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LA LUCE BLU ACCELLERA L’INVECCHIAMENTO

La luce blu emanata dai dispositivi elettronici come pc, tablet e smartphone oltre a condizionare la qualità del sonno e a provocare danni alla retina, accelera il processo di invecchiamento della pelle.

Lo conferma una nuova ricerca condotta dall’Oregon State University. L’esposizione prolungata agli schermi dei pc, tablet ma anche dei cellulari accelerano l’invecchiamento cellulare.

La luce blu emanata da questi dispositivi influisce sulla qualità della pelle del viso, anche se si indossano gli occhiali anti luce blu. A sostenerlo è una nuova ricerca dell’Oregon State University. La sperimentazione è stata fatta solo sul modello animale. Il team ha esposto dei moscerini a cicli giornalieri di 12 ore di luce blu e 12 ore di oscurità. Ne è risultato che a causa dell’esposizione costante alla luce blu erano meni longevi. In particolare i moscerini presentavano danni alle cellule della retina retiniche e ai neuroni cerebrali. La loro capacità di movimento risultava anche ridotta notevolmente. Tutto ciò avveniva anche quando la luce blu non colpiva gli occhi.

La luce blu dei dispositivi elettronici è in grado di influenzare la qualità della vista e del funzionamento del nostro cervello. Gli esperti consigliano di limitare considerevolmente l’esposizione a questi dispositivi elettronici, soprattutto nelle ore che precedono il sonno. Questi dispositivi quando sono accesi, emettono una luce blu. È la stessa che dice al nostro cervello che dobbiamo svegliarci perché è mattina.

Secondo una ricerca della National Sleep Foundation americana la luce blu rallenta il rilascio di melatonina, l’ormone del sonno, più di qualsiasi altro tipo di fonte luminosa. Molti modelli di cellulari dispongono del profilo serale. Grazie ad esso lo schermo cambia e vira verso tonalità più calde, in modo da filtrare la luce blu. Lo stesso accade per alcuni monitor di computer e tablet. Non si riesce però a bloccare tutte le radiazioni. In molti scelgono occhiali da vista capaci di filtrare le radiazioni. Esistono anche pellicole da applicare ai display che hanno la stessa funzione.

Da “il giornale”

PRESTO UN NUOVO VACCINO CONTRO LA TUBERCOLOSI

I ricercatori hanno annunciato un nuovo trattamento “rivoluzionario” per la tubercolosi che potrebbe avere effetti sorprendenti sulla diffusione della tubercolosi (TB). Il vaccino fornirebbe una protezione a lungo termine contro la malattia che uccide ancora 1,5 milioni di persone ogni anno.

Esistono già  altri tipi di vaccinazioni antitubercolari che tuttavia non  si sono dimostrate molto efficaci. Il mondo assiste alla comparsa di migliaia di nuovi casi ogni anno e molti di questi sono resistenti a più trattamenti. Negli ultimi anni questa malattia è diventata più pericolosa e si sta diffondendo.

Il team  mondiale di ricercatori  ha come ambizioso obiettivo quello di trovare un vaccino  antitubercolare in grado di aiutare le comunità di tutto il mondo, in particolare quelli con alti tassi di malattia. Il nuovo vaccino, composto da proteine ​​dei micobatteri in grado di innescare una risposta immunitaria, è stato presentato in occasione del vertice mondiale pneumologico nella città di Hyderabad, nell’India meridionale.

Perché questo vaccini è speciale?

Questo nuovo vaccino ha già dimostrato di essere efficace nel trattamento dei pazienti affetti da tubercolosi, ma mostra anche  la capacità di indurre una protezione naturale.

David Lewinsohn, un esperto di tubercolosi, ha detto alla BBC che il nuovo  vaccino era un “vero punto di svolta”.

“Ciò che è veramente notevole è che è stato efficace anche negli adulti che erano già stati infettati da Mycobacterium tuberculosis che è l’agente causale della tubercolosi”, ha detto.

Continua spiegando come la maggior parte delle persone affette da tubercolosi da Mycobaterium non sviluppa la tubercolosi, i ricercatori ritengono quindi che l’infezione conferisca un grado di protezione. Questa intuizione  è straordinaria, poiché il nuovo vaccino “ha dimostrato di migliorare questa immunità naturale”.

La strada davanti

Il vaccino ha già superato una serie di test clinici, ma ci sono ancora alcuni test  da completare prima che possa essere ufficialmente approvato . È stato intanto testato su oltre 3.500 adulti nelle regioni endemiche della TB del Sudafrica, del Kenya e dello Zambia.

“Supponendo che vengano confermati i dati fino ad ora raggiunti, il che sembra probabile, questo vaccino ha il potenziale per rivoluzionare il trattamento della tubercolosi”, ha affermato Lewinsohn.

Il dottor Lewinsohn stima che se tutto procederà per il meglio , il vaccino dovrebbe raggiungere i pazienti entro il 2028. Si tenga conto che , questo vaccino è già in fase di studio  da molto tempo; la ditta farmaceutica GlaxoSmithKline (GSK) sta lavorando  sul vaccino contro la tubercolosi da quasi 20 anni.

I test sui trattamenti antitubercolari non sono facili come per altri vaccini, secondo un articolo della BBC. I ricercatori affermano che il vaccino deve mostrare efficacia negli animali (come topi, cavie e primati non umani) per poter proseguire il suo iter . Ma il più delle volte, “i modelli animali spesso non riflettono ciò che vorremmo vedere in un vaccino efficace”.

Ad esempio, nel topo, la tubercolosi tende ad essere una “malattia indolente” e i ricercatori potrebbero definire il successo come una riduzione di circa 10 volte del numero di batteri nel polmone.

Mentre questo è incoraggiante per un topo non lo può essere per un bambino umano.  Avere un decimo di quella concentrazione di batteri significa avere ancora  la TBC

La situazione attuale

Solo nell’ultimo anno, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), nel mondo si sono ammalati di TB circa 10 milioni di persone. E la tubercolosi assume molte forme: latente, attiva, resistente ai farmaci e altre.

Quasi un quarto dell’intera popolazione mondiale ha un’infezione da TB latente. Ciò significa che queste persone trasportano i micobatteri in una forma inattiva, non sono malati e non trasmettono la malattia ad altri. Quelli con tubercolosi latente hanno un rischio dal 5 al 10 percento di sviluppare tubercolosi attiva durante la loro vita.

Tuttavia, la malattia è molto grave e, se non trattata, può essere fatale. A causa del suo segno mortale e della sua prevalenza globale, l’OMS mira a ridurre il numero di nuovi casi di tubercolosi del 90 percento e il numero di decessi per tubercolosi del 95 percento tra il 2015 e il 2035. Speriamo che il nuovo vaccino possa aiutare in questo senso.

La prevalenza della tubercolosi è più alta nei seguenti otto paesi che rappresentano i due terzi dei casi di tubercolosi globale: India (27 per cento ), Cina (9 per cento ), Indonesia ( 8 per cento ), Filippine (6 per cento), Pakistan (6 per cento ), Nigeria (4 per cento ), Bangladesh (4 per cento ) e Sudafrica (3 per cento ).

L’India è maggiormente gravata dalla malattia con oltre tre milioni di nuovi casi ogni anno. Circa 100.000 di questi casi sono resistenti a più farmaci, secondo l’OMS. La malattia uccide 400.000 indiani ogni anno e costa al governo circa $ 24 miliardi all’anno.

“Non possiamo eliminare la tubercolosi a livello globale se non la sradichiamo dall India”, ha affermato Jamhoih Tonsing, direttore dell’ufficio dell’Unione internazionale contro la tubercolosi e le malattie polmonari a Delhi.

Altre info su TBC

L’articolo della BBC fornisce i seguenti dati sulla malattia e sui suoi effetti su individui e comunità:

La tubercolosi è un’infezione batterica diffusa attraverso l’inalazione di goccioline dalle tosse o dagli starnuti di una persona infetta.
Colpisce principalmente i polmoni, ma possono essere interessate altre parti del corpo come organi addominali, ossa e sistema nervoso.
I sintomi più comuni della tubercolosi sono tosse persistente per più di tre settimane, perdita di peso inspiegabile, febbre e sudorazione notturna.
La tubercolosi è difficile da contrarre e per ammalarsi devi trascorrere molte ore a stretto contatto con una persona infetta.
La tubercolosi può essere fatale se non trattata, ma può essere curata se trattata con gli antibiotici giusti per almeno sei mesi.
L’attuale vaccino BCG Jab offre protezione contro la tubercolosi ed è raccomandato per neonati, bambini e adulti di età inferiore ai 35 anni che sono a rischio di contrarre la tubercolosi.
I gruppi a rischio comprendono bambini che vivono in aree con alti tassi di tubercolosi e persone con familiari stretti da paesi con alti tassi di tubercolosi.
La tubercolosi è  una preoccupazione per la salute pubblica da generazioni, e nonostante ora ci sono più trattamenti e vaccini di quanti ce ne fossero un secolo fa, la malattia contagia ancora migliaia di persone ogni anno. Con l’imminente vaccino, i ricercatori sperano che i tassi globali di  infezione tubercolare possano essere abbattuti per sempre

Liberamente tradotto da dott Alessandro Guerri medico specialista in medicina del  lavoro

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SEMI DI UVA CONTRO IL MESOTELIOMA

I semi di Aglianico sono molto ricchi in proantocianine che sono in grado di indurre nel mesotelioma meccanismi di apoptosi

Nuove prospettive per la lotta al mesotelioma maligno, una forma rara e aggressiva di tumore che colpisce il mesotelio, tessuto che riveste gran parte degli organi interni. Uno studio di Enea, Cnr e Universita’ “Federico II” di Napoli (Unina) ha dimostrato che alcune molecole contenute nei semi degli acini (vinaccioli) delle uve di Aglianico e Falanghina sono capaci di bloccare la crescita di cellule di mesotelioma e potrebbero essere in grado di aumentare l’ efficacia delle terapie farmacologiche standard (chemioterapia) utilizzate per il trattamento di questo tumore. La ricerca e’ stata pubblicata sulla rivista Journal of Functional Foods”.

In particolare, dagli studi dell’ Enea volti a caratterizzare gli estratti metabolici ottenuti da bucce e vinaccioli delle due varieta’ di vite campane, e’ emerso che soprattutto i semi di Aglianico sono molto ricchi in proantocianine (speciali molecole dalle spiccate proprieta’ antiossidanti), che sono in grado di indurre nel mesotelioma meccanismi di apoptosi, cioe’ di morte cellulare, anche nei casi di linee tumorali che mostrano farmaco-resistenza. L’ indagine molecolare condotta dall’ equipe di genetisti del Dipartimento di Agraria dell’ Unina ha evidenziato una elevata attivita’ dei geni associati alla biosintesi delle proantocianidine. In accordo con i dati sui metaboliti, l’ espressione di tali geni e’ apparsa fortemente influenzata dal tessuto (maggiore nei vinaccioli anziche’ nelle bucce) e dal vitigno (superiore in Aglianico rispetto a Falanghina).

Una precedente ricerca del Cnr di Napoli volto allo studio dell’ efficacia di un trattamento combinato di un antinfiammatorio con un chemioterapico, aveva evidenziato in specifiche cellule una marcata resistenza ai farmaci che ne limitava pesantemente l’ efficacia. Queste stesse cellule sono ora risultate sensibili al trattamento con gli estratti di vinaccioli. “Nonostante la rarita’ di questa malattia associata all’ esposizione alle fibre di amianto, l’ incidenza del mesotelioma aumenta nel mondo del 5,4 per cento l’ anno e la diagnosi e’ spesso tardiva, sia a causa della sintomatologia simile a quella di molte altre malattie, sia perche’ il tumore si sviluppa dopo un lungo periodo di latenza”, ha evidenziato Stefania Crispi del Cnr.

Dato che il mesotelioma mostra elevata chemio-resistenza, lo studio di nuovi approcci terapeutici basati sull’ uso di sostanze estratte dai vinaccioli in combinazione con chemioterapici puo’ rappresentare un nuovo strumento adiuvante nella lotta contro questa forma tumorale, soprattutto in considerazione della assenza di citotossicita’ nei confronti delle cellule sane“, aggiungono Gianfranco Diretto del Laboratorio Biotecnologie Enea e Riccardo Aversano del Dipartimento di Agraria dell’ Unina.

Da dottnet.it

fonte: Journal of Functional Foods

RAMAZZINI A PADOVA

Proprio in questi giorni ricorre l’anniversario della nascita( 3 novembre 1633 – 5 novembre 1714) del padre della Medicina del Lavoro Bernardino Ramazzini. L Università di Padova ricorda lo studioso con questo articolo tratto da https://ilbolive.unipd.it

“In questa città [Modena…] c’è la consuetudine di pulire, ogni tre anni, le fogne […] Mentre si faceva questo lavoro in casa mia, mi resi conto che uno di questi vuotatori lavorava in quell’antro infernale con grande sveltezza. Mosso a compassione […] gli chiesi perché lavorasse con tanta fretta […]. Il poveretto, alzando gli occhi da quell’antro e guardandomi, disse: Nessuno, se non lo prova, può immaginare cosa significhi stare in questo posto più di quattro ore; si rischia di diventar ciechi. Quando uscì dalla fogna esaminai attentamente i suoi occhi e vidi che erano molto arrossati e velati […]. Allora gli chiesi come facessero i vuotatori di fogne a curarsi tali disturbi. Rispose: Ritornando subito a casa, come farò io ora; si chiudono in una camera buia e vi rimangono sino al giorno seguente lavandosi di quando in quando gli occhi con acqua tiepida; questo è il solo modo per trovare qualche sollievo”.

In questa nota autobiografica, contenuta nel capitolo XIV del fondamentale trattato di Bernardino Ramazzini De morbis artificum diatriba (Dissertazione sulle malattie dei lavoratori), si colgono due importanti aspetti che ne permeano l’opera: la sensibilità filantropica e la metodologia di lavoro, diremmo oggi “sul campo”, a contatto diretto con i lavoratori e le condizioni ambientali della loro attività.

Nato a Carpi nel 1633, e laureatosi in filosofia e medicina a Parma nel 1659, Ramazzini tenne per alcuni anni una condotta nel ducato di Castro, esperienza che gli consentì di constatare quotidianamente le misere condizioni lavorative dei contadini locali. Professore nell’università di Modena dal 1671, nel 1700 fu chiamato dal Senato veneto alla seconda cattedra di medicina pratica nell’ateneo patavino e, più tardi, alla prima cattedra di medicina pratica nella stessa università. Dopo quattordici anni di intensa attività clinica e di insegnamento, Ramazzini morì a Padova nel 1714.

Quando vi giunse, egli poteva vantare il merito di avere appena introdotto con il De morbis artificum diatriba un nuovo approccio allo studio delle malattie: la ricerca del loro possibile nesso con l’attività lavorativa. Prima dell’opera di Ramazzini, che pose le basi dell’odierna medicina del lavoro, non esistevano infatti trattazioni sistematiche delle malattie da cause lavorative, ma solo osservazioni sporadiche: si ricordano, per citare alcuni, Ippocrate che descrisse una malattia tipica dei battitori di lana; Galeno che si occupò dei lottatori; Plutarco delle affezioni degli studiosi; Falloppia delle malattie dei minatori. Solo oltre un secolo più tardi, nel 1831 a Londra, Charles Turner Thackrah avrebbe pubblicato un’opera simile dal titolo The effects of the principal arts, trades, and professions, and of civic states and habits of living, on health and longevity.

Il De morbis artificum diatribaapparve in latino in due edizioni, a Modena nel 1700 e a Padova nel 1713. Inizialmente suddivisa in 40 capitoli, nell’edizione del 1713 l’opera venne ampliata con un Supplementum di 12 capitoli e una Dissertazione sulla tutela della salute delle monache. In ciascun capitolo l’autore pone le attività lavorative in relazione allo stato di salute di quanti le esercitano: descrive le procedure tecniche impiegate nello specifico ambito professionale; espone la sintomatologia del lavoratore; discute quanto riportato in letteratura; propone la terapia e le norme per la prevenzione.

Giorgio Zanchin, neurologo e past president della International Society for the History of Medicine, illustra il contributo di Ramazzini. Servizio a cura di Monica Panetto ed Elisa Speronello.

Furono alcune esperienze personali, tra le quali la già citata condotta a Castro e, come Ramazzini stesso dice nel passo sopra riportato, la constatazione della sofferta attività degli operai addetti alla manutenzione fognaria nella sua casa a Modena, che contribuirono ad attirare la sua attenzione sulle malattie dei lavoratori e a indurlo ad affrontare l’argomento in modo sistematico.

Significativamente la prima edizione del De morbis artificum diatriba apre il Settecento, il secolo dell’Illuminismo, ben rappresentandone la nuova sensibilità sociale. Ramazzini afferma apertamente la dignità tanto delle arti liberali quanto dei lavori più modesti.E, con atteggiamento impensabile solo qualche decennio prima, l’autorevole professore universitario esplicita senza riserve lo sforzo profuso nel verificare direttamente quanto descrive: “Da parte mia ho fatto quanto ho potuto, né ho reputato indecoroso visitare personalmente ogni officina, anche la più umile”. La convinzione dell’importanza di stabilire il tipo di nesso causale tra quadro morboso e ambiente professionale lo induce, infatti, a recarsi personalmente nei luoghi di lavoro, osservandone le condizioni igieniche, le sostanze lavorate e le procedure seguite; in sede di anamnesi, egli raccomanda esplicitamente di interrogare in dettaglio il paziente anche sul tipo di attività svolta (“quam artem exerceat”). Egli asserisce giustamente l’assoluta preminenza della prevenzione rispetto alla terapia. E poiché tutti i prestatori d’opera, dagli intellettuali ai più umili manovali, rivestono un ruolo di utilità sociale, le condizioni di lavoro non devono comportare sofferenza e danno alla salute. Per questo Ramazzini, riconosciuto fondatore della medicina del lavoro, sensibile analizzatore delle misere condizioni delle classi subalterne, è giustamente considerato un fautore dell’elevazione sociale dei lavoratori.

Colpisce ritrovare nel De morbis artificum diatriba numerosi riferimenti alla cefalea, patologia inedita in un trattato sulle malattie del lavoro. Il principale interesse clinico di chi scrive riguarda proprio lo studio di questa patologia e alcune ricerche sono state stimolate da quanto scritto sull’argomento proprio da Ramazzini. Le osservazioni del docente padovano hanno consentito, ad esempio, di individuare un sintomo specifico per la diagnosi di emicrania, e cioè l’ipersensibilità agli odori durante gli attacchi. Sulla scorta di un suo passo autobiografico al riguardo, emerge poi che Ramazzini stesso ne soffriva, e ciò spiega anche il suo particolare interesse nel trattare l’argomento.

A Padova Ramazzini scelse il Portello come zona di residenza. Era, questa, un’area popolosa e vivace, animata dal vicino porto fluviale per Venezia. Proprio qui, nell’attuale via Belzoni, poco lontano dal suo luogo di sepoltura, è ubicata l’ultima casa padovana dove Bernardino Ramazzini visse fino alla morte. Lui stesso, del resto, scriveva al nipote Bartolomeo, di risiedere “alla Parochia di S. Soffia di contro à gli Orfani”, di fronte dunque al complesso degli Orfani (oggi Collegio del Sacro Cuore), situato appunto nell’attuale via Belzoni.

A pochi passi dalla sua casa, risalendo la via in direzione di Porta Ognissanti, si erge la piccola Chiesa della Beata Elena Enselmini dove le fonti storiche concordano nel collocare il sito di sepoltura del fondatore della medicina del lavoro. Agli inizi del Novecento, in realtà, questa ipotesi era stata scartata, ma una seconda ricognizione, che mi ha visto partecipe il 5 giugno del 2002 insieme a un gruppo di studiosi padovani, ha invece confermato la presenza di alcuni resti di calotta cranica riconducibili a Ramazzini. L’esame del radiocarbonio fa risalire infatti il reperto a un periodo compatibile con la data di morte dell’autore del De morbis artificum diatriba. Come riportato anche sulla rivista The Lancet, viene così avvalorata la tradizione che vuole le spoglie mortali del grande clinico di Carpi tumulate “sine titulo”, cioè senza alcuna iscrizione tombale, nella secolare cornice della Chiesa della Beata Elena Enselmini di Padova. E viene così scientificamente supportata l’elegante iscrizione commemorativa in onore di Bernardino Ramazzini, posta sulla facciata della chiesa nel 1933, in occasione del terzo centenario dalla nascita per iniziativa del rettore Carlo Anti, sulla sola scorta della tradizione.

UNA APP PER IL TRAINING DEI LAVORI IN QUOTA

Una soluzione originale e innovativa per la formazione in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro e, nello specifico, per i training abilitanti ai lavori in quota nel settore edile. E’ stata testata e provata questa mattina a Siena, all’interno delle iniziative della Settimana della sicurezza promossa da Cassa Edile Siena e Scuole Edile Senese, la app in realtà virtuale progettata e sviluppata dallo staff multidisciplinare del Lab VR dell’Università di Siena, per imparare a gestire il rischio del lavoro in quota in totale sicurezza.

Lo strumento, testato dagli studenti del corso CAT dell’Istituto tecnico superiore Sallustio Bandini di Siena, è indirizzato ai responsabili del servizio di prevenzione e protezione nel settore costruzioni. Un progetto pilota, unico in Toscana, che ha una capacità unica di replicare contesti che sarebbe difficile, se non impossibile o troppo rischioso riprodurre nella vita reale.

Utilizzando la app i lavoratori edili possono formarsi per svolgere in assoluta sicurezza un’attività importante e rischiosa. Le simulazioni in realtà virtuale hanno un valore particolare per la formazione. Infatti, rappresentando vere e proprie esperienze interattive, consentono all’utente di testare e riconoscere le sue reazioni a circostanze di potenziale pericolo, come quelle tipiche delle lavorazioni in quota nell’edilizia. L’esperienza virtuale di situazioni critiche e di potenziale pericolo permette agli utenti di conoscere e controllare le proprie reazioni in modo del tutto diverso rispetto a un apprendimento teorico. Pensata come un game interattivo, grazie alla visione immersiva propria della realtà virtuale, la app consente di simulare diverse situazioni di lavoro in quota e, attraverso le opzioni di scelta proposte, fornisce una guida puntuale per una corretta gestione degli interventi.

La settimana della sicurezza prosegue martedì 29 ottobre (ore 10.30 auditorium cassa Edile) con ‘L’arte della sicurezza’, presentazione del concorso grafico finalizzato a coinvolgere gli studenti dell’Istituto d’arte Duccio di Buoninsegna alla realizzazione di un cartello ammonitore sul tema ‘Sicurezza sul lavoro – cadute dall’alto’.

da Siena free.it

FTALATI E MICROPLASTICHE NEMICI DELLA FERTILITÀ

La fertilità è sempre più a rischio a causa di fattori ambientali, tra questi alcuni inquinanti presenti in ciò che mangiamo che, secondo la Società Italiana di Andrologia (SIA), stanno “avvelenando” gli spermatozoi.

Come è noto, la fertilità cala sempre di più e non solo nel nostro paese. Le cause di questo fenomeno sono molte e non staremo ora ad elencarle tutte (se vi interessa l’argomento leggete QUI). Tra queste, però, una certa responsabilità sembrano avere pesticidi e microplastiche che, purtroppo, sempre più spesso arrivano sulle nostre tavole.

A dirlo sono gli esperti della SIA che, in occasione del Congresso nazionale “Natura Ambiente Alimentazione Uomo”, hanno fatto il punto sull’odierna situazione degli uomini. Questi, ogni anno, attraverso il cibo assumono ben 250 grammi tra plastica e pesticidi. Oltre a ciò, vi è anche il problema degli ftalati che dai contenitori per alimenti possono migrare ai cibi e arrivare dunque nell’organismo.

Questi inquinanti non sono certo innocui per il corpo umano e, sottolineano gli andrologi, portano anche serie conseguenze per la salute degli spermatozoi. Nello specifico possono contribuire a farli diminuire ma anche ad un calo della loro motilità o della capacità di fecondare l’ovocita. Tutto questo concretamente significa che possono ridurre la fertilità maschile.

Pesticidi e microplastiche

I pesticidi sono molti e tra questi, come ha ricordato Bruno Giammusso, responsabile Programmi Fertilità SIA:

“Gli alchilfenoli sono molto simili alla struttura degli ormoni sessuali e quindi possono ‘confondere’ il metabolismo. Si trovano in moltissimi prodotti, dalla frutta e verdura a diversi tipi di pesci e molluschi pescati anche nei nostri mari come per esempio tonno e sgombro”. 

ha poi aggiunto:

“Non dobbiamo dimenticare il pericolo microplastiche: i dati sulla quantità di particelle presenti nei cibi di utilizzo comune sono preoccupanti. Sappiamo infatti che il consumo annuale si attesta fra le 39.000 e le 52.000 particelle di microplastiche, a cui si aggiungono fino a 90.000 particelle se si beve soltanto acqua in bottiglie di plastica: ne ingeriamo l’equivalente di una carta di credito a settimana, circa 5 gr, con effetti che temiamo possano essere consistenti” 

Ftalati

Ftalati e fitoestrogeni si comportano da interferenti endocrini: ‘mimano’ ormoni come gli estrogeni e gli androgeni presenti nell’organismo e in questo modo influenzano pesantemente gli equilibri ormonali” ha dichiarato Alessandro Palmieri, presidente SIA.

Anche in questo caso abbiamo il potere di fare qualcosa per evitare di trovarci alle prese con queste sostanze e preservare la nostra fertilità ma, più in generale, garantire salute a tutto l’organismo.

Gli esperti SIA consigliano di:

  • mangiare cibi biologici
  • evitare cibi imballati nella plastica

Altri consigli utili sono quello di non fumare e di mantenere il più possibile uno stile di vita sano.

da Greenme.it

I NUOVI IMPORTI INAIL PER DANNO BIOLOGICO

Da Avvenire.it

articolo di Vittorio Spinelli

Indignano alla coscienza civile i 685 lavoratori morti quest’anno sul posto di lavoro per inosservanza delle norme antinfortunistiche o, in pochissimi casi, per una ingestibile fatalità. Ma ugualmente pesa lo stillicidio degli oltre 700 mila incidenti che hanno leso l’integrità fisica di altrettanti infortunati, con le immaginabili conseguenze anche nelle famiglie e nelle aziende interessate. Altissimi costi sociali e non di meno economici che impegnano l’Istituto contro gli infortuni con risarcimenti e prestazioni diverse.


Magra consolazione per il settore è quindi il recente aumento, circa il 40%, agli indennizzi per il danno biologico liquidati in capitale ai lavoratori colpiti da un infortunio o da una malattia professionale. I nuovi importi sono esposti in una tabella recentemente elaborata dal Ministero del lavoro e sostituiscono le tariffe precedenti con effetto dal 1° gennaio 2019 al 31 dicembre 2021.


L’indennizzo per il “danno biologico” non è collegato al reddito dell’interessato e prescinde dalla sua retribuzione. Ciò che viene risarcito è la menomazione in sé, cioè il pregiudizio sofferto dalla persona e identico per tutti gli esseri umani. Di conseguenza il risarcimento cresce col crescere della gravità del caso, in maniera più che proporzionale perché il quadro clinico complessivo viene maggiormente compromesso. Varia inoltre in base al grado di menomazione e all’età del lavoratore.

Un giovane infortunato entro i 20 anni di età e con un danno minimo del 6% riceve ora un indennizzo di circa 8.500 euro che salgono fino a 40.000 euro per un danno biologico al 16%. Diversamente per un anziano al limite del pensionamento gli analoghi importi variano tra i 3.800 euro e i 18.000 euro.
Gli attuali indennizzi, che beneficiano della rivalutazione al costo della vita, scontano tuttavia una novità introdotta dalla Corte di Giustizia Europea. I giudici (Causa C- 318/13) hanno infatti vietato per la previdenza sociale norme differenziate per sesso. La nuova tabella di indennizzo del danno biologico in capitale è dunque unica sia per gli uomini che per le donne.

I nuovi importi sono stati necessariamente elaborati facendo una ponderazione degli indennizzi finora liquidati in base al sesso nel corso degli anni 2000-2017 e tenendo conto dei nuovi adeguamenti della speranza di vita.

FEDI DI SANITA’: ANTICA CERTIFICAZIONE DI SALUTE

La certificazione medica è da sempre una delle “incombenze” burocratiche mediche alla base comunque di tanti provvedimenti medico legali. alcune di queste certificazioni erano quelle atte  a contenere il rischio di contagio

Una delle misure di prevenzione più antiche, la più diffusa e meglio documentata, fu l’istituzione della “Fede di sanità“, attestato di cui si doveva munire chi iniziava un viaggio di terra e che “faceva fede”, certificava lo stato di salute di cui godeva il paese di partenza del viaggiatore e di conseguenza, presumibilmente, del viaggiatore stesso.

La Fede di sanità, vero e proprio Passaporto Sanitario, era considerata un documento particolarmente importante che le autorità, nel timore di frodi, seguivano attentamente dal momento della stampa fino a quello della consegna a chi lo doveva compilare.

Fede di sanità rilasciata nel 1750 dal Vicariato ad un viaggiatore

Mentre l’analogo documento che accompagnava una imbarcazione – la Patente di sanità – era necessariamente rilasciato dall’autorità di un porto (da una Deputazione Sanitaria investita di grandi poteri), la Fede di sanità era rilasciata anche in piccoli agglomerati urbani.

Mentre le Patenti di sanità sono il più delle volte belle stampe munite dei noti bolli di sanità, le Fedi sono il più delle volte piccoli e semplici foglietti manoscritti compilati da un impiegato del comune. Le Fedi dovevano riportare le caratteristiche somatiche della persona cui erano rilasciate, insieme ad ogni altro elemento utile per una sicura identificazione.

tratto da .alessandrolivistudiomedico.it

PROPRIOCEZIONE E RIDUZIONE DEI DISTURBI OSTEOARTICOLARI

Capire il meccanismo  della propriocezione può rendere consapevoli che il movimento corretto richieda segnali ben organizzati e accurati dai muscoli al cervello. Questi segnali possono essere facilmente controllati semplicemente con la maggiore consapevolezza del comportamento dei movimenti. La consapevolezza della corretta esecuzione del movimento ridistribuisce i segnali, diminuendo la probabilità di lesioni.

Esistono numerosi approcci in merito agli interventi preventivi in ​​ergonomia e di gestione dei movimenti manuali, tuttavia l’importanza e i dettagli di una consapevolezza del movimento e di una corretta educazione di questo, sono spesso trascurati.  Generalmente infatti lo studio dei disturbi muscoloscheletrici (DMS) sul posto di lavoro si concentra su aree di rischio  – l’individuo, l’attività e l’ambiente – piuttosto che su movimenti isolati.

Questo articolo si concentra sulla persona ovvero l’individuo e l’effetto positivo che può fornire lo sviluppo della propriocezione sulla prevenzione dei disturbi osteoarticolari .

Secondo l’assicurazione Liberty nel 2017, gli infortuni sul lavoro e gli infortuni sul lavoro sono costati 59,9 miliardi di dollari ai datori di lavoro statunitensi nel 2014. Tra le cause principali che rappresentano la metà del costo sono ci sono i disturbi muscoloscheletrici L’aumento della propriocezione può avere un effetto significativo su tutti gli aspetti della sicurezza sul posto di lavoro da distorsioni, stiramenti, tendiniti e dolore lombare a scivolamentia, viaggi e cadute.

Che cos’è la propriocezione?

Conoscere la posizione del corpo nello spazio può essere descritto come propriocezione. È la capacità di percepire la posizione di qualsiasi parte del corpo in un determinato momento senza guardarsi allo specchio o osservare. Un semplice esempio potrebbe essere quello di allungare le braccia a 90 gradi con l’intenzione di averle esattamente in linea con le spalle, mantenendo un’esecuzione perfetta. Questo è generalmente un primo tentativo realizzabile e, in caso contrario, sono necessarie pochissime pratiche o consapevolezza per realizzarlo.

Tuttavia, eseguire lo stesso esercizio con gli occhi chiusi toglie il senso della vista e ci si basa esclusivamente sulla “propriocezione”. Un altro modo semplice e facile per testare e coltivare la propriocezione è con la pratica dell’equilibrio permanente, un requisito per avere un buon equilibrio e ridurre gli incidenti. In piedi su una gamba, prima con gli occhi aperti e poi chiusi e notando la differenza tra le due situazioni. Quando gli occhi sono chiusi, gli impulsi nervosi dal muscolo vengono trasferiti di nuovo al cervello per l’interpretazione e vengono intensificati e allenati. Concentrarsi sulla propriocezione è un modo semplice e pratico per ridurre in modo significativo il rischio di incappare distorsioni scivolamenti  o cadute, infortuni sul lavoro molto comuni.

Come funziona la propriocezione?

I segnali posturali vengono ricevuti dal muscolo in movimento e dalle articolazioni e vengono quindi inviate al cervello per l’interpretazione. Questi impulsi nervosi situati all’interno della pelle, dei muscoli e delle articolazioni sono chiamati joints e si muovono estremamente velocemente, più velocemente del nostro senso visivo. I joints sono super sensibili e possono rilevare una differenza di variazione dello 0,002 percento nella lunghezza del muscolo; pertanto, è importante che questi puntatori afferenti siano precisi e soprattutto sul segno quando ci muoviamo, in particolare in ambienti stressanti.

È estremamente utile che questi joints  possano rilevare i cambiamenti molto più rapidamente del nostro senso visivo, poiché è normale non guardare la parte del nostro corpo in movimento contemporaneamente al sollevamento di una scatola o al movimento . Grazie a questi impulsi rapidissimi , possiamo quindi concentrare la nostra attenzione su altre cose mentre ci muoviamo. Ad esempio, quando si fa una passeggiata e allo stesso tempo bisogna abbassare il capo perché c’è il pericolo di picchiare contro un ramo. Il corpo si affida sempre alla propriocezione.

Tuttavia, sebbene sia una fortuna che questi impulsi siano così , il rovescio della medaglia è che sono facilmente interrotti e talvolta possono essere sbagliati.  Inoltre, possono cambiare  a causa di diverse influenze. Pertanto, è fondamentale controllarli e mantenerli regolarmente addestrati.

Perché addestrare i lavoratori a sviluppare la propria propriocezione?

Ad un semplice livello di interpretazione, la propriocezione può essere definita senso posizionale del corpo o consapevolezza. È saggezza popolare che alti livelli di propriocezione richiedano un addestramento permanente. Pensate a ballerini e atleti professionisti e alla loro capacità di esibirsi con precisione. Sono consapevoli di come si stanno muovendo, dove gli arti, la colonna vertebrale e tutte le aree dei loro corpi sono nello spazio in qualsiasi momento e quindi hanno meno possibilità di sperimentare la disabilità. Il loro senso propriocettivo è stato esercitato e sviluppato e i circuiti di feedback al cervello sono allineati.

La propriocezione disallineata può causare posizioni articolari imprecise compromissione dell’equilibrio e errori di interpretazione forzata, problemi che possono causare MSDs immediatamente o nell ‘arco del tempo. Molti fattori diversi possono contribuire ai segnali che trasferiscono informazioni in modo impreciso, tra cui le lesioni, il dolore cronico, schemi di movimento pigri o abituali o ripetizione di tecniche imprecise.

Qualsiasi lesione – intrapresa sul posto di lavoro, durante lo sport o a casa – ha un impatto sulla propriocezione e inibisce la capacità del cervello di elaborare le informazioni sensoriali che si estendono dall’articolazione o dal muscolo compromessi. Questo è il motivo per cui l’articolazione o il muscolo leso richiede il check-in, la rivalutazione o la riqualificazione dopo un evento. Le variazioni di attività che richiedono un nuovo tipo di movimento sono anche delle opportunità  per fornire formazione e  consapevolezza al fine di prevenire nuove lesioni derivanti da movimrnti inusuali. Quando si ha a che fare con posture o movimento sbagliati inveterati  , un training muscolare ripetuto in quest’area può aiutare a rompere in questi schemi e creare percorsi più sani.

Formazione e movimento Cambiamenti comportamentali

Tutti gli strumenti di apprendimento che aumentano la consapevolezza del movimento sono la chiave per una formazione efficace. Le discipline che includono promemoria, biofeedback, micro-apprendimento in situ, elaborazione riflessiva ed esercizi di consapevolezza correttiva sono alcune pedagogie per aiutare il viaggio di riorganizzazione dei percorsi neurali per riallineare muscoli, articolazioni ed equilibrio.

L’apprendimento sul posto di lavoro intorno alla propriocezione dovrebbe essere continua con promemoria mensili o biennali e riqualificazione, nonché  dopo infortuni o cambiamenti della mansione lavorativa per evitare che schemi di movimento erronei divengano abituali e più difficili da correggere

Cambiare il comportamento del movimento può inizialmente sembrare innaturale. Può portare incertezza ed disagio poiché questi segnali iniziano  in un percorso alternativo rispetto al loro orientamento normale. I movimenti abituali ci fanno sentire sicuri anche se potrebbero essere dannosi per il corpo, spesso c’è avversione all’adattamento dovuto a sentimenti inconsapevoli di stress e paura

L’educazione e il training di quest’area della nostra rete neurale dovrebbe essere comunicata in modo completo ai lavoratori. Se i lavoratori hanno la capacità di autogestire il proprio movimento rimappando in situ e ad un ritmo a loro agio, il cambiamento può essere un’esperienza piacevole e incoraggiante con risultati duraturi. L’acquisizione di questa abilità  può essere  utile in tutti gli aspetti della loro vita, non solo sul posto di lavoro.

In sintesi, lo sviluppo di questa facoltà sensoriale può determinare una riduzione degli MSD sul posto di lavoro distorsioni, stiramenti, scivolamenti  o cadute. In particolare, quando si allena il corpo a modificare i modelli di movimento abituali scorretti, il recupero da un infortunio per prevenire il ripetersi (o la progressione in stadi cronici), è essenzialmente propriocettivo. Fornire ai lavoratori una formazione continua in questo senso offre benessere per tutta la vita.

Questa è una padronanza che se focalizzata su, avrà un impatto sui tassi di infortunio generali per le organizzazioni. Non solo i lavoratori beneficeranno delle ore lavorative, ma otterranno anche un dono che avrà un effetto positivo sulle loro attività quotidiane per il resto della vita.

Liberamente tradotto da Dott Alessandro Guerri medico specialista di medicina del lavoro