Novità

RADON UN RISCHIO INVISIBILE

È di questi giorni la notizia che in Italia un supermercato è stato chiuso per verificare se la presenza di concentrazioni di gas radon superi la soglia consentita dalle normative.

Il Radon è un gas radioattivo presente nel sottosuolo, nelle acque e in alcuni materiali utilizzati nelle costruzioni (ad esempio rocce, tufo e graniti). Tende a risalire in superficie e, senza un adeguato isolamento o una corretta aerazione, si accumula negli ambienti chiusi, specie quelli interrati o ai piani inferiori degli edifici come cantine, box, magazzini, caveau bancari, negozi, uffici ed abitazioni. Se la sua concentrazione nell’aria supera i limiti consentiti, risulta particolarmente pericoloso per gli occupanti, potendo causare l’insorgere del cancro al polmone (secondo l’organizzazione Mondiale della Sanità è la seconda causa di tale malattia dopo il fumo di tabacco).

La concentrazione di radon di un ambiente si misura in bequerel/m3 (Bq/m3). In Italia la legge 101/2020, che dà attuazione alla Direttiva Europea 2013/59 Euratom, fissa in 300 Bq/m3 il limite oltre il quale è imposto l’obbligo di intervento per ridurne la concentrazione. Solo qualora tutte le azioni messe in opera risultino insufficienti è ammesso agire riducendo i tempi di permanenza massima nei locali in questione.

Le soluzioni comunemente adottate per prevenire l’accumulo di radon negli spazi confinati consistono nel posizionamento di una guaina impermeabile al gas in corrispondenza delle fondamenta dell’edificio ovvero nella realizzazione di un vespaio aerato.(fonte edilportale)

LA RICERCA DEL CNR

Il gruppo di ricerca Epidemiologia Ambientale di IFC-CNR ha pubblicato di recente una revisione sistematica di letteratura sulla percezione, la consapevolezza e la conoscenza del rischio radon. Il gas radon, inquinante degli ambienti chiusi, è conosciuto dagli esperti ma non dal grande pubblico, ed è stata fatta su questo rischio poca comunicazione, anche se si tratta del rischio di tumore al polmone, se le persone sono esposte a determinati livelli. Il radon si trova solo in alcune zone, quelle in cui i suoli di origine vulcanica contengono radio, sostanza radioattiva che emana particelle che si degradano disperdendosi nell’aria, capaci di arrivare alle persone che le respirano. Gli strumenti di prevenzione del rischio sono ben noti e piuttosto semplici, come l’areazione forzata o l’isolamento dei locali.

Siamo in questo periodo nella fase di applicazione della Direttiva EURATOM (2013/59), che stabilisce le norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall’esposizione alle radiazioni ionizzanti. Ogni paese europeo deve stabilire lo stato della situazione e le azioni di prevenzione da intraprendere per proteggere i lavoratori e la popolazione in generale. Il Piano Radon ancora in vigore è del 2002, e in seguito a quelle direttive si cominciò a disegnare una mappa del rischio in ciascuna regione, mentre i Piani Nazionali di Prevenzione, che le Regioni adattano sui propri territori, già dal 2014 prevedono attività di monitoraggio e di prevenzione di questo importante inquinante interno.

La rassegna ha permesso di esaminare a fondo 40 articoli, di cui 4 scritti sulla base di esperienze italiane, e verificare quanto ci sia da fare in termini di diffusione delle conoscenze e comunicazione. Un lavoro sistematico è iniziato negli Stati Uniti già dagli anni ’80, in altri paesi le esperienze sono meno strutturate e approfondite, ma si constata che la percezione del rischio rimane bassa o molto bassa, a meno che le persone non vengano coinvolte direttamente, si offrano strumenti di misurazione, o si lavori nell’ambito di specifiche campagne di prevenzione del rischio di tumore al polmone. Il rischio radon infatti possiede caratteristiche che fanno in modo che sia facile minimizzarlo o evitare di porsi il problema: non è percepibile con i sensi, non provoca effetti evidenti, che sono anche lontani nel tempo, il tipo di rischio (tumore al polmone) è tipicamente mutifattoriale e si può sempre attribuire a qualcosa d’altro, bisogna fidarsi di chi da le informazioni e non pensare che abbia secondi fini. In questa revisione della letteratura sono state analizzate le dimensioni concettuali della percezione del rischio e la loro crescente complessità: comprensione e consapevolezza; percezione del rischio; comunicazione del rischio; disponibilità a eseguire test di monitoraggio del radon; attuazione di azioni di bonifica. Da tutti questi elementi si ricavano elementi utili alle azioni di prevenzione e alla comunicazione.(fonte il quotidiano nazionale)

Cori L, Curzio O, Donzelli G, Bustaffa E, Bianchi F. A Systematic Review of Radon Risk Perception, Awareness, and Knowledge: Risk Communication Options. Sustainability. 2022; 14(17):10505. https://doi.org/10.3390/su141710505

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LA SETTIMANA EUROPEA PER LA SICUREZZA E LA SALUTE SUL LAVORO

Da quotidiano sicurezza.

Dal 24 al 28 ottobre Eu-Osha celebrerà la “Settimana europea per la sicurezza e la salute sul lavoro”, appuntamento indetto per richiamare l’attenzione sulla cultura della sicurezza sul lavoro e sul tema della campagna Ambienti di lavoro sani e sicuri in corso.

#EUhealthyworkplace

Previsti eventi, seminari, incontri in tutta Europa. Il calendario completo è raccolto in questa pagina del sito della campagna Eu-Osha e potrà essere seguito attraverso #EUhealthyworkplace.

Il tema sarà ovviamente quello dei Dms e della campagna Ambienti di lavoro sani e sicuri – Alleggeriamo il carico, che si avvia alla conclusione nell’imminente summit di Bilbao del 14 e 15 novembre.

“È l’occasione ideale per partecipare alla campagna che sensibilizza alla prevenzione dei disturbi muscolo-scheletrici e all’importanza di affrontare i fattori di rischio psicosociali.

UN FARMACO PER OSSA NUOVE.

da dottnet.it

Il nuovo farmaco agisce attraverso un meccanismo che non solo blocca la perdita di osso, ma favorisce la formazione di osso nuovo e “giovane”

 La Asl3 genovese è la prima Azienda Sanitaria in Italia a utilizzare un nuovo farmaco per il trattamento dell’osteoporosi grave nelle donne in post-menopausa. E’ da tre settimane che la terapia viene prescritta alle prime pazienti. Il principio attivo del farmaco è il Romosozumab, primo di una nuova categoria di farmaci in grado di prevenire le fratture osteoporotiche. Il nuovo farmaco agisce attraverso un meccanismo che non solo blocca la perdita di osso, ma favorisce la formazione di osso nuovo e “giovane”.   Anche per questo motivo la nuova categoria di farmaci è stata chiamata “costruttori di ossa”. Il farmaco sarà inizialmente utilizzabile solo in donne in post-menopausa che presentino una osteoporosi severa e che non abbiano avuto benefici dall’utilizzo dei farmaci già in commercio. “In queste pazienti sarà possibile per la prima volta curare definitivamente l’osteoporosi. Ci si aspetta molto da questo farmaco – spiegano gli specialisti – che per le sue caratteristiche cliniche sarà il più efficace nella lotta all’osteoporosi mai commercializzato nella storia. Il farmaco era già presente negli Stati Uniti e nel resto dell’Europa da circa 12-18 mesi, e finalmente, dopo le procedure autorizzative necessarie, anche le pazienti italiane ne potranno beneficiare”.   Soddisfazione per l’iniziativa è stata espressa dal presidente della Regione Giovanni Toti, dall’assessore regionale alla Salute Angelo Gratarola e dal direttore generale di Asl3 Carlo Bottaro.

STORIE DI INFORTUNIO.

Nella locandina qui allegata sono visualizzabili le iniziative organizzate da Regione Lombardia, da ATS Brescia e dagli altri enti del sistema Regione.

Il 24 ottobre 2022 alle ore 12:00 Regione Lombardia aprirà la rassegna degli eventi “Storie di Infortunio” con la diretta streaming al seguente LINK ultime notizie

SALUTE DEL CUORE ED INQUINAMENTO AMBIENTALE.

Numerosi e innovativi gli argomenti proposti dalla XXXIX edizione del congresso “Conoscere e Curare il Cuore”, organizzata dalla Fondazione “Centro Lotta contro l’Infarto” dal 20 al 23 ottobre 2022 a Fortezza da Basso – Firenze.

Dal sito Pharmastar.it

L’eziopatogenesi degli eventi aterotrombotici è complessa e dipende dai ben noti fattori di rischio modificabili e non modificabili come la predisposizione genetica, lo stile di vita e fattori ambientali; tra questi ultimi, l’inquinamento atmosferico sta richiamando l’attenzione sempre maggiore dei ricercatori. Sebbene ci siano molte evidenze sugli effetti dannosi multisistemici dell’inquinamento atmosferico, un recente documento congiunto della European Respiratory Society (ERS) e della American Thoracic Society (ATS) ha identificato l’apparato cardiovascolare come il suo principale bersaglio.

L’inquinamento atmosferico è una miscela complessa di gas (monossido e ossido di azoto, ozono, diossido di zolfo, ammoniaca), goccioline volatili (chinoni e idrocarburi aromatici policiclici) e particolato (particulate matter, PM), una miscela eterogenea comunemente classificata sulla base delle dimensioni delle particelle in particolato grossolano (PM10: diametro aerodinamico <10 µm), fine (PM2.5: diametro aerodinamico <2.5 µm) e ultra-fine (PM0.1: diametro aerodinamico <0.1 µm). Negli ultimi 30 anni, diversi studi hanno inequivocabilmente correlato gli inquinanti atmosferici e soprattutto il particolato, alle malattie cardiovascolari. Il particolato fine è la principale componente dell’inquinamento atmosferico che causa malattie cardiovascolari.

Ad oggi, sia l’esposizione a breve termine – ore o giorni – sia l’esposizione a lungo termine – anni o decadi –, si sono dimostrate associate direttamente o indirettamente al rischio di malattia coronarica. Infatti, mentre diversi studi prospettici di coorte hanno evidenziato come l’esposizione prolungata al PM2.5 si associava allo sviluppo di aterosclerosi e di fattori di rischio cardio-metabolici, quali ipertensione arteriosa e diabete mellito, l’esposizione a breve termine al PM2.5 si è dimostrata un trigger per eventi coronarici acuti, soprattutto in soggetti con malattia coronarica preesistente.  In una meta-analisi pubblicata nel 2014, Cesaroni et al. dimostravano che l’esposizione prolungata al particolato era associata ad aumentata incidenza di eventi coronarici nelle 11 coorti incluse nell’European Study of Cohorts for Air Pollution Effects (ESCAPE). Lo studio dimostrava un aumento del 13% di eventi coronarici acuti non fatali per ogni 5 µg/m3 di aumento di esposizione al PM2.5, e un aumento del 12% di eventi coronarici per ogni 10 µg/m3 di aumento del PM10. Anche una più recente meta-analisi pubblicata nel 2021 ha dimostrato come l’esposizione prolungata al PM2.5 e al PM10 si associ a rischio di infarto miocardico. Dati recenti supporterebbero inoltre l’ipotesi che i pazienti con malattia coronarica preesistente siano a maggior rischio di sperimentare eventi coronarici acuti rispetto ai soggetti sani dopo esposizione di breve durata a più alte concentrazioni di inquinanti atmosferici.

Alterata funzionalità del microcircolo nelle donne

“Una patologia che sembra colpire maggiormente le donne – commenta Francesco Prati, Presidente della Fondazione Centro per la Lotta contro l’Infarto – è l’alterata funzionalità del microcircolo (coronary microvascular dysfunction, CMD).  Questa malattia, infatti, è più frequente nel sesso femminile e non a caso molti studi sono stati condotti nelle donne. Secondo una definizione recentemente accolta dalla comunità internazionale, l’alterata funzionalità del microcircolo richiede segni e/o sintomi di ischemia miocardica in assenza di malattia coronarica ostruttiva significativa. La CMD è pertanto responsabile di ischemia miocardica ed in qualche caso angina, in assenza di stenosi significative del distretto epicardico. In altri casi, la CMD può rappresentare una concausa di angina anche in presenza di malattia coronarica, cardiomiopatie o scompenso cardiaco. E’ lecito chiedersi se il microcircolo possa essere chiamato in causa per la complicanza più temibile della cardiopatia ischemica: l’infarto miocardico. Sono disponibili diverse tecniche, invasive e non, per analizzare lo stato funzionale del microcircolo coronarico.

In pazienti con vasi epicardici indenni da lesioni significative, la riserva di flusso coronarico (coronary flow reserve, CFR) fornisce una attendibile stima della funzione del microcircolo. Ulteriore indice invasivo di analisi del microcircolo è l’indice di resistenza microvascolare (index of microvascular resistence, IMR) che sfrutta il principio di termodiluizione e può essere agilmente determinato attraverso una guida intracoronarica di pressione e temperatura. Tra le tecniche non invasive, l’ecocolordoppler transtoracico rappresenta sicuramente la metodica di più immediato utilizzo e basso costo, benché spesso ostacolata dalla intrinseca difficoltà nell’ottenimento di un segnale doppler coronarico ottimale. Lo stato funzionale del microcircolo può essere indagato anche mediante risonanza magnetica cardiaca (RMC), strumento utilizzato in particolare per studiare il fenomeno di no-reflow causato da ostruzione del microcircolo dopo ripristino della pervietà del vaso epicardico responsabile di infarto. L’indagine tramite tomografia ad emissione di positroni (PET), per la sua capacità di quantificare in maniera affidabile il flusso sanguigno per grammo di miocardio, rappresenta attualmente il gold standard tra le metodiche di imaging per lo studio del microcircolo. In molti casi la CMD causa semplicemente ischemia da sforzo o a riposo, in assenza di angina. Analogamente ai soggetti con malattia coronarica epicardica, i pazienti con CMD possono accusare angina pectoris tipica, così come sintomi atipici o dispnea da sforzo. Inoltre – conclude Francesco Prati – l’angina nei soggetti con CMD può comparire anche a riposo, soprattutto in coloro che presentano un meccanismo vasospastico o di aumento del tono dei piccoli vasi. Non c’è dubbio che l’angina dovuta a CMD peggiori la qualità di vita. Secondo le linee guida internazionali, l’impiego di una strategia atta all’individuazione dei soggetti con CMD e dei meccanismi che ne sono responsabili, si traduce in un miglioramento della qualità di vita”.

Poligenic risk score ed età
Un aiuto in più nella prevenzione cardiovascolare del giovane? E’ ormai ampiamente accettato che età, sesso, fumo, dislipidemia, ipertensione, obesità, mancanza di attività fisica e diabete sono i principali fattori di rischio per lo sviluppo di malattia aterosclerotica cardiovascolare (ASCVD). È anche riconosciuto che questi fattori di rischio interagiscono in modo moltiplicativo per incrementare il rischio vascolare del singolo individuo. Tutte le principali linee guida raccomandano la valutazione del rischio di ASCVD utilizzando gli scores di rischio. Infatti, è stato dimostrato che il loro utilizzo a livello di popolazione aumenta l’accuratezza della previsione di eventi e facilita la scelta delle strategie da adottare in prevenzione primaria. Peraltro, nonostante siano stati validati, la loro abilità predittiva a livello individuale non è eccellente. Inoltre, alcuni parametri hanno un peso sproporzionato: l’età, ad esempio, gioca un ruolo eccessivo nella valutazione del rischio. La necessità di migliorare i modelli tradizionali è evidenziata anche dalla incidenza di casi di infarto che sfuggono alla valutazione del rischio. Infatti, fino al 27% dei casi di infarto miocardico non presenta i fattori di rischio utilizzati nei classici modelli predittivi.

Per la maggior parte della popolazione, il rischio ereditario è dovuto all’impatto cumulativo di molte comuni varianti genetiche, note come polimorfismi di un singolo nucleotide (SNPs), ognuna delle quali ha un modesto effetto sul rischio perché non è in grado di determinare una alterazione del gene. Tuttavia, quando queste varianti si sommano tra di loro determinano un significativo aumento del rischio genetico di sviluppare un particolare fenotipo, configurandone così il suo “rischio poligenico”. In questa prospettiva, la previsione di un rischio significativo richiede allora l’esame dell’impatto aggregato di queste varianti multiple, ovvero i punteggi poligenici o i punteggi di rischio poligenico, che consentono questa complessa valutazione.

Studi su larga scala effettuati negli ultimi anni hanno permesso lo sviluppo di punteggi poligenici basati su polimorfismi, chiamati comunemente in lingua inglese Poligenic Risk Scores “(PRSs). Questo punteggio diventa allora uno strumento di predizione del rischio, a prescindere dall’età, troppo spesso considerata una variabile dal peso eccessivo nella valutazione del rischio nei modelli tradizionali, e quindi un aiuto in più nella prevenzione cardiovascolare del giovane perché basato su parametri genetici. Il nostro patrimonio genetico, infatti, è sostanzialmente stabile dalla nascita e determina un “rischio di base” sul quale agiscono influenze esterne. Le informazioni genetiche hanno quindi il potenziale per essere un precoce predittore di rischio. Il PRS allora fornisce una gamma più ampia di rischi probabilistici, simile ad altri biomarcatori come il colesterolo e la pressione arteriosa.

Non solo scienza, tecnica e farmaci, ma anche stili di vita. 
Bere il vino con moderazione fa bene oppure no? Il dibattito sugli effetti di salute di dosi “moderate” del vino, e più in generale di alcool, è andato via via radicalizzandosi negli ultimi anni. Una parte della comunità scientifica, e la quasi totalità delle istituzioni nazionali ed internazionali che si occupano dell’argomento, ha infatti scelto di focalizzare la propria attenzione, e quindi quella dei medici e del pubblico, soprattutto sugli effetti dell’alcool sul rischio di tumori, concludendo che poiché qualunque consumo alcoolico è associato ad un aumento del rischio di queste patologie, solo il consumo zero può essere considerato scevro da rischi; l’altra parte della comunità scientifica ritiene invece necessario contestualizzare queste evidenze, peraltro ben note, negli effetti complessivi dell’alcool sulla salute del consumatore, e tenendo quindi conto dell’impatto del consumo moderato di alcool sul rischio di eventi cardiovascolari e sulla mortalità per tutte le cause.

Dall’analisi della letteratura emerge che, specie se mantenuti entro limiti lievemente più bassi (due drink al giorno per gli uomini ed uno per le donne), tali consumi si associano ad una riduzione del rischio coronarico, minimizzando l’impatto sull’aumento del rischio di tumori, e con un effetto globale favorevole sulla mortalità per tutte le cause, che va considerato il parametro di maggior interesse al proposito. In uno studio recente, il rischio cardiovascolare si riduce progressivamente per consumi crescenti fino a 48-60 g di alcool giorno; per questi livelli di consumo la riduzione è del 50% circa. Meno marcato sembra essere l’effetto protettivo associato al consumo di alcool sul rischio di ictus: gli eventi di natura ischemica sembrerebbero ridotti, ma aumenterebbe il rischio di eventi emorragici. Tra le patologie cardiovascolari l’unica ad aumentare in maniera significativa e dose-correlata, al crescere del consumo di alcool, è la fibrillazione atriale. Sul piano meccanicistico è tuttavia importante osservare che i consumi moderati di alcool si associano a modificazioni di parametri biochimici note per svolgere un effetto antiaterosclerotico. Aumentano per esempio i livelli della colesterolemia HDL, che rappresenta un fattore protettivo nei confronti dell’aterosclerosi coronarica (anche se oggi tale aumento è considerato in genere non rilevante) e si sviluppa un’azione antinfiammatoria, che si traduce in livelli più bassi della proteina C reattiva e dell’interleuchina IL-6. Si osserva inoltre, in genere, un miglioramento della sensibilità all’insulina, ed una riduzione del rischio di sviluppare la malattia diabetica, che certamente contribuisce al rischio di eventi coronarici.

AMBIENTE E LAVORO: XXII SALONE DELLA SICUREZZA E LA SALUTE NEI LUOGHI DI LAVORO.

Torna dal 22 al 24 novembre 2022 a BolognaFiere” Ambiente Lavoro”, fiera di riferimento per la safety, la sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro.

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SETTORI ESPOSITIVI

I settori espositivi

La sicurezza sul lavoro, in un’unica fiera.

Ambiente Lavoro promuove da oltre 30 anni l’incontro tra i protagonisti della sicurezza sul lavoro.

La fiera offre una panoramica completa sui prodotti e servizi finalizzati a tutelare e migliorare la sicurezza e lo stato di salute del lavoratore. La manifestazione intende presentare ad un pubblico professionale le soluzioni, previste nel nostro Paese, per limitare l’insorgere delle malattie professionali e ridurre il numero degli incidenti sul lavoro.

Richiedi informazioni

I settori espositivi

Sicurezza

Elettrica

Attrezzi con isolamento | Componentistica di sicurezza | Strumenti di misura e controllo

Protezione macchine e organi

Attrezzature di soglia | Barriere di demarcazione e di zone | Barriere immateriali | Schermi

Sollevamento e trasporto

Attrezzature per il sollevamento | Attrezzature, dispositivi, impianti per carico e scarico | Automazione, robotica | Piattaforme di lavoro | Trasporto di sostanze pericolose

Fluidi in pressione e corrosivi

Materiali di protezione | Sicurezza della componentistica | Sistemi di avvertimento
Attrezzature da lavoro: | Borse per gli attrezzi | Utensili | Strumenti anti-scintille

Emergenza

Apparecchi elettromedicali | Attrezzature di soccorso | Docce di emergenza | Lavaggio e irrigazione degli occhi | Pronto intervento e pronto soccorso

Altre sicurezze

Antisdrucciolo | Antisfondamento | Apparecchi di segnalazione acustica e luminosa | Contenitori, armadi e cabine di sicurezza | Distributori automatici di DPI | Ponteggi | Porte di sicurezza | Protezioni anticaduta e parapetti | Segnaletica di sicurezza | Vetri di sicurezza | Protezione anti-urto

Salute

Medicina del lavoro

Attrezzature mediche e per l’esercizio della professione | Attrezzature per prove dell’udito, della respirazione, della vista

Acustica e vibrazioni

Ammortizzatori di vibrazioni | Pareti e pannelli fonoassorbenti | Prevenzione alla fonte | Prevenzione sulla propagazione | Rilevamento rumore e vibrazioni

Rischi fisici (radiazioni ionizzanti e altre, campi elettromagnetici)

Prevenzione alla fonte e sulla propagazione | Rilevamento e misura delle radiazioni | Schermatura elettromagnetica

Rischi chimici (amianto, gas, vapori, nebbie, fumi, polveri)

Attrezzature di misurazione | Bonifica amianto | Depuratori aria e filtri | Impianti di abbattimento e di captazione | Rilevatori di gas, allarmi per atmosfera esplosiva | Tecnologie di riduzione delle emissioni

Rischi biologici

Prevenzione alla fonte | Rilevamento, analisi, sorveglianza sanitaria | Tecnologie della sterilizzazione

Pulizia e disinfezione

Analisi delle condizioni igieniche | Attrezzature e accessori igienici | Creme barriera | Detergenti, disinfettanti e attrezzature per la disinfezione | Pulizia industria

Protezione personale

Corpo

Abbigliamento anticalore, antifiamma, antifreddo, a prova di acidi, per immersione | Dispositivi anticaduta | Grembiuli in cuoio, acciaio | Indumenti protettivi alte frequenze | Materie prime e semilavorati per DPI

Capo, viso, occhi, udito

Caschi | Elmetti | Maschere per saldatura | Protezione della vista | Protezione dell’udito

Estremità

Guanti in lattice, materiale antiacido, materiale antitaglio, monouso | Calzature antiacido, antisdrucciolo, antistatiche, di sicurezza, termiche | Protezione della gamba

Vie respiratorie

Attrezzature per la respirazione | Caschi per disinfestazione | Maschere di protezione | Respiratori isolanti

Qualità del lavoro

Comfort | Ergonomia | Illuminotecnica | Riscaldamento, condizionamento e ventilazione | Soluzioni strutturali e organizzative | Progetti di eccellenza

Servizi

Assicurazioni | Certificazione del materiale | Consulenza | IT- Information Technology | Progettazione

Promozione e gestione

Associazioni culturali e scientifiche | Editoria e informazione | Enti normatori | Enti pubblici | Formazione | Organizzazioni sindacali e di categoria

Sicurezza ambientale

Tecnologie per il trattamento, lo stoccaggio e il trasporto di sostanze inquinanti | Prevenzione dei rischi ambientali e bonifiche | Impiantistica e trattamenti di acqua e aria | Monitoraggio ambientale

Antincendio

TRATTAMENTO COMBINATO PER IL MESOTELIOMA

da dottnet.it

L’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) ha approvato la rimborsabilità della combinazione di due farmaci immunologici, nivolumab e ipilimumab, come trattamento di prima linea in pazienti non operabili e con istologia non epitelioide.

Per la prima volta, in oltre 15 anni, cambia il trattamento del mesotelioma pleurico, tumore toracico aggressivo raro nella maggior parte del territorio italiano legato all’esposizione all’amianto. L’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) ha approvato la rimborsabilità della combinazione di due farmaci immunologici, nivolumab e ipilimumab, come trattamento di prima linea in pazienti non operabili e con istologia non epitelioide. Nello studio CheckMate -743 su 600 pazienti, la combinazione, rispetto alla chemio, ha dimostrato di aumentare la sopravvivenza in tutti i tipi istologici, con quasi 1 paziente su 5 vivo a 4 anni dall’inizio del trattamento. Nella forma non epitelioide, ha più che raddoppiato la sopravvivenza mediana, che ha raggiunto 18,1 mesi rispetto a 8,8 con la chemioterapia. I risultati sono stati presentati online da Bristol Myers Squibb.

“Sono risultati inimmaginabili fino a poco tempo fa, visto che si tratta di pazienti con malattia avanzata non suscettibile di alcun approccio chirurgico o locoregionale, in grado di ricevere solo la chemioterapia – spiega Federica Grosso, Responsabile Struttura Mesotelioma e Tumori Rari dell’Azienda ospedaliera Santi Antonio e Biagio e Cesare Arrigo di Alessandria -. Con l’approvazione della rimborsabilità di nivolumab più ipilimumab cambia lo standard terapeutico per i pazienti colpiti dalla forma non epitelioide, la più aggressiva e totalmente insensibile alla chemio, circa il 25% di casi“. “È una combinazione unica di due checkpoint immunitari – aggiunge Michele Maio, Presidente Fondazione Nibit e direttore della cattedra di Oncologia dell’Università di Siena – che hanno un meccanismo d’azione potenzialmente sinergico: ipilimumab favorisce l’attivazione e proliferazione delle cellule T, mentre nivolumab le aiutaT a scoprire il tumore. Alcune cellule T, stimolate da ipilimumab, possono diventare cellule T della memoria, che permettono una risposta immunitaria a lungo termine. Ecco perché i benefici della combinazione durano nel tempo”. Ogni anno, in Italia, sono stimati circa 2000 nuovi casi di mesotelioma. Nonostante l’uso di amianto sia stato bandito con una legge del 1992, non si è ancora assistito a una riduzione dell’incidenza della malattia. Nel 2021 i morti sono stati 1551.

ONE HEALTH: AMBIENTE E SALUTE

ISDE: «Medici e pandemia: necessaria visione ampia che guardi ad ambiente, squilibrio demografico, disuguaglianze socio-economiche e iniquità»

«Il Covid-19 ha rivelato interazioni complesse e inaspettate tra malattie trasmissibili e non trasmissibili, fattori ambientali e disuguaglianze socio-economiche. La pandemia Covid-19 è parte di una sindemia, nella quale popolazioni vulnerabili stanno subendo simultaneamente il peso crescente di malattie croniche, disabilità, alterazioni ambientali, squilibrio demografico, disuguaglianze sociali ed economiche»: così ISDE Italia-Associazione Medici per l’Ambiente.

«Il Covid-19 ha rivelato interazioni complesse e inaspettate tra malattie trasmissibili e non trasmissibili, fattori ambientali e disuguaglianze socio-economiche. La pandemia Covid-19 è parte di una sindemia, nella quale popolazioni vulnerabili stanno subendo simultaneamente il peso crescente di malattie croniche, disabilità, alterazioni ambientali, squilibrio demografico, disuguaglianze sociali ed economiche»: così l’intervento di ISDE Italia-Associazione Medici per l’Ambiente.

«L’articolo “Environmental health, Covid‑19, and the syndemic: internal medicine facing the challenge”, pubblicato su Internal and Emergency Medicine, mette in evidenza il legame indissolubile che c’è tra ambiente e salute e la necessità impellente di trattare le questioni sanitarie allargando lo sguardo a problematiche di tipo ambientale, sociale ed economico. L’approccio che auspicano gli autori è quello integrato “One Health”, basato sulla concezione della salute dell’uomo, dell’ambiente e degli animali come una sola salute» prosegue ISDE.

«La rivista su cui è stato pubblicato l’articolo è una delle riviste internazionali di riferimento per gli specialisti in medicina interna i quali hanno, secondo gli autori, conoscenze e competenze adatte a guidare questo cambiamento di paradigma perché “specialisti della complessità”» è ancora ISDE.

«Nell’articolo – afferma il Dr. Di Ciaula, primo autore e presidente del comitato scientifico ISDE – si evidenzia come ci sia ancora troppa distanza tra le solide evidenze scientifiche oggi disponibili sull’importanza fisiopatologica delle alterazioni ambientali e il loro concreto utilizzo nella pratica clinica, attraverso misure di prevenzione primaria. Tali evidenze sono quasi sistematicamente ignorate, contribuendo ad aggravare una situazione già critica. Numerosi studi dimostrano come modificazioni climatiche, inquinamento, squilibrio demografico e disuguaglianze abbiano influenzato la diffusione e gli esiti del Covid-19 in comunità vulnerabili».

«L’inquinamento ambientale – continua Di Ciaula – ha anche un ruolo critico nell’incremento epidemiologico di numerose malattie non trasmissibili e disabilità, aumentando il livello di vulnerabilità individuale e riducendo le capacità di resilienza di ampie comunità».

«Nell’articolo si evidenzia come le interazioni complesse tra questi elementi necessitino di un cambiamento generale di strategia, finalizzato a gestire con un approccio “One Health” non solo la pandemia in atto ma anche l’incremento progressivo di numerose malattie non trasmissibili e la comparsa di future, facilmente prevedibili pandemie – aggiunge ancora ISDE – La situazione richiede un approccio globale e olistico alla salute, politiche multidisciplinari, multisettoriali e di lungo termine orientate a salute ambientale e sostenibilità e programmi di prevenzione primaria e riduzione della vulnerabilità individuale, anche attraverso percorsi educativi e programmi coordinati».

da ilcambiamento.it

LA SEGNALETICA TEMPORANEA PER CANTIERI STRADALI.

da inail.it

Un’analisi di oltre 800 incidenti con almeno un pedone ferito che lavorava sulla carreggiata, ha evidenzato carenze nella segnaletica nel 60% dei casi. La difficoltà del conducente del veicolo nel percepire l’anomalia nella carreggiata e adeguare la velocità allo stato dei luoghi, può essere ridotta grazie alla segnaletica temporanea, che si associa a minor tasso di incidenti, lesioni gravi e mortali. Il focus intende evidenziare gli aspetti salienti del segnalamento temporaneo stradale, atto a informare, guidare e convincere gli utenti a tenere comportamenti adeguati alle anomalie stradali. 


Prodotto: Fact sheet
Edizioni: Inail 2022
Disponibilità: Consultabile solo in rete
Info: dcpianificazione-comunicazione@inail.it

LO SPORT COMBATTE L’ OCCHIO SECCO.

da iapb.it

L’occhio secco è una sindrome purtroppo molto diffusa che si aggrava con l’età e con l’uso di videoterminali. È stato confermato da uno studio dell’Università di Waterloo che l’attività fisica, grazie all’incremento della produzione lacrimale, può essere considerata come un rimedio per l’occhio secco.I nostri occhi sono coperti da un film lacrimale composto da tre strati che lavorano sinergicamente per idratare la superficie oculare e proteggere l’occhio da agenti esterni che potrebbero provocare irritazione, come la polvere o lo sporco.Quando il film lacrimale si secca, l’occhio avverte una sensazione di prurito o di bruciore causando, appunto, l’insorgenza della patologia dell’occhio secco (DED).“La maggior parte delle attività della nostra vita sono correlate all’utilizzo degli schermi digitali e, per tale motivo, i sintomi dell’occhio secco stanno diventando sempre più comuni”, ha affermato Heinz Otchere, dottorando in scienze della vista presso l’Università di Waterloo “Invece di utilizzare colliri o altri trattamenti lubrificanti, il nostro studio voleva comprendere se l’esercizio fisico fosse in grado di sostituire la somministrazione di medicinali”.

La ricerca ha preso in esame 52 soggetti che sono stati suddivisi in due gruppi: atleti e non sportivi.Durante il periodo di studio, gli atleti si sono allenati almeno cinque volte a settimana mentre i non sportivi non più di una volta. I ricercatori, che includevano esperti dell’Università di Cape Coast in Ghana, hanno eseguito visite oculistiche prima e cinque minuti dopo ogni sessione di esercizi prendendo in esame la funzione lacrimale e riscontrando un cospicuo aumento del flusso lacrimale dopo ogni sessione di esercizio, riportando così una maggiore stabilità del film lacrimale.“I nostri risultati mostrano come l’attività fisica possa essere davvero importante non solo per il nostro benessere generale, ma anche per la nostra salute oculare” conclude Otchere.

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