L’INQUINAMENTO DA TRAFFICO URBANO AUMENTA IL RISCHIO DI DEMENZA
da doctor33.it
L’esposizione agli inquinanti atmosferici prodotti dal traffico aumenta significativamente il rischio di demenza. In particolare, per ogni aumento di 1 microgrammo per metro cubo di esposizione al particolato fine (PM2,5) il rischio di demenza è aumentato del 3%.
I risultati di una meta-analisi, che includeva un totale di oltre 90 milioni di persone pubblicata il 26 ottobre su Neurology, hanno mostrato che le particelle prodotte dalla combustione di combustibili fossili, in particolar modo dai gas di scarico del traffico stradale, un’associazione incredibilmente precisa tra questo tipo di inquinamento atmosferico e il rischio di demenza.
L’inquinamento atmosferico è un noto fattore di rischio per la demenza, ma gli studi che tentano di individuarne l’esatto impatto hanno prodotto risultati contrastanti.
I ricercatori, nella nuova metanalisi, hanno analizzato i dati di 17 studi con un totale di 91,4 milioni di individui, il 6% dei quali soffriva di demenza. Oltre al PM2,5, i ricercatori hanno anche valutato anche altri elementi dello smog come gli ossidi di azoto totali, il biossido di ozono e l’ozono totale.
Dopo aggiustamenti per altri fattori di rischio noti, come età e sesso, i risultati hanno mostrato che il rischio di demenza aumentava del 3% per ogni aumento di 1 microgrammo su metro cubo rispetto all’esposizione al PM2,5.
Le associazioni tra demenza ed esposizione agli ossidi di azoto, al biossido di azoto e all’ozono totale, pur mostrando anch’essi un aumento del rischio, non hanno raggiunto la significatività statistica.
Lo studio non ha esaminato cause, durate e soglie minime di esposizione a questi inquinanti, tuttavia, i risultati erano sufficienti ad affermare la rilevanza clinica. I ricercatori sottolineano, comunque, come la US Environmental Pollution Agency (EPA) considera sicure le esposizioni medie annue fino a 12 µg/m3, mentre L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) fissa tale limite a un livello molto più basso pari a 5 µg/m3.
“È piuttosto sconcertante che ci sia questa relazione così precisa del 3% tra l’incidenza della demenza e il particolato”, ha dichiarato la ricercatrice Janet Martin, professoressa associato di anestesia e medicina perioperatoria ed epidemiologia e biostatistica presso La Schulich School of Medicine & Dentistry della Western University, dell’Ontario in Canada e coordinatrice dello studio.