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C’È ANCHE BURNOUT DA SMART WORKING

Da huffingonpost.it

Pare che l’idillio sia finito. Lavorare da casa non è così bello come poteva sembrare all’inizio. E se prima ai piani alti ci si interrogava se fosse altrettanto produttivo, se il lavoratore facesse comunque il suo dovere anche lontano dall’ufficio, ora la questione è un’altra. Pare che da casa si sia esagerato, tanto da parlare di burnout.

Bloomberg ha fatto i conti: in media la giornata lavorativa dura da una a tre ore in più, si fanno più riunioni e si mandano anche più mail, almeno 8 al giorno fuori dall’orario di lavoro.
Secondo Forbes questo non è positivo neppure per i datori di lavoro: i manager dovrebbero preoccuparsi di alcuni piccoli segnali che si possono vedere nei team anche a distanza, nelle call o nelle chat.
Il primo campanello di allarme riguarda la gestione delle chiamate, delle mail. Chi non riesce mai ad arrivare in tempo al telefono, chi non risponde alle mail o rimanda sempre una consegna è probabilmente sopraffatto dal lavoro, è esausto. Se poi la qualità del lavoro è scesa, se non si accetta di aver fatto un errore e si tende a dare la colpa agli altri, in tutta probabilità si è entrati nella prima fase del burn out. Il passo successivo porta all’ “esaurimento” completo: il silenzio alle riunioni, la mancanza di pazienza, ma anche l’amarezza, la mancanza di orgoglio per i risultati ottenuti.
Un passo che purtroppo hanno fatto in molti. Secondo una ricerca di Monster.com soffrono di burn out due lavoratori su tre, ovvero il 69 per cento dei lavoratori, il 20 per cento in più rispetto ai mesi che hanno preceduto il lockdown.
Tutto nasce dall’incapacità di disconnettersi dal lavoro, di avere orari precisi come quando si andava in ufficio.

David Burkus, psicologo del lavoro e delle organizzazioni, autore di 5 best seller, in un suo recente intervento per Tedx è partito proprio da questo aspetto per spiegare come si possa stare efficacemente alla larga dal burnout.

Il primo e più semplice consiglio è quello di organizzare la giornata secondo orari prestabiliti ed assicurarsi che vengano rispettati anche dagli altri. Non si accende il laptop mentre si guarda un film alla sera, e non si risponde neppure a mail o a messaggi dopo o durante la cena.
Per chiudere la giornata lavorativa Bukus consiglia di inserire un rituale, un’azione da compiere quasi in automatico, ogni sera. Come controllare la lista degli impegni dei prossimi giorni e verificare che ogni lavoro stia procedendo. Dopo di che, meglio cambiare stanza. E anche device. Si potrebbe usare il laptop solo per il lavoro e lo smartphone o il tablet solo per lo svago. Oppure cambiare utente. Così sul pc ci saranno due desk diversi a seconda delle attività e dei momenti della giornata. Infine l’azione più importante, quella che durante il lockdown abbiamo più desiderato: quando hai bisogno di una pausa, di un po’ di energia extra, non affidarti all’ennesima tazza di caffè ma esci. Fuori, in quartiere, al parchetto, poco importa, stare all’aria aperta sarà un’ottima soluzione contro lo stress.
Laurel Farrel, presidente della Remote Work Association e CEO della Distribute Consulting su Forbes suggerisce, quando compaiono i primi sintomi, di parlarne al più presto con il proprio capo e con il resto del team. Potrebbe essere utile anche agli altri ridistribuire gli incarichi, cambiare gli step di approvazione o le modalità di consegna della pratica.

Su come sono cambiate le modalità di lavoro è intervenuta Laura Vanderkam su Fortune: ha segnalato, tramite le testimonianze degli ascoltatori del suo podcast – The New Corner Office, dedicato proprio al lavoro da casa -, che in alcune società si è passati a fare una sorta di appello. Ogni giorno alle 9 in punto una chiamata per verificare che gli impiegati siano effettivamente al lavoro alla loro scrivania da casa. Una situazione che evidentemente ci riporta al punto di partenza, al dubbio che da casa si lavori di meno. Così crescono gli impiegati che non staccano mai, che rispondono al primo squillo, che non dimenticano le mail e che lavorano senza un orario. Sempre la Vanderkam, autrice anche di diversi libri sul tema dell’home working propone una semplice soluzione: prevedere anche una chiamata di saluti a fine giornata, un via libera a tutti fino al giorno dopo. Una chiamata – badate bene all’orario – che arrivi alle 16,45.

I CORSI DI PRIMO SOCCORSO DEVONO PROSEGUIRE IN PRESENZA:LA CIRCOLARE DEL MINISTERO

  1. Fatti salvi i numerosi protocolli redatti per l’esecuzione in sicurezza dei corsi di Primo soccorso, si rammenta la necessità che gli stessi continuino ad essere svolti, soprattutto con la finalità di rispondere agli obblighi normativi previsti principalmente dal decreto legislativo 81/2008”. È quanto precisa il Ministero in una nuova circolare ad hoc.

“Al fine di rispondere ai suindicati obblighi normativi – si legge – , il datore di lavoro, nel formare i propri dipendenti designati per le attività di primo soccorso deve strutturare i più idonei percorsi tra i quali si annovera il corso BLS-D. Pertanto i corsi in oggetto, con le cautele del caso, e con le specifiche di sicurezza anti-contagio fornite dalle summenzionate circolari, devono essere organizzati e svolti anche nella presente fase pandemica, affinché il datore di lavoro possa svolgere a norma di legge la propria sorveglianza in materia di tutela e sicurezza negli ambienti di lavoro”.“I corsi di formazione per il primo soccorso – BLSD – ribadisce la circolare – sono pertanto assimilabili a quelli consentiti dal DPCM 3 dicembre 2020, art. 1, comma 10, lettera s.Ministero specifica inoltre “che la formazione continua del personale sanitario dei sistemi di emergenza territoriale non può essere sospesa o rimandata, per evidenti motivi di mantenimento della capacità operative; per di più, il possesso del titolo rilasciato a fine corso rappresenta per alcuni profili professionali requisito necessario per la presa di servizio. Il rischio da COVID-19 si è andato ad aggiungere ad altri fattori quali le malattie cardiovascolari, che rappresentano ancora la principale causa di morte nel nostro paese, essendo responsabili del 35% di tutti i decessi; per tale motivo si ritiene che la formazione al primo soccorso sia necessaria anche per i soccorritori laici, che rappresentano i “first responder” nelle situazioni di emergenza.

La fase dell’addestramento alle abilità tecniche e manuali della RCP (rianimazione cardiopolmonare), può avvenire soltanto “in presenza,” considerata l’irrinunciabile esigenza di praticare in modo diretto le manovre di Basic Life Support su simulatori

ESPOSIZIONE A SILICE:BANCA DATI INAIL

Da Inail.it

Banca dati esposizione silice – Rapporto 2000 – 2019

Gli effetti sanitari della silice cristallina e la sua ubiquitarietà rendono attuale il tema dell’esposizione professionale a tele agente di rischio nonostante l’evoluzione degli scenari lavorativi.

 

La Banca dati esposizione silice, realizzata dalla Contarp in collaborazione con la Direzione centrale organizzazione digitale, raccoglie i dati di oltre 8000 campioni prelevati nei monitoraggi effettuati dall’Inail in tutta Italia dal 2000 al 2019. Il Rapporto presenta i risultati delle misurazioni sull’esposizione a silice cristallina e a polvere respirabile, descritti per attività e mansione, con elaborazioni statistiche utili per valutare il rischio nelle aziende, per l’implementazione di buone prassi e per studi epidemiologici.

Prodotto: Volume
Edizioni: Inail – 2019
Disponibilità: Si – Consultabile anche in rete
Info: dcpianificazione-comunicazione@inail.it

PROROGATE AL 31 MARZO LE DISPOSIZIONI PER I LAVORATORI FRAGILI

IL DECRETO MILLE PROROGHE entrato in vigore il 31 dicembre 2020, proroga lo stato di emergenza al 31 marzo 2021 e i termini delle disposizioni legislative specificatamente individuate nell’Allegato 1 fino alla data di cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da Covid-19 e, comunque, non oltre il 31 marzo 2021.

Tra le misure prorogate – informa una nota Inail -, rientra l’applicazione del lavoro agile per l’emergenza nelle PA e per i datori di lavoro privati a ogni rapporto di lavoro subordinato, anche in assenza degli accordi individuali, previo rispetto degli obblighi di informativa, che possono essere assolti in via telematica ricorrendo alla documentazione resa disponibile dall’Inail.

Sono prorogate al 31 marzo 2021 anche le disposizioni sulla Sorveglianza sanitaria eccezionale per i lavoratori “fragili” maggiormente a rischio.

DISPOSIZIONI PER I LAVORATORI FRAGILI

Da Inail.it:

Fermo restando quanto previsto per lo svolgimento in sicurezza delle attività produttive e commerciali in relazione al rischio di contagio, l’art. 83 d.l. 34 del 19 maggio 2020 prevede che i datori di lavoro pubblici e privati assicurano la sorveglianza sanitaria eccezionale dei lavoratori maggiormente esposti al rischio, in ragione dell’età, della condizione da immunodepressione e di una pregressa infezione da Covid-19 ovvero da altre patologie che determinano particolari situazioni di fragilità del lavoratore.

L’attività di sorveglianza sanitaria eccezionale si sostanzia in una visita medica sui lavoratori inquadrabili come “fragili” ovvero sui lavoratori che, per condizioni derivanti da immunodeficienze da malattie croniche, da patologie oncologiche con immunodepressione anche correlata a terapie salvavita in corso o da più co-morbilità, valutate anche in relazione dell’età, ritengano di rientrare in tale condizione di fragilità.

Pertanto, il concetto di fragilità va individuato “in quelle condizioni dello stato di salute del lavoratore/lavoratrice rispetto alle patologie preesistenti che potrebbero determinare, in caso di infezione, un esito più grave o infausto e può evolversi sulla base di nuove conoscenze scientifiche sia di tipo epidemiologico che di tipo clinico”.

Per i datori di lavoro che non sono tenuti, ai sensi dell’art. 18, co. 1 lett. a), d.lgs. 81/2008, alla nomina di un medico competente, fermo restando la possibilità di nominarne uno per la durata dello stato di emergenza, la sorveglianza eccezionale può essere richiesta ai servizi territoriali dell’Inail che vi provvedono con i propri medici del lavoro.

Il datore di lavoro o un suo delegato possono inoltrare la richiesta di visita medica attraverso l’apposito servizio online “Sorveglianza sanitaria eccezionale”, reso di nuovo disponibile dal 5 novembre 2020 e accessibile dagli utenti muniti di credenziali dispositive.
Per gli utenti non registrati le credenziali possono essere acquisite tramite:

  • Spid;
  • Inps;
  • Carta nazionale dei servizi (Cns);
  • Inail, con l’invio dell’apposito modulo da inoltrare attraverso i servizi online o da consegnare presso le sedi territoriali Inail.

Nel caso di delega da parte del datore di lavoro, deve essere compilato e inoltrato l’apposito modulo “Mod. 06 SSE delega”, reperibile nella sezione dedicata del portale “Moduli e modelli”.

Una volta inoltrata la richiesta dal datore di lavoro o da un suo delegato, viene individuato il medico della sede territoriale più vicina al domicilio del lavoratore.
All’esito della valutazione della condizione di fragilità, il medico esprimerà il giudizio di idoneità fornendo, in via prioritaria, indicazioni per l’adozione di soluzioni maggiormente cautelative per la salute del lavoratore o della lavoratrice per fronteggiare il rischio da SARS-CoV-2 riservando il giudizio di non idoneità temporanea solo ai casi che non consentano soluzioni alternative.

Successivamente all’invio del giudizio di idoneità, il datore di lavoro riceve una comunicazione con l’avviso di emissione della relativa fattura in esenzione da iva per il pagamento della prestazione effettuata. Con decreto interministeriale del 23 luglio 2020 la tariffa dovuta all’Inail per singola prestazione effettuata è stata fissata in € 50,85.

SMART WORKING BONUS SPESE coprirà bollette e buoni pasto

Anche al termine dell’emergenza sanitaria legata al Coronavirus, lo smart working potrebbe essere una modalità di lavoro a cui sempre più aziende e dipendenti ricorreranno. Proprio per questo motivo si sta pensando di introdurre un bonus spese che vada a sostituire i buoni pasto, gli straordinari e anche le spese per le utenze per chi aderisce al lavoro agile.

A febbraio potrebbe finire lo stato d’emergenza per il Coronavirus, anche se un’ulteriore proroga è tutt’altro che esclusa. Di conseguenza potrebbero cambiare anche le regole per lo smart working. Non più automatico con accordi tra imprese e sindacati, ma con la necessità di un accordo obbligatorio con il dipendente. La questione da risolvere riguarda il trattamento economico di chi lavora da casa e chi da ufficio o comunque sul posto di lavoro, considerando che deve essere identico per entrambi. Ma con il ricorso al lavoro agile si va inevitabilmente incontro a delle decurtazioni, come la perdita dei buoni pasto e degli straordinari e anche le maggiori spese per le utenze, che però potrebbero essere compensati dalle minori uscite per trasporti e spostamenti. Così ciò a cui si sta pensando, secondo quanto spiega la Repubblica, è un bonus spese per chi lavora da casa.

Formazione per concorsi pubblici online: ecco i Saperi di base FP-CGIL

I buoni pasto e gli straordinari sono previsti per un lavoro che prevede un orario rigido, diverso dal lavoro agile. Che, in teoria, dovrebbe essere incentrato soprattutto sugli obiettivi, quantomeno alla fine della fase di emergenza sanitaria. Motivo per cui l’idea che sta prendendo piede è quella di un rimborso forfettizzato delle utenze o un pacchetto di welfare che consideri i guadagni e le perdite valutandoli insieme a benefici di altro tipo.

LA DECURTAZIONE DEI PASTI IN SMART WORKING

L’erogazione dei buoni pasto in smart working è difficile da valutare, in quanto si tratta di un beneficio legato all’orario di lavoro e alla pausa pranzo. Il discorso cambierebbe completamente di fronte a un’organizzazione autonoma del lavoro. Florindo Oliverio, segretario Fp Cgil, spiega che “i buoni pasto valgono circa 160 euro al mese. Se si considerano anche gli straordinari si capisce perché ci sono stati lavoratori che avrebbero avuto diritto a continuare a lavorare in smart working da settembre e che hanno chiesto una certificazione speciale di buona salute pur di tornare in ufficio: non si potevano permettere uno stipendio decurtato”.
Il sistema dei buoni pasto ha un problema - Il Post

ILPROBLEMA DEGLI STRAORDINARI NELLA PA

Altra questione ritenuta critica è quella degli straordinari: nella pubblica amministrazione sono ritenuti difficili da calcolare con lo smart working, quindi si pagano solamente in caso di lavoro in una giornata non lavorativa, come domenica e festivi. Nel privato, infatti, esistono i forfait, ma nel pubblico serve l’effettivo svolgimento della prestazione, il che rende difficile introdurre questo meccanismo nel lavoro agile, più votato agli obiettivi. A questo si aggiunge un altro problema, quello dell’indennità di turno, che nella Pa vale in media 200 euro. Per tutte queste ragioni l’ipotesi ritenuta più facilmente percorribile dai sindacati è quella di un rimborso forfettario delle spese, che possa scavalcare questi ostacoli garantendo comunque un rimborso aggiuntivo ai lavoratori.

preso da: www.fanpage.it

COME SARA’ LA FORMAZIONE ED IL LAVORO POST COVID

Financialounge.it

A seguito della pandemia l’intero comparto EdTech, tutti quei servizi che si propongono di facilitare l’apprendimento tramite l’uso e la gestione di appositi processi tecnologici e risorse innovative, ha ricevuto uno straordinario impulso in termini sia di attenzione che di gradimento. “Con ogni probabilità, la pandemia accelererà lo sviluppo dell’EdTech e molte aziende del comparto anticiperanno gli investimenti in nuove funzionalità”, fa sapere il team di gestione di Credit Suisse (Lux) Edutainment Equity Fund.

PROMOSSO IL MODELLO DIDATTICO MISTO

Emerge infatti la convinzione che l’EdTech possa trasformare l’istruzione così come la conosciamo oggi alla luce del fatto che studenti, educatori, manager aziendali e famiglie, si sono resi conto che molte delle applicazioni di formazione e apprendimento online sono efficaci quanto la didattica tradizionale promuovendo il modello didattico misto, che non sostituisce ma piuttosto conferisce autorità agli educatori.

LE APP DI DIDATTICA DELL’EDTECH

“È probabile che quando gli studenti di tutto il mondo torneranno in classe, continueranno a utilizzare l’insieme più coinvolgente delle app di didattica dell’EdTech. Inoltre, una volta che gli studenti si avvalgono della flessibilità e dei vantaggi della didattica online, è probabile che molte di queste tecnologie diventino integrate nelle classi fisiche o nelle aule universitarie riservate ai seminari”, spiega il team del comparto di Credit Suisse.

CAMBIAMENTI RADICALI DELLA FORZA LAVORO

La “nuova normalità” che si delinea nel post Covid-19 potrebbe comportare anche profonde modifiche della forza lavoro. “La quota di lavoro flessibile è destinata ad aumentare e con essa la necessità di tecnologia e automazione. La crisi causata dalla pandemia ha provocato una grave recessione mondiale, con una conseguente importante perdita di posti di lavoro. Questo accelera l’esigenza di riqualificazione di coloro che vengono licenziati affinché possano essere reintegrati rapidamente nella forza lavoro. Assisteremo pertanto a un boom della domanda nel settore della formazione professionale e della certificazione online”, sottolineano i manager di Credit Suisse

RIDERS: DISCRIMINATORIO IL PROGRAMMA FRANK

Roma, 2 gen. (askanews) – “L’algoritmo ‘Frank’ utilizzato da Deliveroo per valutare i rider è discriminatorio. Una svolta epocale nella conquista dei diritti e delle libertà sindacali nel mondo digitale, stabilita dal Tribunale di Bologna accettando il ricorso promosso congiuntamente da Nidil, Filcams e Filt e dalle rispettive strutture territoriali bolognesi”. Lo riferisce il segretario confederale della Cgil, Tania Scacchetti.

“Per la prima volta in Europa – sottolinea la dirigente sindacale – un giudice stabilisce che ‘Frank’ è cieco e pertanto indifferente alle esigenze dei rider che non sono macchine, ma lavoratori con diritti. Il ranking reputazionale declassa alla stesso modo, senza alcuna distinzione, sia chi si assenta per futili motivi che chi si astiene dalla consegna per malattia o per esercitare il diritto di sciopero”.

Il giudice ha ritenuto che il modello di valutazione adottato dalla piattaforma di food delivery “era il frutto della ‘scelta consapevole’ dell’azienda di privilegiare la disponibilità del rider – aggiunge la Cgil – senza mai considerare le ragioni del suo possibile mancato collegamento alla piattaforma poichè come afferma il Tribunale ‘quando vuole, la piattaforma può togliersi la benda che la rende cieca o incosciente rispetto ai motivi della mancata prestazione lavorativa da parte del rider e, se non lo fa, è perché lo ha deliberatamente scelto’. Il provvedimento costituisce un fondamentale passo avanti nel percorso che ci vede da sempre impegnati nella tutela del lavoro, dei lavoratori dalla nuova economica digitale”.

LA MASCHERINA PREVIENE L ‘ANSIA

Da Dottnet.it

Business people wearing medical masks during flu or contagious pandemic

Indossare correttamente la mascherina non aiuta solo a prevenire il contagio da Sars-Cov-2, ma è anche associato a meno ansia e solitudine e maggiore benessere generale. A scoprire che utilizzare questa importante misura di precauzione per ridurre il rischio di contagio da Sars-Cov-2 è associato a maggior benessere mentale è uno studio apparso in pre-print nell’archivio internazionale Medrxiv e in attesa di pubblicazione su rivista. Un team di ricercatori del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Edimburgo, nel Regno Unito, ha raccolto dati tramite la piattaforma Qualtrics tra aprile e giugno 2020. Per arrivare ai risultati dello studio, i ricercatori hanno reclutato 11.000 partecipanti in tutto il Regno Unito che hanno completato i sondaggi CovidLife, un’iniziativa istituita dall’università scozzese per cercare di misurare e comprendere l’impatto della pandemia sulla salute e il benessere della nazione. I ricercatori, coordinati da Drew Altschul, hanno così scoperto che, diversamente dai pregiudizi, le persone che indossavano mascherine costantemente avevano in generale una salute mentale migliore di quelle che non lo facevano. Lo studio ha rilevato che le probabilità di sentirsi ansiosi erano inferiori del 58% tra coloro che indossavano sempre la maschera. La probabilità di manifestare sintomi depressivi era del 25% inferiore tra le persone che indossavano le maschere per la maggior parte del tempo. Infine, le probabilità di sentirsi soli erano del 67% inferiori.

LE MODALITÀ UN PO’ALCHEMICHE DI SOMMINISTRAZIONE DEL VACCINO PFIZER

Da il corriere.it

La vaccinazione anti-Covid, con il vaccino Pfizer, non è proprio una cosa facile. Dietro a quella iniezione nel braccio dei primi volontari, anche vip come il presidente eletto degli Usa Joe Biden e il virologo più noto al mondo, l’americano Anthony Fauci, le cui foto già circolano ovunque nei media, c’è un processo complicato. Intanto le fiale, che devono essere conservate a -75° C, vanno fatte scongelare lentamente: in alcuni casi ci vogliono almeno tre ore.
Dopo di che, possono essere tenute a 2-8° C, per un massimo di cinque giorni.
Ma prima della somministrazione ci sono altri passaggi. Intanto il preparato deve raggiungere la temperatura ambiente, poi occorre capovolgere lentamente le fiale 10 volte (ma non agitarle) e, infine, diluirle in una soluzione di cloruro di sodio, prima della somministrazione (perché ogni fiale è fatta di almeno 5-7 dosi per altrettante persone.

Sembrerebbe una procedura da discipline alchemiche medioevali e invece no: questi dettagli (molto riassunti) si trovano a pagina quattro di una circolare di sette, appena redatta dalla Società Italiana di Farmacia Ospedaliere (Sifo) e dalla Società Italiana farmacisti preparatori (Sifap) e basata sui dati scientifici oggi disponibili con i quali le agenzie regolatorie, che approvano farmaci e vaccini, l’Fda negli Stati Uniti, l’Ema in Europa e l’Aifa in Italia, hanno autorizzato il preparato Pfizer, il primo ad arrivare all’utilizzo pratico in Europa. Commentano Arturo Cavaliere, presidente Sifo, e Paola Minghetti, presidente Sifap: «Il nostro documento vuole essere una risposta tempestiva alla richieste sulle modalità corrette, sicure e appropriate di allestimento e somministrazione del primo vaccino contro Sars-CoV-2».

Mancano i professionisti

Bene le linee-guida, ma il problema è: ci sono professionisti formati per eseguire tutte queste procedure?
La risposta, al momento, è no. E la fanno sentire a gran voce i sindacati, in prima linea l’Anaao (l’Associazione dei medici dirigenti). E anche gli Ordini dei Medici.
Secondo l’Anaao non c’è stata sufficiente formazione e ci sono difficoltà per la partenza della vaccinazione il 27 dicembre, come ha dichiarato al quotidiano La Stampa Guido Coen, a proposito della situazione nel Lazio: «Non sappiamo nulla, né chi deve preparare le dosi, né chi deve somministrarle e la formazione è nelle informazioni che circolano nelle nostre chat»

IL CALENDARIO DELLE VACCINAZIONI COVID 19 IN ITALIA

 L’Italia si appresta ad affrontare la più grande campagna vaccinale di tutti i tempi, via maestra per sconfiggere il Covid. Il vaccino verrà somministrato gratuitamente a tutti gli italiani, in tempi diversi a seconda della professione, dell’età e delle patologie. A illustrare il piano alle Camere il ministro della Salute, Roberto Speranza, che ha snocciolato i numeri.  A iniziare dalle oltre 202 milioni di dosi che il nostro Paese si è assicurato come opzione. L’obiettivo per raggiungere l’immunità di gregge è vaccinare il 70% della popolazione, ossia qualcosa come 42 milioni di italiani. Tutte le domande e le risposte:

Quante dosi abbiamo a disposizione

Perché allora 202 milioni di dosi? Per avere “una dotazione sufficientemente ampia per poter potenzialmente vaccinare tutta la popolazione e conservare delle scorte di sicurezza”, ha spiegato Speranza. “Con le conoscenze oggi a nostra disposizione è molto probabile che saranno necessarie due dosi per ciascuna vaccinazione, a breve distanza temporale. Va inoltre ricordato che non vi è ancora evidenza scientifica sui tempi esatti di durata dell’immunità prodotta dal vaccino. La scelta compiuta anche in questo caso è ispirata al principio di massima precauzione”.

Quali sono le aziende coinvolte

Se tutti i processi autorizzativi andassero a buon fine l’Italia potrebbe contare sulla disponibilità delle seguenti dosi: per il contratto con AstraZeneca 40,38 milioni di dosi, per il contratto con Johnson & Johnson 53,84 milioni di dosi, per il contratto con Sanofi 40,38 milioni di dosi, per il contratto con Pfeizer-BioNTech 26,92 milioni di dosi, per il contratto con CureVac 30,285 milioni di dosi, per il contratto con Moderna 10,768 milioni di dosi.

Quali le date?

EMA potrebbe esprimersi il 29 dicembre sul vaccino Pfizer-Biontech e il 12 gennaio sul vaccino Moderna. Queste due aziende nel primo trimestre dell’anno prossimo da contratto dovrebbero fornire all’Italia rispettivamente 8,749 milioni di dosi Pfizer-Biontech e 1.346.000 di dosi Moderna

Il vaccino sarà sicuro?

Per il ministro Speranza, la produzione e la distribuzione del vaccino non può essere regolata unicamente dalle leggi del mercato. “L’Europa ha scelto la strada del non abbreviare le fasi di studio e sperimentazione dei candidati vaccini, continuando a subordinare la messa in commercio al parere definitivo e vincolante dell’EMA. L’accelerazione dei tempi è stata realizzata facendo procedere in parallelo le diverse fasi di sperimentazione, produzione ed autorizzazione”

Sarà obbligatorio?

Al momento non è intenzione del Governo disporre l’obbligatorietà della vaccinazione. “Nel corso della campagna – ha spiegato Speranza – valuteremo il tasso di adesione dei cittadini. Il nostro obiettivo è senza dubbio raggiungere al più presto l’immunità di gregge”.

Il calendario vaccinale

Da fine gennaio dunque si potrebbe partire con la vaccinazione in base alle fasce di priorità individuate. Poi si procederà alla vaccinazione di massa della restante popolazione, verosimilmente tra primavera ed estate.

Chi verrà vaccinato?

Sono tre le categorie che avranno la priorità nella somministrazione del vaccino. La prima è quella degli operatori sanitari e socio-sanitari. “Lavorando e operando in prima linea – ha spiegato Speranza – essi hanno un rischio più elevato di essere esposti all’infezione da Covid-19 e di trasmetterla a pazienti suscettibili e vulnerabili in contesti sanitari e sociali. Difendere questi professionisti in prima linea aiutera’ a mantenere la resilienza del Servizio sanitario nazionale”.

La seconda categoria è quella dei residenti e personale dei presidi residenziali per anziani, questo a causa dell’alto rischio di malattia grave a causa dell’età avanzata, la presenza di molteplici comorbilità e la necessità di assistenza per alimentarsi e per altre attività quotidiane.

La terza categoria è quella delle persone in età avanzata. Un programma vaccinale basato sull’età è generalmente più facile da attuare e consente di ottenere una maggiore copertura vaccinale.

In particolare parliamo di 1.404.037 persone tra gli operatori e lavoratori sanitari e socio-sanitari; 570.287 persone tra personale ed ospiti dei presidi residenziali per anziani; 4.442.048 anziani over ottant’anni; 13.432.005 persone dai sessanta ai settantanove anni; 7.403.578 persono con almeno una comorbilità cronica. “Alcune di queste categorie naturalmente saranno le prime a ricevere il vaccino. Naturalmente, con l’aumento delle dosi si inizieranno a sottoporre a vaccinazione le altre categorie di popolazione, tra le quali quelle appartenenti ai servizi essenziali quali anzitutto gli insegnanti e il personale scolastico, le Forze dell’ordine, il personale delle carceri e dei luoghi di comunità“, ha precisato Speranza.

L’esercito dei ‘vaccinatori’

Nella fase iniziale della campagna vaccinale si prevede una gestione centralizzata della vaccinazione, con l’identificazione di siti ospedalieri o peri-ospedalieri e l’impiego di unità mobili destinate alla vaccinazione delle persone impossibilitate a raggiungere i punti di vaccinazione. Il personale delle unità vaccinali sarà costituito da un numero flessibile di medici, infermieri, assistenti sanitari, operatori socio-sanitari (OSS) e personale amministrativo di supporto. Si stima al momento un fabbisogno massimo di circa 20.000 persone.

In fase avanzata, il modello organizzativo vedrà via via una maggiore articolazione sul territorio, seguendo sempre di più la normale filiera tradizionale, incluso il coinvolgimento degli ambulatori vaccinali territoriali, dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta, della sanità militare e dei medici competenti delle aziende.