REINFEZIONI DA SARS2 E E TIPOLOGIA DEI CONTAGIATI
Da doctor33.it
La curva dei contagi da Covid in Italia è tornata a salire, ma l’aspetto che più preoccupa riguarda il rischio di reinfezione. Nell’ultima settimana la percentuale di reinfezioni sul totale dei casi segnalati è pari a 3,2%, stabile rispetto alla settimana precedente (3,3%). Lo evidenzia il Report esteso dell’Istituto superiore di Sanità in cui si sottolinea che «l’analisi del rischio di reinfezione a partire dal 6 dicembre 2021 (data considerata di riferimento per l’inizio della diffusione della variante Omicron), evidenzia un aumento del rischio relativo aggiustato di reinfezione». Massimo Andreoni, primario di infettivologia al Policlinico Tor Vergata di Roma, evidenzia all’Adnkronos Salute che «è molto probabile, parliamo di dati osservazionali che andranno confermati dall’Istituto superiore di sanità, che la protezione data dal vaccino possa scendere al 20% con Omicron 2, anche dopo la terza dose. Questo ci potrebbe anche spiegare il perché di tante reinfezioni che osserviamo, dopo il booster o anche dopo aver fatto la malattia».
La reinfezione si sta verificando, in particolare, nei soggetti con prima diagnosi di Covid-19 notificata da oltre 210 giorni rispetto a chi ha avuto la prima diagnosi di Covid-19 fra i 90 e i 210 giorni precedenti; nei soggetti non vaccinati o vaccinati con almeno una dose da oltre 120 giorni rispetto ai vaccinati con almeno una dose entro i 120 giorni; nelle femmine rispetto ai maschi (verosimilmente per la maggior presenza di donne in ambito scolastico dove viene effettuata una intensa attività di screening e per funzione di caregiver in ambito famigliare); nelle fasce di età più giovani (dai 12 ai 49 anni) rispetto alle persone con prima diagnosi in età compresa fra i 50-59 anni. «Verosimilmente il maggior rischio di reinfezione nelle fasce di età più giovani è attribuibile a comportamenti ed esposizioni a maggior rischio, rispetto alle fasce d’età superiore ai 60 anni», scrive l’Iss nel suo rapporto. Anche più rischi tra gli operatori sanitari rispetto al resto della popolazione. In totale, riferisce l’Iss, dal 24 agosto 2021 al 16 marzo 2022 sono stati segnalati 264.634 casi di reinfezione, pari al 3% del totale dei casi notificati.
Secondo molti esperti, l’aumento è dovuto principalmente alla diffusione di sottovarianti della omicron di cui una, chiamata BA.2, molto contagiosa. «Ciascuna variante ha potenzialmente dentro di sé una capacità di infettare differente che può essere maggiore o minore – spiega sul ‘Corriere della Sera’ Mario Clerici, immunologo dell’Università Statale di Milano – Il punto è che ciascuna variante cerca di eludere gli anticorpi e molti si si stanno contagiando con Omicron pur essendo vaccinati, perché tutti i vaccini in uso si basano sul virus di Wuhan che circolava due anni fa in Cina». Un altro fattore che può influire sulle reinfezioni riguarda la quantità di anticorpi che le varianti riescono a far produrre alla persona che poi guarisce. Uno studio pubblicato sulla rivista scientifica CELL mostra che le reinfezioni di Omicron inducono una risposta anticorpale minore di un decimo rispetto a quanto faceva Delta e minore di un terzo di quanto faccia un booster di un vaccino. I ricercatori spiegano che questo significherebbe «una protezione ridotta contro la reinfezione o l’infezione da varianti future».
Chi si infetta con Omicron, quindi, è in genere meno protetto da futuri contagi. «Predire da questi dati che Omicron conferisca una protezione minore nei confronti di eventuali varianti e infezioni è difficile – osserva comunque Clerici – È impossibile dire come saranno le prossime varianti e sono numeri che derivano da studi in vitro poco applicabili alla realtà».