La sindrome da post-COVID, nota come «long COVID» può avere un impatto fortemente negativo sui lavoratori e sui luoghi di lavoro. Difficoltà respiratorie, stanchezza, mal di testa nonché problemi di memoria e concentrazione sono sintomi che possono durare settimane o addirittura mesi. I datori di lavori si trovano in difficoltà quando lavoratori che ricoprono una posizione chiave non riescono a tornare pienamente operativi a causa di sintomi da long COVID e pertanto possono rivelarsi necessari adeguamenti delle modalità di lavoro.
Questo documento di riflessione illustra le difficoltà nella prevenzione e nella gestione della sicurezza sul lavoro e dei rischi per la salute connessi alla long COVID. Passa inoltre in rassegna possibili misure a livello di politiche, ricerca e attuazione volte a ridurre l’impatto della long COVID e a offrire protezione da eventuali pandemie in futuro.
Si definiscono reprotossiche le sostanze tossiche per la riproduzione, in grado cioè di avere un’influenza negativa sulla capacità di uomini e donne di riprodursi e di alterare lo sviluppo del bambino durante la gestazione e dopo la nascita.
Fino ad oggi la protezione dei lavoratori esposti a sostanze reprotossiche (in Unione europea si stima possano essere tra i 2 e i 3 milioni) si limitava alle disposizioni di ordine generale della Direttiva 98/24/CE sugli agenti chimici. Tale direttiva, ad esempio, non imponeva misure preventive sulle lavoratrici gestanti prima che queste avessero informato il datore di lavoro. Da tempo si lavora per includere le sostanze reprotossiche nella più restrittiva Direttiva 2004/37/CE sugli agenti cancerogeni o mutageni.
Analogamente agli agenti cancerogeni o mutageni, le sostanze tossiche per la riproduzione sono sostanze estremamente preoccupanti, che possono avere effetti gravi e irreversibili sulla salute dei lavoratori.
Può essere quindi considerata una buona notizia l’entrata in vigore il 5 aprile 2022 della Direttiva (UE) 2022/431 del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la Direttiva 2004/37/CE con l’obiettivo di limitare l’esposizione dei lavoratori alle sostanze cancerogene, mutagene e, per la prima volta, alle sostanze reprotossiche. La stessa normativa stabilisce anche nuovi limiti di esposizione nei luoghi di lavoro di tutta l’Unione e affronta anche il problema degli HMP (Hazardous Medicinal Products), cioè i medicinali pericolosi la metà dei quali reprotossici: gli operatori sanitari che preparano HMP dovranno ricevere una formazione adeguata per maneggiare tali medicinali in modo sicuro.
Il sito DORS della regione Piemonte presenta un interessante sezione sul rischio chimico nei luoghi di lavoro. Quest’area tematica ospita documenti, risorse e banche dati utili per trovare informazioni su sostanze chimiche che possono provocare danni alla salute delle persone esposte.
Nella maggior parte dei casi l’esposizione alle sostanze chimiche avviene in ambito professionale.
Le sostanze chimiche che destano maggiore preoccupazione sono quelle associate ad un rischio cancerogeno, per tale ragione è stata sviluppata una matrice agente-lavorazione che permette di associare ad ogni sostanza classificata come cancerogena dalla IARC e dalla CE un elenco di lavorazioni in cui l’agente può essere potenzialmente presente.
Pubblicato dal Ministero del Lavoro il decreto 4 maggio 2022 riguardante le modalità di iscrizione nell’elenco dei medici autorizzati incaricati della sorveglianza sanitaria secondo quanto stabilito dalle disposizioni vigenti in materia di protezione dai rischi derivanti dalle radiazioni ionizzanti, nonché i contenuti della formazione e dell’aggiornamento professionale.
Il provvedimento, emanato con i Ministeri Salute e Istruzione in attuazione del decreto legislativo 31 luglio 2020 articolo 138 comma 2 sarà in vigore dal 1° gennaio 2023. Definisce i requisiti per l’iscrizione dei medici nell’elenco degli autorizzati, compiti e composizione della commissione che deve verificarli, modalità e svolgimento dell’esame di abilitazione e titoli per esserne ammessi.
I titoli per l’ammissione all’esame in sintesi sono:
corso di studio sulla radioprotezione o corso post universitario sulle radiazioni ionizzanti di 40 ore con 40 giorni lavorativi per la parte pratica.
Gli esami si svolgeranno a Roma e con sessioni annuali, saranno ammessi candidati che avranno presentato domanda entro il 31 dicembre dell’anno precedente. Le date verranno comunicate al candidato quindici giorni prima delle prove.
Una volta abilitati i medici dovranno sostenere aggiornamento professionale a partire dal triennio successivoall’entrate in vigore del decreto. Aggiornamento tramite corsi in materia di radioprotezione medica nella formazione continua da decreto legislativo n.502 del 30 dicembre 1992. 30% crediti specifici radioprotezione medica. Modalità e criteri dettagliati della formazione definiti entro sei mesi dall’entrata in vigore del decreto.
Il presente documento descrive, in sintesi, il percorso congiunto Inail-Fincantieri di approfondimento del MGNM applicato dal Gruppo Fincantieri con l’obiettivo condiviso di esplorarne le opportunità e le criticità applicative e verificarne le aree di possibile miglioramento in termini di efficacia preventiva.
Rapporto Istisan – Sorveglianza delle esposizioni a detergenti. Rapporto pubblicato dall’Istituto superiore di sanità (CNSC – Centro Nazionale Sostanze Chimiche, prodotti cosmetici e protezione del consumatore), Ministero della Salute e Centri Antiveleni (CAC) Bergamo Foggia con i dati del periodo 2016-2020.
Il presente rapporto descrive le esposizioni a prodotti detergenti e affini (es. disinfettanti borderline) gestite dai Centri Antiveleni di Bergamo e Foggia nel periodo 2016-2020. L’analisi descrittiva è stata condotta tramite l’utilizzo di tabelle e grafici e le differenze tra sottogruppi di popolazione sono state analizzate tramite il test del chi-quadrato. Si è osservato un eccesso di chiamate di provenienza extra-ospedaliera (70,4%) rispetto all’atteso probabilmente influenzato dalle restrizioni imposte dal lockdown del 2020 per arginare la pandemia da COVID-19. Un focus per l’annualità 2020 ha evidenziato un eccesso di esposizioni a prodotti per la pulizia (p<0,05) e a disinfettanti borderline (p<0,001) nei mesi di lockdown. Un altro focus sulle esposizioni a detergenti per lavatrice in imballaggi solubili monouso conferma che i bambini (<6 anni) corrono un rischio maggiore di essere esposti a questi prodotti (<6 anni: 88,1%) rispetto ai restanti detergenti per bucato (<6 anni: 66,4%) (p<0,001), nonostante le misure di prevenzione previste dal Regolamento (CE) 1272/2008.
Questi i principali eventi segnalati dal Ministero:
66,4% delle esposizioni derivanti da prodotti per la pulizia, la cura e la manutenzione;
27,7% da detersivi bucato e stoviglie;
4,8% disinfettanti bordeline;
1,1% combinazione di prodotti;
picco di segnalazione per esposizione da disinfettati bordeline e prodotti per la pulizia nel periodo marzo-maggio 2020 lockdown, molto superiore rispetto alla media dello stesso periodo degli anni precedenti;
delle 294 esposizioni alle Caps, prodotti in capsula, l’88,1% ha interessato minori di 6 anni.
Modificata la direttiva 2004/37/Ce per effetto della pubblicazione della direttiva (Ue) 2022/431. Rafforzati gli obblighi per i datori di lavoro.
Agenti cancerogeni o mutageni: novità per la legislazione. È l’effetto della pubblicazione della «direttiva (Ue) 2022/431 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 marzo 2022 che modifica la direttiva 2004/37/Ce sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro» (in G.U.C.E. L del 16 marzo 2022, n. 88).
Tra le novità:
l’aggiunta di nuove lettere recanti le definizioni di «sostanza tossica per la riproduzione», «sostanza tossica per la riproduzione priva di soglia», «sostanza tossica per la riproduzione con valore soglia», «valore limite biologico» e «sorveglianza sanitaria»;
la nuova definizione di «valore limite»;
un rafforzamento degli obblighi in capo ai datori di lavoro;
l’articolo 16-bis «Identificazione delle sostanze tossiche per la riproduzione prive di soglia e con valore soglia»;
la sostituzione dell’art. 18-bis «Valutazione”
La direttiva (UE) 2022/431 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 9 marzo 2022 dovrà essere recepita in Italia entro il 5 aprile 2024 e contiene novità che impatteranno su molte imprese, al fine tutelare meglio i lavoratori esposti ad agenti cancerogeni o mutageni durante il lavoro.
Nonostante non ci sono più dubbi circa la correlazione tra l’aumentata esposizione all’acrilamide e il maggior rischio di sviluppare il cancro, l’Unione europea è lontana da una normativa che tuteli la salute dei consumatori. L’acrilammide è un contaminante di processo è che si forma naturalmente negli alimenti amidacei durante la normale cottura ad alta temperatura. La principale reazione chimica che ne è la causa è nota come “reazione di Maillard”, la stessa reazione chimica che conferisce ai cibi l’aspetto abbrustolito e li rende più gustosi. L’acrilammide ha inoltre diffusi impieghi non alimentari in ambito industriale ed è presente nel fumo di tabacco.
Cos’è l’acrilammide
Questa sostanza è presente in diversi alimenti: dai prodotti fritti a base di patate alle fette biscottate e i biscotti passando per il pane morbido e i cracker. Di recente, uno studio condotto dall’Università Federico II di Napoli e Roma San Raffaele su 90 campioni di baby food, indicati per lo svezzamento dei bambini da 4 a 36 mesi, ha evidenziato una concentrazione molto alta (seppur al di sotto delle soglie di riferimento) in quasi tutti i prodotti, in particolare modo nei biscotti.
Un’esposizione preoccupanti soprattutto per i bambini: l’acrilammide è stata classificata nel gruppo 2A dalla Iarc dell’Oms come “probabile cancerogeno per l’uomo” e l’Efsa ne raccomanda l’assenza. Tuttavia, non esiste un vero e proprio limite di legge, ma solo delle soglie – periodicamente riviste al ribasso – alle quali le aziende alimentari devono tendere per tenere sotto controllo la sostanza tossica. Così, in pratica, in caso vengano rilevate dei prodotti con concentrazioni superiori al livello di riferimento, non scatta nessun ritiro alimentare ma solo l’obbligo per le aziende di mettere in atto una serie di azioni di contenimento.
La denuncia di Safe
L’associazione Safe – Safe Food Advocacy Europe che segue molto da vicino l’evolversi della legislazione europea, da tempo denuncia le falle di questo sistema: “L’attuale meccanismo di controllo non è efficiente nel ridurre l’esposizione all’acrilammide poiché la procedura di avviso agli altri Stati membri viene attuata tra 15 e 30 giorni dopo che uno Stato membro ha notificato la contaminazione”. L’organizzazione fa riferimento al sistema di allerta europeo, Rassf che raccoglie le segnalazioni. “Secondo le notifiche degli Stati membri al sistema di allerta rapido su alimenti e mangimi (RASFF) nel 2020-2021, le contaminazioni da acrilammide erano comprese tra 497 e 2690 µg/kg, che sono 4-5 volte superiori ai valori di riferimento in vigore in l’Unione Europea” fa sapere l’associazione.
I prossimi passi
La Commissione europea ha avviato da poco un nuovo giro di consultazioni per rivedere nuovamente i limiti di mitigazione. Le aziende – dal canto loro – hanno presentato all’esecutivo i risultati del monitoraggio dell’acrilammide che sono tenuti costantemente a svolgere, mentre dall’altro Safe ha mostrato, ancora una volta, tutte le falle di quel sistema di controllo tanto decantato e chiesto alla Commissione di accelerare la fissazione di limiti di legge certi.
URBINO – La strada per una prevenzione realmente partecipata passa attraverso il coinvolgimento di tutti. Istituzioni, parti sociali, forze dell’ordine, imprese e lavoratori, università e mondo della scuola, cittadini e società civile devono fare ognuno la propria parte in un dialogo reciproco e proficuo perché la salute e la sicurezza sul lavoro e dei lavoratori diventino patrimonio condiviso e bagaglio formativo permanente. Senza parlarne solamente in occasione della drammatica conta delle 3 vittime quotidiane sul lavoro e puntando, per quanto possibile, all’obiettivo indicato dal presidente Mattarella di “zero morti” con un “patto di alleanza tra istituzioni, società civile, forze sociali ed economiche”. È il messaggio che viene dal Palazzo Ducale di Urbino, sede prestigiosa dal 4 al 6 maggio della prima edizione del Festival internazionale della salute e sicurezza sul lavoro.
Tre giorni di ascolto e confronto di esperienze. Promosso dalla fondazione Rubes Triva, ente bilaterale paritetico per la formazione dei lavoratori, e dall’Università degli studi di Urbino Carlo Bo attraverso l’osservatorio Olympus per il monitoraggio della legislazione e giurisprudenza sulla sicurezza del lavoro, il Festival ha ricevuto il patrocinio convinto anche dell’Inail, presente sia nel Comitato tecnico scientifico sia all’assise urbinate con il contributo dei suoi professionisti e ricercatori. Numerose le proposte, le esperienze, le testimonianze dal vivo e le sollecitazioni emerse nelle tre giornate di approfondimento, moderate dai giornalisti Rai Filippo Gaudenzi e Gianpiero Scarpati, che hanno incluso anche una sessione della Conferenza sul futuro dell’Europa a cui hanno partecipato il vicepresidente della Commissione europea Maroš Šefčovič e il sottosegretario agli Esteri, Benedetto Della Vedova.
Bettoni: “Un cambiamento culturale per favorire partecipazione e prevenzione”. “Necessario e importante” per il sindaco di Urbino, Maurizio Gambini, il Festival si è aperto ufficialmente nel pomeriggio di mercoledì 4 maggio. Per il presidente dell’Inail, Franco Bettoni, “la sfida dei promotori è stata accolta dall’Istituto con la piena convinzione che senza partecipazione non è possibile parlare di vera prevenzione. La sicurezza – ha proseguito Bettoni nel messaggio letto dal direttore regionale Inail Marche, Giovanni Contenti – non deve mai essere percepita come un costo, ma come un valore aggiunto. Una buona e strutturata strategia di salute e sicurezza sul lavoro risulta proficua in termini di competitività, sostenibilità e benessere dei lavoratori. Coinvolgendo istituzioni, parti sociali e altri attori del mondo produttivo, nonché dando voce a coloro che hanno vissuto sulla propria pelle il dramma di un infortunio sul lavoro – ha concluso Bettoni – dobbiamo incoraggiare un cambiamento culturale”.
Le buone pratiche della bilateralità e della contrattazione. Sulla stessa linea anche l’intervento di Giuseppe Mulazzi, direttore della fondazione Rubes Triva, per il quale “i temi della salute e della sicurezza non devono avere barriere. Se ogni giorno si contano 3 infortuni mortali la risposta forse sta nel fatto che manca la percezione del pericolo, insieme a carenze di natura organizzativa”. Per il presidente della fondazione, Angelo Curcio, “occorre anche guardare all’applicazione delle norme e in questo senso può essere d’aiuto l’esperienza bilaterale nella contrattazione, che ha sviluppato il tema della sicurezza facendo tesoro delle buone pratiche condivise o dell’analisi dei “quasi incidenti”.
L’esperienza della pandemia. Secondo il presidente di Utilitalia, Filippo Brandolini, “la salute e la sicurezza vanno condivise anche con enti esterni e stazioni appaltanti in contesti territoriali diversi, che necessitano di misure differenziate da calibrare continuamente. I servizi essenziali, vitali nel periodo pandemico, hanno continuato a funzionare con continuità”. E all’esperienza tratta dall’emergenza sanitaria si sono collegati anche l’intervento di Sergio Iavicoli, direttore della Comunicazione del ministero della Salute e la relazione introduttiva di Paolo Pascucci, presidente dell’osservatorio Olympus e del Comitato scientifico del Festival. “La pandemia – ha sottolineato Pascucci – ci ha insegnato non poco anche in tema di sicurezza lavorativa, come ad esempio la prevenzione primaria per ridurre il rischio alla fonte, e soprattutto il fare squadra, con la stesura dei protocolli anti Covid tra imprese e sindacati, che ha esaltato il ruolo delle rappresentanze.
Il confronto fra le parti sociali. Proprio le forze sociali sono state al centro della prima tavola rotonda, con un confronto schietto fra le parti e l’invito a incontrarsi per rinnovare il patto per la sicurezza richiesto dal Capo dello Stato. Per Pierpaolo Bombardieri, segretario generale Uil, “la vera questione è culturale, e va fatta una riflessione più ampia su qualità e condizioni del lavoro”, mentre per Daniela Barbaresi, componente della segreteria nazionale Cgil, “è necessario intervenire alla radice dei problemi, lottando contro sommerso e frantumazione del lavoro”. Secondo Luigi Sbarra, segretario generale Cisl, “la battaglia va condotta con rafforzamento dell’attività ispettiva, incrocio di banche dati e qualificazione delle imprese attraverso una saldatura con prevenzione, formazione e comunicazione”. “Il tema della sicurezza riguarda tutto il mondo del lavoro, ma è sbagliato affrontarlo solo con logiche repressive” – ha replicato il vicepresidente di Confindustria, Maurizio Stirpe. “Occorre mettere in campo una cassetta degli attrezzi con nuove misure tecnologiche e organizzative, valorizzando i comportamenti individuali”.
Le nuove tecnologie per migliorare la prevenzione. I nuovi rischi e l’evoluzione organizzativa sono stati al centro della sessione mattutina di giovedì 5 maggio, aperta dal saluto del prefetto di Pesaro e Urbino, Tommaso Ricciardi, che ha individuato le cause della mancanza di sicurezza anche in una grave carenza della cultura della legalità. Negli interventi di Aude Cefaliello e di Michele Tiraboschi sono state analizzate tutele e nuovi rischi lavorativi. Dal giuslavorista, in particolare, è venuto l’invito a capire il disagio del lavoro attuale, comprendendo che oggi si muore “sul” lavoro, ma anche “di” lavoro. Va quindi ricercata un’osmosi tra salute pubblica, occupazionale e ambientale. L’anticipo e la gestione dei cambiamenti e il miglioramento degli interventi in prevenzione alla luce delle sfide future, anche grazie all’aiuto di robotica e sensoristica, sono stati trattati da Stefano Signorini, direttore Dimeila Inail. Argomenti esaminati anche dalla tavola rotonda successiva, moderata dal direttore centrale Prevenzione, Ester Rotoli, in cui è stato ripercorso il contributo delle norme UNI, dei sistemi di gestione della sicurezza e dei modelli organizzativi gestionali, al centro degli interventi di Antonio Terracina e di Fabrizio Benedetti, coordinatore generale Contarp Inail.
Tardiola: “Serve formazione in linea con le trasformazioni in atto”. Il dibattito pomeridiano si è articolato intorno al tema della formazione, che oggi richiede interventi diversi rispetto a quelli attuati finora. Le modalità dinamiche di apprendimento come la realtà virtuale e immersiva e le utilizzazioni di caschetti intelligenti che stimolano attenzione e interazione con il mondo digitale sono state illustrate da Alessandro Innocenti, direttore del dipartimento di scienze sociali dell’università di Siena, ed esaminate da accademici ed esperti nel dibattito a seguire. La sessione si è conclusa con l’intervento del direttore generale Inail, Andrea Tardiola, per il quale il tema della formazione deve necessariamente prendere atto delle trasformazioni e dell’accelerazione, anche economica, in corso in Italia dopo la pandemia e le conseguenze del conflitto in Ucraina. Per Tardiola, “bisogna realizzare programmi aggiuntivi di formazione con progetti speciali, che vadano oltre il quadro ordinamentale previsto dalla normativa vigente. Siamo in un mercato dell’occupazione dove il luogo del lavoro sta svanendo o dove il lavoro viene realizzato in altri luoghi ed è necessario ritarare la formazione rispetto a questi mutamenti”. Il direttore ha poi insistito su altre emergenze, come quella climatica, che produrrà i suoi effetti anche nei cantieri lavorativi, e ha richiamato l’impegno dell’Istituto nel garantire strumenti straordinari di gestione della sicurezza negli interventi connessi al Pnrr, oggetto di accordi con grandi realtà industriali del Paese.
Attenzione al sommerso e alle discontinuità lavorative. Alla tavola rotonda conclusiva del Festival, svoltasi nella mattinata di venerdì 6 maggio e moderata da Roberto Riverso, consigliere giuridico del ministro del Lavoro, hanno preso parte, tra gli altri, Bruno Giordano, direttore dell’Ispettorato nazionale del lavoro (Inl) e Cesare Damiano, consigliere d’amministrazione Inail. Per il primo, “il costo della non sicurezza è anche sociale, pesa sul Pil e sulla bilancia economica. Noi abbiamo in Italia un’economia sommersa che secondo i dati Istat va oltre i 200 miliardi di euro all’anno e all’interno di questa cifra, più di 1/3, più di 70 miliardi di euro, è occupata dal lavoro sommerso. Il lavoro sommerso è una truffa, perché è privo di diritti e regole. L’istituzione recente del portale su questo fenomeno, con il contributo anche dell’Inail, va nella direzione di far emergere tutte le attività ispettive idonee ad analizzarlo e contrastarlo”. Per Damiano, “l’attenzione va rivolta oggi al lavoratore ‘povero’, un neologismo sociologico che riassume sottopaga e discontinuità lavorativa e che riguarda specialmente le donne e i giovani”. Occorre poi – ha concluso l’ex ministro del Lavoro – “trovare una sintesi tra flessibilità e regolarità nei rapporti di lavoro, con allargamento delle tutele e garanzia di formazione, che deve diventare un diritto costituzionale del cittadino”.
Le “belle storie” Inail di reinserimento lavorativo e sociale. Al Festival è stato dato spazio anche alle voci commosse di chi dopo un infortunio sul lavoro è ritornato a integrarsi. Come Stefania Benedetti, imprenditrice marchigiana titolare di un’azienda di presse per stampaggio e infortunata nel 2017 alla mano sinistra, oggi formatrice Anmil. Come Ivana Giancamilli, lavoratrice agricola nell’azienda familiare a Corinaldo, in provincia di Ancona, ritornata alla guida del suo nuovo trattore con un progetto personalizzato sviluppato dall’Inail dopo il riconoscimento di una malattia professionale iniziata nel 2011. O come Michele Caputo, lucano di Rionero in Vulture, che dopo l’incidente del 2015 in cui venne schiacciato da un cestello di metallo, ha ritrovato il sorriso e la speranza grazie alla pallanuoto e all’impegno degli assistenti sociali dell’Istituto. Ivana e Michele sono anche fra i testimonial della campagna di comunicazione Inail dedicata alle “belle storie” di reinserimento lavorativo e sociale degli assistiti dopo malattie e infortuni professionali. “Con questa formula – ha spiegato Mario Recupero, vicario della direzione Comunicazione – abbiamo costruito e consolidato una modalità di narrazione che parla alla parte emotiva e che rimane impressa molto più profondamente, un racconto completo di vicende di lavoratori infortunati che sono riusciti a ritornare pienamente alla vita di relazione e al loro lavoro”.
Sul sito del Festival disponibili materiali e video. Il Festival si è chiuso con l’avvio e la lectio magistralis di inaugurazione della Scuola di alta formazione in salute e sicurezza sul lavoro, voluta dalla fondazione Rubes Triva e dall’osservatorio Olympus per rendere operativi gli indirizzi di sicurezza partecipativa auspicati nei tre giorni di dibattito. I materiali presentati dai relatori, nonché i video integrali delle sessioni, sono disponibili sul sito dell’evento. Da Inail.it
Uno smartphone al posto di una scrivania in ufficio. In un tablet tutto quello che ora affolla il ripiano e i cassetti del nostro tavolo di lavoro. Il cambiamento delle aspettative dei dipendenti e la rapida evoluzione di IA e tecnologia stanno rimodellando ogni aspetto del modo di lavorare.
E il futuro degli uffici è già qui, tra noi. Parola di Stim Tech Group, l’azienda di system integration milanese che ha investito nei due anni di pandemia 6,5 milioni di euro in attività di ricerca e sviluppo, acquisizioni e ristrutturazioni di sedi e risorse umane proprio intorno a una strategia di innovazione del digital workplace. «Il lavoro è diventato più “liquido” e sarà sempre meno vincolato allo spazio», spiega il ceo di Stim Tech, Stefano Marazzi, «e nei prossimi anni l’ufficio cambierà in maniera radicale».
Tutto in uno smartphone
Dunque, stop alle scrivanie stile “batterie” (con meno persone negli uffici, infatti, serviranno meno postazioni fisiche assegnate ai singoli): al loro posto aree condivise, “quartieri”, sale riunioni altamente tecnologizzate, dove più colleghi possono lavorare insieme in modo flessibile. Ai dipendenti servirà solo una tastiera e un monitor (ma presto anche questo potrebbe essere sostituito da un ologramma del desktop) con cui collegarsi wireless attraverso i propri smartphone. Un ruolo decisivo sarà giocato dalla domotica e dai sistemi di sicurezza nel controllo degli accessi. Lo spazio fisico diventerà interattivo con prenotazioni in remoto della postazione, sanificazioni automatiche, niente password ma riconoscimenti facciali per accedere fisicamente alle sale, per connettersi a Internet dall’ufficio e per accedere al data base aziendale.
60 mila sale riunioni da riconvertire
E’ in dubbio che il mondo delle aziende italiane ha mostrato e sta mostrando una certa resistenza – almeno in alcuni settori – verso il lavoro agile, «ma questo è un processo irreversibile. Al momento il segmento che sta mostrando più sensibilità è quello bancario e delle utilities. Ci sono almeno 60 mila sale da riconvertire e rendere più efficienti, dinamiche e attrattive», spiega Stefano Marazzi. Tutto questo infatti prevede un ripensamento su scala dell’ufficio, inteso come spazio ma anche come arredo. E non è un caso che nel team della Stim Tech Group ci sia anche un architetto. Insomma, l’impatto che la pandemia ha avuto sulle attività di trasformazione digitale delle aziende è innegabile, dando un’accelerazione ai progetti di trasformazione. «Molti sono stati costretti a rivalutare le proprie priorità e creare nuove strategie di adattamento», spiega ancora Marazzi, «e l’espansione dei servizi digitali è diventata una necessità imprescindibile».
L’occasione della pandemia
Anche se l’approccio delle grandi aziende non è quello delle medio-piccole, tutte evolveranno in un sistema di modello di lavoro ibrido, in presenza e da remoto. Proprio puntando tutto sull’innovazione del digital workplace e per ampliare l’offerta ai propri clienti, Stim (fondata nel 1988 da Francesco Marazzi, padre dell’attuale ceo) decide tra il 2020 e il 2021 di ampliarsi con l’obiettivo di costruire proprio un polo di aggregazione rivolto alle soluzioni per l’ambiente di lavoro digitale e della System Integration. «In piena pandemia abbiamo investito risorse e tempo concentrandoci sullo sviluppo e implementazione di progetti di ricerca per portare Stim a un livello più elevato di innovazione», racconta Marazzi, «consapevoli dell’accelerazione del fenomeno Hybrid Workplace e la necessità delle aziende di ridisegnare i sistemi, le tecnologie e i nuovi strumenti per agevolare la vita delle persone garantendo efficienza e qualità del lavoro».
Le acquisizioni
Nel corso del 2020 viene costituita la società Yooda, che ben presto si configura come leader nella progettazione ed implementazioni di soluzioni Microsoft Teams, Voce e Cloud. Nello stesso anno anche l’acquisizione di Mca, con sede a Bresso, in provincia di Milano, azienda che si occupa di progettazione, realizzazione e noleggio di soluzioni per sistemi audiovisivi multimediali, e che ha portato in dote l’accordo con la Regione Lombardia per la gestione di tutti i i sistemi multimediali, completando così le competenze di Stim nell’ambito dell’audio-video. Nel 2021, infine, l’acquisizione di Ayno, società leader in Italia per la progettazione e realizzazione di sistemi evoluti di videoconferenza e soluzioni audiovisive integrate, acquisizione orientata alla partnership siglata l’anno prima con Microsoft per offrire ai clienti l’intera gamma delle soluzioni di videoconferenza e di Microsoft 365. Risultato: un gruppo con sei sedi, un organico di oltre 170 persone e un fatturato per il 2021 che tocca quasi i 40 milioni di euro, «diventando attrattivo anche per alcuni fondi», chiosa soddisfatto il ceo Marazzi.
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