla base per la nomina del Responsabile Servizio Prevenzione e Protezione è utile fornire un elenco chiaro delle caratteristiche che deve avere il soggetto per essere nominato:

  • possedere la licenza media superiore come titolo di studio minimo, quindi il diploma;
  • dimostrare di avere l’attestato di partecipazione ai corsi di formazione specifici per RSPP;
  • partecipare obbligatoriamente ai corsi di aggiornamento quinquennali;
  • nel caso di istituti scolastici, l’RSPP deve essere nominato esclusivamente all’interno dell’istituto scolastico tra il personale dotato di competenze in materia di sicurezza sul lavoro.


In mancanza di questi requisiti non sarà possibile diventare RSPP,

Le indicazioni di legge sono indicate dall ‘articolo 32 del Testo Unico.

I LIMITI DELLA RADIOPROTEZIONE NELLA ATTUALE NORMATIVA

da quotianosanità


16 febbraio
Di seguito il paragrafo dedicato al tema della radioprotezione per gli operatori della sanità tratto dal documento della Consulta Italiana Interassociativa della Prevenzione

La normativa in materia di radioprotezione non è stata inclusa nel D.Lgs. 81/08 per una serie di motivi che non analizzeremo in questa sede.

La mancata integrazione ha sicuramente creato problemi di coordinamento tra gli adempimenti previsti dalle due norme e tra le figure deputate ad assolverli, con duplicazione di interventi; basti pensare alla duplicazione degli accertamenti sanitari rispettivamente previsti dalle due norme e della relativa documentazione, alla duplicazione di documenti di valutazione dei rischi che, non integrandosi, fanno venir meno l’obbiettivo di completezza richiamato nell’art. 28 del D.Lgs 81/08.

In attesa della indispensabile integrazione e armonizzazione delle due norme è auspicabile che nella prassi quotidiana vengano messi in atto tutti i possibili accorgimenti perché i principi fondamentali del Titolo I del D.Lgs. 81/08 siano guida anche per gli adempimenti in materia di radioprotezione.


Per quanto riguarda la sorveglianza sanitaria, è auspicabile che il DVR contenga anche la parte relativa alla radioprotezione e che il DVR così integrato costituisca la fonte di informazioni per il medico di Radioprotezione, al fine di renderlo edotto degli altri rischi specifici esistenti nelle attività lavorative così da poter formulare il proprio piano di sorveglianza sanitaria in forma coordinata anche con il piano di sorveglianza sanitaria per gli altri rischi. Indispensabile, ovviamente, lo stretto confronto con il Medico Competente anche per l’espressione dei giudizi di idoneità e dei provvedimenti conseguenti. Inoltre, anche la classificazione dell’esposizione dei lavoratori dovrebbe essere generata dalla valutazione integrata dei rischi.

Nell’ambito della sorveglianza dei lavoratori esposti alle radiazioni ionizzanti la classificazione necessita inoltre del contributo e parere tecnico dell’esperto qualificato come previsto dal comma 1 dell’art. 80 del D.Lgs. 230/95.

Per quanto riguarda l’esposizione occupazionale a radiazioni ionizzanti, se da una parte è nell’esperienza di molti medici competenti osservare una sovrastima della effettiva possibilità di ricevere dosi significative nei lavoratori di gruppo B ( spesso i controlli di dose su questi lavoratori mostrano esposizioni sovrapponibili a quelle della popolazione generale), dall’altra parte si sono sviluppate nell’ultimo ventennio, soprattutto in campo medico (ma non solo), molteplici attività che comportano, proprio per la tipologia e le finalità di utilizzo delle radiazioni, nonché per le particolari modalità di lavoro, livelli di esposizione dei lavoratori spesso elevati fino ai limiti stabiliti dalla normativa, con rilevanti problemi sanitari e medico-legali da gestire per il medico addetto alla sorveglianza.

Si ricordano, in particolare e a titolo di esempio, attività mediche in grande espansione come quelle dei cardiologi interventisti, degli endoscopisti interventisti, dei medici/tecnici di medicina nucleare o di terapia del dolore. Vale inoltre ricordare che, per il rischio da radiazioni ionizzanti, viene primariamente considerato il rischio espositivo potenziale in relazione alle aree e modalità di esposizione e che una vera valutazione individuale del rischio si può oggettivare solo a posteriori con il calcolo periodico (su base semestrale o annuale) delle dosi espositive rilevate.

D’altra parte, l’obbligo della sorveglianza medica in radioprotezione non è correlato necessariamente all’effettivo assorbimento di una dose, piccola che sia, quanto piuttosto alla suscettibilità di ricevere una dose (D.Lgs. n. 230/1995).

Pertanto, ai fini della sorveglianza medica della Radioprotezione1 è importante individuare tutte quelle condizioni di predisposizione, di meiopragia e di patologia conclamata che possono comportare il manifestarsi di una malattia da radiazioni o un peggioramento della salute di chi lavora. Il medico incaricato della Radioprotezione, nell’ambito dello specifico esercizio professionale, dovrebbe infatti confrontarsi con i due grandi capitoli della radiopatologia: i danni deterministici (graduati, a soglia o reazioni tissutali) e i danni stocastici (probabilistici).

Per i primi è possibile attuare una prevenzione totale, mantenendo le dosi a livelli inferiori alla dose soglia; per i secondi, ammettendo una relazione di causalità lineare senza soglia, si può ipotizzare soltanto la limitazione degli stessi.

Nella scelta degli accertamenti diagnostici riguardanti i danni deterministici non si può prescindere dal confronto tra i dati dosimetrici comunemente osservati e le specifiche soglie di dose.

Di grande importanza sono al riguardo i valori soglia indicati nelle pubblicazioni ICRP n. 41 del 1984 e n. 60 del 1990″ per l’esposizione singola di breve durata e per l’esposizione protratta e frazionata, sia annuale che totale. Per quanto riguarda gli effetti stocastici, va rilevato che il sistema di protezione radiologica (art. 2 del D.Lgs. n. 230/1995) è strettamente correlato all’ipotesi di relazione di tipo lineare senza soglia tra dose e probabilità di accadimento: ogni tipo di esposizione alle radiazioni ionizzanti dovrebbe essere mantenuto ai livelli più bassi ragionevolmente ottenibili, nell’assunzione che il danno stocastico si possa limitare riducendo le dosi, ma mai prevenire del tutto.

A questo va aggiunto il fatto che il danno stocastico radioindotto di tipo somatico (leucemie e tumori solidi) è aspecifico, a comparsa casuale e tardiva nella popolazione esposta e non è dimostrabile alle basse dosi attraverso l’evidenza epidemiologica.

Ne consegue che il medico dovrebbe confrontarsi, non soltanto con gli eventuali casi di tumore in eccesso dovuti all’irradiazione professionale, ma inevitabilmente e prevalentemente con i tumori cosiddetti “spontanei” o “naturali”, che si presentano nella comune popolazione con una mortalità del 30% ed oltre.

In questo contesto la sorveglianza medica della Radioprotezione acquisisce indubbiamente compiti istituzionali di tipo oncopreventivo.

LA SFIDA DI MICROSOFT PER LA SALUTE

Integrando il programma AI for Good, Microsoft ha annunciato il lancio di AI for Health.

Questo nuovo progetto avrà durata quinquennale e sarà dotato di un budget di 40 milioni di dollari. Lo scopo è aiutare ricercatori ed organizzazioni a sfruttare l’intelligenza artificiale ad affrontare le sfide più impegnative poste dall’healthcare.

Come ha sottolineato il presidente di Microsoft, Brad Smith, l’IA ha il potenziale di risolvere alcune delle problematiche più impegnative per gli uomini.
Un esempio? migliorare la salute delle popolazioni in tutto il mondo: è per questo scopi che Microsoft ha creato Ai for Health.

Infatti, fornire tecnologie alla avanguardia ai ricercatori e agli esperti può accelerare la scoperta di nuove soluzioni e migliorare la qualità di vita delle popolazioni meno fortunate.

In un periodo storico ad alta intensità tecnologica, la trasformazione digitale continua a cambiare il nostro modo di vivere e le nostre possibilità.
L’intelligenza artificiale rappresenta una delle più importanti tecnologie abilitanti, e il settore sanitario è forse quello che maggiormente ne sfrutterà le potenzialità.

Tuttavia, anche la migliore delle tecnologie non può prescindere dalla presenza di persone dotate di talento e da adeguate risorse disponibili. Purtroppo, oggi meno del 5% dei professionisti della IA lavorano nel settore sanitario o in associazioni nonprofit.

Per questa ragione è di primaria importanza dotate questi pochi ricercatori dei migliori strumenti, consentendo loro di accelerare e sviluppare il proprio lavoro.

Attraverso AI for Health, Microsoft farò in modo che enti nonprofit, il mondo accademico e le organizzazioni dedite alla ricerca in campo sanitario possano accedere alle più recenti tecnologie, risorse e supporto da parte di persone qualificate per implementare la IA.

Tre i principali focus su cui si concentrerà Ai for Health:

Accelerare la ricerca medica per migliorare prevenzione, diagnosi e terapia delle varie patologie

Migliorare la conoscenza condivisa su mortalità e longevitò, al fine di contrastare crisi sanitarie globali

Ridurre le iniquità sanitarie e migliorare l’accesso alle cure alle popolazioni meno fortunate

Gli sforzi di Microsoft si baseranno sulle collaborazioni già in essere, al fine di affrontare emergenze e problemi urgenti: trovare la causa della sindrome della morte improvvisa infantile, debellare la lebbra, diagnosticare la retinopatia diabetica per prevenire la cecità, e costruire un ecosistema che permetta una condivisione sicura dei dati biomedicali.

Le realtà partecipanti a questo primo step del progetto sono BRAC, Fred Hutchinson Cancer Research Center, Intelligent Retinal Imaging Systems (IRIS), Novartis Foundation, PATH, e Seattle Children’s Research Institute

da 01health.

Cinque soluzioni di sicurezza informatica indispensabili per proteggere la tua azienda dagli hacker

“La questione non sta nel sapere se si verrà hackerati, ma quando”. Sono le parole del CEO di Verizon, Lowell C. Macadam, e nessuno lo sa meglio di lui. Soltanto quattro mesi dopo avere acquistato Yahoo!, la sua società ha scoperto che la sicurezza di tutti i suoi clienti, e parliamo di tre miliardi di account, era stata violata con un singolo attacco nel 2013.

Nonostante incidenti sconcertanti come questo avvengano sempre più spesso, la ricerca mostra che molte aziende sono sempre tristemente impreparate agli attacchi informatici. Un’indagine governativa condotta nel Regno Unito ha rilevato che il 68% dei consigli di amministrazione societari non ha ricevuto alcuna formazione per affrontare una violazione della sicurezza.

Un problema potrebbe essere rappresentato dal fatto che i dirigenti sono riluttanti a investire in tecnologie costose, senza sapere che proprio queste rappresentano una difesa efficace. Dopo tutto, se i giganti della tecnologia come Yahoo! non sono in grado di tenere lontani gli hacker, che possibilità hanno le medie imprese?

Certo è che alcuni tipi di difesa non sono economici. Abbonamenti annuali a sofisticati sistemi di monitoraggio come ProtectWise, che registra tutto il traffico di rete e consente di riavvolgerlo e riprodurlo per un’analisi di sicurezza proprio come un sistema TVCC virtuale, possono partire da un prezzo base di decine di migliaia di euro.

Tuttavia, la buona notizia è che molti attacchi informatici sono facilmente prevenibili con semplici contromisure. Il prolifico attacco ransomware WannaCry di quest’anno, ad esempio, ha sfruttato una debolezza del vecchio software Microsoft, per il quale la società aveva già fornito una patch di sicurezza.

Il mercato offre comunque numerose altre soluzioni economiche. Eccone cinque che ogni azienda dovrebbe prendere in considerazione:

1. Software antivirus

Un software di rilevamento e gestione delle minacce può essere indubbiamente costoso, ma sono comunque molte le opzioni disponibili per le piccole imprese con scarse risorse. Grandi aziende come Kaspersky, McAfee e Symantec forniscono soluzioni per piccole aziende che coprono da 20 a 25 dispositivi, con una quota di abbonamento annuale a partire da 130 euro. I servizi disponibili includono prevenzione della perdita di dati e backup automatici, antivirus e spyware, firewall e protezione della privacy.

Il prodotto offerto è pari al prezzo pagato, per cui è importante considerare il costo dei propri sistemi di difesa rispetto al potenziale prezzo da pagare in caso di attacco. Ad esempio, il prodotto Endpoint Advanced basato su cloud di Kaspersky costa 850 euro all’anno per 10 utenti. Tuttavia, se si considerano i risultati di un recente sondaggio del Ministero britannico per i mezzi di informazione digitali, la cultura, i media e lo sport, che ha mostrato che il costo medio degli attacchi informatici è stato di circa 1.800 euro per tutte le società, fino a raggiungere i 22.000 euro per quelle di grandi dimensioni, 850 euro potrebbero non sembrare una cifra così elevata.

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2. Formazione del personale e servizi di informazione gratuiti

Prima ancora di pensare di investire in un software di rilevamento delle minacce, è bene ricordare che la maggior parte dei rischi per la sicurezza non viene da bande di criminali o governi stranieri ostili, bensì dall’interno. La negligenza di un dipendente, come quella di dimenticarsi un laptop sul treno, o atti dolosi compiuti da membri del personale, hanno causato due terzi delle violazioni informatiche di dati analizzate quest’anno da Willis Tower Watson. Solo il 18% è stato causato direttamente da una minaccia esterna, mentre i casi di corruzione hanno rappresentato solo il 2%.

StaySafeOnline.org è una risorsa online gratuita che offre alle aziende informazioni su come tutelarsi, incluse alcune tecniche di formazione del personale. Anche Social-Engineer.com offre ai manager alcuni consigli gratuiti, spesso tramite podcast di discussioni tra panel di esperti in materia di sicurezza, oltre a vendere sofisticati moduli di formazione del personale che simulano attacchi reali.

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3. Performance Web e servizi di sicurezza

Qualsiasi azienda con un sito Web che non abbia installato un booster delle performance come Cloudflare o Incapsula dovrebbe probabilmente pensare di farlo subito. Questi servizi “freemium”, ossia gratuiti con upgrade a pagamento, formano una sorta di scudo del sito Web e bloccano i malintenzionati che potrebbero manometterne i contenuti o paralizzarlo.

Cloudflare offre tre livelli oltre alla versione gratuita: pro, business ed enterprise. Tuttavia, l’installazione della versione gratuita è già un ottimo punto di partenza, soprattutto da quando il mese scorso l’azienda ha celebrato il suo settimo anniversario offrendo la protezione gratuita dagli attacchi DDoS (Distributed Denial of Service), in cui gli hacker bloccano i siti Web inondandoli di traffico.

Altre funzionalità offerte da questi servizi includono la possibilità per gli utenti di bloccare indirizzi IP o bot ostili specifici tramite un CAPTCHA, ossia un prompt che consente al visitatore di digitare le lettere contenute in immagini distorte, illeggibili dalle macchine, prima di accedere a un sito Web.

4. Servizi di protezione contro il furto d’identità

Un malintenzionato finge di essere un funzionario di una società di alto livello e inganna l’utente, convincendolo a depositare del denaro sul proprio conto. Eventi simili, tecnicamente noti come BEC (business e-mail compromise), stanno aumentando a un tasso allarmante. Secondo l’FBI, le perdite causate da truffe simili sono aumentate del 1.300% tra il 2015 e il 2017.

Anche gli attacchi stanno diventando sempre più sofisticati, man mano che i criminali si spingono oltre la semplice creazione di account contraffatti per hackerare le reti di e-mail aziendali. Un metodo economico per affrontare il problema consiste nell’introdurre protocolli di messaggistica rigidi, ad esempio imponendo al personale di rispondere al CEO in una nuova e-mail, piuttosto che limitarsi a rispondere direttamente.

Tuttavia, per le aziende che vogliono difese più rigorose, società come Experian e Lifelock offrono servizi di monitoraggio del credito e servizi di allerta per circa 130 euro all’anno, oltre a piani di intervento d’emergenza in caso di furto dei dati del cliente.

5. Applicazioni per smartphone convenienti e intelligenti

Con così tanti dati cruciali archiviati oggi su dispositivi mobili è fondamentale tenerli al sicuro. Fortunatamente, l’universo delle app ora è pieno di nuove soluzioni.

I gestori di password come 1Password possono migliorare notevolmente la sicurezza ricordando password impossibili da indovinare, per cui non vi è alcun rischio di creare una catena di violazioni della sicurezza riutilizzando le stesse per più accessi. 1Password consente anche di generare password per l’utente.

Poi ci sono soluzioni come Signal, che possono fornire una crittografia end-to-end per tutte le comunicazioni, in modo da poter proteggere le conversazioni più delicate da occhi e orecchie indiscreti.

Ultimo ma non meno importante è Keeply, che consente ai dipendenti di memorizzare le proprie informazioni sensibili come password e foto in una sezione separata del proprio smartphone, Offre anche una funzionalità “face lock-down”, per cui l’app si chiude quando il telefono viene posizionato a faccia in giù, e una funzione “falso PIN”, che fa apparire le app vuote agli utenti indesiderati.

 
da regus.it

QUATTRO MODI PER EVITARE IL BURN OUT AL LAVORO

L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) definisce il burnout come una patologia occupazionale” caratterizzata dallo stress sul luogo di lavoro cronico e non gestito. Le persone sono stressate dal lavoro, stressate nella vita e stressate in generale, e non sono in grado di far fronte a questa situazione esistenziale .

L’OMS caratterizza il burnout  su tre livelli emotivi:

  • sentimenti di esaurimento o esaurimento energetico
  • Distacco dal proprio lavoro o sentimenti di negativismo o cinismo legati al proprio lavoro; e
  • ridotta efficacia professionale

Un articolo della Harvard Business Review delinea le tre componenti del burnout, identificate dalla psicologa della ricerca Christina Maslach e da numerosi collaboratori. I tre sintomi del burnout sono:

  1. L’esaurimento è il sintomo centrale del burnout. Comprende affaticamento fisico, cognitivo ed emotivo che rende difficile lavorare in modo efficace e sentirsi positivi riguardo al lavoro svolto. Ciò può derivare da esigenze lavorative che richiedono di essere “sempre attivi” o da compiti con un’intensa pressione temporale, soprattutto se ti senti come se manchi il controllo della situazione.
  2. Il cinismo , chiamato anche depersonalizzazione, rappresenta un’erosione dell’impegno. È fondamentalmente un modo per distanziarti psicologicamente dal tuo lavoro. Invece di sentirti investito in incarichi, progetti, colleghi, clienti e altri collaboratori, ti senti distaccato e negativo.
  3. L’inefficacia si riferisce a sentimenti di incompetenza e mancanza di risultati e produttività. Di solito è una sorta di sottoprodotto di sentirsi esausti e cinici perché sei a corto di carburante e hai perso la connessione al lavoro.

Ma come si fa a “gestire” lo stress? Potrebbe sembrare un’iimpresa difficile affrontare qualcosa con così tante variabili. Bene, la soluzione è in realtà abbastanza semplice: trasforma i tuoi hobby e divertenti in una routine e pensa diversamente.

Un articolo di Thrive Global di Tyce Escalante delinea alcuni modi efficaci per evitare il burnout. Secondo Fahed Essa, fondatore di Dala Wellness , il burnout è un problema serio perché può influire sul benessere emotivo, fisico e mentale di una persona. Ecco alcuni modi per affrontare lo stress:

Struttura
Gli esseri umani sono creature abituali e quelle abitudini non sono sempre salutari. Essa raccomanda di trovare qualcosa di strutturato per affrontare lo stress. Per lo studioso , si tratta di far spazio ai propri hobby .. puó essere darsi da fare in cucina oppure dedicarsi al bricolage o altro. Si tratta davvero di trovare qualcosa che da piacere  al di fuori del lavoro in modo che  uno possa rilassarsi regolarmente e allenare il suo corpo a guardare avanti a quel rilassamento.

Meditazione
La meditazione permette di mantenere la chiarezza mentale e migliorare la concentrazione, e ha dimostrato di ridurre i sintomi in una serie di disturbi, tra cui ansia e depressione.

Non  è necessario devi meditare  a lungo Nella maggior parte dei casi bastano solo 10 minuti di meditazione al giorno per ricaricare la mente .  L ‘equilibrium dei  livelli ormonali, i parametri cardiovascolari  migliorano e le funzioni cognitive vengono rigenerate. Di conseguenza, la tua energia aumenta e puoi interagire più facilmente con gli altri e con il tuo lavoro.  Ecco alcuni suggerimenti  per chi si dedica allo yoga e alla meditazione

suggerimenti di mediazione

Commedia e umorismo
Anche ridere permette di alleviare le tensioni. Quando ridiamo, ci sentiamo bene e questo può essere particolarmente importante quando lo stress ha un impatto fisico sul nostro fisico  (ad esempio provoca caduta  di capelli, aumento di peso, abitudini nervose, ecc.).

Le risate riducono anche gli ormoni dello stress e aumentano le cellule immunitarie e gli anticorpi , migliorando così Il nostro sistema immunitario .

Salute e fitness L’ esercizio fisico regolare ha tantissimi benefici fisici, mentali ed emotivi. L’esercizio fisico può aiutare ad alleviare lo stress e creare un senso di benessere. Ti aiuterà anche a migliorare i livelli di energia e la produttività durante il giorno e ti aiuterà anche a ottenere un sonno profondo .

Meglio non allenarti da solo e non fare un ironman. Fai una passeggiata con un amico. Invita i colleghi  di ufficio a fare una sfida . Vai con un collega a un corso di allenamento per renderlo meno snervante.

Gestire lo stress per evitare il burnout significa  apportare cambiamenti attivi alle routine , alla mentalità e alle connessioni mentali . L’articolo di Harvard Business Review dice che dovresti:

  • Dai la priorità alla cura di te stesso : lavora sodo per reintegrare la tua energia fisica ed emotiva dando la priorità alle buone abitudini del sonno, all’alimentazione, all’esercizio fisico, au contatti sociali e alle abitudini. Ciò può includere la meditazione e il godimento della natura.Anche annotare le ore che trascorri ogni giorno in attività specifiche può aiutarti a identificare quanto tempo stai trascorrendo facendo attività sane o malsane.
  • Cambia prospettiva : parte del problema dello stress ha origine dal luogo di lavoro, ovviamente. Cerca di identificare quali parti della tua situazione e vita lavorativa sono veramente fisse e quali puoi cambiare. Modificare la prospettiva può aiutarti ad affrontare più situazioni con un atteggiamento positivo, ottenere un maggiore controllo sulla tua lista di cose da fare o frenare il cinismo. Hai bisogno di rapporti di lavoro più positivi con le persone? Quasi nulla è stato risolto completamente e ci sono modi in cui puoi cambiare la tua situazione. Devi solo provare.
  • Cerca contatto : se ti circondi di persone che ti supportano ed evitano il cinismo e l’inefficienza, il tuo stress probabilmente diminuirà. Trova coach e tutor che possano aiutarti a identificare e attivare relazioni positive e opportunità di apprendimento.

Il burnout, sebbene non sia una condizione medica, è tuttavia una realtà diffusa e problematica per molte persone. Ci sono così tanti fattori che contribuiscono, ma comprendere la scomposizione dello stress legato al lavoro, le sue cause e le sue correzioni può aiutarti a rimodellare la tua vita in modo da rimanere felice e in salute.

Liberamente tradotto da dott Alessandro Guerri medico specialista in medicina del lavoro

UN RIMEDIO ANTICO CONTRO I MICOBATTERI

L’aceto come medicinale era conosciuto già nei tempi antichi. Divenuto famoso intorno al 1630, in seguito alla tremenda peste di Tolosa che fece morire migliaia di persone. Questo, tuttavia, non disturbò assolutamente la “carriera” di quattro noti ladri che riuscivano a entrare indisturbati nelle case della povera gente. Una volta arrestati, sembra che le forze dell’ordine più che al bottino fossero interessate a capire come avevano fatto costoro a sfuggire al contagio. Scoprirono che erano riusciti ad evitarlo grazie all’utilizzo di aceto ed erbe aromatiche che si passavano su polsi e fronte prima di entrare in contatto con la gente malata.
A oggi, nessuno sa se si tratta di leggenda o verità. Tuttavia, in base a un recente studio, la storia potrebbe avere un fondo di attendibilità.


Il suggerimento proviene da un team internazionale di ricercatori provenienti da Venezuela, Francia e Stati Uniti, i quali ritengono che l’acido acetico ucciderebbe con facilità i micobatteri, compresi quelli farmaco-resistenti come il Mycobacterium tuberculosis che causa la temuta tubercolosi.
Per tale motivo ritengono che l’aceto potrebbe divenire un disinfettante poco costoso, privo di effetti collaterali e utile contro la tubercolosi resistente ai farmaci e altre malattie causate da micobatteri (per esempio la zoonosi).Gli scienziati hanno testato altre sostanze ritenute attive contro questo genere di batteri, tuttavia alcune come per esempio la candeggina sono riconosciute essere tossiche per l’uomo. E poi anche la disinfezione di alcuni strumenti diventa eccessivamente costosa se eseguita con disinfettanti industriali.

«I micobatteri sono noti per causare la tubercolosi e la lebbra, ma micobatteri che non appartengono alla tubercolosi sono comuni nell’ambiente, anche nell’acqua di rubinetto e sono resistenti ai disinfettanti – sottolinea il dott. Howard Takiff, autore senior dello studio e responsabile del Laboratorio di Genetica Molecolare presso l’Istituto Venezuelano di Investigazione Scientifica (IVIC) a Caracas – Quando si contaminano i siti di intervento chirurgico o quelli in cui vengono eseguite procedure cosmetiche, questi causano gravi infezioni. Sono intrinsecamente resistenti alla maggior parte degli antibiotici, richiedono mesi di terapia e possono lasciare cicatrici deformanti».«Molte procedure cosmetiche vengono eseguite al di fuori di ambienti ospedalieri nei Paesi in via di sviluppo, dove disinfettanti efficaci non sono disponibili. Questi batteri sono patogeni emergenti. Come si fa a sbarazzarsi di loro?», aggiunge Takiff.
Fortunatamente, mentre il ricercatore stava cercando una possibile risposta, una sua borsista post dottorato, Claudia Cortesia, durante alcune sue ricerche aveva notato la capacità dell’aceto di resistere ai micobatteri. Stava testando un farmaco che doveva essere prima sciolto in acido acetico, quando si è accorta che otteneva lo stesso identico risultato senza usare il farmaco. L’acido acetico, infatti, aveva ucciso da solo i micobatteri.

«Dopo la prima osservazione di Claudia, abbiamo testato le concentrazioni minime e tempi di esposizione che possono uccidere i diversi micobatteri», ha spiegato Takiff.
Siccome il laboratorio Venezuelano non è attivo anche come clinica TBC, alcuni collaboratori come Catherine Vilchèze e William Jacobs dell’Albert Einstein College of Medicine di New York, hanno testato ceppi di TBC e hanno scoperto che l’esposizione a una soluzione al 6% di acido acetico per 30 minuti uccide efficacemente il batterio della tubercolosi. Compresi i ceppi resistenti a quasi tutti gli antibiotici conosciuti.

Per comprendere meglio, basti sapere che la presenza di acido acetico al 6% è leggermente superiore a quella dell’aceto da supermercato che, di norma, è al 4-5%. La riduzione a dosaggi relativamente bassi ha portato, in soli 30 minuti, a ridurre il numero di micobatteri della tubercolosi da 100 milioni a livelli non rilevabili.
Takiff ha eseguito test per un anno nel laboratorio di Laurent Kremer presso l’Università di Montpellier in Francia. Durante le sue ricerche ha esaminato anche il temuto M. abscessus, presente soprattutto nell’acqua e in grado di causare malattie croniche polmonari, infezioni post-traumatiche e malattie cutanee, nei pazienti più deboli.

Si tratta, al giorno d’oggi, uno dei micobatteri più difficili da debellare. Takiff ha scoperto che in questo caso la soluzione deve essere aumentata fino al 10% di acido acetico, per trenta minuti di tempo. Il ricercatore ha anche voluto testare la sua efficacia in caso di condizioni biologiche meno igieniche, che si verificano in reali condizioni cliniche. Per far questo ha aggiunto globuli rossi e albumina. L’acido acetico, anche in questo caso, è riuscito a superare benissimo il test.
«C’è un reale bisogno di disinfettanti meno tossici e meno costosi che possano eliminare la tubercolosi e micobatteri non TB, specialmente nei Paesi poveri di risorse», dichiara Takiff.

Secondo i suoi studi, dosi più elevate (al 25% per esempio) divengono solo irritanti, per cui non sono necessarie. Inoltre, sono sufficienti solo 100 dollari per acquistare una quantità tale di acido acetico utile a disinfettare 20 litri di culture di TB o campioni clinici.
«Per ora questa è semplicemente un’osservazione interessante. L’aceto è stato utilizzato per migliaia di anni come disinfettante comune e ci limitiamo ad aver esteso studi del XX secolo sull’acido acetico. Se potrebbe essere utile in clinica o nei laboratori di micobatteriologia per sterilizzare attrezzature mediche o per la disinfezione di culture o campioni clinici, resta da stabilire».

La ricerca è stata pubblicato su mBio, un giornale online ad accesso gratuito pubblicato dall’American Society for Microbiology.

da la stampa
Per maggiori info: http://mbio.asm.org.