Viviamo un periodo storico di grande fermento per l’intero Paese e in particolare per la Lombardia. Le ingenti risorse destinate al nostro territorio sono di diversa provenienza e vanno dal Pnrr al Fondo complementare e dalla Programmazione Comunitaria fino alle Olimpiadi invernali di Milano Cortina 2026. È del tutto evidente che questa grandissima opportunità deve essere accompagnata da un innalzamento della soglia di attenzione, da parte delle istituzioni e di tutti gli attori del territorio, come le parti datoriali e sindacali”. Lo ha detto il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, presentando il ‘Protocollo d’intesa per il lavoro, la legalità, la sicurezza, la sostenibilità, la promozione della partecipazione e del confronto’ sui temi connessi a Pnrr e Pnc, Piano Lombardia e Olimpiadi invernali 2026.
Lo hanno firmato oggi in Regione da tutti i rappresentanti del Patto per lo Sviluppo, a partire dalle rappresentanze sindacali, e da altri soggetti che hanno aderito all’iniziativa. “Il valore aggiunto del protocollo è quello di avere messo intorno al tavolo tutti gli ‘attori’ di Lombardia, soggetti con cui collaboriamo costantemente. Ognuno, ne sono certo, porterà le proprie competenze e conoscenze da mettere a fattore comune” ha aggiunto il presidente. “Legalità, trasparenza e sicurezza – ha proseguito Fontana – sono i temi da inizio legislatura al centro dell’attenzione della Regione, come dimostra l’ampia e consolidata collaborazione con la Prefettura di Milano e tutte le Prefetture della Lombardia. Un tema mi sta particolarmente a cuore quello del lavoro. La sicurezza sul lavoro, la qualità del lavoro, le pari opportunità per giovani e donne nel mondo del lavoro devono essere al centro degli impegni che discendono da questo protocollo”.
Il documento sottoscritto dedica una sezione anche ai temi della Sostenibilità sociale, economica e ambientale “su cui – ha concluso Fontana – abbiamo già raggiunto importanti risultati, condivisi proprio con i componenti del Patto. Sostenibilità deve essere sempre più un’altra parola chiave della nostra Lombardia”
Bando ISI INAIL 2021: con la pubblicazione, lo scorso 7 dicembre, degli elenchi cronologici provvisori delle imprese ammesse a beneficiare dei fondi a disposizione, si avvia al termine il lungo iter di accesso ai finanziamenti.
In totale sono 274 milioni di euro le risorse messe in campo per sostenere progetti finalizzati al miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza dei lavoratori e delle lavoratrici e, nel caso delle micro e piccole imprese agricole, investimenti per l’acquisto di nuovi macchinari e attrezzature di lavoro più sostenibili e più sicuri.
Le aziende che hanno presentato domanda in occasione del click day del 16 novembre scorso e che risultano idonee devono inviare la documentazione richiesta entro la scadenza del 20 gennaio 2023 per poter beneficiare dei contributi, da 1.000 a 130.000 euro.( Fonte informazionefiscale.it)
Una riduzione nel sangue di una proteina (la MECP2) sembrerebbe favorire il rischio di sviluppare malattie correlate allo stress, in persone, soprattutto donne, che, durante l’infanzia o l’adolescenza, abbiano vissuto esperienze particolarmente avverse», questa è la conclusione raggiunta dai ricercatori del Centro di riferimento per le Scienze Comportamentali e la Salute Mentale dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss), in uno studio pubblicato su Translational Psychiatry.
Malattie legate allo stress: lo studio
Al centro delle indagini la proteina MECP2, ovvero Methyl-CpG binding protein 2, fondamentale per il funzionamento delle cellule nervose, nota perché alcune mutazioni del gene che la codifica sono la principale causa della Sindrome di Rett, una malattia neurologica rara, molto grave, che colpisce fin dalla prima infanzia prevalentemente il genere femminile.Oggi sappiamo che questa proteina, oltre a essere implicata in numerosi processi del neurosviluppo, svolge un ruolo fondamentale nel determinare gli effetti che l’ambiente in cui viviamo ha sul nostro organismo, suggerendo un suo coinvolgimento nei processi che predispongono allo sviluppo di psicopatologie indotte dall’esposizione a eventi stressanti nel corso della vita» dicono i ricercatori.
Sulla base di queste evidenze, gli scenziati hanno analizzato i livelli di MECP2 in campioni di sangue di 63 persone clinicamente sane. I risultati hanno confermato le loro ipotesi, ovvero che esiste una connessione tra i livelli ridotti di MECP2 e gli esiti disadattivi (quali ansia e depressione) delle esperienze avverse vissute in infanzia, e che tale legame è più forte tra le donne.«Ulteriori studi finalizzati ad approfondire i meccanismi alla base di questa associazione potranno svelare nuovi bersagli per l’implementazione di interventi preventivi personalizzati» spiega l’ Iss.
Le nuove tecnologie influenzano sempre di più il nostro quotidiano, contribuendo a ridisegnare le nostre abitudini e pure il lavoro. Da questo punto di vista, il connubio tra IoT e Dpi rappresenta una svolta significativa nel campo della tutela della sicurezza sui luoghi di lavoro. L’adozione di dispositivi di protezione individuale, resi smart grazie all’Internet of Things, può contribuire a ridurre in modo sensibile il rischio d’infortuni.
Respirare polveri e fumi da agenti come vapori, gas e solventi comuni sul posto di lavoro può aumentare il rischio di sviluppare l’artrite reumatoide, secondo uno studio pubblicato su Annals of the Rheumatic Diseases. «Anche se è noto che il fumo di sigaretta aumenta il rischio di sviluppare l’artrite reumatoide, non si sa quale impatto potrebbe avere respirare polveri e fumi sul posto di lavoro» spiega Bowen Tang, del Karolinska Institutet di Stoccolma, Svezia, primo nome dello studio. Per meglio comprendere la situazione, i ricercatori hanno valutato i dati di 4.033 persone con una nuova diagnosi tra il 1996 e il 2017 e altre 6.485 appaiate per età e sesso, ma libere dalla malattia. Le storie di lavoro personali sono state utilizzate per stimare la quantità di esposizione individuale a 32 agenti sul posto di lavoro, e a ogni partecipante è stato assegnato un punteggio di rischio genetico (GRS). L’artrite reumatoide è caratterizzata dalla presenza o dall’assenza di anticorpi anti peptide ciclico citrullinato, o ACPA. La positività ACPA denota una prognosi peggiore con tassi più elevati di danno articolare erosivo. Nella popolazione di studio, quasi tre quarti delle persone con artrite reumatoide risultate positive (73%) e negative (72%) per ACPA erano state esposte ad almeno una polvere o fumo sul posto di lavoro, rispetto a circa due terzi (67%) delle persone nel gruppo di controllo. L’analisi dei dati ha mostrato che l’esposizione agli agenti sul posto di lavoro non solo era associata a un aumento del rischio di sviluppare l’artrite reumatoide, ma sembrava anche accrescere ulteriormente tale rischio interagendo con il fumo e la suscettibilità genetica. L’esposizione a qualsiasi agente sul posto di lavoro è stata associata a un aumento del rischio del 25% di sviluppare artrite reumatoide ACPA positiva, in generale, e questo rischio è aumentato fino al 40% negli uomini. Nello specifico, 17 agenti su 32, tra cui quarzo, amianto, fumi di diesel, fumi di benzina, monossido di carbonio e fungicidi, erano fortemente associati a un aumentato rischio di sviluppare una malattia ACPA positiva. Il rischio è aumentato di pari passo con il numero di agenti e la durata dell’esposizione. L’esposizione a un agente sul posto di lavoro e al fumo, insieme a un alto punteggio di rischio genetico, erano associati a un rischio molto elevato di malattia ACPA positiva, da 16 a 68 volte superiore, rispetto alla non esposizione a tutti e tre i fattori. «I risultati dello studio hanno diverse importanti implicazioni per lo sviluppo e la prevenzione delle malattie» affermano Vanessa Kronzer, della Mayo Clinic di Rochester (USA) e Jeffrey Sparks, del Brigham and Women’s Hospital di Boston (USA), in un editoriale collegato.
La scorretta alimentazione è un fattore di rischio modificabile e prevenibile che può portare all’insorgenza o al peggioramento di alcune malattie croniche non trasmissibili.
Le abitudini alimentari sono profondamente influenzate dai fattori socio-economico-culturali nonché dalle condizioni psico-fisiche individuali che incidono a loro volta sulla qualità della vita. L’Inail ha promosso il progetto di ricerca-intervento di prevenzione alimentare al lavoro favorendo un cambiamento sulla salute alimentare individuale e dell’ambiente di lavoro, secondo la visione sistemica della salute. La scheda informativa riassume il modello di intervento attuato per la sua realizzazione e predisporlo come una soluzione procedurale.
Metà dei lavoratori dell’Ue considera che lo stress sia comune sul luogo di lavoro e contribuisce a circa la metà di tutti i giorni di lavoro persi”: così, in riferimento al rischio di Stress lavoro correlato (d’ora in avanti: SLC) legato ai rischi psicosociali, si esprime la Commissione Ue nel documento del 28.6.2021 “Quadro strategico dell’Ue in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro 2021-2027”.
Le monografie dell’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (Eu-Osha) sul tema dello SLC sono numerose; in Italia il Sistema Sanitario Nazionale, tramite l’Inail e le Regioni, ha prodotto circolari, linee guida, monografie, leggi regionali. A riprova della rilevanza data alla tematica un gruppo di lavoro Inail-Regioni nel 2015 ha coordinato un intervento delle Usl su tutto il territorio nazionale che ha coinvolto oltre mille aziende.
Il documento della Commissione Ue riporta che il problema dello SLC dovuto ai rischi psicosociali si è ulteriormente aggravato, sia per la crisi economica che per il maggiore utilizzo delle Tic (Tecnologie dell’Informazione e Comunicazione). Nonostante ciò, i dati ufficiali dell’Inail del 2021 relativi al riconoscimento delle malattie professionali indicano che quelle dovute allo SLC sono 27 e rappresentano solo lo 0,13% del totale (fig.1). Questo misconoscimento in fase amministrativa da parte dell’Inail di quanto sostiene sul versante scientifico e informativo si accompagna, e in parte ne è anche causa, ad una marginalizzazione dello SLC anche da parte degli organi di vigilanza delle Usl e dei patronati sindacali. In questo contesto, spesso i lavoratori sono timorosi e riluttanti a chiedere un intervento degli organi di controllo o della magistratura, anche se i giudici del lavoro più volte hanno riconosciuto il diritto al risarcimento per le patologie da SLC.
Che fare? Nel documento del 28.6.2021 la Commissione Ue “invita le parti sociali a intervenire e aggiornare entro il 2023 gli accordi esistenti a livello intersettoriale e settoriale per affrontare … in particolare i rischi psicosociali”; auspicando che tale raccomandazione venga accolta, si ritiene importante che le associazioni dei medici del lavoro, psicologi, avvocati, magistrati si attivino per informare e sensibilizzare i propri iscritti sui diversi e specifici aspetti del problema. Tutto ciò premesso, si forniscono indicazioni operative di carattere generale per la gestione delle malattie da SLC:
1. Innanzitutto il lavoratore deve ottenere una certificazione da parte di psicologi o psichiatri di una delle due malattie professionali che l’Inail riconosce essere provocate da SLC: disturbo dell’adattamento cronico e disturbo post-traumatico da stress. Il certificato deve essere supportato dai test psicodiagnostici indicati nella pubblicazione: “Patologia psichica da stress, mobbing e costrittività organizzativa. La tutela dell’Inail”.
2. Occorre poi una certificazione da parte di un medico del lavoro che metta in evidenza come dal racconto del lavoratore siano emersi fattori di SLC da mettere in rapporto di causa ed effetto con la diagnosi di cui sopra.
3. A questo punto, si può ipotizzare la responsabilità del datore di lavoro di aver causato un danno alla salute che si configura come lesione personale grave, che ai sensi dell’art. 590 del c.p. è reato perseguibile d’ufficio o, comunque, violazione dell’art. 2087 del c.c.. Ovviamente, laddove si adiscano le vie legali o si chieda l’intervento delle Usl e/o dell’Ispettorato del lavoro, la responsabilità del datore di lavoro andrà dimostrata.
Questi tre punti necessariamente danno una rappresentazione molto schematica di situazioni complesse che hanno spesso contorni sfumati in merito a comportamenti e responsabilità. In questo contesto si apre uno spazio molto interessante ad interventi di mediazione, nei quali all’attenzione del datore di lavoro vengono portate le istanze di riconoscimento legate alla propria patologia da parte del lavoratore: aspetti risarcitori di natura economica, benefici contrattuali che erano stati negati o, come spesso accade, risoluzione delle problematiche lavorative che hanno generato lo SLC. Un ruolo determinante, in questa fase, lo hanno i legali del lavoratore e del datore di lavoro: i tre punti sopra illustrati portano al tavolo della trattativa, magari anche in fase di conciliazione, aspetti che finora sono troppo spesso esclusi
Con una nota a firma del Direttore Generale del Ministero della Salute prof. Giovanni Rezza è stato chiaramente ribadito l’obbligo per tutti i medici specialisti di acquisire nel triennio 2020-2022 crediti formativi in tema di radioprotezione.
Tale obbligo di fatto applica l’articolo art. 162 del d.lgs. 31 luglio 2020, n. 101 in tema di “Radiazioni ionizzanti”.
Il comma 4 dell’articolo 162 del citato Decreto Legislativo recita: “I crediti specifici in materia di radioprotezione devono rappresentare almeno il 10% dei crediti complessivi previsti nel triennio per i medici specialisti, i medici di medicina generale, i pediatri di famiglia, i tecnici sanitari di radiologia medica, gli infermieri e gli infermieri pediatrici, e almeno il 15% dei crediti complessivi previsti nel triennio per gli specialisti in fisica medica e per i medici specialisti e gli odontoiatri che svolgono attività complementare“.
Ad ulteriore precisazione, la nota del Prof. Rezza riporta: “I medici di qualsiasi specializzazione e modalità di esercizio della professione sono tenuti alla formazione e aggiornamento ECM dì radioprotezione in quanto tutti potenziali prescriventi, inclusi gli odontoiatri”.
I chiarimenti contenuti nella citata nota sono stati inviati dietro specifica richiesta del presidente della FNOMCeO, dr. Filippo Anelli.
Per coloro che sono interessati ad approfondire la problematica alleghiamo la nota inviata dal dr. Anelli e la risposta del prof. Rezza, nonché copia dell’art. 162 del d.lgs. 101/2020.
La pubblicazione esamina i rischi lavorativi delle lavanderie industriali, le quali esercitano attività a supporto di diverse realtà produttive, principalmente il comparto ospedaliero e quello ricettivo (alloggi e ristorazione), attraverso il noleggio e il lavaggio di materiali tessili e, se necessario, la loro sterilizzazione. Le aziende tecnologicamente più avanzate effettuano anche la fornitura e la manutenzione di abiti da lavoro e di kit sterili per sale operatorie.
Sebbene il comparto abbia un’utilità sociale fondamentale, esso risulta ancora molto poco investigato dal punto di vista igienistico-industriale. Per tale motivo e allo scopo di colmare tale lacuna, la Consulenza tecnica accertamento rischi e prevenzione e la Consulenza statistico attuariale dell’Inail, in collaborazione con Assosistema Confindustria, hanno realizzato l’opuscolo “Analisi dei rischi nelle lavanderie industriali”. Il lavoro analizza in maniera approfondita due aspetti complementari: da una parte i dati statistici relativi ad aziende e addetti assicurati all’Istituto – con la descrizione del fenomeno infortunistico e tecnopatico dal 2016 al 2021 – e dall’altra alcuni specifici rischi cui possono essere esposti i lavoratori. Questi i rischi presi in esame: esposizione ad agenti biologici, esposizione ad agenti chimici, movimentazione manuale dei carichi, assunzione di posture incongrue, esposizione a campi elettromagnetici e rischi correlati alla manutenzione delle attrezzature di lavoro. Per ciascun rischio considerato, sono descritte le principali misure di prevenzione e di protezione (individuali e collettive).
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