Novità

Disturbi muscoloscheletrici legati al lavoro: prevalenza, costi e dati demografici nell’UE

Da European Agency for Safety and health at work

I disturbi muscoloscheletrici legati al lavoro (DMS) rimangono il problema di salute legato al lavoro più comune nell’Unione europea e possono essere colpiti i lavoratori in tutti i settori e le professioni. Oltre agli effetti sui lavoratori stessi, comportano costi elevati per le imprese e la società. Quest’ultimo rapporto, a seguito delle precedenti ricerche dell’Agenzia, mira a fornire una panoramica aggiornata dell’attuale situazione europea in materia di MSD e una visione dettagliata delle cause e delle circostanze alla base degli MSD legati al lavoro.

La presente relazione riunisce e analizza i dati esistenti relativi agli MSD dalle principali indagini e dati amministrativi dell’UE. Questi dati sono completati e arricchiti con dati provenienti da fonti nazionali.

La relazione mira a fornire una base di prove fondata a sostegno dei responsabili politici, dei ricercatori e della comunità della sicurezza e della salute sul lavoro a livello dell’UE e nazionale nel loro compito di prevenire i DMS connessi al lavoro.

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DIGITALIZZAZIONE E LAVORO

Quali sono gli effetti della digitalizzazione sulla salute e sicurezza sul luogo di lavoro?

 

L’immenso potenziale delle tecnologie digitali sta cambiando il luogo di lavoro; ma quali sono le ripercussioni per la salute e la sicurezza dei lavoratori? La nostra nuova brochure fornisce una panoramica dei nostri lavori in corso sulla digitalizzazione – tra cui un recente progetto di previsione – e il suo impatto sulla salute e sicurezza sul lavoro (SSL).

L’opuscolo mette in evidenza come si potrebbe ridurre al minimo il potenziale negativo delle conseguenze della digitalizzazione in materia di SSL. Inoltre, mostra come si possono utilizzare le tecnologie digitali per migliorare la prevenzione sul luogo di lavoro.

Per saperne di più sull’effetto della digitalizzazione sulla SSL, leggi il nostro opuscolo

Leggi le versioni linguistiche della Sintesi – Prospettive in merito ai rischi nuovi ed emergenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro correlati alla digitalizzazione nel periodo fino al 2025

Visita la nostra sezione sulla digitalizzazione per saperne di più circa il nostro progetto di previsione

Leggi la relazione «La natura mutevole del lavoro e delle competenze nell’era digitale », pubblicata dai servizi per la scienza e le conoscenze della Commissione europea.

da OSHA.europa.eu

COMPARTO LEGNO: I DATI INAIL SUGLI INFORTUNI NEGLI ULTIMI CINQUE ANNI

Il periodico curato dalla Consulenza statistico attuariale dell’Istituto dedica un articolato approfondimento a uno dei principali settori di attività del sistema manifatturiero italiano, con il 14,5% delle imprese, l’8,6% degli addetti e il 4,7% del fatturato

Legno e arredo, nel nuovo numero di Dati Inail l’identikit di una filiera ad alto rischio

ROMA – Frese, seghe elettriche, troncatrici, presse, piallatrici… È sufficiente fare l’elenco dei macchinari che un operatore del settore del legno utilizza quotidianamente per comprendere come in questo tipo di attività il rischio di subire un infortunio sul lavoro sia sempre in agguato. A scriverlo è l’ultimo numero del mensile Dati Inail, curato dalla Consulenza statistico attuariale dell’Istituto e dedicato alla filiera del legno-arredo, che in Italia rappresenta uno degli ambiti produttivi di maggiore consistenza del sistema manifatturiero, con il 14,5% del totale delle imprese, l’8,6% degli addetti e il 4,7% del fatturato, secondo per rischio di infortunio solo a quello della metallurgia.

Trenta casi mortali nel quinquennio 2014-2018. Gli infortuni sul lavoro denunciati nel solo settore del legno (taglio e fabbricazione di prodotti) nel 2018 hanno fatto segnare un lieve aumento (+0,7%) rispetto all’anno precedente, ma sono comunque in calo dell’8,7% rispetto alle denunce presentate nel 2014. Concentrando l’analisi sui casi riconosciuti dall’Inail, il decremento è ancora più rilevante. I 2.927 infortuni accertati nel 2018, infatti, sono in diminuzione del 4,3% rispetto ai 3.060 del 2017 e del 16,2% rispetto ai 3.493 del 2014. Nel quinquennio 2014-2018 i casi mortali riconosciuti sono stati 30.

Più infortuni nelle regioni settentrionali. Il 93,7% degli infortuni accertati si è verificato in occasione di lavoro e solo il restante 6,3% in itinere, nel tragitto di andata e ritorno tra la casa e il luogo di lavoro. A livello territoriale, i casi di infortunio si concentrano soprattutto al Nord e, in particolare, nel Nord-Est, con il 42,5% degli infortuni totali. Più di otto infortunati su 10 sono di nazionalità italiana, seguiti dai lavoratori provenienti da Marocco (2,7%), Romania e Albania (2,6% per entrambe).

In quasi un incidente su due sono le mani a subire lesioni. Le parti del corpo che subiscono principalmente le lesioni provocate dagli infortuni sono le mani (quasi il 47% dei casi totali), mentre la tipologia delle lesioni comprende ferite (38,9% dei casi), contusioni (20,3%) e lussazioni (15,9%). In più della metà dei casi l’infortunio è stato causato da un movimento scoordinato o dalla perdita di controllo di un utensile, mentre gli incidenti causati dal contatto con un agente materiale tagliente sono pari al 21,7%.

Il picco avviene nella seconda ora del turno di lavoro. Tra i giorni lavorativi, l’inizio della settimana risulta essere più a rischio. Tra il lunedì e il mercoledì, infatti, si è registrata una percentuale costante di infortuni del 20%, che scende al 18% il giovedì e il venerdì, con un residuo 4% il sabato. Gli infortuni si sono verificati in prevalenza all’inizio del turno lavorativo, con il picco nella seconda ora di lavoro (14,6%).

Ogni anno accertate 170 malattie professionali. Dall’analisi dei dati relativi alle malattie professionali nell’industria del legno – che comprende attività che vanno dal taglio e piallatura alla fabbricazione di porte, finestre, imballaggi e pavimentazione in parquet – emerge che le patologie di origine lavorativa riconosciute ogni anno dall’Inail sono circa 170. In sei casi su 10 si tratta di tratta di malattie osteomuscolari e del tessuto connettivo, in particolare i disturbi dei tessuti molli, favorite dall’utilizzo di strumentazioni spesso di tipo artigianale e manuale. Seguono con il 20% dei casi le patologie dell’orecchio, per il rumore prodotto dalle macchine, e quelle del sistema nervoso (14%). I tumori, pari al 3%, sono quasi esclusivamente quelli maligni dell’apparato respiratorio, causati dalle polveri inalate durante le operazioni di taglio del legname.

  • Dicembre 2019Argomenti
    La filiera legno-arredo – Bando isi 2019: un nuovo asse per il legno – Legno, un’attività ad alto rischio – Le malattie professionali nell’industria del legno – L’industria del legno nelle nuove tariffe dei premi
    (.pdf – 826 kb)

OPUSCOLO INAIL PER LE VITTIME DELL’ AMIANTO

Istituito nel 2008 per garantire una prestazione aggiuntiva ai lavoratori che percepiscono una rendita per patologie asbesto-correlate e ai loro eredi, dal 2015 prevede anche una misura assistenziale una tantum per i malati di mesotelioma non professionale causato da esposizione familiare o ambientale

Amianto, online il nuovo opuscolo sul Fondo Inail per le vittime

ROMA – È online sul sito dell’Inail l’edizione aggiornata dell’opuscolo dedicato al Fondo per le vittime dell’amianto. Istituito nel 2008 per garantire una prestazione aggiuntiva ai lavoratori che percepiscono una rendita per malattie asbesto-correlate o, in caso di morte, ai loro eredi, il Fondo dispone per il triennio 2018-2020 di una dotazione pari a 49 milioni di euro all’anno, di cui 27 milioni a carico del bilancio dell’Istituto. A partire dal 2015, inoltre, i suoi benefici sono stati estesi anche ai malati di mesotelioma non professionale, per esposizione familiare o ambientale, e ai loro superstiti, attraverso l’erogazione di una prestazione assistenziale una tantum pari a 5.600 euro.

In 10 anni la platea dei beneficiari è cresciuta del 40%. Nel periodo compreso tra il 2008 e il 2018, i beneficiari della prestazione aggiuntiva – tra titolari di rendita per malattia professionale asbesto-correlata e superstiti – sono aumentati di oltre il 40%, passando da 14.089 a 19.781. In particolare, a fronte della graduale riduzione dei tecnopatici, negli ultimi anni è aumentato sensibilmente il numero dei superstiti destinatari del contributo, che sono passati dagli 8.111 del 2008 ai 14.141 del 2018. La prestazione aggiuntiva prevista per ciascun anno è liquidata d’ufficio dall’Inail, mediante il versamento di due acconti e un conguaglio.

La prestazione una tantum è erogata su istanza dell’interessato o dei superstiti. La prestazione una tantum di 5.600 euro riservata ai malati di mesotelioma non professionale è invece erogata su istanza dell’interessato o dei suoi eredi. Come precisato nell’opuscolo, la domanda di accesso alla prestazione deve contenere l’indicazione dei periodi di residenza in Italia e la documentazione sanitaria con l’indicazione dell’epoca della prima diagnosi, per consentire la valutazione della compatibilità dei periodi di esposizione alle fibre di amianto con l’insorgenza della patologia. In caso di richiesta da parte degli eredi, la domanda deve essere presentata entro 90 giorni dalla data del decesso. I moduli necessari sono reperibili sul sito Inail.

A gestirlo è un Comitato formato da rappresentanti di istituzioni, parti sociali e associazioni. La gestione del Fondo spetta a un Comitato amministratore nominato con decreto del ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, che dura in carica tre anni ed è composto da 16 membri, in rappresentanza delle istituzioni, delle organizzazioni sindacali e datoriali maggiormente rappresentative a livello nazionale e delle associazioni delle vittime dell’amianto più rappresentative nelle regioni con una maggiore incidenza di malattie asbesto-correlate.

Dalla prevenzione alla ricerca l’impegno dell’Istituto è a 360 gradi. Oltre alle prestazioni erogate attraverso il Fondo, il ruolo dell’Inail nella lotta all’amianto comprende la gestione delle problematiche negli ambiti della prevenzione, l’accertamento dell’esposizione qualificata, il sostegno economico ai piani di bonifica delle imprese e il controllo della situazione delle discariche, con politiche strategiche strutturali a breve, medio e lungo termine, che comprendono anche una costante attività di ricerca scientifica.

La sorveglianza epidemiologica è affidata al Renam. A questi ambiti di intervento si aggiunge la sorveglianza epidemiologica degli effetti sulla salute dell’esposizione a fibre aerodisperse di amianto, attraverso il Registro nazionale dei mesoteliomi (Renam), istituito presso il Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale (Dimeila) e articolato in un network territoriale costituito dai centri operativi regionali (Cor), i cui rapporti periodici sono pubblicati sul sito dell’Istituto. Come emerge dall’ultimo aggiornamento semestrale degli open data Inail, nel 2018 i casi di lavoratori affetti da patologie di origine professionale ai quali è stata riconosciuta una malattia asbesto-correlata sono stati 1.457, di cui 462 mortali.

Fonte :INAIL

CELLULARI E TUMORI : PER LA CORTE D ‘APPELLO ESISTE UN NESSO

Da la Stampa

TORINO. «Nuoce gravemente alla salute. A meno che non venga utilizzato correttamente». È questa l’etichetta che Roberto Romeo vorrebbe apporre sulle scatole dei cellulari.  Dipendente di Telecom Italia, ha passato la sua vita con il telefonino appiccicato all’orecchio. Anche per 4 o 5 ore al giorno. Poi si è ammalato. Ha scoperto di avere un neurinoma dell’acustico, tumore benigno, ma invalidante.

Il nesso
Tra le giornate passate al cellulare e il tumore al cervello c’è un nesso. Ad affermarlo è la Corte d’Appello di Torino che ha confermato la sentenza di primo grado del Tribunale di Ivrea con cui, nell’aprile 2017, i giudici avevano condannato l’Inail a corrispondere a Romeo una rendita vitalizia da malattia professionale. «Una sentenza storica, come lo era stata quella di Ivrea, la prima al mondo a confermare il nesso causa-effetto tra il tumore al cervello e l’uso del cellulare – spiegano gli avvocati Stefano Bertone e Renato Ambrosio dello studio Ambrosio&Commodo di Torino, che hanno seguito la vicenda – La nostra è una battaglia di sensibilizzazione sul tema. Manca informazione, eppure è una questione che interessa la salute dei cittadini».

Il rischio
Basta usare il cellulare 30 minuti al giorno per otto anni per essere a rischio. «Le persone – aggiungono gli avvocati – devono conoscere le possibili conseguenze di un utilizzo prolungato del telefonino, così da poter analizzare con consapevolezza il loro rapporto, e quello dei loro figli, con i cellulari e altri strumenti dannosi per la salute».

La Codacons, che commenta la sentenza della Corte d’Appello, chiede di inserire sulle confezioni dei telefoni cellulari indicazioni sulla pericolosità per la salute umana, come viene fatto sui pacchetti di sigarette. «Ancora una volta – afferma il presidente Carlo Rienzi – viene confermata la pericolosità dei cellulari per la salute umana. Dallo Iarc all’Oms, passando per i recenti studi condotti dal National Toxicology Program degli Stati Uniti (NTP) e dall’Istituto Ramazzini, tutti gli enti di ricerca affermano senza ombra di dubbio come l’esposizione alle onde elettromagnetiche prodotte dai telefonini sia potenzialmente cancerogena». «I cittadini – conclude Rienzi – hanno ora il diritto di essere informati riguardo i rischi che corrono, e per tale motivo non basta avviare campagne informative: serve apporre sulle confezioni dei telefonini avvisi circa i rischi per la salute, al di pari di quanto già avviene con i pacchetti di sigarette».

Il parere dell’Istituto Superiore della Sanità
L’uso prolungato dei telefoni cellulari, su un arco di 10 anni, non è associato all’incremento del rischio di tumori maligni (glioma) o benigni (meningioma, neuroma acustico, tumori delle ghiandole salivari). E’ quanto è emerso dall’ultimo Rapporto Istisan “Esposizione a radiofrequenze e tumori” curato da Istituto superiore di sanità, Arpa Piemonte, Enea e Cnr-Irea, pubblicato lo scorso agosto che arriva ad una conclusione differente rispetto a quello della Corte d’Appello di Torino secondo cui l’uso prolungato del telefono cellulare può causare tumori alla testa.

I dati attuali, tuttavia, si precisa nello studio, «non consentono valutazioni accurate del rischio dei tumori intracranici e mancano dati sugli effetti a lungo termine dell’uso del cellulare iniziato durante l’infanzia». Si tratta del più recente studio pubblicato sul tema, ma le ricerche in merito all’eventuale nesso tra telefonini e tumori sono in corso da oltre 20 anni.

TROPPE ORE DI LAVORO FAVORISCONO L’IPERTENSIONE ARTERIOSA

un recente studio dell’American Heart Association ha misurato i valori pressori  di dipendenti che  lavorano più di 49 ore settimanali confrontandolo con quelli che  lavorano  meno di 35 ore settimanali. I risultati suggeriscono un problema di ipertensione più grande del previsto.

09 gennaio 2020
L’ipertensione è incredibilmente comune e potrebbero esserci più fattori misconosciuti e legati al lavoro  più di quanto previsto dai medici. Gli impiegati che trascorrono lunghe ore di lavoro hanno maggiori probabilità di avere la pressione alta,

Circa la metà degli americani di età superiore ai 18 anni soffre di ipertensione   Si stima che la pressione alta sia la causa primaria  di 82.000 morti all’anno. Circa il 15-30 percento degli adulti americani presenta  poi una  ipertensione “mascherata” difficile da diagnosticare perché con valori normali durante le visite sanitarie ma elevate in altre condizioni di stress.

Un recente studio pubblicato sulla rivista Hypertension dell’American Heart Association ha analizzato i dati di oltre 3.5000 impiegati in tre istituzioni pubbliche in Quebec, in Canada, secondo Science Daily. Lo studio ha confrontato la pressione sanguigna dei dipendenti che lavoravano 49 o più ore alla settimana con quelli che lavoravano 35 ore o meno.

I ricercatori hanno trovato i seguenti risultati:

Lavorare 49 o più ore era correlato al 70 percento di probabilità in più di avere una ipertensione mascherata e al 66 percento di ipertensione clinica
Lavorare tra le 41 e le 48 ore settimanali era correlato  invece a minor rischio ( 54% ipertensione mascherata e 42% ipertensione clinica )
I risultati hanno tenuto conto di variabili quali stress lavorativo, età, sesso, livello di istruzione, occupazione, stato di fumo, indice di massa corporea e altri fattori di rischio
L’elevata pressione sanguigna è notoriamente legata a maggior rischio di malattie cardiovascolari. Come i rischi associati all’ipertensione, lo studio dimostra che ci sono anche molti fattori che contribuiscono all’ipertensione, come il fumo, il sovrappeso, la mancanza di attività fisica, troppo sale o alcool nella dieta, stress, età avanzata e cause genetiche  . I ricercatori ammettono che ci sono probabilmente altri fattori al di fuori delle lunghe ore di lavoro che contribuiscono alle letture dei partecipanti.

“Le associazioni osservate [nello studio] hanno spiegato la tensione del lavoro, un fattore di stress del lavoro definito come una combinazione di elevate esigenze di lavoro e bassa autorità decisionale. Tuttavia, altri fattori di stress correlati potrebbero avere un impatto “, ha dichiarato l’autore principale dello studio principale Xavier Trudel. “La ricerca futura potrebbe esaminare se le responsabilità familiari – come il numero di figli di un lavoratore, i doveri familiari e il ruolo di assistenza all’infanzia – potrebbero interagire con le circostanze di lavoro per spiegare la pressione alta.”

Inoltre, studiare la pressione sanguigna richiede tempo. Nel caso di questo studio quinquennale, i ricercatori hanno condotto tre cicli di test – nel primo anno nel terzo e nel quinto. Lo studio ha richiesto ai partecipanti di utilizzare monitor indossabili per controllare la pressione sanguigna a riposo  più volte al giorno: tre volte in una mattina, quindi per il resto della giornata ogni 15 minuti. Ogni monitor ha raccolto un minimo di 20 misure aggiuntive per un giorno. Le letture medie a riposo pari o superiori a 140/90 mmHg e le letture medie di lavoro pari o superiori a 135/85 mmHg sono state considerate elevate.

Complessivamente, circa il 19% dei partecipanti ha sofferto di ipertensione, tra cui quelli che stavano già assumendo farmaci per pressione alta. Oltre il 13 percento dei lavoratori aveva l’ipertensione mascherata e non riceve cure per l’ipertensione. Inoltre, la correlazione tra lunghe ore lavorative e ipertensione arteriosa sembrava essere la stessa per gli uomini che per le donne.

I ricercatori riconoscono i limiti dello studio, in particolare il fatto che i dati non tengono conto delle letture della pressione sanguigna degli operai, dei turni di lavoro o delle posizioni con esigenze fisiche più elevate. Altre limitazioni includono la misurazione dello studio della pressione arteriosa solo durante le ore diurne e l’omissione di ore lavorate al di fuori del lavoro principale dei partecipanti.

Miss Ma mentre ci sono molti fattori che possono contribuire all’ipertensione, lo studio serve a sensibilizzare le persone sugli effetti del lavoro per lunghe ore e sulle conseguenze sulla salute che ne derivano. Non solo lavorare per lunghe ore può comportare un rischio maggiore di ipertensione, ma può anche significare una ipertensione mascherata difficile da rilevare clinicamente

“Le persone dovrebbero essere consapevoli del fatto che lunghe ore di lavoro potrebbero influenzare la loro salute del cuore e, se stanno lavorando per lunghe ore, dovrebbero chiedere ai loro medici di controllare la loro pressione sanguigna nel tempo con un   Holter pressorio, ha detto Trudel. “

da Oshonline.com liberamente tradotto e adattato da dott Alessandro Guerri medico specialista in medicina del lavoro

GDPR workshop

Ancora imprese ed enti pubblici sono impreparati ad accogliere le novità del maggio 2018, con il nuovo regolamento sulla protezione dei dati personali. Questo articolo contiene tutte le informazioni e i link alle risorse utili per potersi destreggiare nella rivoluzione.

partire dal 25 maggio 2018 è direttamente applicabile in tutti gli Stati membri il Regolamento Ue 2016/679, noto come GDPR (General Data Protection Regulation)  relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento e alla libera circolazione dei dati personali.

Il GDPR nasce da precise esigenze, come indicato dalla stessa Commissione Ue, di certezza giuridica, armonizzazione e maggiore semplicità delle norme riguardanti il trasferimento di dati personali dall’Ue verso altre parti del mondo.Si tratta poi di una risposta, necessarie e urgente, alle sfide poste dagli sviluppi tecnologici (a inizio ottobre il WP29 ha adottato tre fondamentali provvedimenti che avranno importanti ricadute su punti essenziali del GDPR proprio sul tema dell’innovazione tecnologica) e dai nuovi modelli di crescita economica, tenendo conto delle esigenze di tutela dei dati personali sempre più avvertite dai cittadini Ue. A preoccupare sono, però, le disposizioni di ratio sostanzialmente opposte che hanno attribuito agli Stati membri la possibilità di legiferare in autonomia al fine di “precisare” le norme contenute nel GDPR. In qualche modo si è “tradita” l’iniziale visione dell’Ue e potrebbero sorgere contrasti tra il Regolamento e le leggi nazionali adottate per allinearsi alle nuove indicazioni.

TECO MILANO dedica un incontro di approfondimento, e confronto ad uno dei temi che ancora oggi le organizzazioni non conoscono nel dettaglio e del quale troppo poco ne percepiscono l’importanza: IL GDPR.

Il regolamento generale sulla protezione dei dati, noto anche come GDPR è diventato operativo il 25 maggio 2018, ha richiesto alle aziende un cambiamento nell’approccio alla gestione dei dati, nella sicurezza dei software e nella formazione del personale.

E’ necessario attuare misure tecniche e procedurali per proteggere le componenti dei sistemi informatici e per garantire la riservatezza delle informazioni, evitandone gli usi illeciti, la divulgazione, la modifica e la distruzione.

Parliamo insieme, GDPR dalla teoria alla pratica, il 13 Febbraio 2020 presso la nostra sede di Via Pompeo Neri 13, a Milano dalle 16.00 alle 18.00, il work shop è gratuito, al temine sarà servito un aperitivo, tutti i dettagli nella locandina allegata.

Per informazioni e prenotazioni contattate Teco Milano:   

tel. 02 4895 8304 – mail info@tecomilano.it , entro il 10 Febbraio 2020.

GDPR : FOCUS IN TECO MILANO IL 13 FEBBRAIO 2020

TECO MILANO dedica un incontro di approfondimento, e confronto ad uno dei temi che ancora oggi le organizzazioni non conoscono nel dettaglio e del quale troppo poco ne percepiscono l’importanza: IL GDPR.

Il regolamento generale sulla protezione dei dati, noto anche come GDPR è diventato operativo il 25 maggio 2018, ha richiesto alle aziende un cambiamento nell’approccio alla gestione dei dati, nella sicurezza dei software e nella formazione del personale.

E’ necessario attuare misure tecniche e procedurali per proteggere le componenti dei sistemi informatici e per garantire la riservatezza delle informazioni, evitandone gli usi illeciti, la divulgazione, la modifica e la distruzione.

Parliamo insieme, GDPR dalla teoria alla pratica, il 13 Febbraio 2020 presso la nostra sede di Via Pompeo Neri 13, a Milano dalle 16.00 alle 18.00, il work shop è gratuito, al temine sarà servito un aperitivo, tutti i dettagli nella locandina allegata.

Per informazioni e prenotazioni contattate Teco Milano:   

tel. 02 4895 8304 – mail info@tecomilano.it , entro il 10 Febbraio 2020.

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CONCENTRARSI SUL LAVORO E RIDURRE LO STRESS CON LE ONDE A BASSA FREQUENZA

Centro nevralgico del corpo umano in tutti i sensi, il cervello e le relative onde cerebrali sono un’ottima fonte di studio per la tecnologia applicata alla salute.

Attività alla quale si dedica con risultati interessanti Omnipemf sotto forma di NeoRythm, fascia smart solo all’apparenza simile a tante altre proposte in questi anni.

In condivisione resta infatti lo spunto iniziale di studio, realizzare uno strumento in grado di stimolare l’attività cerebrale attraverso l’emissione di onde a bassa intensità,capaci di interagire con quelle umane.

La ricerca orientata a sfruttare le capacità di reazione del cervello a fronte di frequenze esterne, ha prodotto NeoRythm, con una serie di potenziali benefici.

L’idea è indurre il cervello a lavorare su determinate frequenze, quelle individuate dalla ricerca NeoRythm come fonte di benessere in senso lato. Combinate con la posizione con cui la fascia smart viene indossata, si ottengono diversi benefici.

Cinque strade NeoRythm verso il benessere

Dalle sembianze simili all’arco di un paio di cuffie senza padiglioni, il dispositivo Omnipemf si indossa direttamente sulla fronte, sulla testa, sulla nuca o sul collo a seconda dell’obiettivo desiderato. Una volta attivato via tap e impostato il programma desiderato via app, non resta altro da fare se non rilassarsi e aspettare i benefici.

Prima di tutto, per una seduta all’insegna del relax guidata delle onde Alfa. Tipicamente, dopo una giornata impegnativa e ritrovare di conseguenza serenità ed energie per sfruttare a dovere il resto della giornata.

Per agevolare il sonno invece, sono più utili onde cerebrali Theta e Delta, esattamente quelle prodotte dal cervello quando si dorme. In pratica, l’emissione esterna induce l’organo ad allinearsi e assopirsi in modo naturale.

NeoRythm però vuole essere d’aiuto anche nel corso della giornata. Grazie alle onde Beta, si può contare su uno stimolo all’attività mentale. Utile per migliorare l’efficienza sul lavoro, come alternativa a farmaci o altri stimolanti per via orale.

Le onde Theta da sole sono invece protagoniste della meditazione. Nel caso specifico, con due programmi dedicati, a seconda del livello di sintonia con il proprio corpo e il proprio spirito che si vuole raggiungere.

L’ultima funzione riguarda il supporto al dolore. Importante precisare, non si tratta di una potenziale cura. Le sensazioni però, dipendono in parte proprio dal cervello e qui NeoRythm può rivelarsi prezioso alleato a sopportare la situazione di disagio.

Il progetto Omnipemf è fondato su basi scientifiche. A sostegno della propria tesi, l’azienda mostra infatti i risultati dei relativi studi. Dal punto di vista ingegneristico, tutto ruota intorno alla giusta energia dosata a cinque bobine in grado di generare e gestire il relativo campo magnetico e risonanza.

da 01health.it

ANALISI BIOLOGICA A PORTATA DI SMARTPHONE

È stata progettata in Italia, nei laboratori del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa, una lente per telefono cellulare che si può attaccare alla fotocamera dello smartphone e trasformarla in un microscopio, al costo di solo un centesimo.

Si tratta di una piccola lente adesiva in materiale siliconico che, se fatta aderire alla fotocamera di uno smartphone, può funzionare come un microscopio e ingrandire fino a 100 volte. Lo straordinario risultato è stato pubblicato in uno studio apparso su Advanced Functional Materials ed è frutto della collaborazione degli scienziati dell’Università di Pisa con l’Università della California S. Diego.

microscopio lente cellulare

Nei microscopi tradizionali, hanno spiegato i ricercatori del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione, le lenti servono principalmente come elemento di raccolta della luce, che poi viene manipolata grazie a filtri ottici. Questo richiede una progettazione e una lavorazione piuttosto complesse, che si traducono in costi elevati dei dispositivi.

Lo studio degli scienziati dell’Università di Pisa introduce invece un deciso cambio di paradigma: i ricercatori hanno sfruttato le proprietà di cristalli fotonici in silicio nanostrutturato, che fungono da filtri ottici, per costruire un dispositivo in cui lente e filtro diventano una cosa sola.

La lente così ottenuta è autoadesiva e può trasformare in modo molto semplice un comune smartphone in un microscopio a fluorescenzaaltamente affidabile. Le applicazioni in campo medico, sottolineano ancora i ricercatori, sono estremamente rilevanti, sia per la medicina ospedaliera che per quella praticata in Paesi dove il trasporto di apparecchiature è difficile.

Giuseppe Barillaro, docente di elettronica al Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione, nel presentare lo studio ha dichiarato: “Nella nostra società c’è una crescente richiesta di strumenti analitici semplici, rapidi e affidabili, per esempio per valutare rapidamente la presenza di batteri in cibi o su ferite. Non sempre è possibile farlo in laboratorio con un microscopio, che ha costi elevati ed è difficile da trasportare. Il nostro sistema permette di compiere la stessa operazione ovunque, e al costo di un centesimo. Questo grazie a un cambiamento radicale nel modo di pensare e progettare dispositivi ottici”.

Ha spiegato ancora Giuseppe Barillaro: “Il materiale siliconico che compone la lente viene deposto in forma di goccia sul filtro ottico, che ha una particolare nanostrutturazione che ricorda le ‘ali di una farfalla’. Il filtro, semi-poroso, si integra con il materiale siliconico deposto sopra, e la sua struttura fa in modo che questo assuma spontaneamente forma e funzione di una lente, evitando lavorazioni complesse e semplificando tutto il dispositivo, dal momento che raccolta, filtraggio della luce e ingrandimento avvengono nel medesimo sistema ottico.

D’ora in poi per le analisi di campioni biologici che necessitano di microscopia cellulare sarà sufficiente una lente e un semplice apparecchio di lettura, come può essere uno smartphone, rendendole più facili e meno costose. Il sistema è di particolare interesse specie in quei campi in cui la velocità di analisi, e quindi di azione, diventa cruciale, come il rilevamento della presenza di batteri nelle ferite, un tipo di analisi che con  i metodi tradizionali richiede circa 24 ore, con conseguenti ritardi nel trattamento, che si traducono in tempi e costi maggiori. Con il nostro sistema, applicando allo smartphone una lente apposita, è possibile determinare la presenza di batteri direttamente sul posto”.

da 01health.it