Cresce il peso dei disturbi muscolo-scheletrici tra le malattie professionali nel nostro Paese. Se nel 2008 rappresentavano il 40% delle denunce all’Inail, il dato è salito al 70% nel 2020. Un incremento, in pratica, del 75% in 12 anni. Il dato arriva dal convegno “Spine 4.0: l’innovazione per la prevenzione e il trattamento delle patologie del rachide” promosso oggi dal ministero della Salute. In totale le denunce presentate all’Inail per malattie dell’apparato osteomuscolare nel 2020 sono state 30.552. Movimenti ripetitivi, postura seduta prolungata, sollevamenti di carichi pesanti sono solo alcuni dei fattori di rischio per queste malattie che nel mondo colpiscono circa 1,7 miliardi di persone. In un caso su 3, si tratta di lombalgia. Secondo i dati presentati al convegno, in Italia i disturbi più frequenti riferiti dai lavoratori sono mal di schiena (45,2%), dolori muscolari al collo, alle spalle e agli arti superiori (39,4%), dolori muscolari agli arti inferiori (32%)
L’intesa, che farà da modello a ulteriori accordi tra l’Istituto e altri grandi gruppi industriali, prevede iniziative congiunte per la progettazione di azioni finalizzate alla prevenzione degli infortuni, anche attraverso la sperimentazione di soluzioni di valore tecnologico innovativo. La collaborazione avrà durata quinquennale, in coerenza con la scadenza del Piano nazionale di ripresa e resilienza nel 2026.
L’accordo sottoscritto oggi avrà durata quinquennale, in coerenza con la scadenza del Pnrr nel 2026, e prevede l’esecuzione di attività congiunte volte alla diffusione della cultura della prevenzione e al miglioramento della gestione di salute e sicurezza, anche attraverso il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei soggetti istituzionali competenti. Gli ambiti di collaborazione definiti dal protocollo comprendono iniziative di comunicazione e promozione della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e della sostenibilità sociale, la progettazione di programmi di formazione rivolti a tutti i ruoli aziendali e al personale coinvolto nella realizzazione delle grandi opere infrastrutturali e la ricerca e sperimentazione di soluzioni tecnologiche innovative per il miglioramento dei livelli di salute e sicurezza.
Tra queste ultime potranno avere un ruolo centrale i progetti di ricerca Inail nel campo della robotica, della realtà aumentata attraverso la visione immersiva, della sensoristica per il monitoraggio degli ambienti di lavoro, dello studio di materiali innovativi per l’abbigliamento lavorativo e dei dispositivi per la prevenzione di infortuni e malattie professionali, quali ad esempio gli esoscheletri collaborativi. Sono previsti, inoltre, la progettazione di modelli di organizzazione e gestione dei rischi per la prevenzione degli infortuni e la promozione del benessere organizzativo, l’analisi dei flussi informativi in materia di infortuni sul lavoro e malattie professionali nei comparti di interesse aziendali e nella realizzazione di grandi opere, e lo studio dei fattori di rischio per prevenire le patologie lavoro-correlate.
I compiti di indirizzo, programmazione e monitoraggio delle attività oggetto della collaborazione, che saranno regolate attraverso la stipula di specifici accordi attuativi, sono affidati a un Comitato di coordinamento composto da sei referenti, di cui tre individuati dall’Inail e tre dal Gruppo FS.
La formaldeide è uno dei composti organici volatili più diffusi. Classificata cancerogeno certo per l’uomo dallo IARC, è ancora ampiamente utilizzata in diversi comparti lavorativi.
In quello sanitario, la formaldeide in soluzione è largamente impiegata nelle operazioni di allestimento di preparati istologici e nella conservazione e trasporto di materiali biologici e nella fissazione dei tessuti in anatomia patologica. Diverse sono le figure potenzialmente esposte e molti i punti critici che possono influenzare l’esposizione. Determinanti il controllo delle quantità utilizzate, il numero dei lavoratori esposti, la sorveglianza sanitaria e l’adozione di misure organizzative adeguate (appropriate postazioni lavorative, aerazione dei locali).
Nove persone su dieci respirano aria inquinata e l’inquinamento atmosferico legato a combustibili fossili uccide ogni anno 7 milioni di persone.
Tumori, malattie infettive, infarti, ictus e asma, legati a smog, acqua inquinata, surriscaldamento globale e consumo del suolo: oltre 13 milioni di decessi in tutto il mondo, ogni anno, sono dovuti a cause ambientali evitabili, inclusa la crisi climatica, che è “la più grande minaccia sanitaria per l’umanità”. E’ un appello a prenderci cura della nostra salute prendendoci cura del pianeta, il messaggio lanciato dall’Organizzazione mondiale della Sanità per il World Health Day, la Giornata Mondiale della Salute che si è celebrata il 7 aprile. Per commemorare l’anniversario della fondazione dell’Oms, avvenuta il 7 aprile del 1948, ogni anno viene scelto un tema che evidenzia un’area di interesse prioritario di sanità pubblica.
Nel mezzo della pandemia Covid, di fronte a un pianeta sempre più inquinato e a una crescente incidenza di malattie croniche non trasmissibili, il tema della Giornata Mondiale della Salute 2022 è “Il nostro pianeta, la nostra salute”. Negli ultimi decenni, i miglioramenti nei servizi sanitari e igienici, insieme alla diffusione di farmaci e vaccini, hanno contribuito ad aumentare l’aspettativa di vita media. Tuttavia, l’inquinamento di aria e acqua sono “minacce urgenti per la salute pubblica”. Basti pensare che 9 persone su 10 respirano aria inquinata e l’inquinamento atmosferico legato a combustibili fossili uccide ogni anno 7 milioni di persone, ovvero 13 ogni minuto, a causa di tumore ai polmoni, malattie cardiache e ictus, mentre 2 miliardi di persone non dispongono di acqua potabile sicura a causa di laghi, fiumi o falde acquifere inquinate e 3,6 miliardi non hanno servizi igienici sicuri. E, ancora 829.000 persone muoiono ogni anno a causa di malattie diarroiche causate dall’acqua inquinata e dalla scarsa igiene. Gli antibiotici somministrati a esseri umani, animali e piante stanno entrando nella nostra acqua potabile diffondendo superbatteri resistenti ai farmaci antimicrobici.
L’attenzione quest’anno è puntata soprattutto sulla “crisi climatica che è una crisi sanitaria“. Le frequenti inondazioni e le piogge estreme dovute ai cambiamenti climatici causano annegamenti, lesioni, traumi e malattie infettive. Crescente siccità e incendi provocano soffocamento, ustioni, malattie respiratorie. L’aumento delle temperature metteranno altri 2 miliardi di persone a rischio di infezione da dengue, i cui casi sono aumentati di oltre 8 volte negli ultimi 20 anni, raggiungendo oltre 5 milioni di casi all’anno. Quanto al fumo di sigaretta, ricorda l’Oms, danneggia non solo le singole persone ma il pianeta: “600 milioni di alberi vengono abbattuti per produrre 6mila miliardi di sigarette ogni anno, diminuendo l’aria pulita che respiriamo”. I mozziconi sono la forma più abbondante di rifiuti di plastica al mondo, pari a 767.000 chili di rifiuti tossici ogni anno che “riempiono città, parchi, spiagge e fiumi”.
Ansa – Praticare una regolare attività fisica è un’abitudine sempre più trascurata dagli italiani e la situazione è peggiorata negli ultimi due anni a causa delle limitazioni, delle chiusure e dello smart working legati alla pandemia.
Se nel 2019 il 27% degli italiani si dichiarava sedentario, nel 2020 la percentuale è salita di dieci punti.
A sottolineare un problema che interesserebbe oggi circa 4 italiani su 10 è la Società Italiana di Medicina Generale (Simg) da cui, in occasione della Giornata Mondiale dell’attività fisica che si celebrail 6 aprile , arriva l’invito ai medici di famiglia ad impegnarsi nel promuoverla tra i pazienti. Dallo studio Passi dell’Istituto Superiore di Sanità relativi al 2019 emerge che solo il 49% della popolazione italiana dichiarava di essere fisicamente attiva, il 24% parzialmente attiva, il 27% sedentaria.
“Negli ultimi due anni è ragionevole ipotizzare un peggioramento di questa situazione. L’indagine PASSI – sottolinea Gerardo Medea, Responsabile Simg Area Metabolica – rivela che la quota dei soggetti del tutto sedentari è aumentata del 10% rispetto agli stessi mesi del 2019”. I dati peggiorano se si considerano i soggetti con oltre 65 anni, tra i quali la quota di sedentari sale dal 40% del 2019 al 43% nel 2020 (rispetto a un trend stabile osservato negli anni precedenti) e la popolazione del sud d’Italia (dove la quota di sedentari ultra 65enni passa dal 46% al 52%). La mancanza di attività fisica insieme a uno stile alimentare non corretto, favorisce l’insorgenza di diabete e malattie cardiovascolari. Al contrario un’attività fisica regolare insieme a un’alimentazione equilibrata, “ha effetti preventivi non solo sulla comparsa dei disturbi metabolici, ma interviene positivamente su moltissime altre patologie, inclusi i tumori e il decadimento cognitivo – spiega Medea – I medici di famiglia ,( così come i medici del lavoro-ndr) possono moltiplicare e rinforzare i messaggi sugli effetti salutari dell’attività fisica. Sono sufficienti anche piccole modifiche comportamentali, come muoversi a piedi quando possibile”. (ANSA).
Fa discutere la proposta della Commissione europea di rivedere la direttiva sulle emissioni industriali, includendo per la prima volta gli allevamenti intensivi di bovini tra gli impianti che devono ottenere specifiche autorizzazioni ambientali e che devono rispettare limiti ben precisi sulle emissioni. Al pari di centrali elettriche, impianti di trattamento dei rifiuti e aziende chimiche.Si chiede, inoltre, di rendere più stringenti anche le regole per gli allevamenti di suini e pollame. Di questi, infatti, solo quelli di maggiori dimensioni sono soggetti alla direttiva varata nel 2010 e attualmente in vigore. La norma così modificata, invece, si applicherebbe non solo agli impianti con 150 ‘unità di bovino adulto’ (Uba), ma anche a quelli con spazi per 375 vitelli, 500 suini o 300 scrofe e 10mila galline ovaiole.
Immediata la reazione di Confagricoltura. “La Commissione europea continua a manifestare un orientamento punitivo nei confronti degli allevamenti – ha commentato il presidente Massimiliano Giansanti – mentre i capi di Stato e di governo hanno chiesto di aumentare la sicurezza alimentare”.
La proposta della Commissione Ue – Oggi sono soggette ai vincoli della direttiva, tra gli allevamenti intensivi, solo le aziende con spazio per più di 40mila polli, 2mila maiali o 750 scrofe che, già oggi, devono ottenere permessi, monitorare e ridurre le emissioni di tutte le sostanze inquinanti emesse, compresi i gas serra. In una bozza del piano circolata nei giorni scorsi, si prevedeva di andare anche oltre, fissando la soglia a 100 unità di bovino adulto, poi aumentata in seguito alle pressioni delle lobby del settore agricolo. La stessa Commissione ha calcolato che fissare la soglia a 100 Uba avrebbe portato a benefici per la salute per oltre 7,3 miliardi di euro all’anno, grazie alla riduzione delle emissioni di metano e ammoniaca. Benefici che, stando alla nuova proposta, sono stimati in 5,5 miliardi di euro, ossia 1,8 miliardi di euro all’anno in meno. In seguito alla presentazione di questa proposta i Paesi membri e il Parlamento Ue dovrebbero iniziare i negoziati sul dossier prima dell’estate, guidati dalla Commissione Ambiente e salute al Parlamento europeo e dai ministri dell’Ambiente al Consiglio.
Greenpeace: “È il minimo indispensabile” – ”Ridurre l’inquinamento degli allevamenti intensivi è essenziale per affrontare gli impatti su clima e biodiversità, per risparmiare miliardi di soldi pubblici riducendo i costi sanitari e ambientali ad essi connessi e per iniziare una transizione verso sistemi alimentari più sostenibili”, spiega Federica Ferrario, responsabile della campagna Agricoltura di Greenpeace Italia. “È ora di rispettare il principio ‘chi inquina paga’ invece di scaricare i costi sulla collettività”, aggiunge Ferrario, secondo cui “sottoporre a idonee autorizzazioni attività inquinanti come gli allevamenti intensivi è il minimo indispensabile”. Non si tratta solo di clima e perdita di biodiversità, ma anche di impatti negativi su qualità dell’acqua, dell’aria e del suolo, oltre a incidere pesantemente sul clima e sulla perdita di biodiversità. Secondo il Centro comune di ricerca della Commissione europea (JRC), il settore zootecnico è responsabile dell’80% delle emissioni di ammoniaca nell’aria e di azoto nell’acqua, mentre l’European Nitrogen Assessment stima che l’inquinamento da azoto costi, ogni anno, all’Unione europea fino a 320 miliardi di euro.
Confagricoltura: “Allevamenti a rischio” – A fare i conti sugli effetti che tale modifica della direttiva potrebbe avere sugli allevamenti è Confagricoltura. “Attualmente solo il 5% degli allevamenti avicoli e suinicoli delle strutture attive negli Stati membri rientra nella sfera di applicazione della direttiva in questione”, ricorda Giansanti, calcolando che sulla base delle proposte della Commissione “si salirebbe al 50%”, senza considerare l’estensione agli allevamenti di bovini. “Rischiamo un taglio di produzione a livello europeo – commenta – aprendo così la strada a maggiori importazioni da Paesi terzi dove le regole sono meno rigorose di quelle valide nell’Ue, anche ai fini della sostenibilità ambientale”.
Il decreto sul benessere animale – Tutto questo avviene mentre in Italia fa discutere l’iter per l’approvazione di un sistema di etichettatura nazionale sul benessere animale che, secondo gli ambientalisti è “privo degli standard che permettano di garantire un maggiore rispetto degli animali allevati a scopo alimentare e fraudolento per i consumatori”. Quattordici le associazioni che aderiscono alla coalizione #BugieInEtichetta e che sono in prima linea contro la proposta portata avanti dai ministeri delle Politiche Agricole e della Salute con Accredia. Il decreto prevede la certificazione con il claim in etichetta ‘benessere animale’ anche per prodotti, denunciano le associazioni, provenienti da animali allevati secondo standard al ribasso, tipici delle forme di allevamento intensivo. Tra le modifiche principali che si chiede di apportare al decreto l’introduzione di più livelli (di cui almeno due al coperto) diversificati per ogni specie chiaramente visibili in etichetta, la cancellazione di riferimenti non attinenti al benessere animale e la considerazione dei bisogni etologici di specie, della densità di animali (incompatibili con i sistemi di allevamento intensivo) e delle condizioni di trasporto tra i criteri atti a determinare il benessere animale. “Mai come in questo momento – scrive la coalizione – in cui la grande richiesta di cereali da parte degli allevamenti intensivi rischia di compromettere ulteriormente il sistema agroalimentare europeo già minacciato dalla guerra e dai cambiamenti climatici, servirebbero misure che spingano gli allevatori ad abbandonare i sistemi intensivi, per scegliere metodi più rispettosi degli animali e dell’ambiente”.
Partendo dal patrimonio informativo che negli anni l’Istituto ha costituito e dalle competenze maturate nell’espletamento delle attività di accertamento tecnico, il documento raccoglie schede tecniche sulle macchine afferenti al comitato tecnico normativo TC 146 macchine per imballaggio, trattando le più significative non conformità rilevate, al fine di illustrare, rispetto allo stato dell’arte di riferimento, le soluzioni costruttive ritenute accettabili, e promuovere un miglioramento dei livelli di sicurezza nei luoghi di lavoro, come previsto nella mission istituzionale.
Prorogati fino al 30 giugno 2022 i termini delle disposizioni inerenti alla Sorveglianza sanitaria eccezionale.
I datori di lavoro pubblici e privati interessati dalla predetta norma possono nuovamente fare richiesta di visita medica per sorveglianza sanitaria dei lavoratori e delle lavoratrici fragili ai servizi territoriali dell’Inail tramite l’apposito servizio online.
Fermo restando quanto previsto per lo svolgimento in sicurezza delle attività produttive e commerciali in relazione al rischio di contagio, l’art. 83 d.l. 34 del 19 maggio 2020 prevede che i datori di lavoro pubblici e privati assicurano la sorveglianza sanitaria eccezionale dei lavoratori maggiormente esposti al rischio, in ragione dell’età, della condizione da immunodepressione e di una pregressa infezione da Covid-19 ovvero da altre patologie che determinano particolari situazioni di fragilità del lavoratore.
L’attività di sorveglianza sanitaria eccezionale si sostanzia in una visita medica sui lavoratori inquadrabili come “fragili” ovvero sui lavoratori che, per condizioni derivanti da immunodeficienze da malattie croniche, da patologie oncologiche con immunodepressione anche correlata a terapie salvavita in corso o da più co-morbilità, valutate anche in relazione dell’età, ritengano di rientrare in tale condizione di fragilità.
Pertanto, il concetto di fragilità va individuato “in quelle condizioni dello stato di salute del lavoratore/lavoratrice rispetto alle patologie preesistenti che potrebbero determinare, in caso di infezione, un esito più grave o infausto e può evolversi sulla base di nuove conoscenze scientifiche sia di tipo epidemiologico che di tipo clinico”.
Per i datori di lavoro che non sono tenuti, ai sensi dell’art. 18, co. 1 lett. a), d.lgs. 81/2008, alla nomina di un medico competente, fermo restando la possibilità di nominarne uno per la durata dello stato di emergenza, la sorveglianza eccezionale può essere richiesta ai servizi territoriali dell’Inail che vi provvedono con i propri medici del lavoro.
Il datore di lavoro o un suo delegato possono inoltrare la richiesta di visita medica attraverso l’apposito servizio online “Sorveglianza sanitaria eccezionale”, reso di nuovo disponibile dal 5 novembre 2020 e accessibile dagli utenti muniti di Spid, Cns o Cie.
Nel caso di delega da parte del datore di lavoro, deve essere compilato e inoltrato l’apposito modulo “Mod. 06 SSE delega”, reperibile nella sezione dedicata del portale “Moduli e modelli”.
Una volta inoltrata la richiesta dal datore di lavoro o da un suo delegato, viene individuato il medico della sede territoriale più vicina al domicilio del lavoratore. All’esito della valutazione della condizione di fragilità, il medico esprimerà il giudizio di idoneità fornendo, in via prioritaria, indicazioni per l’adozione di soluzioni maggiormente cautelative per la salute del lavoratore o della lavoratrice per fronteggiare il rischio da SARS-CoV-2 riservando il giudizio di non idoneità temporanea solo ai casi che non consentano soluzioni alternative.
Successivamente all’invio del giudizio di idoneità, il datore di lavoro riceve una comunicazione con l’avviso di emissione della relativa fattura in esenzione da iva per il pagamento della prestazione effettuata. Con decreto interministeriale del 23 luglio 2020 la tariffa dovuta all’Inail per singola prestazione effettuata è stata fissata in € 50,85.
È disponibile in rete la seguente pubblicazione edita dall’università degli studi di Urbino riguardante le problematiche di sicurezza sul lavoro nei cantieri con appalti e nelle missioni all’estero.
Senza un sostegno solo 4% dei tentativi ha successo
Si chiama “smettodifumare” ed è la nuova piattaforma web messa a punto dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss) per aiutare le persone che hanno deciso di dire addio alle sigarette. Al suo interno si trovano informazioni e servizi di sostegno concreto, oltre a una serie di strategie utili per vincere la battaglia contro il fumo. “Molti studi dimostrano che senza un sostegno solo il 4% dei tentativi di smettere di fumare avrà successo”, evidenzia l’Iss. La piattaforma rappresenta, dunque, una risorsa per aumentare le possibilità di successo e fornire informazioni di qualità su molti aspetti, a cominciare dagli effetti del fumo sulla salute e sui rischi dell’esposizione al fumo passivo. Sulla piattaforma è anche disponibile una guida in pdf per chi vuole smettere di fumare. Una sorta di diario in cui è anche possibile appuntare i motivi per cui si è deciso di abbandonare il vizio, in cui si può valutare il proprio livello di dipendenza e anche tenere il conto dei soldi che è possibile risparmiare dicendo addio al pacchetto. La piattaforma offre anche un aiuto per prevenire o far fronte ad una ricaduta. Al suo interno si trovano, poi, gli elenchi dei Centri Antifumo che offrono percorsi dedicati. Per chi desidera parlare con un operatore è anche possibile chiamare il Telefono Verde contro il Fumo 800 554088, un servizio nazionale, anonimo e gratuito, attivo dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 16:00.
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